Lo Stato Moderno - anno III - n.7 - 5 aprile 1946

LO STATO MODERNO 155 ancora stati definiti dei piani prec!Sl di accoglimento. Come si è detto vi è però un principio unjco attorno al quale pare sistia realizzando una specie di unanimità, e cioè il principio del controllo dell'immigrazione, con la preferenza agli e:e– menti tecnicamente preparati e a quelli che mostrano inten· zioni e capacità dj una ,sistemazione definitiva nel paese, pos– sibLmente con la famiglia. Le capacità di assorbimento dei paesi dell'America Latina sono in linea teorica assai a:te, ma perchè si potesse passare dalla teoria alla pratica bisogne• rebbe che ciascun paese, o a!meno i tre principali - Argen– tina, Cile e Brasi:e - definissero dei precisi piani di immi• grazione collegati con piani di svi:uppo o regionali o indu• striali o minerari, magari su basi internazionali, cioè con par– tecipazione finanziaria e tecnica di altri paesi, e so!tanto in tS:e caso si potrebbe cominciare a fare una stima di quanti italiani potrebbero recarvisi. Negli anni di grande emigrazione sono affluiti dall'Italia in quei paesi dai 100 '<li150 mila im• migranti all'anno, e cioè un contingente piuttosto modesto. Ma questo contingente assai diffici:mente potrebbe venire superato o anche raggiunto ove mancassero quei piani a cui ci siamo riferiti. Resta da considerare l'emigrazione continentale, che nei primi quindici anni del secolo si è aggirata sul quarto di mi– lione ili individui ali' anno. Si ricordi che questa emigrazione è stata per tanto tempo sinonimo di emigrazione temporanea, in quanto essa veniva ad essere costituita di elementi che si recavano, ,soprattutto in Francia e in Svizzera, in certi mesi de:!'anno, tornando in patria negli altri mesi, salvo a ripetere l'esperimento l'anno successivo. Nell'altro dopoguerra la fisio– nomia tradizionale di quella emigrazione si è radicalmente modificata nel senso che anche l'emigrazione continentale è diventata permanente, anzi, se si potesse dire, più permanente di quanto, in linea generale, non fosse l'emigrazione transo• ceanica che negli anni buoni si definiva appunto permanente. Questo perchè essendosi quella emigrazione continenta:e so• prattutto limitata alla Francia, in questo paese andarono tr"· vando le condizioni ambientali più idonee ad un loro imeri· mento definitivo. . Naturalmente, soprattutto per motivi di sciocco sospetto politico il regime fascista t'ece di tutto per ostaco!are in un primo tempo quella corrente e per stroncarla definitivamente in un secondo tempo, nonostante i vantaggi economici che poteva offrire per tanti italiani. Adesso, a malgrado del ri· sentimentoche in una parte deJ:a popolazione francese '<!ncora persiste nei nostri confronti, per la ragione che si sa, le pos– sibilitàdi una larga emigrazione italiana sono assai notevoli e non vi è dubbio che non mancheranno, presto o tardi, di realizzarsi.E' vero che assai probabilmente un buon numero di tedeschi dovrà cercare iavoro ali'estero, ciò che fa imma– ginare una possibile concorrenza in questa zona, ma è anche veroche verrà a mancare la concorrenza polacca e degli altri paesi orientali, che gravitano nell'altro blocco, e che in ogni caso le preferenze saranno maggiori per g:i italiani, perchè maggiorisono, a prescindere da ogni a'.tra considerazione, le lor? facoltà di adattamento in regioni delle maggiori affinità ne1modi dj vita. Che feconomia francese si trovi in una situazione op– ~sta a quella italiana, e cioè che, soprattutto per certe atti– vità, principalmente quelle agricole, vi sia una definita ca– renza di braccia è cosa che era già evidente prima de:Ja guerrae che è stata esasperata nel corso della stessa, di modo eh~ci troviamo propJio di fronte alle possibi:ità di una grande emigrazione,tanto che le cifre che si ,sono.sentite citare, per una Prima quota, ossia il mezzo milione di Javoratori, non so~o parse a nessuno esagerate. In queste richieste si pre– ;mde del tutto da!Ie possibi:ità che possono essere offerte a una migliore sistemazione delle regioni agricole della Francia meridionale, ove gli italiani hanno dato finora ottime prove e ove non potrebbero mancare di darne ancora, anche se il loro numero venisse di molto aumentato. Nelle trattative che si sono finora svolte tra il Ministero del Lavoro francese e le nostre autorità le ricrueste ~ono state sempre di mano d'opera specializzata preferibi'.mente settentriona!e; ciò natu– ralmente è fonte di preoccupazione e di resistenza, perchè se il bisogno di emigrare è sentito con una certa urgenza al nord, assai maggiore si presenta al sud, e più che legittimo risulta quindi il desiderio del governo italiano di variare, per così dire, la composizione regionale de:Ja massa emigrante, mentre d'a:tro lato vorrebbe evitare il depauperamento dei nostri contingenti di mano d'opera industriale qua'.ificata e a'.tamente qua:ificata, più che mai necessaria nel periodo di assestamento della nostra economia nel mutato mondo del dopoguerra. Ovviamente lo svi!11ppo dell'emigrazione verso la Francia, anche qui a prescindere dai piani governativi di svi'.uppo di quella o questa regione, sarà in stretta relazione con l'andamento generale de!!'economia francese. In questo momento anche la Francia sta attraversando un periodo di incertezza, le linee della ripresa non sono ancora evidenti e, i piani della ricostruzione ancora indistinti, a malgrado delle maggiori ri,serve del paese, tuttavia la tendenza a!l'assesta– mento è già in atto, e quando questo fosse per realizzarsi assai più urgente si farà la richiesta di nostra mano d'opera. Vi è ora da tener conto di una possibilità potenziale del– !' emigrazione, alla qua!e per il momento non si può dare una definitiva collaborazione geografica. Uomini di stato e scrittori americani non hanno potuto del tutto ignorare il prob:ema del coi.!ocamento de:la mano d'opera esuberante per quei paesi che essi ~tessi dovettero considerare sovrapo– polati, e quando lo hanno affrontato, mentre hanno confer– mato la necessità di un mantenimento de:!'atteggiamento re– strittivo del loro paese, hanno creduto di poter indicare Ìe linee di soluzione suggerendo la possibilità di piani interna– zionali di sviluppo deJ:e zone neg!ette. Nei loro Probkms of Losting Pedoc H. Hoover e Hrg Gfoson avevano proposto che apposite commissioni internazionali studiassero « l'u~o di re• gioni scarsamente popolate per sol.!evare la ,pressione delle popo:azioni europee e lo sviluppo di risorsé materiali per il bene del mondo tutto ». Un tale suggerimento è venuto poi per g!i americani ad avere un significato più preciso e cir– constanziato per l'esito ,assai soddisfacente ed ha ottenuto una grande opera combinata di bonifica, ~fruttamento idrico e di sviluppo industria!e promesso ed attuato dal gaverno fede– ra'.e con la collaborazione degli stati interessati, ossia l' espe– rienza della Tennesee Valley Authority per lo svi!uppo de:la val,lata omonima. Dato questo esito essi ritengono che i'espe– rienza andrebbe ripetuta, su basi di collaborazione interna– zionale, per la val1ata del Danubio, per que:Ja de:.Je Amaz– zoni, per quella del Giordano, ecc. Questo suggerimento avrebbe potuto in verità rimanere cosa platonica ed inefficace se ·non fosse intervenuta, in base agli accordi di Bretton Woods, la fondazione della Banca Internazionale di Ricostru– zione e Sviluppo, la qua'.e dispone di un capita:e iniziale in– torno ai 9 mi:iardi di dollari, ,può giovarsi di enormi possi• bilità creditizie ed è fa più qualificata a prc,muovere ed ap– poggiare iniziative su basi intemazionrui di sviluppo delle zone neglette. Una tale prospettiva discruude orizzonti assai allettanti per la nostra mano d'opera, anche perchè consen– tirebbe, a'.meno in teoria, la partecipazione su un piede di– gnitoso allo svQ!gimento delle iniziative medesime, permet– terebbe cioè non so:tanto il materia!e apporto di mano d'ope– ra, ma anche la utilizzazione di energie direttive e anche un allacciamento con le nostre industrie per determinare forni· ture agli Enti in formazione. (Continua) SILVIO POZZANI

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