Lo Stato Moderno - anno III - n.4 - 20 febbraio 1946

'74 LO STATO MODERNO liana, non si risolvono soltanto in atteggiamenti p in pose, ma esigono urla salda e solida base politica ca– pace di funzionare autonomamente da qualsiasi slit– tamento dalle posizioni estreme. Solo in questo modo le cosi dette posizioni centrali possono avere quella scioltezza -e quella 'agilità di movimento che assi– curi loro una efficienza rispondente alla necessità delle situazioni storiche e politiche. In realtà- torto ed errore del Congresso - e per esso dei suoi preparatori e dirigenti - è stato quello di essersi dimenticato che esso era strumento di un partito politico e non doveva dunque t{asmodare in una impreparata e indotta accademia di presupposti filosofici. Assistendo all'ormai irrefrenabile corsa al preci– pizio a me veniva fatto di pensar.e, non senza una punta di malinconia, al noto fenomeno dei suicidi fi– losofici dei ventenni, giovani il cui ardore di vita si ghiaccia e si impietra nell'inestricabile morsa di sil– logismi e di filosofemi al di là delle cui conclusioni pessimistiche non si è saputo scorgere le ragioni posi– tive dell'esperienza storicistica, o almeno le ebbrezze dell'avventura della vita Il Partito d'Azione si è suicidato sulla dicotomia destra-sinistra o socialismo-democrazia, e \i è rifiu– tato di valutare le ragioni politiche della propria esi– stenza, il che - da parte di un partito politico - è la colpa massima in cui si possa cadere. 11: dunque fallito il tentativo operato dal Partito d'Azione? A parte il riserbo necessario sui futuri svi– luppi della situazione, e qualunque sia la risposta che si voglia dare alla domanda, una proposizione deve essere ben chiara a tutti: la funzione resta. In che consiste questa funzione lo abbiamo già scritto altre volte, fin dal periodo clandestino: assi– curare all'Italia un funzionamento democratico che non si riduca soltanto al gioco instabile dell'equili– brio tra destra e sinistra, controllare che l'attuale de– mocrazia cristiana non sia né in volontà né in grado di scivolare sul totalitarismo clericale, impedire che le attuali formazioni social-comuniste acquistino né la capacità né la voglia di insabbiare il paese nel_to– talitarismo statolatra, e infine - e soprattutto - to– gliere la vita politica italiana dall'eterno scorrere per i cieli né belli né intelligenti delle ideologie, tanto più oziosè quanto più generiche, dei verbalismi tanto più discordi quanto meno capaci di mordere la real– tà, dalla fosofferenza antica delle idee chiare e pre– cise, dalla sonnacchiosa provincia letteraria per co– stringerla all'esame dei problemi concreti, per im– mergerla tutta in un bagno di realtà, per aprirla alla luce di un mondo che, mentre noi ci balocchiamo e_ ci estenuiamo, lavora e c9 mmina. Ora questa grande funzione di modernità e di progresso - senza di che norrc'è vita sociale degna di questo nome - deve essere assolta, e in realtà lo è ogni giorno e ogni ora. - Solo che adesso è assolta indirettamente, attra– verso un faticoso e asmatico compromesso tra vecchi partiti sempre alla caccia di impossibili e·quilibri du– raturì. Noi pensavamo - e pensiamo - che questo fosse il compito diretto e cosciente di un grande par– tito di democrazia laica. Abbiamo combattuto perchè. il Partito d'Azione si rendesse conto che questa, e • questa sola, era la giustificazione della sua origine. Il Partito d'Azione ha rifiutato questo compito. Nella alternativa, già posta su questa rivista in pe– riodo clandestino, di diventare un grande partito de– mocratico o una piccola eresia socialista, ha scelto questa seconda strada, e grande è la responsabilità dei suoi dirigenti antichi e x:ecenti, che - alcuni in– consapevolmente e oggi tardivamente amareggiati - lo hanno indotto su questa strada. Già si accenna a possibili fusioni con i socialisti, già i socialisti aprono le braccia. Nulla di male, si tratta di casa di amici. Solo ci si domanda allora per.: chè se ne creò una nuova,- perchè ..:_se si aveva pau– ra a seguire le strade nuove-, non si è imboccata su– bito la strada vecchia. Gran danno è venuto per que– sto alla democrazia italiana, gran danno alla stessa causa della repubblica italiana sul cui terreno nes– suno ha saputo fissare tutte quelle forze oscillanti e ondeggianti - impropriamente e approssimativa– mente chiamate ceti medi - elle abbai:idonate a ·sé stesse costit4iranno ancora il serbatorio attivo e fe– condo di tutte ~ avventure.e di tutte le consolidazio– ni conservatrici, mentre avrebbero potuto e dovuto essere !"avanguardia alacre e vigile della moaerna democrazia italiana. Ma, abb!amo detto, la funzione resta. Qualcuno le resterà fedele. MARIO PAGGI Gli ' . ottant anni di Croce Benedetto Croce -il 25 febbraio compird ottmit'anm. Il numero grande degli anni vale per noi a misurare un'ope– ra ,nfaticata che ~ prosegue senza soste ocnne -il ccrso di un immenso fiume. Essa costantemente s'àrricchisce e si supera perfezionandosi. Ammiriamo il lavoro gigan– tesco, e la geniaUtd con cui Egli ha saputo moltiplicare gli scopi del laooro, come qoolcosa di sovromano che per-mea a suo umanissimo pensiero. Voalutiamo 7e mete 'C'QnSeguibe, gU orizzonti nuovi di– schiusi, la dignitd delk l,et;tereanoora una volta difesa e solvata nélla patria di Vittorio Alfieri, f erem,pio datq 1WQ olJa sola ~ italiana, ma a/, mondo tutto. E nel momento amaro dell' avmlimenro che ci percuote, proviamo, per lui, ancora un paJpi.t-0 d'orgog+ioe dì spe– ranza. Anche nella msfo~ta ie neMa rovinla l'Italia sa eser– citare un rnagist,erionel mcnJò, esprime la parola della sapienza, salva la razionalità deH'uomo sul/e_passicni m– -bestiate. Da lui ci viene un grande conforto. Ci par che daUe radici deNa vecchia quercia una nuo– va linfa afflmsca m nel e ci animi ai duri comq,iti e alle _ lotte diuturne. f E perciò con animo oommosso gli rivolgiamo tma pa– /rola dl gratitudine e di - promessa. L'opera sua è stata jntesa e sard proseguita. ADOLFO OMODEO

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