Lo Stato Moderno - anno III - n.3 - 5 febbraio 1946

60 ~o S 0 TATO MODEIRNO Nei riguardi degli impegni att:uali dell'Inghilterra si fan– no in questi giorni le seguenti valutazioni: debito in sterline bloccate miliardi 3,5. Ne pagherà con proprie risorse mezzo miliardo. Cercherà la cancellazione per un ~liardo. Ne libe– re'rà per il commercio internazionale 2Ò0 mila sterline: Il rimanente sarà pagato in un lungo periodo di anni, assie·me agli impegni di ricostruzione che provooherebbero un deficit nella bilancia commerciale per milardi 1,5. Ma per ciò si prevede un prestito del Canadà, uno dell'India e un prestito interno In tali circostanze appare più che. fondata ,l'affermazione del Cancelliere dello Scacchiere che non \'i erano alternative al. prestito, cioè che esso era indispensabile per l'avvio alla ricostruzione del paese e al riassestamento dei commerci cori l'estero. E irrilevante pare •l'affermazione adoperata dall' op– posizione conservatrice che se fosse stata diversa la compo– sizione del governo, più favorevoli saTebbero state le condi– zioni, cioè un prestito senza interesse o con un interesse più basso. Nè ,allo stato attuale delle cose ha valore l.a contrap– posizione rotta da qualche elemento laburista, critico dell'ac– cordo, di un'Inghilterra socialista a un'America- capitalistica. Nei confronti dell'accordo ·di Washington si sono notate invece le seguenti obbiezioni fondamentali: a) obbiezione alla ratifica degli accordi di B.retton Woods; b) obbiezioni alla rinuncia alla polit:ica della prefenza imperiale. Ora per quanto siano i conservatori dell'opposizione sia– no i laburisti di estrema abbiano in sede di discussione toc– cato tutti due i tasti, è certo che la prima obbiezione ha sa– pore «socialista», la seconda «conservatore». Infatti l'ade– siQDea un certo impegno intemazi6nale per la politica mone– taria comporta'' remore e cautela nella realizzazion~ del pro– gramma delle riforme sociali, mentre è chiaro che i conser– vatori ,sorio in linea con le loro llradizioni quando si· richia– mano al mantenimento tlel sistema preferenziale. Su tutti poi gioca un indistinto timore delle attuali possibilità eco– nomiché degli Stati Uniti e da Londra si guarda con occhio sospettoso ai numerosi salesmen americani in procinto di gettarsi « come tanti levrieri » sul mercato inglese per offrire lè merci che l'ingente prestito consente di vendere. In ogni caso il boccone più amaro è stato dato dalla ne– cessità della rntifica dell'accordo di Bretton Woods, se pure sia il caso di ricordare che alla definizione di quell'accordo parteciparono anche i rappresentanti del governo inglese. Si sa che questi i_n un primo tempo, tramite lord keynes, pre– sentò un proprio progetto di accordo monetario internazio– nale, indipendente da loro e ,basato su una visione espansio– nistica dell'economia mondiale, in quanto iSiprevede"a la co– stituzione di un grande -istituto internazionale di compensa– zione monetaria per il quale i debiti di uno .stato membro sarebbéro venuti a rappresentare la base per fa çoncessione di crediti a un altro stato membro. Ma il progetto inglese non ebbe fortuna; ,l'ebbe, invece, con qualche attenuazione di forma, il progetto americano basato sul funzionamento del– !' oro e a sfondo più tradizionale, in conoreto dipendente sulla promessa dell'assoluta predominanza degli Stati Uniti. Bretton Woods significa, pertanto, entro certi limiti, un ritorno all'oro. Orbene gli inglesi hanno fatto dal 1925 al 1931 un'esperienza che essi adesso considerano negativa, nei rigua-rdi del· ·ritorno ali' oro •e non vorrebbero riJ>eterla. E' vero che il <Sistemaconsente, in casi di necessità, delle cor– rezioni -degli ilhpegni, in quanto uno stato membro dell'isti– tuzione ·,può ~valutare o rivalutare la pt"Opria moneta del 10 per cen~o, ed un altro margine del 10 ,per cento è consen– tito a giudizio dell'amministrazione del fondo, ma tali possi– bilità sembrano irrilevanti, e vi.._è il timore che tali impegni una volta assunti comportino necessità deflazionistiche. E qui è il caso di intendersi. Eìutro tre mesi dalla ratifica degli accordi lo ·stato membro del fondo monetario interna– zionale deve comunicare la parità a cui si impegna di man, tenere da propria moneta con il doLlaro. li problema è tutto qui. Se l'lnghilterra dà per accettata l'attuale parità formale {l sterlina=4,03 dollari), essa si imbarca in una ripetizione della politica di ritorna' ali' oro del 1925. Poichè è chiaro èhe a per gli ~menti intervenuti nella circolazione e nel debito pllbblico, per gli spostamenti prodottisi nella propria situa– zione finanziaria nei confronti dell'estero, per lo smantella– mento subito da talune sue posizioni commerciali, l'Inghil– terra ha ora una moneta che, pur avendo .lo stesso nome, non è più quella del 1939. E' ~ero che la circolazione è aumentata anche negli Stati Uniti, è vero ohe anche colà vi è stato ·aumento del debito pubblico, ma Je P,Òsizioni-Sono diverse, mentre alui .fattori hanno addirittura giocato a fa– vore del dollaro. · Ne conseguirebbe quindi la necessità di modificare. il rapporto, ma è probabile che anche su gente riflessiva come gli inglesi infl~cono le solite considerazioni di prestigio, Ai Comuni Dalton è in un certo modo sfuggito al problema - e nemmeno la stampa vi ha fatto accenno - quando ha pro– spettato l'eventualità di modificazioni della parità di Bretton Woods come un' qualcosa di teorico, che riguardi puramente un problematico ·avvenire. Egli ste&so ha avuto però co– scienza della portata aeHa questil>ne quando ha dettQ._che « è assai desiderabile poter disporre di stabili saggi di cambio purchè - e il purché è importante - si sia appresa la le– zione del periodo tra le due guerre in maniera che 8$Sieme ai provvedimenti per la stabilizzazione si possa, con un· dato margine di aggiustamento, evitare il ripetersi. di queHè stret– tezze deflazionistiche che tanta non necessaria miseria e tanta disoccupazion~ hanno provocato nel passato ». . Logicamente questo è .un problema che non riguarda . solamente l'Inghilterra, ma tutti gli stati che entieranno a far parte del fondo a prescindere, in un certo modo, dagli Stati Uniti. Ma è chiaro che l'amministrazione del fondo verrebbe caricata di grandi responsabiljtà quande fossero deflazionistiche le posizio!'1i di partenza, e più precisamente quando la situazione monetaria più non corrisponde alla mutata situazione economica interna. Vi è, stranamente, un punto di concordanza tra socia– listi e conservatori nella polemica attorno agli accordi di Bretton Woods. I socialisti vogliono mèttere in ordine, indi– pendentemente dall'andamento dell'economia mondiale, l'e– conomia e la finanza del loro paese. I conservatori credono di poter mantenere la situazione in atto mediante apposite manovre entro l'area imperiale; perciò mantenimento della preferenza; conservazione degli impegni monetari néll'area della sterlina, ecc. Giacchè nulla vi è di nuovo sotto il s~le, questa posi– zione si apparenta, in· linea teorica,· a quella dei sostenitori della necessità e della convenienza dei grandi spazi econo– mipi, che si mostravano scettici nei riguardi degli autç,ma– tismi dell' econòmia mondiale. Sarebbe errato ora sorridere di sufficienza in propo;ito, perchè i sostenitori in titolo .·dei grandi spazi hanno fatt'o la fine che hanno fatto. Giaccnè tra le tre soluzioni che ammette la politica economica interna- zionale vi è anche la loro. · Infatti si hanno queste tre tesi: à) Ja tesi del nazionalismo economico, nella· quale - a prescindere dalle involuzioni politiche del ,più cannòni che burro - si cerca di conseguire il benessere entro i COO-' fini nazionali, non riconoscendo interdip~nélenza con gli ·altri paesi; b) fa tesi dell'internàzionalismo economico, basata sul– la massima espansione generale delle pròduzionl e degli scambi;

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