Lo Stato Moderno - anno III - n.2 - 20 gennaio 1946

• 26 L O S T A T O, MO D E R NO un peso e si pa"gano (talvoltjl 'durissimamente e fuor di ogni proporzione) ricordiamo soltanto ·che questi errori si sosta~– ziano soprattutto in due diversi atteggiamenti, benchè più verbali che sostanziali. Il primo è' quello assunto dal Partito (soprattutto dal suo settore centro-meridionale, ma con vivi riecheggiamenti anche nel Nord) col Congresso di Cosenza e, con l'insegna allora inalberata di socialismo liberale, aclas– sista, autonomista. li secondo è quello assunto principal– mente dal Partito nell'Alta Italia nel senso di una « rivolu– zione- democratica » antistatalista, implicante il trasferimento di tutti i poteri ai C.L.N .' periferici (politici, amministrativi ed aziendali) come organi di auto-governo popolare. Oli er– rori insiti in questi atteggiamenti erano evidenti. Da un lato, l'assumere il vessillo del socialismo faceva del P. d. A. un modesto vassallo, se non apdirittura un ridicolo cau?atario, dei partiti social-comunisti, tenuto o a contraffarne I andaz– zo o a pretendere di erigersi a loro « coscienza critica »; ·--eniva negata una posq;ione veramente autonoma per il P. d. A.; e insomma tra i due termini del dilemma ~ piccola eresia socialista o grande partito democratico ~. quale, sin da allora, veniva impostato su queste pagine da Paggi, si preferiva senz'altro il primo. D'altro canto veniva sospinta oltre i limiti del lecito (giacchè implicava un'istanza liber– taria e antiunitaria) e del possibile (giacchè disconosceva la natura di accordo politico interpartiti) la funzione dei C.L.N ., • veniva configurato un clima rivoluzionario dove non c'era che un'insurrezione, ben prestabilita nei suoi fini, e si di– menticava l'occupazione alleata che avventure di simil ge– nere non avrebbe consentito. Bisogna aggiungere che la stessa evidenza di questi errori confinò questi atteggiamenti in formule verbali, in eccessi di linguaggio e in fanfaronate propagandistiche, senza che avesse a corrisponder':'! (m~ _ne scapitarono e la serietà e la coerenza) una prax1s pohtìca veramente impegnativa. Il realismo politico prevalse ( ~ questo va ad onore del P. d. A.) e l'andata di Parri al Governo fu indice di una volontà rinnovatrice rivoluzionaria e da nessuno venne in– terpretata come avvento di un rivoluzionarismo già sin da allora verificatosi, Ma questa « r~ttifica di tiro •, che non volle essere nè sconfessione degli errori, nè mutamento de– gli uomini che li avevano attuati, sembrò svuotare, come accade un po' sempre ai rivoluzionari rientrati, ogni mor– dente ne1 p. d. A. Sorse allora - e perdura, sì ,che non esito a qualificarlo come il più immiòente pericolo per il Partito, e pericolo che può condurlo ad una sua dissoluzione - il trasformismo degli organi dirigenti. Un po' per la natura degli uomini che li incarnavano, un po' per non in· cappare nel garbuglio ideologico, un po' per non sconten– tare nessuno nè all'interno del partito nè fuori del partito, il P. d. A. prese a tirare avanti alla giornata. Possibilismo, contingentismo, occasionalismo, affrontare i problemi come ~ quando si presentavano senza antivederli, senza prospettarli in un quadro coerente.' predilezione per le formule vaghe e poco impegnati~, e, tanto per correggere il mediocre ef– fetto, un pizzico di programmismo astratto e a lunga sca– denza e un altro pizzico di sbrigativo radicalismo bersaglie– resco: questi i tratti dell'azione politica degli organi cen– trali del Partito. Gli unici, si badi, capaci di orierttare •in qualche modo su quel che intendesse essere e su quel che , intendesse fare questo ben!ldetto partito, 'già di per sè dif– ficile da capire ed ancor più difficile da seguire·, al di là del– l'appariscenza delle parole o del ,carosello delle « intelli– genze». Che in questo trasformismo si continuassero a per– dere occasioni per far valere la propria posizione autonoma e verso gli altri partiti (specie verso quelli di sinistra, più incombenti} e verso più varie categorie sociali (il P. d. A. ha la singolare prerogativa di un vero e proprio terrore dei ceti medii) è .cosa palmare. Chiarita così la situazione, più facile riesce,. anche se con sommarii richiami, precisare la nostra posizione. In quanto esent11 da pregiudiziali classiste, _confessionali, dommatiche, personaliste, in quanto alieno dalla demago– gia elettoralistica e dall'autocrazia numerica dei partiti di massa a cui contrappone l'intima aristocrazia delle libere, mature, realistiche opinioni, in quanto critico rilevatore delle deficien~e dei partiti tradizionali, noi riteniamo che il P. d. A. possa costituire la compagine di una democrazia ita– liana che abbandoni il passato é si volga al futuro. Se saprà intendere il suo compito e potenziare tutte le energie atte a sorreggerlo, sarà l'unica formazione in grado di sussistere nel rischio di uno spaccarsi del nostro Paese forse più an– cora che tra un blocco di sinistra ed un blocco di destra, tra uno o più partiti marxisti, a base classistica, e un partito cattolico, a base confessionale, dilacernnti il Paese se anta– gonistici, ma non meno temibili (per un'autentica democra– zia} se alleati in eterno. Ma bisogna allargarsi. Il program– ma del P. d. A. deve diventare il punto di convergenza non solo delle forze ancora in attesa dell'affermarsi di un realistico e realizzatore partito della democrazia moderna ma di quelle che le crisi esistenti un po' in tutti i partiti po– litici porteranno a risolutamente staccarsi. Sul programma "del P. d. A. e sulle 'sue rivendicazioni non intendiamo apporre alcuna riserva o limitazione. Sappiamo benissimo che nessuna democrazia politica può affermarsi senza un profondo tramutamento della realtà sociale e senza un processo di libera ascesa degli strati sociali depressi. Nel– !' ambito del programma del Partito - che va concretato in realistiche riforme ed in meditate istituzioni - propu– gnamo un'azione di trasformazione della società e dell'eco– nomia nei suoi due settori, certo non meno profonda de.ila trasformazione istituzionale e strutturale dello stato. Queste trasformazioni sociali sono indipensabili alla costituzione di un'autentica democrazia, dove la « spinta dàJ basso» (e in senso autonomistico} possa contemperarsi con un'azione di governQ. Appunto per ciò siamo persuasi che quanti voglio– no sinceran1ente r attuazione della democrazia non possono, senza contraddirsi, non volere la loro attuazione, af di là, al di sopra ed all'infuori dei pretesi ma inafferrabili « interessi di classe ». Esse concernono tutti - se realizzate veramente secondo il metodo della libertà - e non soltanto le classi proletarie. E ad esse in particolare vanno agganèiati i ceti medii che è idiota allontanare, Il che non significa affatto che noi s'intenda fare del P. d. A. un « partito dei ceti me: dii », con un classismo alla rovescia. In quooto senso inten– diamo realmente il « superamento del classismo». Noi non vogliamo sottilizzare se e sino a qual punto- le riforme di carattere sociale da noi auspicate abbiano carat– tere socialista. Osserviamo solo che la qualifica di « sociali– sta» affibbiata al P. d. A. è un equivoco ideologico (anche se accompagnata da un sacco di aggettivi qualificativi coi quali si cerca invano di differenziarsi dai fluidi connotati del Partito Socialista odierno) che impedisce un nostro sviluppo veramente autonomo e che in un modo o nell'altro (ad es. come « politica. dei lavoratori ») fa rientrare dalla finesb:a quel classismo che si era inteso cacciare dalla porta: Pro– prio questa etichetta di « socialista » applicata, del tutto este– riormente, al P. d. A. allo stesso buon diritto di altri (non certo noi) che volessero applicargli quella di « liberale », im– pedisce al P. d. A. di reclutare più vaste energie e di diven• tare quello che potrebbe e dovrebbe diventare: ossia il par– tito della dell'locrazia senza eccellenza e senza secondi fini, ass:imente quelle funzioni di realizzazione costruttiva, dJ con-

RkJQdWJsaXNoZXIy