Lo Stato Moderno - anno II - n.21 - 5 dicembre 1945

328 LO STATO MODERNO l'atto più normale di UDa sana politica estera », è evidente che tali sue considerazioni sono meramente dialettiche e av– vocatesche, e che la realtà è proprio quella che lo scrittore si preoccupa dj negare. Sarebbe perciò mai opportuno e van– taggioso a questa nostra lt?,lia vinta e senza pace, che essa si mostrasse chiaramente fautrice di una parte a danno del– l'a'.tra, degìi ang!osassoni contro i sovietici, quando la deci– sione ùel!e questionj concernenti -l'Italia dipende anche dal vo:ere di quel potentato verso il quale il Governo di Roma farebbe manifesto atto di ostilità? Bisognerebbe almeno, per– chè l'atteggiamento ittiliano fosse per riuscire giovevole alla sua causa, che InghLterra e Stati Uniti d'America fossero risoluti a rompere con l'Unione Sovietica, e a portare agli estremi il conf:itto latente fra Oriente ed Occidente. Ma que– sta previsione, a mio giudjzio, è da scartare come o'.tremodo improbabile. Le diffico!tà sono gravi, Londra-Washington da un lato, Mosca dall'altro, si guardano con evidente diffidenza, ma tutti sono ben lontani dal proposito di arrivare ai ferri corti, tutti sentono la eccezionale gravità del momento, e la necessità di non portare il conflitto ai suoi accenti più gravi e irreparabili. Per ora, e per qualche tempo, non vi sarà più grave rottura fra il colosso moscovita e le due grandi alleate ang:osassoni. Le difficoltà saranno superate. Un terreno d''n– tesa si troverà. Quel che è avvenuto, anche nell'Oriente di Europa, è garanzia che quelle tre grandi Potenze sentono come non sia questa l'ora dj altri e più terribili urti: quante vo!te in Ungheria, in Bulgaria, altrove, il djvario deJe opi– nioni fra quei maggiori Governi non era per apparire irrepa– rabile, e poi una concessione dell'ultima ora, una savia riti– rata strategica ha permesso che il dissidio si componesse nel– !' armonia (momentaneg, e sia pure superficiale armonia) pi tutti i contendenti? E ~e Inghilferra, America e Russia si ri– troveranno concordi, e quindi arbitri dell'avvenire e della tranquillità de_gli Stati ex-nemici, conviene a questi Stati di schierarsi contro uno dei grandi Alleati, per eccitarlo, com'è natura!e e inevitabi!e, ad essere il loro tenace e irriducibile avversario? Si persuadano g}i Italiani, nè Inghilterra nè Ame– rica sono disposte a sacrificare la Russia per favorjre comun– que l'Italia, ·quantunque Inghilterra e America siano ben de– cise a sostenersi sulle loro posizioru djfensive, e quindi a far argine contro una eventuale e ulteriore avanzata sovietica nell'Europa centro-occidentale, e quindi a svolgere in Italia una politica che riservi loro per l'avvenire la cooperazione ita– liana, nel,caso non improbabile·di future comp:icazioni euro– pee e mondiali. Epperò una politica savia per parte dell'Ita– lia è quella di un'attesa prudente e operosa, di una neutra– lità avveduta e sagace, di una sottintesa amicizia per tutti i Governi dirnttori de'.la grande coalizione vittoriosa. Neutra– lità di atteggiamenti ~ dj spiriti, perchè, com'è evidente, lo stato di armistizio che- permane mette l'Jtalia nell'impossibi– lità di agire effettivamente sul terreno della politica interna– ziona'.e. E ciò quantunque sia a tutti evidente che l'Italia ha molto, moltissimo da aspettarsi dai governi e dai popoli anglo– sassoni, e solo da essi, giacchè questi sono i soli che possono e hanno l'interesse e la volontà di efficacemente aiutare e fa– vorire la ricostruzione della Fenisola. L'appello del Paggi è frutto dj generosa impazienza. Poichè il lungo indugio a};a conclusione deila pace irrita ,e danneggia, egli so!Jecita un'azione purchessia, la quale tolga i! Paese da questo stato dannoso, e sotto certi aspetti intol'.erabile. Ma è saviezza po!itica vincere anche gli impulsi più caldi e impe– tuosi per consentire a:la ragion ragionante dj provvedere. In a'.tri momenti del:a sua vita naziona:e l'Ita!ia si lasciò tra– sportare da consimile aprassionata impazienza, e tanto nel 1882 quanto nel 1915 i risultati non furono quali g;j Italiani di allora avevano lusinghevo:mente preveduto. Badiamo, fih– chè siamo in tempo, di non ripetere gli errori del passato. Politica estera significa anche pazienza, avvedutezza, sere– nità di spirito, meditata riflessione. Talvolta, chi sa aspettare sa!va il presente e garantisce. l'avvenire. Ogru decisione pre– cipitosa dev'essere pertanto sconsigliata. L'Italia fu già am– messa a riprendere il suo posto fra i goverru cui è demandata l'amministrazione di Tangeri; fu riammessa. con cordiale sol– lecitudine a far parte dell'Istituto internazionale del lavoro. Verrò per essa anche l'ora del:a pace, e il ritardo non sarà stato forse al tutto dannoso purchè le condizioni che pur dovrà subire non siano per essere proprio quelle di una pace inesorabile e punitiva. E allora anche l'ltalia potrà fare la sua po:itica estera. Ma per intanto s'impone all'interno una mag– giore compostezza, un più vivo senso delle comuni necessità nazionali, una più attenta cons:i_pevo:ezzadèlle difficoltà che ci attendono: epperò più lavoro e meno danze, una vita più sobria ed austera, nel ricordo dei gravi errori che la Nazione, tutta o quasi tutta la Nazione ha irriflessivamente commessi, soprattutto negli ultiini cinque lustri della sua travagliata vita unitaria. CESARE Si'ELLANZON Spellan:wn è ,un ,uomo che va ascoltato; ',Yempre,ma spe– cialmente in politica estera la sua opinione è àegna [di medi– tazione perchè (rutto di lungo ,studio e di sapiente amore. Questa volta, tuttavia, debbo riconfermare - e alla luce de– gli ultimi avvenimenti in modo anche più vigoroso - la tesi vont>ro la quale egli 6i /è -valornsamente battuto. ·, 1 Se fossi quell'avvocato da iui favoleggiato gli risponderei con un latinetto caro alle aule pretorili: ex ore tuo' te iudicò, perchè quando si scrive che « l'italia ha moltissimo da aspet– tarsi dai governi e ,dai popoli anglo-sassoni, e ,solo da '/l?SSi, giacchè sono i soli che possono e hanno l'interesse ,e la vo– lontà di efficacemente aiutare e favorire la ,ricostruzione della • Penisola » non solo si dicono cose più gravi e impegnative ,di quanto io abbia detto e persino pensato, ma si pongono pre– messe ferree e determinative di quella ·po1itica estera da me difesa e da Spellanzon incongruamente e contradditorlamente combattuta. Ma svestiamo pure la toga e veniamo ,al•nucleo delle obie– zioni di Spellan-zon che sono sostanzialmente aue; con la prima si nega che l'Ìtalia, ,rebus sic stantibus, possa fare una qualsiasi politica estera; con la seconda si sostiene che gli anglo-sassoni non sacrificheranno mai per l'Italia la possibi– lità di un accordo con la Russia e pertanto qualunque -no– stro ravvicinamento con le potenze occidentali non ci offri.· rebbe nessun reale vantaggio da una parte, mentre !Ci farebbe incorrere se.non nell'ira almeno nel sospetto dell'altra. Mi pare ~ecessario affermare francamente che la prima obiezione ha sapore scolastico e formalistico; che la mancanza di un trattato di pace impedisco all'Italia di ·avere e di -svol– gere una politica estera è cosa che appunto confonde la po-– litica con il diritto e, cosa ancora più grave, condiziona la prima al secondo, mentre è vero se mai il contrario, 'e cioè che è la politica a condizionare il diritto. Sembra strano che uno 3torico della levatura di Spe/lan– zon possa ritenere che uno Stato vinto sia incapace di avere u.na politica estera prima della firma del trattato di -pace quando tutta la storia è piena di esempi contrari e per f er– marsi a quello addotto dal mio contradittore, è facile. fargli rilevare che il trattato di pace tra la Francia e le potenze vincitrici fu possibile solo .per l"abile politica estera subito iniziata da Luigi XVIII, che i Cento giorni praticamente e giuridicamente distrussero quella pace, e che quindi gli ac– cordi del 1815 - che segnarono il trionfo di Talleyrand - non costittlirnno trattati post-pacem, ma veri e propri trattati di pace ·a chiusura appunto della ,:uerra dei Cento giorni. La verità è chs la politica essmdo una volontà e ,un fatto /

RkJQdWJsaXNoZXIy