Lo Stato Moderno - anno II - n.21 - 5 dicembre 1945

LO STATO MODERNO 325 IL PARTITODELLA DEMOCRAZIA Nelle manovre e contromanovre fra destra e sinistra che stanno svolgP-ndosidietro le quinte in, attesa che le so– spirate (dal pubblico, più che dai partiti) elezioni consen– tano di misurare le forze politiche in contrasto, si fa oggi gran parlare di quei famosi « ceti medi » che - per loro natura timorosi, scettici o indifferenti - aspetterebbero la occasione per gettarsi dall'una o dall'altra parte, come hanno fatto nel 1922, e determinerebbero poi col loro peso la so- _lidità e la c:orisistenza della futura formazione governativa. Nelle ultilpe settimane, una nostalgia di ordine e di sicu– rezza, ha indubbiamente spostato questi elementi da Sllll– stra verso destra. Ma c'è dell'altro, e vale la pena di ana– lizzarlo. I partiti di sinistra, che non hanno in genere mai llVUto, almeno in Italia, una sensibilità psicologica sottile (forse per– chè gli uomini che li dirigono mancarono per un certo tempo almeno, dell'esperienza diretta di chi si è goduto in patria il ventennio fascista) sono ricaduti in un errore che già fu causa della loro sconfitta: il classimo. Per quanto a parole socialisti e comunisti talvolta lo ripÙdino, tutta la loro azione è imperniata su di esso: le loro forze principali· essendo co– stituite dalla classe operaia, è comprensibile che concepi– scano come rapporti di fabbrica anche i problemi degli in– tellettuali, ma è al.trettanto chiaro che la borghesia piccola e media non li seguirà. La sua proletarizzazione economica (che è acutissima, e molto più grave di quella delle altre categorie lavoratrici) sempre crescente, non è sufficiente per farle abbandonare gli schemi sociali e culturali che tradi– zionalmente la sorreggono. Sebbene oggi l'impiegato in molti casi sia pagato peggio dell'operaio, un'alta percentuale ricusa d'identificarsi con lui, anzi ha un certo astio perchè le ri– vendicazioni che le Camere' del Lavoro portano in primo piano non sono mai le sue. Altrettanto dicasi del tecnico e del dirigente. Rompere il fronte borghese su questo punto, richiede un'abilità di manovra, e una serie di risorse, che vanno molto al di là degli sforzi e delle declamazioni gene– riche che si sono fatte: la fraternità della classe lavoratrice, , auspicabile quanto mai, è effetuabile forse prima in America che in Italia. La piccola e media borghesia italiana ha in– fatti delle pretese difficilmente conciliabili con la politica delle sinistre: i\ riconoscimento della propria superiorità mo– rale e intellettuale, la rivendicazione di un maggior distacco economico dalle categorie operaie. Ora, tanto la repubbli– china di Salò (cqe sapevi: dove andava a parare) che i sin– dacalisti suoi successori si sono invece orientati verso un livellamento ~ia di qualifiche che di retribuzioni che - fac– cio delle consta(azioni e non degli apprezzamenti - hanno urtato e urtano mezzo mondo. I lettori dell'Uomo qualunque non sono solo i grassi profittatori del' ancien régime, l'empia sètta dei moderati, i consorti, i pagnottisti e le. malve (per usar la pittoresca ter– minologia del nostro risorgimento), ma anche l'umile traoet scontento e deluso, il piccolo,,commerciante, colui al quale commissioni operaie e C. L. N. hanno pestato, magari del tutto involontariamente e senza accorgersene affatto, i piedi. Uno sforzo di mediazione, un tentativo di risuscitare il «connubio» ha compiuto e compie il partito d'azione che, infelicemente battezzato con una denominazione poco opportuna (correggerla in « socialismo liberale » è aggravar l'errore giacchè non si fa un partito con i pezzi di altri due) per quanto storicamente giustificabile, e basterebbe per ciò richiamarsi a Cattaneo • a Bertani pur lasciando Mazzini al P. R. I. e notande l'assenza di Garibaldi, rappresenta ed è la sua unica e perfetta definizione - quella parte della piccola e media borghesia intellettuale che non si rassegna al classismo delle sinistre nè al forcajolismo delle destre. Pru– tito di centro sinistro (come avrebbe potuto essere quel par– tito liberal-radicale che finora non ha potuto nascere per sfatare il giudizio ormai classico che il partito liberale ita– liano è sempre stato composto di conservatori) il partito d'a- _ zinne è' di • quadri » - talora assaf brillanti - ma àhimè, non di masse, ciò che sta a provare come la maggioranza, il grosso della piccola e media borghesia ripugni al • con– nubio » e si tenga in disparte, ostile e indifferente, pronto a fare lo scivolone verso le destre. Lo stesso accadde nel 1922, e se. è disperante constatare come in politica (e forse in amore) l'esperienza a nulla serva, è curioso rilevare che dal blocco col fascismo le categorie pic– colo-borghesi non cavarono nessun utile e molte delusioni; probabilmente oggi la loro sorte sarebbe identica, glaccbè la borghesia ricca e predace ha sempre fatto buon mercato dei suoi aus'iliarj. Il fascismo fu infatti definito la rivoluzione dei padroni di casa, e ,per una delle atroci ironie di cui la storia è prodiga, -pochitrassero meno profitto dei padroni di casa dal fascismo, che si ·rivoltò subito in veste demagogica contro i suoi amici, i quali durarono anni ,3 fatica a gettar le basi di una società di affari che offrisse qualche convenienza. Il compito degli osservatori spregiudicati dovrebbe essere quello di non acutizzare le discordie, e ritengo che la solu– zionç può avvenire solo mediante quel partito della .democrf/,– zia che Luigi Salvatorelli ha impostato assai bene, ma che non esiste se non come desiderio suo e di molti, perchè le sue radici. dovrebbero poggiare in un terreno in Italia ancor poco co:tivato. Secoli di servitù ci hanno condotti da un dispoti– smo all'altro: il liberto era più duro verso gli schiavi del– l'uomo libero per -nascita. E fare ammettere da noi i diritti della minoranza è impresa gigantesca: il fai-r plQ.JJ anglosassone rimane assolutamente estraneo alla mentalità comune, natu– ra!mente sopraffatrice. Impresa altrettanto ardua, è ist:Oare nella nostra borghesia il senso di eguaglianza (non parlo di fraternità perchè i:;onsono un utopista, ma le anime religiose ci possono credere e magari contare) che regna altrove: gli egoismi rinfocolati dal!'oppressione generale e dalla guerra hanno ridotto i rapporti di convivenza a u~a quotidiana bat– tag!ia, e sviluppato un profondo disprezzo (che arriva anche ali'odio) del prossimo. Senza la democrazia vera, che è spontaneo atteggiamento dello spirito, equilibrio costante degli interessi, senso della C!)muneorigine e del comune destino, c'è poco da sperare nei frutti de!la ragione, e nel progressivo incivilimento dell'uma– !'ità. La stanchezza, il disordine del dopoguerra, sono cattivi consiglieri: il militarismo, sempre agonizzante, è pronto a rin– sanguarsi e a far stragi. La nostra piccola e media borghesia ha delle tradizioni di onestà e diritttura che non sono ancora · s_:pente:se col fascismo ha, nella sua maggioranza, errato in pieno (pur costituendo il nucleo dell'antifascismo), nel Risor– gimento è stata l'ossatura de:la grande opera. Pensi due volte pr_imadi fare lo scivo!one a destra, e di staccarsi dal popolo donde è uscita. ARRIGO CAJUMI

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