Lo Stato Moderno - anno II - n.21 - 5 dicembre 1945

326 LO STATO MODERNO IL PROBLEMA INTERNAZIONALE DELLA NAVIGAZIONE AEREA CIVILE Le vicende della guerra hanno impedito all'opinione pub– blica italiana di poter seguire. un probliima che invece è stato assai dibattuto nella stampa dei Paesi liberi: quello dell'orga– nizzazione internazionale della navigazione aerea civile. L'im– portanza di una tale questione è intuitiva, anche se ragioni di vario genere (militari, rommerciali, di prestigio, ecc.), ne rendano complessa l'impostazione, e diff-icile una trattazione unitaria. Alla base di ogni deduzione sta il prodigioso sviluppo del– l'industria aeronautica, dovuto in gran parte a necessità bel. licbe, ma in ogni caso utile al traffico civile. E' di questi giorni la notizia che apparecchi americani hanno compiuto il ~iro del mondo in poco più di sei giorni. Questa ed altre im– prese del genere sono manifesti tentativi di aprire al traffico internazionale nuove e -sempre più celeri rotte aeree. Nè va dimenticato che accanto alla celerità la navigazione aerea oggi presenta il vantaggio di una sempre maggior sicurezza. Se, grazie all'impiego di grossi velivoli a più motori, gli inci– denti si fanno sempre meno frequenti, anche il costo del passaggio è notevolmente diminuito. Le agenzie straniere sono concordi nel ritenere che un biglietto per un volo tran– satlantico verrà a. costare all'incirca il prezzo di uh passaggio in un bastimento di lusso. Per quanto riguarda poi il costo del trasporto di merci è prevista una forte riduzione mediante l'impiego di speciali apparecchi e di alianti rimorchiabili. A rendere più veloce questo naturale mutamento delle · condizioni della navigazione aerea, intervenne la guerra col sottoporre le 'industrie aeronautiche ad uno sforzo violentis– simo. Cosicchè, non appena le Nazioni Unite si prospettarono la fine delle ostilità e cominciarono a prendere in considera– zione la riorganizzazione internazionale del dopoguerra, quello della navigazione aerea civile fu uno dei primi problemi ad essere affrontato, anche ,per la sua connessione con altri fon– damentali problemi, sia interni che internaziopali. Ne facilitava il riesame il fatto stesso che la convenzione per la rngolainentazione della navigazione aerea conclusa a Parigi il 13 ottobre 1919 appariva manifestamente incapace di normalizzare la mutata situazione. Intanto, allo scoppio della seconda guerra m~ndiale, essa, se era stata ratificata da trentatrè Stati, non comprendeva però fra i suoi membri. nè gli Stati Uniti, nè la Russia, nè la Cina. Inoltre le sue dispo– sizioni di carattere tecnico (norme di navigazione, servizi radio e meteorologici, ecc.) aveva,no bisogno di essere rivedute. e aggiornate. Infine essa non teneva nessun conto dell'impor– tanza della cooperazione fra le nazioni nel campo economico. ... Ma questi, a dir il vero, non furono che i motivi apparenti, seppur necessari, dell'impostazione del problema, che aveva invece al centro un'altra fondamentale questione. Se si fosse, infatti, trattato di emendare semplicemente dal punto di vista « tecnico » la Convenzione .de,l 1919, a ciò sa– rebbe bastata quella Commission lnternatlonale de la Navi– gation Aériem,,e (C.I.N.A.), organo permanente con sede a Parigi, istituito dalla stessa Convenzione. 1n realtà la que– stione era un'altra. La Convenzione di Parigi aveva accolto la cosiddetta teoria della sovranità nazionale dello spazio at– mosferico e stricto sensu ». Per essa agli aerei stranieri non veniva concesso che il diritto di sorvolo (ed anche questo poteva essere limitato dallo Stato sorvo!ato), ed il semplice uso degli aeroporti. Ma tutte le altre e veramente importanti operazioni (imbarco e sbarco merci e passeggeri, uso dei ser– vizi, ecc.), potevano venir regolate solo da accordi particolari fra le parti interessate. . Già nel 1928 gli Stati Uniti, in unione con otto Repubbli– che del]'America centrale e con il Cile, avevano ratificato quella Convenzione dell'Avana che concedeva ai membri am– pie facilitazioni ln materia di navigazione aerea. Era più che naturale che, dopo i l\uccessi e l'enorme svi• luppo dell'industria aeronautica, si presentasse il problema di meglio definire il concetto giuridico di « libertà dell'aria », che condiziona il sorvolo, l'atterraggio, il traffico, ecc., degli apparecchi stranieri. Gli Stati Uniti d'America non tardarono a rivelare la loro tendenza a intenderlo nel senso più largo della parola. Uno dei primi progetti del Civil Aeronautic Board stabiliva f isti– tuzione di 20 linee aeree per 240.000 km., attraverso i cinque continenti. Si pensi ancora che le industrie ame1icane co– struivano circa centomila apparecchi all'anno e che circa ven– timila aerei da trasporto erano impiegati per scopi militari. Infine si sa che il Governo ha già disposto per la trasforma– zione in apparecchi da trasporto passèggeri e merci dei fa– mosi quadrimotori Liberator, Daltra parte le Pan-Americun Airways si fecero -sostenitrici di un vero e proprio monopolio delle linee tra l'America ed il resto del mondo. Anche il punto di vista inglese non tardò a manifestarsi, ed esso fu, forse a causa delle non prospere condizioni del– l'industria aerea britannica, opposto a quello americano. Il principio della sovranità nazionale dello spazio atmosferico veniva ribadito nel suo stretto senso, mentre da alcune indi– screzioni si potè accertare l'esistenza di accordi precisi tra la Gran Bretagna e i Domini intesi ad escludere ingerenze straniere sul traffico aé?eo tra la Metropoli, i Domini e le colonie. « Perchè la democrazia mondiale del traffico aereo che si vuol instaurare sia veramente tale, - sostenne a suo tempo lord Beaverbrook - occorrerebbe che in questo cam– po un'autorità internazionale superiore sia messa in grado non solo di stabilire le rotte aeree, ma anche di attribuire a ciascun paese la proporzione dei servizi aerei corrispon– denti alla sua importanza ed ai suoi bisogni ». Sotto queste impressioni si apri a Chicago la Conferenza internazionale del!'Aviazione Civile. Dopo ben cinque setti– mane di lunghe discussioni essa si concluse il 7 dicembre scorso con un atto finale, accompagnato da un accordo prov– visorio sull'aviazione civile internazionale, una convenzione sul!'aviazione civile internazionale, un accordo per il traasito dei servizi aerei internazionali ed un accordo sui trasporti aerei internazionali. Ma in realtà non si è potuto superare il disaccordo esistente tra l'America ed il Commonweal.th britannico. Se infatti gli Stati partecipanti hanno sottoscritto gli atti in cui sono rico– nosciuti agli aerei stranieri il diritto di sorvolo e il diritto di sostare a scopo non di traffico (ad es. per rifornimento, con– dizioni meteorologiche, ecc.), la Gran Bretagna, i Domini, il Brasile, la Cecoslovacchia, il Cile, la Francia, la Grecia, l'Ir. landa, la Spagna, ecc. non hanno sottoscritto il~quarto alle– gato, in cui· sono sanciti i diritti per gli aerei stranieri di caricare o scaricare merci provenienti dal paese di origine dell'aereo ad esso destinato, e di poter esercitare il traffico tra due local_ità estere facenti parte di un unico servizio che finisce nel paese di ori1i:ine del!'aereo.

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