Lo Stato Moderno - anno II - n.20 - 20 novembre 1945

298 LO STATO MODERNO Ma perchè tutto questo accada, perchè non se ne perdano i frutti, perchè al tavolo di gioco della politica interna non si vanifichino e non si disper– dano i faticati vantaggi acquisiti e da acquisire nel campo della politica estera, è necessario che la si– tuazione governativa non soffra di ipoteche a troppo breve scadenza. In queste ultime settimane è. sembrato che fosse il partito liberale a voler guidare una ripresa offen– siva contro il governo. Voci gravi si sono levate al– l'interno dello stesso partito per ammonire circa i rischi di una avventura di crisi in questo momento, nè giova sottolinearne oltre la pericolosità perchè gli uomini che guidano il partito liberale danno affì– damento di saper diffidare di facili e allettanti manovre. Sarà invece opportuno chiarire che una even– tuale defezione liberale - mentre chiarirebbe in modo sin troppo manifesto il peso della sua ala con– servatrice e renderebbe assai problematica la per– manenza in esso dei gruppi più avanzati e audaci - non avrebbe di per sè forza politica e sintomatica tale da ingenerare necessariamente una crisi". Come il secondo governo Bonomi potè fare a meno del par– tito d'azione e dei socialisti, così l'attuale governo Parri può benissimo fare a meno dei liberali. La si– tuazione potrebbe diventare pericolosa solo se la de– mocrazia cristiana intendesse appoggiare sino in fon– do la manovra liberale. Ma questo non sembra per ora nè probabile nè prevedibile. Le democrazia cri– stiana sa che nel gioco può rimetterci gran parte della sua attuale e soprattutto futura influenza - suscettibile di trasmigrare facilmente alle forma– zioni di destra - e non vorrà, per seguire iniziative altrui, correre rischi così oscuri. Comunque questa incertezza di situazione, que– sto pericoloso oscillare di umori e di velleità, questo ondeggiare sotto la spinta di poco più che fiati tran– sitori deve riproporre - e ripropone - alla atten– zione degli italiani responsabili il problema della formazione di un partito politico cosciente ché il vero problema italiano è quello dello stato e del suo governo. Prima di provvedere alle riforme tecniche, pur necessarie ed urgenti, prima dei problemi stessi della Costituente, pregiudiziale ad ogni riforma seria e non effimera, è il panorama dei partiti politici ita– liani che va affrontato e risolto in profondità. Oc– corre dare alla democrazia il supporto di un grande partito democratico, se non vogliamo ricadere nel– l'assurdo d'assicurare la democrazia soltanto col gio– co elusivo e contrastante di partiti che democratici non sono. Oggi tutti si sono resi conto di questa ne– cessità che un anno fa era intravista ancora da po– chi, nonostante che in Italia ed in Germania la de– mocrazia fosse crollata proprio per questo. Oggi è il partito repubblicano che si dichiara disposto a bru– ciare gli steccati che lo separano dal partito d'azione, sono i democratici del lavoro che chiedono a gran voce l'unità democratica, sono i socialisti della « Cri– tica Sociale » che - in cortese polemica con uno dei nostri amici - si compiacciono di sottolineare le concordanze, sono i liberali di sinistra che, ricono– scendo sempre più netto l'avvio conservatore del proprio partito, sentono la necessità di trasferire la dialettica del loro neoliberalismo in una formazione che non riduca la difesa della dignità individuale ad una semplice - anche se necessaria e insostituibile - formulazione giuridica. E il partito d'azione pare . che stia per riprendere coscienza di essere niente al– tro - ma quanto orgoglio se adempisse a questo compito - che il catalizzatore di questi vari ele– menti, ora dispersi e politicamente inefficienti, men– tre la l9ro qualità e quantità è tale d'assicurare lç1 formazione solida e valida che ogni giorno più si manifesta necessaria alla vita democratica del no– stro paese. E' necessario che diventi convinzione comune che nessuna legge costituzionale - per eccellente che sia -, nessun sistema di contrappesi giuridici tra i vari poteri dello stato - per preciso che sia - nessuna regolamentazione dei rapporti tra l'esecu– tivo ed il legislativo, - per minuta che sia - potrà salvare la democrazia italiana se non si opera una profonda riforma sul terreno del costume politico. La faticosa legge del compromesso - e non di quello storicamente necessario tra l'ideale e il reale, ma di quello avvilente delle alchimie personali e di grup– po - potrà ancora per alcun tempo salvare una for– ma istituzionale al paese, ma lascerà insoluti i pro– blemi, o nella migliore delle ipotesi, una qualche soluzione sarà ogni tanto permessa da un ritorno di trasformismo giolittiano; quel trasformismo, non di– mentichiamolo, che ha consentito alla democrazia italiana di vivere fino al 1922. Ma dicevamo, queste son verità ormai -comuni e minacciano di naufragare nell'ovvio e nel banale. Eppure intanto questa formazione democratica non si fa. 11 Paese ha il diritto di chiedere ai suoi uomini responsabili: perchè non si fa? Quali forze, quali pigrizie, quali tradizioni, quali sentimentalismi si op– pongono alla realizzazione di questo disegno, ormai reclamato dalle cose e riconosciuto necessario dagli uomini? Sappiamo benissimo che non tutto è vile quello che si oppone; nostalgie ed amicizie, timore degli sviluppi futuri, perplessità di fronte alla rot– tura di un equilibrio che bene o male appare rag– giunto, anche se si riconosce precario e di debole costituzione. Tutte cose apprezzabili, cui se ne aggiungono altre meno apprezzabili, ma pure di positiva e fatale importanza, come la tendenza degli organismi a per– petuarsi al di là della loro funzione e la difficoltà di riassumere in analoghe proposizioni logiche e po– litiche sentimenti analoghi, difficoltà aumentata a dismisura da quello stato di semi-analfabetismo poli– tico in cui il ventennio fascista ha lasciato l'Italia. La verità è che oggi pochi in Italia sentono la suprema vocazione dello stato; anche questa parola ha bisogno di essere riabilitata, anche questo con– cetto ha bisogno di essere rielaborato. Oggi tutti i partiti fanno appello ad interessi particolari o di ca– tegorie, e nessuno sembra porsi il problema - (che è pure quello politicamente fondamentale) della lo– ro coesistenza, o meglio del loro superamento nella concreta azione di governo. Questo non può essere compito che di una vasta formazione democratica, la quale, avendo vissuto con la carne e col sangue l'angoscia della libertà, sia capace di salvarne le su– preme distanze anche in quelle trasformazioni pub– blicistiche sulla cui urgenza il mondo degli uomini di buona volontà è oggi concorde. Se noi andremo alla Costituente con le attuali formazioni politiche la democrazia italiana o non nascerà o continuerà nel- l'equivoco. MARIO PAGGI

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