Lo Stato Moderno - anno II - n.17 - 5 ottobre 1945

LO STATO MODERNO 337 PROPOSTA PER UN SISTEMA TRIBUTARIO RAZIONALE li sistema tributario italiano risente ancora del tumul– tuoso periodo nel quale è sorto. Sono note le strettoie finan– ziarie nelle quali si dibattè il Regno d'Italia nel primo quin– dicennio di vita unitaria. Djsavanzi enormi, per quei tempi, e una pressione tributaria elevatissima, tale da mettere a re– pentag:io l'esistenza stessa del nuovo Stato. Giustizia distri– butiva assai relativa, criterio fondamentale il fisca!ismo: che un'imposta fosse oppur no razionale importava poco, l'essen– ziale era che desse un forte gettito. Si giunse così persino a que:la che giustamente fu detta l'imposta sul:a fame (il ma– cinato). Bisogna dire, però, che, dati i supremi interessi in giuoco e l'ambiente economico-sociale, non era possibile fare altrimenti. Ma l'occasione di riformare il sistema tributario si presentò più volte in seguito e fu lasciato cadere. Oggi che è in discussione lo stesso problema istituzionale de:lo Stato, la riforma dell'ordinamento finanziario si impone: la repub– blica italiana deve ripudiare il fiscalismo regio e darsi un sistema tributario veramente razionale. Le nostre principali imposte dirette che sono pur sem– pre l'imposta fondiaria sui terreni, l'imposta sul reddito edi– lizio e l'imposta di ricchezza mobile, rappresentano, nella evo:uzione finanziaria, uno stadio sorpassato da un pezzo. Si tratta di imposte real·i, che non soltanto non tengono conto della capacità contributiva effettiva del cittadino, ma si pre– stano a -doppie imposizioni, a trasferimenti, a capitalizzazio– ni. Tizio, ad es., ha un reddito di L. 50.000, ma paga ogni anno 20 mila lire di interessi; Caio ha un reddito di lire 40 mila, ma non ha passività di sorta. Ebbene Tizio che in de– finitiva ha un reddito netto minore, paga a titolo di imposta più di Caio. La condizione personale del contribuente non viene presa in considerazione: il reddito del fondo o del fab– bricato, o que:Jo derivante dal lavoro vengono riguardati ob– biettivamente: il fondo che rende di più paga di più, anche se l'entrata netta, effettiva, di colui che è tenuto all'imposta è notevolmente inferiore. Sulle lire 20.000 che Tizio paga di interessi, è tenuto a pagare l'imposta anche il creditore. In realtà quelle L. 20.000 rappresentano per Tizio un'entra– ta soltanto formale: l'unico che fruisce effettivamente di quel reddito è il creditore. Eppure l'imposta va pagata due volte: dal debitore e dal creditore. Ma quel che è peggio è che no– ve volte su dieci il creditore riesce a farsi rimborsare l'im– posta dal debitore (tipico l'esempio dei mutui ipotecari), e sul debitore viene quasi sempre a gravare la doppia imposi– zione. Nè questo è il solo caso di traslazione. In via generale può dirsi che una volta che un capitale vien colpito in sè e per sè, indipendentemente dal suo possessore, il risparmio tende ad allontarsi da quel tipo di investimento. Il capitale co:pito non si fabbrica più, per un certo tempo, sino a quan– do la ,diminuita offerta ne fa aumentare il prezzo. Così, at– traverso l'aumento, l'imposta si trasferisce su di un'altra eco– nomia. Se poi si tratta di un'imposta sulla terra si ha il feno– meno de:la capita:izzazione. Il valore del terreno, colpito di– minuisce per un ammontare pari al capitale corrispondente a:l'itnposta. In altri termini il valore di un fondo si deter– mina in base al reddito netto, detratta l'imposta. Così colui che si trova a possedere il fondo, ali'atto della introduzione de:J'imposta, ne sopporta il peso per sempre: se vende, deve contentarsi di un prezzo minore. Lo stesso a~viene per una imposta che colpisca i titoli del debito ,pubblico. Sono nozioni e!ementari di scienza delle finanze. Pure devono essere assai poco diffuse se ancora e'è chi ,propugna, ad es., la progressività dell'imposta di ricchezza mobile, o dell'imposta sui terreni e così via. Ma come mai si può pen– sare a:la progressività per imposte che non colpiscono in mi– sura uniforme il reddito netto del contribuente e, quel che è peggio; non si sa dove in definitiva vadano a cadere? Come può esservi giustizia tributaria là dove l'imposta colpisce alla cieca? Certo che la progressività è un'esigenza dell'epoca mo– derna. Ma essa presuppone un sistema di imposizione a base personale, non reale. Personali sono quelle imposte al cui centro non sta la casa, o il fondo, o lo stipendio, ma la per– sona del contribuente in quanto soggetto di un reddito. E' l'entrata netta del contribuente che va colpita, derivi essa da beni mobili o immobili o dall'attività professionale, o da tutti riuesti elementi insieme. Con una imposta generale che as– sogetti ad una sola tassazione l'entrata totale del cittadino, da qualunque fonte essa provenga, non soltanto si eliminano quasi tutti gl'inconvenienti cui dànno luogo le imposte reali, ma si può anche tener conto dei carichi di famiglia. Co'lui che ha parecchi figli deve pagare di meno di chi ne ha pochi o non ne ha nessuno. Determinato il reddito netto globale del contribuente e fatte le necessarie detrazioni per carichi di famiglia, si può tranquillamente applicare la progressività. L'ordinamento tributario italiano si presta oggi ad essere radicalmente trasformato. E' assai difficile che in avvenire possa presentarsi un'occa– sione così favorevole. Tanto più che vi sono già in atto tutti gli elementi per un riordinamento razionale del sistema tri– butario. Abbiamo due imposte generali a base personale, l'im– posta complementare sul reddito e l'imposta ordinaria sul pa– trimonio, nelle quali si possono concentrare tutte le imposte dirette esistenti. Ciò porterebbe anzitutto ad una notevole semplificazione del sistema, e a una sensibile economia nelle spese di riscossione. L'imposta complementare potrebbe di– ventare l'imposta unica sul reddito, qualche cosa come l'in– come tax inglese o l'Ei.nkommensteuer prussiana. Le tre im– poste dirette reali, la fondiaria, quella sul reddito edilizio e quella di ricchezza mobile andrebbero soppresse. Piuttosto che costringere il contribuente a pagare a tanti diversi titoli una determinata somma, tanto -.raie fargli pagare la stessa cifra a un sol titolo (imposta generale sul reddito). L'imposta sul patrimonio risponderebbe poi a un'esisten– za profondamente democratica: quella di colpire più forte– mente che non i redditi del lavoro, i cosiddetti redditi fon• dati, ossia quelli derivanti da beni immobili o mobili. Trat– tandosi di imposta ordinaria è chiaro che deve essere misu– rata sul patrimonio ma pagata col reddito. Così mentre i red– diti del lavoro verrebbero colpiti una volta sola con l'imposta generale sul reddito (l'attuale complementare), quelli patri– moniali sarebbero colpiti due volte: coll'imposta generale sul reddito e coll'imposta sul patrimonio. ... Altro grave problema da risolvere è quello delle aliquo– te. Sinora le aliquote altissime hanno determinato una lotta s!eale tra il fisco e il contribuente. L'evasione fiscale è stata considerata come una sorta di legittima difesa, che trovava persino del:e sanzioni legislative ( e qui sta tutta l'immeralità del sistema). L'aliquota della categoria D della ricchezza

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