Lo Stato Moderno - anno II - n.16 - 20 settembre 1945

LO STATO MODERNO 207 ad avanzare il problema se dopo quella intervista il principe avesse più il titolo per assumere la reggenza. Pur essendo in una situazione difficile, il Ministero si comportò molto meglio del successivo che.finì per tollerare che un'altra intervista del luogotenente, egualmente sciagurata, passasse a quanto pare col nulla osta e con le correzioni autografe del presidente del Consiglio. Questo sia detto con buona pace di quanti a Roma zione dì Vittorio Emanuele III, la richiesta di recarsi a Roma per firmare l'atto di rinunzia, fu respinta a maggioranza dal - Consiglio. · e fuori ci sconfessavano clamorosamente. E il peggio si era che tali sconfessioni, che passavano a traveFso la linea di com– battimento (solo il Comitato di Milano approvò la partecipa– zione del P. d'A. al Ministero) creavano una crisi difficile nel partito e una specie di opposizione interna continua contro co– loro che avevano accettato il non lieto compito di controllare l'opera del governo. "iell'azione governativa il dibattito continuo era contro una prassi di ordinaria amministrazione seguìta pigramente da molti, la quale consentiva il riaffiorare di vecchie manovre di corridoio parlamentare, di tergiversazioni diuturne e di rinvjj procedurali delle questioni più urgenti. Tarchiani ed io soste– nevamo invece che la nostra azione dovesse essere azione di governo provvisorio. Con ciò si sarebbe meglio definita la le– galità liberale entro cui contenere la nostra azione anzi che imprigionarci in una legalità che rispettava ancora Ie leggi di Mussolini con grande gioia di tutti i legulei. Questa prassi d'ordinaria amministrazione urtava CO!)troil fatto che l'Italia era nel più tragico stato in cui si sia mai tro– vata. Siccome insistevo sia nelle discu~sioni sia nell'azione 'per l'attività immediata, che desse a tutti il senso di una po– litica di soccorso, fra i moderati si cominciò a mettere in cir– colazione la leggenda caricaturale di u';1 mio temperamento vulcanico, pronto a puendere fuoco e ad avventurarsi in teme– rarie imprese contrarie alla pacatezza che la politica esige: ca– ricatura che pareva riportarci ai beati tempi anteriori al 1914 quando la pacatezza dei tempi consentiva d'intorpidirsi in un ozio clerico-moderato. Si riaffaçciò il problema dell'epurazione della burocrazia, ~ o, come si diceva con un orribile . termine, la defascistizza– zione. Durante un dibattimento in cui esponevo come il pro– blema si fosse presentato all'Università di Napoli, i miei colle– ghi, o perchè mi ritenessero più competente, o perchè volesse- ro mettermi alla prova, mi affidarono la « defascistizzazione », Accettai dichiarando che tale epurazione dovesse compiersi con carattere esclusivamente poUtico {cioè, che chi aveva ubbi– dito al fascismo con soddisfazione del regime non poteva re– stare al servizio della nuovl?' democrazia) senza di che, ope– rando su schemi processuali si sarebbe avvelenata l'Italia per trent'anni; e aggiunsi che l'epurazione avrebbe avuto luogo dall'alto al basso per potere al !)lomento opportuno chiuderla e farla finita una volta per tutte. E in questo senso feci ap– provare un decreto integrativo delle disposizioni già in corso. 6: speravo che con un po' d'energia in non molti mesi d'i;1tensa attività questo Il!alanno si sarebbe liquidato. Invece uno dei primi provvedimenti presi dal governo costituitosi a Roma fu quello dì modificare completamente la legge, di imprimerle il deprecato carattere processuale con tutte le ~omplicazioni connesse, e così inasprì il male che si doveva prontamente risolvere. • ' - Intanto si giunse al quattro giugno e il ministero doveva essere rinnovato. La nostra speranza era che Roma ci fornis~e forze e situazioni nuove e che ci facesse trovare la bandiera tepubblicana al Quirinale. Invece mentre sollevavamo la que– stione sulla capacità del Principe di Piemonte ad assumere b 1eggenza dopo l'intervista concessa al Times, un dispaccio re– capitato in pieno Campidoglio annunziava che il generale Ben~ivenga, che passava per uomo del Partito d'Azione, pren– de\'a possesso di Roma in nome di S. M. Un'ultima tergive~sa- Chi si comportò nel modo più corretto fu la Commissione alleata. Appena annunziata la liberazione di Roma, il gene– rale Mac Farlane venne, si può dire, a portar via dalla ta– vola del Consiglio dei Ministri il maresciallo Badoglio e lo condusse a Ravello a far firmare al re l'atto' di rinunzia. La sera sapemmo dalla radio che il Badoglio aveva presentato le dimissioni del Gabinetto. Così si chiuse il periodo politico napoletano. Durante il quale molto ci dolevamo della scar– sezza di forze e di uomini disponibili, moito speravamo dal contributo che ci avrebbe dato Roma, e dicevamo male del temperamento meridionale. Eppure, ben considerando le co– se, non poco si fece in quel periodo. Riuscimmo a strappare al potentissimo Churchill il suo protetto Vittorio Emanuele e a fare intendere al mondo che l'Italia non poteva sotto– stare ai Carignano; e ciò con mezzi tanto esigui da parere quasi infantili. A Roma purtroppo non si prosegui con la stessa lena, anche perchè si allentò di più il legame dei par– titi, sino a diventare_ fittizio. Veramente il passo più grave in questo senso si era compiuto a Napoli ai primi di giugno nel congresso liberale che deliberò la fusione coi così detti demo– cratici-liberali, cioè con la reazione latifondistica, più o meno impeciata col fascismo e unicamente intesa a conservare de– terminate posizioni sociali. TI Croce non seppe o non potè im- pedirla. 1 Al tempo stesso parecchi partiti presero a speculare sui ri– fiuti del fascismo, che potevano contribuire alla cassa co– mune, a tener su giornaU, ad agire .con influenze soèiali, a fornire vecchie penne avvezze a scrivere a comando. A com– pletare l'opera deprecata e deprecabile la burocrazia fascistica di Roma riprese il sopravvento sui ministri e li ingirbugUò in infiniti errori. Il ,.gruppo romano del P. d'A. che tanto aveva criticato la nostra opera commise errori gravi che condannarono il par– tito ad un anno di decadenza, Ritenne che il ministero Bo– nomi fosse di brevissima durata, non calçolando che le crisi erano controllate dagli alleati, e non s'impegnò a fondo; lasciò fare una politica scolastica che tolse al partito il presti– gi.o sui ceti colti; abbandonò ad altri, per evitare -la respon– sabilità, l'epurazione che aveva in mano e che doveva con– durre a fondo con la calma e la fermezza del chirurgo, e cosi compartecipè alla responsabilità di questo g;ave insuccesso dell'antifascismo. Dico ciò non per spirito di ritorsione contro infondate cen– sure, ma perchè è bene che periodicamente ogni partito veda il bene e il male che ha fatto e senza falsi pudori segni in un ordinato bilancio l'attivo e il passivo. E per questo ho messo per iscritto questa ~reve cronaca del periodo napo– letano, oltre 4 che pel desiderio d'informare di vicende recenti, che paiono già tanto lontane, gli amici dell'Italia settentrio– nale. LO ADOLFO OMODEO STATO MODERNO Abbonamento annlio . . . L. 360 Abbonamento sostenitore . L. 1000 Sono in vendita presso !'Edit01·e, a! prezzo di L. 500, poche serie complete dei fascicoli stampati clandestina– mente durante !'occupazione tedesca

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