Lo Stato Moderno - anno II - n.16 - 20 settembre 1945

• LO STATO MODERNO 205 LE VICENDE POLITICHE DEL PERIODO NAPOLETANO De Nicola e la reggenza - Togliatti p'rovoca un mutamentQ di 'rotta nella questione istituzionale e dicliim·a che i comunisti sono disposti a collabora1·e col fle - Necessità per il P. d' A. di evitare un nuovo Aventino-· Jl pm'icolo nnzionale della «gioventù di gue1·1·a» - Vittm·io Emanuele, il protetto di ChU1·chill. III 0 Nel febbraio Benedetto Croce, che aveva avuto un infor– tunio a casa e si trovava in una clinica con un braccio inges– sato, per suggerimento di Enrico De Nicola iniziò complicati sondaggi per la costituzione di una luogotenenza del principe invece della reggenza per il bambino. I partiti di slnistra continuarono l'agitazione. D grosso dei liberali si stringeva da capo con i cattolici. La maggiore dimostrazione dei tre partiti fu il comizio nel:a Galleria a cui parteciparono il 12 marzo del 1944 circa diecin1ila cittadini non ostante la piog– gia che véniva giù a traverso le ossature metalliche delle ve– trate distrutte. Nella Galleria, ricordo, m'incontrai con Alber– to Tar.cliiani: « Se questi signori, mi disse Tarchiani, sapessero che la Russia ha riconosciuto il .governo Badoglio, figurati che sorpresa! ». La notizia era esatta: e io mi ricordai che quando la commissione diplomatica venne da Algeri a Napoli per stu• diare la situazione, avevo avuto l'impressione che il rappre– sentante russo fosse il più benevolo verso la dinastia. La situazione mutò, nei rapporti tra i partiti, col soprag– giungere di Togliatti, capo riconosciuto dei comunisti. Il P. d'A. resistetté sia alla transazione sulla persona del principe, sia al mutamento di rotta che l'intervento di Togliatti signifi– cava nella questione istituzionale. Infatti il partito comunista si dichiarò disposto a collaborare col re e dette indietro sulla que– stione della reggenza. Da una parte subiva, retrocedendo, uno svantaggio, ma veniva compensato 1all' altra pel fatto che det– tava la sua volontà a tutti gli altri cinque partiti e pigliava la direttiva politica. I cattolici, sia pure a malincuore, si adatta– rono a seguire i comunisti non tanto per un sentito spirito mo– narchico, ma per la loro consueta repugnanza a qualunque decisioue. Ricordo ancora una seduta della Giunta. eletta a Bari, a cui intervenimmo anche noi membri del C.L.N. di Na– poli. Io resistetti tena&mente alla tesi di Tògliatti che la si· tuazione fosse politicamente da rivedere e che si potesse ·as– sum.ere il potere con Vittorio Emanuele Ili: era mio convin– cimento che un'ulteriore resistenza di qualche settimana avreb– be portato at:a reggenza con l'eliminazione del re e del prin– cipe. E quando nel dibattito un democratico cristiano sostenne che noi dovevamo batterci il petto e confessare d'avere sba– gliato replicai spazientito che noi avevamo l'orgoglio del no– stro peccato. Il che, trasferito in sede teologica da qualche anima timorata, concorse a crearmi la fan1a di superbia luci· feriana, che i cattolici vanno ancora divulgando contro di me. Nonostante l'irrigidimento del P. d' A. Togliatti la spuntò. Di fronte al cambiamento provocato dall'intervento di To- * Le prime puntate sono state publ>licate nei due numeri precedenti. gliatti, il Croce spinse avànti le sue trattative per la luogote– nenza e, convocata a Sorrento la Giunta dei ·c.L.N., rese noto ch;la liquidazione del re. era possibile per la via da lui imboccata. I rappresentanti d~j partiti diedero atto. Anche gli alleati avevano, urgenza di chiudere la controversia e insi– stettero perchè si venisse ad una conclusione. Anzi, a un certo punto, intervenendo direttamente, senza consultare gli schemi giuridici del De Nicola, fecero firmare al re una di– chiarazione con cui egli si ritirava definitivamente dal potere e lasciava la reggenza al figlio, limitandosi a restare in carica sino alla liberazione di Roma. Così il principe invece di essere il luogotenente del padre, come aveva pensato il De Nicola, diventava il :uogotenente dei regno vacante e veniva impedita ogni resurrezione di Vittorio Emanuele III. Di ciò il merito va dato agli alleati, ·che non si lasciarono assalire da scrupoli for– malistici. Era una soluzione limitata, che certamente· non la– sciava soddisfatti perchè non si giungeva alla reggenza piena ed intera allontanando il principe di Piemonte, ma ora, te– nendo presente che dietro la monarchia c'era la volontà di W. Churcl1ill all'apogeo della potenza e che contro di noi si levava l'eccezione insuperabile che noi non. rappresentavamo tutta l'Italia, bisogna riconoscere che· un passo decisivo s'era fatto. Il P. d'A. resistette ancora e cercò d'impedire la formazione di un miJ.1isterosotto Vittorio Emanuele e con Badoglio. Ma ormai gli alleati avevano interesse a costituire un governo che non fosse quello insignificante di Brindi,5i. Cominciarono le trattative .con Benedetto Croce che divenne l'artefice del mi– nistero. Il conte Sforza, che si appoggiava sul P. d' A. e di cui cominciava a rendersi noto !'interdetto inglese che lo aveva colpito, aded al nuovo ministero. Intanto continuava la cam– pagna m·onarchica contro i partiti che non si curavano di dare un governo al Paese e nÒn cercavano di mettere un rimedio alle miserie del popolo.' Separandoci dagli altri partiti, avrem– mo avuto contro la loro coalizione senza mezzi adeguati di _difesa, perchè saremmo stati all'opposizione durante lo stato di guerra, quasi senza stampa, senza denaro, di fronte ad una moltitudine scorata e diffidente della politica. Nonostante il grande riguardo che avevano per il loro rappresentante, l'in– transigentissimo Calace, gli amici di Puglia mandavano ad avvertirci di non commettere l'errore di un nuovo aventini– smo. Questa era la situazione del P. d'A. nella prima metà del mese d'aprile 1944. Quando alla Giunta dei C.L.N. si discusse J 'eventuale.jn– gresso del partito al governo, il Calace focosamente negò l'adesione del partito. Quando ne riferì, al Centro meridionale del Partito gli si fece osservare che aveva ecceduto il suo

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