Lo Stato Moderno - anno II - n.16 - 20 settembre 1945

• • 214 LO STATO MODERNO simo che, proprio il giorno 20 in cui il governo tanto s'ado– perava a impedire \a partenza di Lebrun, fu invece apparec– chiato da un lavaliano il piroscafo Massilia e il questore della Camera, Barthe, annunciò ufficialmente ai parlamentari: « I presidenti partono per imbarcarsi. Il maresciallo Pétain ri– mane, ma conferirà·. al signor ChautempiiJ, il mandato neces– sario onde permettere al Governo di funzionare regolarmente in Algeria. Il piroscafo f.::lassilia trasporterà in Marocco i par– lamentari che desiderano accompagnare il Governo». Era na– turale che, presentate così le cose, fossero proprio i più accesi oppositori a lasciare la Francia. E furono all'incirca poco più del 10 per cento dei parlamentari presenti a Bordeaux, da venti a trenta. Sui rimasti Lavai, come s"è detto, esercitava le sue seduzioni d'astro rinascente. L'abolizione delle Camere avrebbe portato con sè pure la perdita deÙe indennità parla- , mentari, e Cu!tima coalizione contro il nuovo progetto istitu– zionale fu vinta dalla promessa che il Parlamento sarebbe stato ufficialmente mantenuto in vita (e nessw10 poteva illudersi che gli sarebbe concesso di svolgere una qualsiasi attività) fino al giorno in cui comincerebbero a funzionare le assem– blee che la nuova costituzione sarebbe per creare. Dei suoi progetti Lavai non amava discutere. La prima volta ne accennò a Bordeaux « come di çosa che procedeva da sola, che tu 0 tti conoscevano, accettavano, approvavano. Non pre– cisò, e nessuno gli domandò di farlo» (Montigny, op. cit. p. 55). Quando il Governo si fu trasferito a Clermont-Ferrand fu di nuovo lui che, delegato da Pétai11, ne parlò a Lebrun. Finalmente a Vichy, alla fine di un consiglio dei ministri legge il testo del nuovo progetto, ma aggiunge: « Mi scuso se non posso lasciarlo. m~ttere in discussione: 60 senatori mi atten– dono. Del resto poi, allorquando all'indomani, su richiesta di Lebrun, si sarebbe dovuta aprire la discussione, non vi fu che un"unica obbiezione di ordine assolutame~te secondario. Conformemente all'art. 6 della costituzione del 1875 le Ca– mere, ove deliberino di addivenire a una modificazione del– l'atto costituzionale, debbono riunirsi in Assemblea Nazionale. Il giorno 9 luglio la Camera approvava con 395 voti favore– voli e 3 contrari la proposta di Lavai di riunire il giorno dopo le due Camere per discutere e votare il seguente progetto: « Articolo Unico - L'Assemblea Nazionale conferisce tutti i poteri al Governo della Repubblica, sotto la firma e l'autorità del maresciallo Pétain, Presidente del Consiglio, onde pro– mulghi in uno o più atti, la nuova costituzione dello stato francese.· Questa costituzione dovrà garantire i diritti del la– voro, della famiglia e della patria. -Verrà ratificata dalle assem– blee che creerà ». Il Senato esprimeva pure il suo consenso al progetto con 229 voti favorevoli contro 1, che fu del mar– chese cli Chambrun. « La moda "olge al fascismo? Benjssimo: saranno fascisti. Non hanno !"abitudine di opporsi alle correnti d'opinioni. Questi retori, questi so;Jecitatori, questi distributori di strette di mano si comportano J)à c~me il piccolo gmppo,inussoli- 1tiano di Montecitorio nel 1922, violentano il regolamento, protestano contro la libertà di parola di cui hanno vissuto, insistono per _venÙ"nespossessati il più presto possibile... Ce ne sono però che non si lasciano ingannare e fan la faccia scura: Jeaoneney, presidente dell"Assemblea, si agita sulla sua po!trona e solleva eccezioni procedural.i, ma manca di stile; lo diresti meno un demoèratico rimpiangente la libertà che un vecchio disturbato .nelle sue abitudini... Herriot dice ma– linconicamente: « Sono o fui presidente della Camera?> Lo acclamano non cotne un capo politico, ma come una diva che dà la rappresentazione d'addio. Reynaud compare il pri– mo giorno, con la testa rapata e bendata, discretamente pro– tetto da agenti di polizia. Blum rimarrà fino alla fine e voterà contro ... Al Padiglione S~vigné, Lebrun, riluttante a lasciarsi • deporre, temporeggia, cerca una formula. Finiscono per in– viargli un deputato negro, Candace, con un messaggio: « In nome dell"Impero, andatevene! » (Fabre Luce, Jou.r,wl de Frace, I, p. 410-12). ., Quello che Lavai aveva il giorno prima nel suo discorso alla Camera definito « un regime nuovo, audace, autoritario, sociale, nazionale, venne reso possibile dal voto del!'Assem– blea nazionale il 10 luglio 1940. Il gruppo degli ex-combat– tenti presentò un suo controprogetto inteso a modificare quel– !' articolo unico, cosiccbè a-I Maresciallo venisse sì conferito il potere di governare per decreti-legge durante tutto il pe– riodo dell'occupazione, ma, per quanto si riferiva alla costi– tuzione, aveva solo la facoltà di predisporre il progetto con !"ausilio delle commissioni ·competenti, p11r sottomel>terlo poi ali'approvazione della nazione. Ali' assemblea il maresciallo non aveva voluto prender parte, tuttavia il peso del suo no– me agì ugualmente allorquando, davanti alle minacce del– l'opposizione, Lavai salì sul palco (l'assemblea sudava nel teatro del casino di Vichy) e lesse una lettera di Pétain in cui questi dichiar;va che « il voto del progetto presentato ali' Assemblea nazionale gli pareva necessario onde assicu– rare il bene del paese». Il senatore Dormano, gran mutilato, sostenitore ciel controprogetto, fu battuto, e solo si ottenne che J"ultima parte del testo fosse sostituita dall'altra: « Essa sarà ratificata dalla nazione e applicata dalle assemblee che avrà create ». Seicentoquarantanove erano i votanti présenti; la maggioranza assoluta - non conformemente al disposto della costituzione' del 1875 - fu fissata a 325 voti. S'ebbero 569 sì e 80 no. Lavai, dice Montigny, « aveva giocato da solo la partita, nonostante i consigli di prudenza, lo scetticismo di molti, l'ostintà di tanti altri» (p. -64). Duttile, arrendevole, aveva ceduto su tutti i punti non .essenziali, preoccupato di far pre– sto, di sfruttare la situazione, placando gli uni, allontanando gli altri, corrompendo tutti ne!l'aria viziata che le sue ma– novre alimentavano. La vittoria era ora completa. Sulla via della dittatura non c'era che un vecchio ottantacinquenne, debole, arrendevole, un po' maniaco, alla cui ombra il nome di Lavai si sarebbe. almeno così egli sperava, rimondato. Ad ogni modo era méglio non dar tempo agli animi di riprendersi e mettere il diritto dalla sua. L'atto costituzio– nale n. 4 del 12 luglio (con i primi tre dell'll; Pétain si auto– creava Capo dello Stato, delimitava le proprie funzioni, ag– giornava sine die le Camere togliendo loro la facoltà di riu· nirsi senza suo ordine), l'atto costituzionale n. 4 stabiliva: « se per una 'causa qualunque prima della ratifica da parte della nazione della nuova costituzione noi (Philippe Pétain) fossi– mo impediti d'esplicare le funzioni di Capo de!lo Stato, il signor Pierre Lavai, vice-presidente del Consiglio dei mini– stri, le assumerà di pieno diritto ». Cosi nacque « le Dauphi11 de Vichy». (Continua) FEDERICO FEDERICI E' USCITO: L. SALVATORELLI La Gasa Sa1Jo·la 1iella sto'rfri d' Itcilia GENTILE - EDI:l.'OBE

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