Lo Stato Moderno - anno II - n.13 - 5 agosto 1945

133 LO STATO MODERNO Questa forza doveva derivare soprnttutto dalle organizzazioni di .massa immesse nei Comitati, concepite come forze politi– che a sé stanti, come leve di attività politica del popolo indi– Pf!ndente dalle posizioni di partito, di guisa che il centro della nuova democrazia dovesse trovarsi in tali organismi. Anche qui si scambiava il contingente con l'assoluto. Ottima l'idea rlell'appello ad organismi che facessero la leva in massa di tutte le forze del Paese: lavoratori, donne e gioventù, che, non ancora politicamente orientati. non avrebbero aderito al ri– chiamo dei partiti, ma questo valeva ai fini insurrezionali e immediatame11te conservativi e ricostruttivi. Era una illusione éhe. tali organismi non fossero a loro volta diretti dai partiti e che esprimessero una forza politica propria. Come si poteva pensare che i cattolici avrebbero la– sciato le loro donne e la loro gioventù nelle organizzazioni comuni facendo getto della autonomia e della forza di cui sono gelosissimi? Nulla vi è di politico all'infuori dei partiti: un organismo che fa dc1la politica è un partito anche .5enon ne ha il nome; un aggruppamento di categoria che fa della politica è un partito a base classista, o la filiazione di un par– tito. La democrazia consiste nella politicizzazione della vita collettiva; l'antidemocrazia fa appello invece - il corporati– vismo insegni - al cittadino come appartenente alla categoria, appunto per impedirgli di essere politico. Non si sfugge a quell'unica molla politica che sono le ideologie di partito: non si fa della politica se non ispirati da una partico!are concezione politica. L'esempio dei souiet di– mostra che un organi~mo di massa puc'l assalire lo Stato solo quando viene diretto eh un partito. Raramente dalle nostre organizzazioni di massa u5cinmo rappresentanti nei C.L.N. che non fossero a loro ,·olta uomini di parte. La politica non si fa su piani estranei alla politica. L'ampliamento dei C.L.N. con i rappresentanti delle or– ganizzazioni di bo1se con voto deliberativo fu una grave causà di debolezza per i Comitati. Era logico prevedere che il Par– tito liberale, ad esempio, il quale raramente vedeva propri uomini rappresentare le cosiddette organizzazioni di base nei Comitati.non avrebbe tollerato Ja rottura conseguente del principio della pariteticità. Ed infatti quella che si è chiamata la crisi dei C.L.N. dopo la liberazione è scoppiata ad inizia– tiva del Partito liberale, che volle limitare le funzioni dei C.L.N. e consen-nrc il t>rincipio della pariteticità dei partiti. E' evidente che la crisi è stata facilitata dalla eccessiva considera– zione data agli organismi di base e che si sarebbe evitata, a tutto vantagglO dei C.L.N., con una maggior ponderazione in proposito. Sorsero così contro i C.L.N. diffidenze e contrasti che portarono a negare acl essi compiti, come la costituzione delle Giunte consultive provinciali, che pur erano state pre– viste neJl'accordo ~,fedici-Tornaquinci e che sarebbero state utilissime per democratizzare le Prefetture. La crisi cresce di giorno in giorno: basta vedere come crescano di tono le critiche dei liberali e dei demucristfrmi e come si mantengano invece riservati gli altri partiti. Se non si fosse esagerato, se invece di un mito dei C.L.N. si fosse fatta una politica dei C.L.N., oggi essi sarebbero molto più forti. L'esperienza ha dimostrato che .J'essenza dei C.L.N. è nella loro funzione di coalizione di partiti. E' una formula, ,orta spontaneamente all'indomani del 25 luglio 1943, che ha risposto magnificamente alla esigenza di dare, attraverso la rappresentanza paritetica dei partiti, quel tanto di democra– zia che si poteva avere prima che entrassero in funzione rego– lari organi elettivi. Ma non si dovevano forzare i C.L.N. al di là della loro funzione naturale. Il C.L.N. Alta. Italia è stato l'organo regolatore della crisi di Governo ed ha sostituito il Parlamento, ma non ha potuto sostituire il Governo. I sin~ goli C.L.N. sono stati gli organi per la nomina dei prefetti, degli amministratori comunali e provinciali; le Commissioni dei C.L.N. hanno nominato commissari e regolato l'attivit:ì economica. Lavoro immenso, tale da aggiungere un merito meno appariscente di quello deHa preparazione dell' insurre– zione, ma non meno meritorio e fecondo. Attraverso i C.L.N. i cittadini sono affluiti alla casa pubblica, ed anche questa è democrazia e della migliore. Ma i C.L.N. non sono divenuti essi stessi la. struttura politica ed amministrativa e se lo aves• sero tentato, ne sarebbero stati schiacciati. Altro è assicurare per qualche tempo la continuità della vita collettiva, altro è fondare un ordine nuovo. I Comitati hanno vivificato, e atti• vato, modernizzato in parte il vecchio stato e. la vecchia am– ministrazione, ma non li hanno sostituiti e non potevano sosti– tuirli. Suno staU degli strumenti di ordine, e non di sovver– sione, pur essendo rivoluzionari, perchè la rivoluzione in atto richiedeva che per il momento la struttura sociale non subisse scosse. Ma a questo si è arrivati contro la teoria del nuovo Stato dei Comitati, che anzi se questa teoria si fosse tradotta in pra.,;;si,avrebbe prodotto, non l'ordine ed il rinnovamento t·he sono in atto, ma una crisi simile a quel1a greca. E' deplorevole pertanto che il Partito d'Azione abbia inutilmente applicat~ nel periodo clandestino tanti hegli ingegni e cercare la pie– tra filosofale di una nuova politica, basata più sui C.L.N. che sul partito e diretta non alla democratizzazione delle istituzioni in atto, ma aUa fondazione di nuove istjtuzioni. e di sostituire « alla coalizione dei partiti, organi di base autonomi». li partito si era preparato alla conquista dello Stato con i Comitati di Liberazione, deciso a scolorirsi e somme1- gersi nei Comitati stessi, in forme nuove di vita politica nella quale i partiti sarebbero stati organismi di secondo piano. Invece la forza delle cose ha portato il P. di A. come tale, ad assumere la direzione del Governo. E' evidente che il P. di A. sarebbe oggi assai più forte se invece di seguire le .fantasie del nuovo Stato dei Comitati, avesse fin da prin– cipio agito per prepararsi al governo ed alla rinnovazione dello Stato esistente. Per conoscere le caratteristiche della nascente vita politica italiana è interessante rilevare che la tendenza maggioritaria dell'Esecutivo del partito fu qualifi• cata di sinistra e quella minoritaria di destra. La prima riven– dicava le qualità rivoluzionarie, alla seconda si attribuivano caratteri tiepidamente riformisti. In re,iltà la prima dava per presupposto che dei due termini della questione: distruzione del vecchio stato e rico– struzione del nuovo, quello si realizzasse con la liberazione e questo con il potere ai C.L.N. La seconda prevedeva che il vecchio stato lo avremmo avuto presente come fortezza da conquistare prima e da smantellare poi. E' pertanto da esclu• dere che qui vi fosse il contrasto tra una destra ed una sinistra, quale suole verificarsi in seno ai partiti progressisti, e cioè tra il rivoluzionarismo ed il riformjsmo. fl vecchio Stato è in pierli: ha mandato i suoi carabinieri, le sue leggi, e si doveva prevedere che così sarebbe stato. Vi è una morale nell·episodio, ed è per (!Uesto che vale la pena di analizzarlo. Nulla vi è di più inconcludente e di più nefasto che il formarsi in seno ai partiti delle ali o fra· zioni che dir si voglia. Tra i partiti la distinzione di destra e sinistra ha una funzione ed un significato, e, pur con sor– prese e contraddizioni, qualifica veramente uno schieramento. perchè i partiti svolgono un'opera concreta che è la misura della loro etichetta. Ma nell'interno dei partiti la formazione permanente e statica di tendenze è mera schermaglia dia· lettica dove il sinistrismo è più verbale che altro, e suscita pertanto dissensi senza costrutto. Il contrasto di mentalità, di temperamenti e di vedute deve esistere, e guai se non esi·

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