Lo Stato Moderno - anno II - n.13 - 5 agosto 1945

teressi di espansiOne: resta quindi esclusa ogni posslbi!itd che !'U.R.S.S. possa fare u.na politica imperialistica che non avrebbe nessuna base all'in- . terno. D'altra parte il mfrabile modo nel' quale sono sta.ti regaiati i rapporti tra le diverse repubbliche de1l 1 Unione sovietica fornisce a tutti un esempio di giustizia internazionale. Il Partilo tielle Democrazia (La Nuova Europa, 16 luglio 1945) N~l suo Jaitoriale di questo titolo Luigi Salvatorelli dimosbra in maniera iuminosa come esista nello schiera– mento dei partiti poli.tici italiani tra– diziona'li un « vuoto al centro», dovuto alla non ancora matura coscienza po– litica di quei ceti della piccola e media borghesia, i cui interessi e idea1i non coincidono nè con l'alta borghesia nè col proletariato, l'uno e l'altro in fondo favorevoli ad una dittatu:ra di classe più o meno mascherata, ma con que1li di un partito per il quale la democra– zia sia ad ,un tempo mezzo e fine, for– ma e sost:anza. I quattro partiti principali de! C.L.N. accettano come un presupposto il me– todo democratico, e come una realizza– zione necessaria per i loro stessi scopi di partito l'elaborazione, attraverso la Costituente. di uno stato democratico i.taliano. Non sarebbe ragionevole sot– tili.izare stù carattere intimo di questa o.ccettazione, movendo inchiesta sulla sua sinceritd e su eventuali secondi .fini. La politica non è fitosofia nè re– ligione: basta, nel caso nostro, che si possa avere fiducia ragionevole che i quattro partiti, nella presente situa– zione politica e nei suoi immediati svi– !nppi, tengano fede a que,I presupposto e a quel programma democratico: ba– sta, diciamo, questa fiducia, per accet– tare senza reticenze il loro concorso nell'opera di costruzione del nuovo sta– to democratico italiano. La difficoltà è un'altra. E' sufficien– te, per questa costruzione necessaria e prossima .(anzi, in una certa misura, ~1ià in c;orso)la collaborazione dei quat– fro partiti, nei termini in cui l'abbiam~ indilCata? Ripetiamo che ciascuno di essi accetta il metodo e n programma deniocratico non se1~plicemente per sè, cmne scopo a se stesso, ma in quanto serve aU'attuazione dei suoi fini spe– cifici. Questi fini, come già dicemmo, sono: per i liberali la preservazione di un largo margine di libertà individuale (il più largo possibile, di .fronte allo stato, pa1· ticolarmen.te sul terreno so– ciale- economico e - strettamente con~ nessa con questa - una larga opera conservatrice della presente societd ita– liana· per i democratici. cristia.ni 1 la tu– tela ~ l'inc-;·emento deg1i interessi reli– giosi-cattolici e deUe possibilità di im– pregna,re colla maggior larghezza la futura società italiana di spirito çri- LO STATO MODERNO stiano-cattolico; per I due partiti pro– letari, la preservazione e lo sviluppo degli interessi classistici del proletaria– to. Dicendo che !a collaborazione dei_ qu.a.ttro partiti alla costruzione demo– cratica itailiana va accettata senza esi– tazione, abbiamo implicitamente esclu– so una oppdsizione pregiudiziale a questi fini specific-i nel quadro della demo– crazia italiana. Ma. rimane sempre un vuoto: manca fino adesso, nella nostra rassegna, una forza politica che ab– bia come scopo precipuo e diretto - e non come semplice presupposto o qua– dro d'azione - la costruzione della nuova democrazia. Senza di essa lo sta– to deniocratico italiano, an.zichè frutto organico di una pianta politica propria, riu.scirebbe una se·mplice combinazione o innesto di forze politiche particolari, e in una certa misura il risultato ne– gativo dellq loro neuttalizzazione. l!loi pensiamo che, anche così, lo stato de– mocratico italiano sorgerebbe perchè 1a necessità delle cose (e innanzi tutto di quei quattro partiti) l'impone; ma ri– sulterebbe un compromesso precario analogo al.la repubblica di Weimar in Germania dopo l'altra •guerra, e desti– ·io.to forse a un fallimento analogo. Accanto alla democrazia liberale (piuttosto, Liberale-conservatrice), alla democrazia cristiana, alla democrazia "lroletari.a, occorre all'Italia d'oggi la democrazia pura e semplice, interclas– sista o superclassista, ed extra.confes– sionale. E' questa un'esigenza ideale, 1~tratta? No davvero, perchè un'anali– si pol.itico-sociale del.l'Italia d'oggi con– ferma questo vuoto. Nessuno vorrà ne– gare che ci sia oggi in Italia una quan– titd di gente - non solo individui iso• lCJ.ti,ma ceti sociali - che non rien– trano in nessuno dei partiti fin qui esaminati: e ciò non sol.o nel senso che non sono iscri.tt.i ad essi, ma che non sono disposti a inquadrarsi nelle cate– aor-ie politico-sociali da essi partiti rappresentate. Possono essere, a·nzi smio, liberali, ma non accettano la concezio– ne speciale del liberalismo del parttio libera•le; possono essere credenti, anche cattolici ortodossi, ma non accettano il confessionalismo democristiano; posso– no essere, anzi soTI-o, profondamente persuasi della necessità di una larga, innovatrice poUtica sociale (socialisti, nel senso ampio, tendenziale della pa– rola, ma non socialisti del classismo marxistico rappresentato dai due par– titi proletari, individui in questa p·osi– zione e disposizione politica se ne tro– vano dappertutto, e anzi entro gli stes– si ranghi dei quattro pa-rtiti, in cui l'uno o l'altro di loro è entrato, in man– canza di meglio, e si trova a disagio. Co-me ceti sociali, dobbta-nio pensare aUa piccola e 1fl:.ediaborghesia e (al– meno virtualmente) ai gruppi più qua• lificati del proleta-riato, con netta pre– valenza tutta,via del.le due prime cate– gorie. 149 Non solo questi individui e questi ceti - che possiamo dunque chiama-re gene-ricamente e semplicemente demo– cratici - ci sono in Italia, ma costitui– scono la maggioranza, almeno relativa, della nazione. Accanto ai tre « pa.Ttifi di masse » essi sono potenzialmente il partito di masse più vero e maggiorf?, ma di masse non coagu.Late,non poli– ticamente mature e organizzate. Nel processo (necessa-riamente rapido) del– la loro entrata sulla scena politica, del– ·la loro oroanizzazione politica, sta es– senzialmente il' segreto del prosslimo avvenire per la democrazia itaUana, della riuscita o meno del costituendo stato democratico italiano. Ove questo processo non si realizzi al più- presto, almeno nella sua fase preliminare, que– ·sti individui e questi ceti devieranno in gran parte verso il conservatorisnio politico o la democrazia confessionale, in misura minore verso i partiti mar– xisti, apportando a questi ulitimi un torbido e inconcludente inteUettualismò o anche un meschino spirito di cate– goria. A1 tempo stesso ver-rà meno al nuovo stato italiano queUa larga e spe– cifica base democratica di cui esso ab– bisogna per riuscire vivo e vitale. Si parla tanto (è diventato un luogo comune) della _ necessità che la media e piccola borghesia, sviata dal fasci– smo, si allei alle forze proletarie: e si dice giusto. Ma occorre non equivocare sul -carattere di questa a.Ueanza, se essa deve riuscire organica e politicamente efficiente. L'alleanza non può rlusciTe in un assorbimento dei ceti medio e pic– colo-borghesi da parte del proletariato, o anche in un loro accodamento. Oc– corre che questi oeti prendano coscien– za deLla loro funzione sociale specifica, che è quella te-cnico-produtt-iva _risol– vente la loro naturale tendenza. verso un intellettualismo infecondo o un an– Q'usto spirito di categoria in attivitd so– ciale organica. Questa presa di coscien– za e questa funzione non potrà essere realizzata. da tali ceti se non nel qua– dro ,politico di un grande partito di democrazia. Questo partito, nelle condizioni socia– li odierne dell'Italia, è altresì quello che, non da solo, ma in allenza o con– vergenza con i partiti classistico-prole– tari, può adempiere alle funzioni di quel partito del lavoro di cui si va da varie parti in traccia tra noi_ L'idea. di far sorgere, oggi, un partito del la~ voro sul puro terreno proletario, e cioè da tma fusione socialçomunista, è ge– nerosa, ma errata. Un simile pa-rtito riuscirebbe qualcosa di radicalmente di– verso dal partito laburista in.glese (a cui si guarda da una parte di coloro che vagheggiano questa costruzione). date le condizioni sociali così differen– ti dell'Italia rispetto a!!'u.!tt<>-industria– lizzata Inghilterra. Un simile pa-rtito del lavoro non farebbe che precipita1'e la formazione dei due blocchi contrap-

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