Lo Stato Moderno - anno II - n.13 - 5 agosto 1945

148 diando la produzione economica di mac– chine ,agricole. della marca, come la Fiat. Questa tenta pure animosamente nuove vie, studiando la produzione economica di macchine agrarie, Nel periodo del dopoguerra però su questo gruppo di imprese si abbattono deprimenti i conflitti operai, che culmi– nano nella occupazione delle fabbriche nel settembre 1920. Movimento 1 cui ri– sultati economici risultafono tanto più gravi, in quanto coincise col rapido pro– pagarsi della crisi mondiale e la paralisi delle esportazioni provocata dal generale inasprimento delle taritte doganali. Mentre Inoltre poderosi concorrenti e– steri coglievano l'occasione per un'offen– siva di bassi prezzi: proprio in quell'anno Ford ribassava dal 15 per cento al 20 per cento le sue automobili. Le quota– zioni d1 Borsa dei titoli più rappresen– tativi attestano le gravi difficoltà, in cui si dibatte l'industria automobillstica Le azioni Flat, quotate 350 nel dicembre 1919, scendono a un minimo di 140 nel giu– gno 1921. Superata questa crisi, data una orga– nizzazione sempre più razionale agli sta– bilimenti, l'offerta di tipi a buon mercato adatti ,ai bisogni di una clientela allar– gata maiitenne attive le fabbriche diven– tate gigantesche. Nel 1922 il valore della produzione Fiat toccò un totale di 550 milioni di lire. Nel 1926 si produssero circa 64.000 automezzi. L'industria auto– mobilistica Italiana cerca nuovi sbocchi in tutti i paesi del globo, data la limi– tata capacità di assorbimento del mercato interno. Con una serrata organizzazione LO STATO MODERNO i veicoli Italiani si distribuiscono a de– cine di migliaia all'anno (massimo (1926: 34.191 automezzi esportati) con un incasso che nel 1925 raggiunse 1 670 milioni di lire. Si riusci a vendere all'estero sino al 75 per cento della produzione. Nel 1925 le vendite all'estero superano di sette volte il valore di quanto si importa, di una settantina di volte l'importo del 1906. Ultimo periodo {1930-1940 J Sia per la diminuita capacità d'assor– bimento del mercato interno, sia per il crollo dell'esportazione forse percentual– mente tropPo forte rispetto alla produ– zione totale, l'industria automobilistica italiana subi gravemente la crisi econo– mica mond1ale. Da 55.100 unità prodotte nel 1929 si scese ad un minimo di 28.400 nel 1931. L'esportazione toccò un minimo di 6578 unità nel 1932, cioè meno di un quinto della esportazione avutasi nel 1926. La crisi travolge le imprese marginali ((Itala, Ansaldo, Ceirano). Altre modifi– cano la produzione. abbandonando ad esempio il campo delle autovetture (Isot– ta Fraschini), altre finiscono nell'orbita statale (Alfa Romeo attraverso l'·J.R.I.). Si accentua sempre più e si opera su larga Scala nel campo dell'industria au– tomobilistica quel.la concentrazione fi_ nanziaria, che caratterizza l'evoluzione della nostra economia industriale nel pe– riodo in corso; concentrazione in questo settore resa inevitabile anche dai gravi inasprimenti fiscali sulla circolazione au– tomobJlistica. Per ciò l'acquirente italia– no si rivolge sempre più alla macchina di piccola cilindrata, che per essere ven– duta a buon mercato deve essere pro– dotta in larghissima serie. Nonostante le dilficoltà doganali e valutarie. riprende anche l'esportazione, in cui però assumo– no eccezionale importanza come mercato d'assorbimento i possedimenti italiani (gu.erra d'Etiopia): 33.680 unità nel 1937, di cui ben 22.047 all'estero. Per superare gli ostacoli ormai dappertutto frapposti al commercio estero, l'industria italiana sviluppa stabilimenti importanti di pro– duzione all'estero (esempio Simca-Fiat in Francia e Polski-Fiat in Polonia): segno questo del raggiungimento della comple– ta maturità industriale. Il raggiungimento di un grado emi_ nente di efficienza tecnica nelle varie la– vorazioni ha fatto sl che l'industria auto– mobilistica estendesse sempre più la sua attività ad altri settori della meccanica (materiale ferroviario, aeronautico, ar– mamenti, motori in genere). Oggi la Fiat è diventata un gruppo complesso, pel quale la produzione automobilistica rapp·resenta una delle tante attività: dal– la stessa dipendono altre fabbriche pro– duttrici. Per altre fabbriche la produzione auto– mobilistica è diventata un'attività quasi secondaria (Alfa Romeo, Isotta Fraschi– ni). Questa evoluzione è stata indubbia– mente facilitata dalla congiuntura di ar– mamenti in corso dal 1935, e la seconda guerra mondiale con la necessità di for– nire alle forze annate e mezzi sempre più complicati e sempre più disparati, la ha enormemente accelerata. Gian Domenico Cosmo Rassegna della stampa Selezio11e scolaslica (I! Pc,polo, 21 lugUo 1945) In un articolo recente Mario Bendi– scioli torna ad occuparsi della vexata qu.aestio della necessaria funzione se– lettrice che la scuola dovrebbe eserci– ta-re, ma che in realtà da troppi anni di fatto non esercita con grave pregiu– dizio sociale. Ecco le sue conclusioni: « ... il problema della selezione scola– stica in prospettiva, sociale è duplice: da una parte si tratta di individuare i capaci e di segnalarli (il che non è co– sa molto difficile); ma dall'aLtra occorre eliminare i non adatti, impedire che persistano nel loro intento di raggiun– gere un diploma. che continuino a fre– quentare la scuola, abbassandone il to– no, impacciandone l'attività formativa, aggravandone l'organismo già oberato con la loro presenza passiva per av– viarli invece ad altre attività in cui possono riuscire social'mente utili. Solo cosi pu.ò esser avviato alla soluzione H problema economico-sociale del propor– zionamento degli abilitati alla possi– bilità di assorbimento della professione. Solo cosi può esser stroncata la tenta– .iione arrivistica ereditata dat fascismo in giovani e famiglie; solo così può esser mitigato il pericolo incombente di un proletariato intellettuale che, in nome di titoli di studio di validità in– trinseca molto diseguale o addirittura dubbia, prema sull'organismo sociale per avere una rimunerazione superiore, ob,bliaandolo a creare uffici inutili, te- nendolo altrimenti sotto la minaccia della propria agitazione ». Storia ... ad usum 11opuli (l'Unità, 20 luglio 1945) Crediamo che anche le apologie deb– bano avere un certo scrupolo di ve– rità e il sentimento dehle proporzioni; la presentazione che si fa della Russia sovietica nell'articolo « L'Unione Sovie– tica speranza dei popoli :o II'icorda stra– namente in alcuni passi le storie di Perrault, dove fanciulli deboli buoni ed ignari si trovano esposti alle minacce di Jupi feroci: Con fiducia particolare e con parti– colare speranza, le Nazioni guardano al Paese che in tutta la sua storia, in tutte le sue decisioni, in tutta la sua atiivitd interna ed internazionale, ha dimo– strato di saper difendere conseguente– mente e strenuamente la pace. Con fi– ducia particolare e con particolare spe– ranza i popoli gua.,-dano all'Unione So– vietica. UUnione Sovietica è sempre stata un baluardo della pace. Il suo primo atto, nel lontano 1917, fu l'appe!!o so– lenne rivolto agli alleati e aH'opinione pubblica dei paesi in guerra per la cessazione del conflitto e l.a rapida con– clusione della pace. E dfretta a man– tenere e a .consolidare la pace è stata costantemente la sua linea politica: nella Costituzione staliniana del 1936 non venne contemplata nè la possibilità nè l'organi1mo che si chiama La guer- ra; soltanto in casi di aggressione il paese può essere dichiarato in stato di difesa. E più avanti, passando a parlare della guerra, dimenticando di spiegare la curiosa coincidenza della ratifica del patto di neutralità russo-tedesco con l'attacco tedesco a'lla Polonia, dell'oc– cupazione di Lituania, Lettonia, Esto– nia1 colle quali esistevano regolari patti di non aggressione, della guerra ... di– fensiva contro la Finlandia, ecc., si continua cosi: Fu soltanto allora, quando la cattiva volontd e la diffidenza degli altri aveva dimostrato la impossibilità di organiz– zare in comune la resistenza all'aggres– sione e quando la pace parve impossi– bile, fu soitanto allora che l 1 Unione Sovietica si rinchiuse in se stessa e si preparò a respingere indipendente– mente, con le sue forze, l'aggressione nazista. E quando l'aggressione fu sca– tenata, quando le forze dell'Unione So– vietica entrarono in gioco, soltanto al– lora i. popoli ebbero la certezza che la guerra contro l'aggressore veniva con– dotta sul serio e fino in fondo, ebbero la certezza della vittoria e di una pace giusta . Questa certezza era pienamente giu– stificata e garantita dalla stTUttura in– terna dell'Unione Soviei:ica e dalla sua ricca esperienza di amicizia fra i po– poli. Nella struttura interna dell'Unione Sovietica non esistono e non possono esistere gruppi capitalistici nè una plu– tocrazia monopolisti.ca che abbiano in~

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