Lo Stato Moderno - anno II - n.13 - 5 agosto 1945

LO STATO MODERNO 143 aziendali, perchè, concentrando In produzione in una sola azienda, si può, almeno in parte, cercare di eliminare quella e frammentarietà> della produzione italiana, causa non ultima di alti costi di produzione. La mancanza di specializzazione aziendale era folto noto e caratteristico della struttura produttiva del nostro paese; ciò che determinava, causa ed effetto al tempo stesso, quella esuberanza della capacità sulla effettiva produzioli". Inoltre, in molti casi, tale mancanza di specializzazione 1lmdeva a fare aument,H'e i costi per deficienza tecnica nella produ– zione, per maggiori spese generali di impostazione produttiva e di vendita, e çosì via. Si potrà certamente. correggere in futuro questo difetto mediante accordi tra le varie aziende, accordi che, senza assumere caratteristiche monopolistiche, c.lannosc ai consumatori, permetteranno di concentrare e <li unificare i vari tipi di produzione. Altre circostanze che contribuivano a mantenere alti i costi di produzione riguardavano le macchine, la mano di opera, le materie prime. Per quanto concerne il livello tecnico medio della nostra attrezzatura produttiva si deve riconoscere che esso era ed è piuttosto basso. Inoltre è probabile che la guerra, salvo rari casi, abbia genericamente contribuito ad accentuare il divario tra la nostra e l'altrui produttività tecnica. Sovente questa inferiorità dipendeva dall'esistenza di macchi– nario vecchio ancora in grado di produrre e mantenuto in efficienza perchè interamente ammortizzato. Siccome è pro– babile che, in corrispondenza al passaggio dalla produzione di guerra a quella d.i pace, si assista ad una fase di veloce progresso tecnico, così ritengo opportuno fin d'ora prospet– tare la necessità di attrezzare razionalmente il nostro apparato industriale in modo da produrre a costi capaci di reggere la concorrenza internazionale. E le nostre esportazioni, si noti bene, per ragioni che è perfino superfluo dilungarmi a spie– gare, avranno domani una importanza ancor maggiore di quella che ebbero in passato. Le nostre deficienze non dipendevano soltanto dall' esi• stenza di impianti più o meno logori. Si deve tener conto che anche notevoli gruppi di maestranze, per il solo fatto di es– sere da poco tempo ammesse al processo produttivo indu· striale, lavoravano con un basso grado di produttività. La guerra, chiamando nelle fabbriche una notevole quantità di mano d'opera contadina, ha indubbiamente contribuito al dirozzamento ed al perfezionamento di essa. Questo fatto, se oggi dà notevoli preoccupazioni perché un accresciuto numero di lavoratori industriali vuol pure dire maggiore di– soccupazione, gioverà, d'altro canto, in un futuro, che si spera prossimo, perchè una loro accresciuta produttività signific~t indubbiamente anche riduzione generale di costi. Non credo che la mancanza di alcune matérie prime .possa ostacolare permanentemente la nostra capacità di espansione industriale. L'ostacola, in un momento come que– sto, in cui la carenza dei trasporti si ripercuote sul ritmo produttivo di tutti i paesi, ma, a lungo andare, certamente no. E' d'uopo, ad ogni modo, che Ie industrie italiane pos– sano avere le materie prime senza impacci di sorta ed a costi almeno pari a quelli sopportati dalle industrie straniere, con le quali §ODO in concorrenza. Dopo avere tQccato alcune questioni essenziali per il no– stro futuro assetto produ"ttivo, questioni che, per quanto solo brevemente analizzate, rassicurano circa la possibilità di sa- narne qualche deficienza, con conseguente riduzione di costi, si pongono ora due grandi interrogativi: chi dirà quali sono g:i impianti da potenziare e quali quelli da scoraggiare? E una volta precisato questo punto, quali le modalità di tale manovra produttiva? Tutti concordano, ormai, sulla necessità e possibilità di una piena e fiduciosa collaborazione tra ini– ziativa statale ed iniziativa privata per assolvere l'immane compito della ricostruzione economica del paese. Perciò è indubbiamente necessario un organo centrale direttore e coor– dinatore, di emanazione statale, che sappia guidare il rifaci– mento della nostra struttura produttiva. Per tutto il 1946 si potrà fare concretamente poco perchè si è legati al piano, già ricordato, riguardante approvvigionamenti di materie prime aventi carattere di primo aiuto. Ma pui si dovrà fare parec– chio: e, perciò, su questo argomento, è d'uopo fin d'ora avere idee molto chiare: ad esempio sarà necessario dare la pre– cedenza, nella ricostruzione, ai beni strumentali rispetto a qucìli di consumo; si dovrà tener conto del potenziale dispo– nibile di lavoro; bisogned attentamente seguire le possibilità offerte dai mercati internazionali, possibilità riflettentesi sulla. bilancia dei pagamenti; c cos.ì via. Il discorso su questo argo– mento porterebbe molto J,mtano. Perciò basti qui dire, che l'organo centrale direttore e coordinatore dovrà possedere una e'asticità massima: in altre parole compito suo sarà quello di aiutare e non di intralciare (come spesso accade agU orgaìÌi statali) l'iniziativa privata. Come eseguire, poi, la manovra produttiva .i.Haquale ho in precedenza alluso? A questo proposito si può ricordare che in Italia una manovra analog.i è già stata tentata con la cos!ddetta « disciplina dei nuovi impianti». Che tale disci– p~ina abbia recato copiosi e benefici frutti alla struttura pro– duttiv;1 italiana, non direi. E neanche direi che tale disciplina abbia avuto una buona stampa. Probabilmente l'insuccesso è dipeso in gran parte dall'eccezionale.momento economico in cui tale disciplina è stata tentata; però all'insuccesso non sono state estranee le modalità cli attuazione della disciplina dei nuovi impianti. Non credo, del resto, che questa politica ab– bia effettivamente impedito il sorgere di imprese mal conce– pite, prive di esperienza e di mezzi tecnici necessari, cagione di sprechi di capitale e di mano d'opera, doppioni inutili atti solo a provocare pericolose oscillazioni di prezzo e sban– damento dei fattori produttivi. Soprattutto la grande segre– tezza con cui sono circondate le deliberazioni ha provocato non pochi sospetti sulla loro obbiettività, fatto quest(! ancor più grave, forse, dell'insuccesso stesso dei provvedimenti di disciplina nei confronti delle imprese mal concepite, in quanto ciò può lasciar credere che siano state piuttosto le imprese ben concepite quelle soffocate sul nascere. Eppure, nonostante gÌi insuccessi, i sospetti e le critiche non mi sento di negare u priori la sensatezza teorica e la probabilità pratica di riuscita di una ben concepita e ma– novrata « disciplina della ricostruzione degli impianti•, spe– cialmente domani allorquando non si tratterà più soltanto di dire un sì od un no a quanti chiederanno di ricostruire gli impianti distrutti o di rimettere in sesto quelli danneggiati, ma anche di finanziare mediante il pagamento dei danni di guerra queste operazioni. Sarà d'uopo, si capisce, evitare tutti i difetti della vecchia legislazione e bisognerà, soprattutto, veramente recare qual– che vantaggio alla collettività. Inoltre saranno d'uopo una

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