Lo Stato Moderno - anno II - n.13 - 5 agosto 1945

142 LO STATO MODERNO RICOSTRUZIONE ECONOMICA E COSTI DI PRODUZIONE Questione fondamentale d'oggi, che tutte le altre assomma e sintetizza, è quella della ricostruzione economica del paese. Questione poliedrica, si capisce bene; che ammette investi– gazioni e soluzioni particolari, sempre che non si perda di vista il fine particolare da raggiungere in ogni caso. A<l esempio, posta intuitivamente l'esigenza di una maggior~ efficienza del nostro apparato produttivo, come comportarsi per la ricostruzione delle singole industrie, quando queste siano state più o meno danneggiate dalla guerra? Lasciare riprodurre, in altre parole, i lineamenti prebel– lici della nostra struttura produttiva, sovente disarmonici, op– pure agire in qualche modo affinché tali lineamenti meglio si intonino alle nuove esigenze nazionali ed internazionali? Porre il freno a determinati reinvestimenti di capitale, cioè scoraggiare la ricostruzione di determinati impianti, oppure spingere ed anche aiutare la ricostruzione di altri, perseguendo fini produttivistici, non è impresa da poco. Alla quale ci si può oggi accingere solo in quanto la guerra si è incaricata, purtroppo indiscriminatamente, di eliminare una parte della capacità produttiva del nostro paese. E pongo l'accento sul fatto che solo una parte di tale capacità, si stima circa il 25%, sia stata eliminata. li che significa che, per ricostruire il no– stro apparato produttivo, non si ha mano libera perchè non si parte dal nulla, come, invece, praticamente dal nulla sono partiti- i sovietici con i loro piani quinquennali: per cui si è necessariamente ancorati al 75%, che grossolanamente mi– sura la capacità produttiva rimasta. Inoltre si deve tener presente che un piano di ricostruzione non può fotografare una situazione produttiva statica, bensì, nei limiti del pos– sibile, prospettare una situazione dinamica. E' già difficile, oggi, valutare le ripercussioni degli sconvolgimenti prodotti dalla guerra nelle economie nazionali. Quindi ancor più dif– ficile, per non dire impossibile, è fare previsioni sulla evo– luzione delle tendenze economiche internazionali: fatto, que– sto, importante, dato che indubbiamente ci avviamo verso un più verace e tenace co11egamento delle varie economie nazionali. Ho appena detto: si stima che il 75% della capacità pro– duttiva del nostro paese sia rimasto intatto. Ma quale è la distribuzione geografica dei danni bellici arrecati alla rima– nente parte? Quale è, pure, il grado di efficienza degli im– pianti distrutti e non distrutti? QuaH sono, inoltre, le indu– strie che hanno subito danni maggiori o minori? Nell'ambito di ogni industria, infine, quali sono i tipi cli impianli che si potranno ancora e che non si potranno più utilizzare? Sono tutti interrogativi ai quali finora non si può ancora sostan– zialmente rispondere. Si comincia soltanto adesso a raccoM gliere dati, a fare stime, a formulare ipotesi. Recentemente, ad esempio, è stato portato a termine un « piano di mas– sima per la determinazione delle importazioni industriali del– l'anno 1946 •· Orbene questo piano di necessità, si limita a considerare la quantità cli materie prime atte a soddisfare la capacità produttiva degli impianti in grado cli funzionare oggi: rimandando a tempi più propizi il rifacimento della parte andata distrutta. Dinanzi alle molte incognite che ingombrano il campo cli questa ricerca, per poter procedere, devo necessariamente porre questa ipotesi: la guerra ,ha colpito indiscriminata– mente impianti ad elevati e a bassi costi di produzione. E per elevati e bassi costi di produzione intendo, rispettivamente, costi non in grado ed in grado di reggere la concorrenza internazionale. Trattasi, ben si comprende, di distinzione piutM tosto grossolana, condizionata, com'è, da una infinità di pre– supposti. D'altra parte, in questo momento, non so trovare altri termini di paragone. Tengasi presente, tuttavia, che la concorrenza internazionale avrà indubbiamente, nel prossi1no futuro, magg.ior \gioco nelle relazioni economiche interstatali. Dunque, quel che qui interessa è l'esame delle circostanze che contribuivano a mantenere elevati i costi, nel senso appena chiarito, di alcune produzioni italiane. E' in base a questo esame che si possono fissare linee direttive per correggere quelle disarmonie alle quali ho dianzi accennato. Una delle circostanze che più contribuivano a mantenere elevati i costi di alcune nostre industrie era la ristrettezza dei mercati di sbocco; ristrettezza che spesso si accompagnava a<l uno squilibrio tra produzione e capacità di produzione degli impianti. li mercato italiano, anche tenendo conto delle appendici coloniaH, era relativameflte piccolo e, soprattutto, fondamentalmente povero, specialmente se posto a confronto con quelli statunitense, inglese, germanico, e così via. Ciò impediva lo sfruttamento integrale cleg:i impianti di elevate dimensioni (per ragioni tecniche) e rendeva necessario 'cari– care su una relativamente esigua quantità di prodotto l'am– mortamento di tutto il complesso impianto. A questo propo– sito è da sottolineare che tale esuberanza di capacità di pro– duzione, sul piano nazionale, era spesso il frutto di una esu– beranza osservabj}e in molt~strutture aziendali tra di loro concorrenti. Non v'è dubbio che, se un più ampio respiro sui mercati internazionali verrà concesso a molte industrie italiane, i loro costi di produzione automaticamente si ridurranno con la possibilità di sostenere vittoriosamente la concorrenza stra– niera; ma è altrettanto certa la necessità, per affrettare tale momento, di adeguare, sia sul piano aziendale che sul piano nazionale, la produzione alla capacità di produzione. Come? Ad esempio, per rispondere al quesìto specifico qui posto, accordando con estrema circospezione alle singole aziende il permesso di ricostruzione di quegli impianti eventuaJmente distrutti o danneggiati, che risultassero esuberanti sul piano nazionale. A questo proposito ricordo, come assai significa– tiva, la pratica della • cannibalizzazione • degli impianti, lar– gamente applicata nell'Italia meridionale dopo la liberazione, cioè dati due o più impianti similari danneggiati si è prov– veduto a rimontarne uno solo con le parti intatte ricavabili da quelli non singolarmente uLilizzabili. Negando il permesso di ricostruzione, oppure trasferendo una parte del macc.:hinario da una industria o azienda ad un"altra, si pongono, evidentemente, prob:emi cli estrema gra– vità: riguardanti, ad esempio, gli indennizzi da ricevere (e rinvesti.re) e da pagare; oppure riguardantj i rapporti inter-

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