Lo Stato Moderno - anno II - n.12 - 20 luglio 1945

120 LO ST.ATO MODERNO - 20 LUGLIO 1945 con molta prudenza a fini didascalici e coreografici. Da altre parti ,e sempre da intellettuali di sinistra, si sta auspi– cando una sorta di osmosi fra la cultura attuale e pol'enziale del popolo e le forme estreme dell'arte e della poesia e del pensiero contemporanei. E l'assunto, anche affascinante in teoria, si fonda su di una illusione di natura romantica che occorre chiarire, specialmente per mettere in luce un punto in cui la crisi della civiltà contemporanea si fa parti– colarmente sentire . SI tenga presente, da un lato, la tra– gica solitudine del letterato e dell'arti– sta italiani, forse in questo più sfor– tunati dei loro confratelli di qualsiasi altro paese. In Italia non esiste, o qua– .si, il « salon » che è l'officina borghese tlel gusto nelle lettere e arti francesi; ,e l'interesse che è andato sviluppando– si negli ultimi decenni nell'alta bor– ghesia delle grandi città è ancora trop– po esteriore e grosso per costituire una civiltà culturale. Il letterato italiano ha il suo lett'Ore, innanzi tutto, nel collega letterato; l'artista si sente sostanzial– mente compreso solo dagli altri artisti o da lettera ti e critici e da un ristretto gruppo d'amatori autentici. Il caffè ri– mane il loro destino sociale. La coltu– ra è separata in Italia non dirò dalla vita, ma dalla società. Dall'altro lato, molti scrittori e ar– tisti - e si avrebbe torto a svalutare un simile atteggiamento per il suo fon– do eminenl'emente sentimentale - non possono, particolarmente in questo mo– mento di fresco risveglio delle forze popolari, non sentirsi profondamente fraterni proprio con coloro che, per la loro innocenza culturale, meno appaio– no compromessi col gusto mediocre che domina nelle nostre cosidette classi colte, e sopratutto nella piccola e me– dia borghesia, indubbiamente fra le più arretrate d'Europa. Probabilmente questi giovani spiriti generosi pensano che, come Marx indicava nel proleta– riato l'erede della filosofia classica te– desca, così sia oggi lecito ad essi, sep– pure in un senso leggermente diverso, auspicare nel proletariato l'erede delle esperienze dell'arte e del pensiero ul– timissimi. Ora, la prima riflessione che si pre– senta alla mente è che la cultura mo– derna è ben lungi dal riflettere l'unità di quel mondo armonico di cui ci of– frono l'immagine la cultura dei greci, o quella del rinascimento. L'arte, la scienza, la filosofia, si sono ramifica– te in innumerevoli cammini, si sono spezzate in infinit'e monadi la cui in– telligibilità è unicamente resa possi– bile dal diuturno, faticoso esercizio, fa– cilitato da una complessa rete di fili interpretativi e orientativi: non per nulla la nostra età è stata denominata l'età della critica. Mi pare che neppu– re il più aperto e generoso sforzo degli uomini di pensiero possa valere a crea– re quelle tali condizioni di cultura per cui, domani, l'« uomo della strada» ar– rivi ad intendere, dico veramente « in- tendere•, Valéry o Picasso, Einstein o Strawinskl: precisamente perchè que– sti esponenti dell'arte e della scienza moderna non sono neppure intesi dal commendatore che compera le edizioni di lusso o i quadri delle scuole mo– derne ed è abbonato alla stagione dei concerti, o dal semplice dilettante di scienze fisiche. Il successo di tali ope– re nel mondo « borghese » è principal– mente il frutto di una moda esteriore e di quel complesso fenomeno dell'età nostra che si chiama lo snobismo. Esse hanno perduto quel sostrato di lin– guaggio comune - mitico, esemplare, illustrativo - che può, o poteva, far partecipare rapidamente il non inizia– to a un dramma di Shakespeare, a un pezzo di Mozart, alla pittura di Raf– faello, o magari alla teoria della gravi– tazione universale. Ii linguaggio ha co– minciato a scindersi in linguaggio co– mune e linguaggio dotto, quest'ultimo si è poi ramificato in un'infinità di lin– guaggi personali e tecnici di elabora– tissima formazione. Sembra essersi ot– turato quel canale di civiltà per cui il vaso del più umile dei vasai greci s'ap– parentava con miracolosa naturalezza alle opere più alte e più complesse del– la statuaria ellenica. E oggi vien fatto di riflettere più amaramente che mai al paradosso leopardiano dell'innocen– za degli antichi, che non erravano per– chè ignoravano l'errore, raffrontata al– la corrotta consapevolezza dei moderni. Se lo stile di un grande pittore, coll'an– dar del. tempo, decade a formula illu– strativa da vignetta o da manifesto, ciò non avviene per un fenomeno di spiritualità unitaria, ma per una spe– cie di meccanizzazione e ossificazione del primo gesto espressivo, e assume i caratteri di una moda, rapidamente spazzata via dall'incalzare di altre mo– de. Senza dubbio, una pittura di Raf– faello vale per lo stesso ordine di va– lori. per cui può valere una pittura di Picasso. Ma la pittura di Raffaello si integrava senza sforzo in un mondo coerente di cultura per cui quel valo– re poteva, nel suo aspett'O generale, es– sere inteso da tutti, mentre l'arte di Picasso è una sorta di Kamciatka il cui reale possesso da parte del riguardante esige una lunga esplorazione. E, a ben vedere, le maggiori espressioni della cultura d'oggi, o sono Kamciatka, o non valgono nulla. So bene che un manuale di divulga– zione può dar l'illusione di far inten– dere a chiunque Picasso o Einstein. Ma divulgazione non è cultura, che è in– vece reale sforzo di immedesimazione della mente, vita e sangue effettivi del pensiero, non sbiadita curiosità. L'equivoco tra • progressista• in po– litica e «progressista• nella cultura non porterebbe probabilmente, nel mi– gliore dei casi, che a una specie d'iner– te dilettantismo « dopolavoristico •· Si tratta invece di ricreare un comune linguaggio cull'urale, oltre, e al di qua, dell'inevitabile specializzazione. Ma purtroppo non è dato alla volontà de- gli uomini di • inventare • una nuova cultura. La cultura non sta da sè, ma è un aspetto d'un''llllica realtà sociale, e sembra strano che proprio dei marxi– sti mostrino di disconoscere una verità che resta tale in linguaggio marxistico come In linguaggio storicistico. Si può, è vero, agire dall'esterno: ma gli espe– rimenti autoritari In fatto di cultura, come dimostrano esempi recenti, non possono che portare al progressivo isterilimento di ogni germe vitale, e offrire, anzichè un pensiero e un'arte collettiva, una rettorica collettiva. Il punto giust'O di contatto, il punto d'inserzione del rapporto umano fon– damentale può tuttavia sempre rin– tracciarsi in tutto quanto, nel pensiero e nell'arte d'ogni tempo, meglio espri– me la validità dei sentimenti univer– sali: ossia nei valori provati e ricono– sciuti per consenso comune della clas– sicità antica e moderna, in un rinno– vato senso delr« humanitas •• che riu– scisse, beninteso, a scuotersi di dosso ogni residuo di polvere scolastica. Sa– rebbe comunque un'educazione cultu– rale assai più concreta di quella det– tata dalla superstizione del moderno a tutti i costi, e che porterebbe all'as– surdo di far leggere Montale a chi non conosce Leopardi, o di fare ascoltare Strawinski a chi non ha mai sentito Mozart o Beethoven. Più che alle sot– tili, difficoltose esperienze della cultu– ra d'una società in crisi di trasforma– zione, un compito educativo concreto, coincidente del resto con gli stessi in– teressi di questa cultura, potrebbe ri– volgersi al rintracciamento delle fonti a cui, finchè durerà l'uomo, ogni cul– tura dovrà di l'anto in tanto far ritor– no per riconoscersi e ringiovanire. Suggerimenti, dubbi che non posso– no ancora concretarsi in linee d'un programma. Comunque, il problema dei rapporti della cultura col popolo dev'essere posto, e questo non è che un primo spunto di discussione. Discussio– ne che non è polemica, naturalmente, ma un modo di tener viva, mettendo nero su bianco, una sorta d'ideale con– versazione tra vecchi e cari amici cui il clima nuovo della liberazione, con l'ansia di lavoro e la responsabilità dei nuovi doveri che esso ha comportato, impedisce di ritrovarsi assieme in una serata di piacevole ozio. Discorso in– certo e manchevole, in quanto, per pri– ma cosa, sarebbe stato necessario of– frire una definizione non troppo im– precisa del concetto di cultura. Insom– ma, bisognerebbe ricominciare dal principio: ma, almeno in queste mate– rie, non è il tempo che manca davanti a noi. SERGIO SOLI\U

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