Lo Stato Moderno - anno II - n.10-11 - 5 luglio 1945

82 LO STATO MODERNO - 5 LUGLIO 1945 invano la solidarietà dei popoli amanti della pace, quella soli– darietà che venne poi imposta in ore più tragiche dall'aggres– sione nipponica di Pearl Ifarbor. Solo allora le Potenze occi– dentali riconobbero l'intrinseca forza morale e politica d( quelìa tesi, il valore dell'esempio cinese. La Cina entrò nel ·blocco delle Nazioni Unite come la quarta grande Potenza, su piede di parità con gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Russia. Le conseguenze storiche del gesto coraggioso compiuto dalla Cina nel luglio 1937 si vedranno in un futuro non molto remoto. I Paesi europei, così assorti nelle loro meschine riva– lità e piccole rivoluzioni, dovrebbero avere coscienza delle grandi rivoluzioni che questa guerra ha determinato nel resto del mondo. Un popolo di 450 milioni di uomini che si apre al sentimento 'i'iazionale, che nella prova di otto-<lieci anni di guerra terribile prende coscienza della sua forza, potenzia la propria organizzazione statale, sviluppa le risorse materiali del suo territorio ricchissimo ·e quasi vergine, si inserisce nel gioco della politica mondiale, questo popolo compie una rivolu– zione che muta l'equilibrio dei rapporti continentali. Il centro focale della potenza e degli interessi mondiali, che quattro secoli fa si sposiµ dal Mediterraneo all'Atlantico, si sposta ora verso il Pacifico, l'oceano intoni.p al quale si schierano le immense folle asiatiche in fermento, dotate di necessità di consumo e di possibilità produttive illimitate. Il Pacifico è forse già il centro del mondo. Delle quattro grandi Potenze, la Cina vive tutta nell'area del Pacifico, gli Stati Uniti vi hanno almeno la metà dei loro interessi poli– tici, l'Unione Sovietica vi protende il braccio siberiano, la Gran Bretagna è presente con i domini dell'Australia e della Nuova Zelanda e con i suoi possessi insulari. Eliminatò il Giappone come grande potenza, la fiaccola del risorgimento asiatico passa legittimamente alla Cina. La storia del mondo non ha avuto da secoli un fenomeno così grandioso. Non si tratta solo di elevare il tenore di vita di quasi un miliardo di uomini, di avviarli ad una· coscienza poli– tica, di organizzarli a Stato; si tratta anche, e soprattutto, di trovare un equilibrio fra due civiltà e di int~grarle per il co– mune vantaggio dei due mondi. L'incontro fra occidente e oriente, che ha dato così amari frutti nel Giappone, troverà nella nuova Cina più favorevoli condizioni di sviluppo, se i Paesi occidentali sapranno intelligentemente aiutarne lo sforzo. ENRICO BONOMI INQUIETUDININELL'ALTOADIGE Alto Adige: tragicomico alternarsi di nazionalismi. Là, prima dell'altra guerra, era il campo donde movevano il vano tentativo, di pretto stampo tirolese, di tedeschizzare le vallate trentine, e _le continue vessazioni a danno degli ita– liani. Là, dopo un poco incoraggiante e poco intelligente inter– ludio pseudo-democratico, si scatenò poi, borioso, prepotente, retorico ed insipiente il,naziona:lism~ fascista nelle sue forme disperate, che naturalmente non ebbe come risultato che di scavare una profonda frattura con gli allogeni: li1igua ita'liana obbligatoria sin nelle scuole dei villaggi più remoti e auten– ticamente tedeschi; podestà e segretari comunali italiani, spesso di scarsa competenza e sempre invisi; fiscalismo e buro– crazia italioti (incompatibili con le condizioni economiche e so– ciali della zona), applicati da un inflazionistico immigrare di ,meridionali; favoritismo pe; uno sviluppo industriale dei centri urbani senza sostanziale equilibramento con il preponderante elemelit8 allogeno delle vallate; creazione (in contrasto con la vecchia caratteristica Bolzano che i bombardamenti aerei hanno distrutto e sconciata) di una retorica, fascistissima ar– chitettura piacentiniana e parapiacentiniana, a base •di fasci, di scritte imperiali del'l'ex duce, di aquile romane e di lupe dorate che le bombe (ed, ahimè, anche gli uomini) hanno avu– to il torto di rispettare,- L' avvento al potere di Hitler diede altro aire, altra auto– rità e ben altre speranze all'irredentismo tirolese, fomentato direttamente <fagli agenti nazisti. Uno scoppio sarebbe stato inevitabile qualora fra i due capi si fosse determinato il di– saccordo. E i due capi, con gli accordi Hitler-Mussolini, tenta– rono di risolvere una volta per sempre il problema: gli alloge– ni avrebbero potuto optare o per l'Italia, accettando però il dominio nazionalistico fascista, o per la Germania, però tra– sferendovisi previo lauto indennizzo. E fu un plebiscito: circa il 90% degli allogeni optò per la Germania. Tuttavia solo circa il 15% si trasferì· stabilmente in Germania: gli altri non si mossero o fecero immediatamente ritorno, non perfezionando così l'acquisto della cittadinanza tedesca. Dell'ottuso, petulante e vessatorio nazionalismo fascista gli allogeni ebbero la ,sperata rivincita 1'8 settembrn: i nazisti ven– nero acco1ti come liberatori; il passaggio dell'amministrazione civile ali'autorità dei commissari nazisti e dell'autorità politica al Gauleiter Hofer, venne considerato come una sacra conqui– sta; sparirono insegne, targhe e nomi italiani; molti italiani, funzionari o no, furono costretti ad andarsene, ecc. Il fenome– no coinvolgeva tutti gli italiani in genere, ex fascisti o antifa– scisti, Va ricordato che in Alto Adige, come del resto. nel Tren– tino, venne vietata la ricostituzione del neo-fascismo (solo negli ultimissimi tempi si ebbe ·una certa invasione di fascisti in fuga). Da ciò il fatto che anche gli ex fascisti (nella maggior parte dei casi era stato un fasdsmo da funzionari e di parata) assunsero subito un contegno anti-nazista, cercando spesso rapporti con gli antifascisti. Solo questi, isolati, senza l'ausilio di uno spontaneo movimento partigiano, fecero della resisten– za attiva; nella resistenza passiva, e non senza cedimenti, ri– masero gli altri italiani ed anche molti degli allogeni che avevano optato per l'Italia, esposti non soltanto alle vendette locali, ma anche a quelle dei compaesani che, a\'endo optato per la Germania, s'affrettarono a far ritorno (e vi furono non poche deportazioni a Dachau e Buchenwald). Con le autorità e le forze naziste il contegno degli allo– geni fu nella quasi totalità, e sino alla fine, di volontario e devoto collaborazionismo politico, economico, militare e spes– sissimo anche poliziesco (ne sanno qualcosa gli internati nel campo di concentramento di Bolzano). La liberazione (il cui atto terminale fu una resa delle for– ze tedesche che trasferirono al C.L.N. i poteri civili sino al confine del Brennero, già· prima del sopraggiungere degli Alleati) capovolse ancora una volta la situazione. Con questo di diverso tuttavia: che Prefetto, autorità italiane, C.L.N. pro– vinciale, popolazione italiana - e da parte sua anche l'A.M.G. - compresero che il tornare a fare del nazionalismo alla ro– vescia sarebbe stato compromettere nuovamente il problema. E' in tutti viva la ·coscienza della necessità di stabilire, sia pure con reciproche concessioni, una pacifica convivenza f'.d

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