Lo Stato Moderno - anno II - n.7 - 1 maggio 1945

LO STATO MODEI\NO, 1° MAGGIO 1945 5. dalle contingenti realtà della storia il mondo dell'arte e dello spirito assoluto, di cui si sentiva insieme cittadino e custode. , Così si spiega come non soltanto l'esca del posto a~ giornale 0 all'istituto di cultura all·estero, o del premio artistico o let– terario riuscisse a numerose facili prede nel vasto campo dei mezzi ingegni, ma come tanli dei nostri scrittori più seri -:-– si pensi a un Cecchi o a un ilacchelli - si siano lasciati ten– tare daJ.la vanilù del lauro accademico, e taluno d'essi addirit– tura quando, volgendo le sorti della guerra, già per più segni il fascismo mostrava di essere entrato nella sua crisi risolutiva. li che non sta tanto a dimostrare - e l'indole scanzonata e aliena da rettorica di scrittori come quelli summenzionati ce lo garantisce - una rigidezza di fede fascista mantenuta fino all'ultimo, quanto un'avidità di vani onori e orpelli, un'aspi– razione all'importanza e al vantaggio immediato da renderli volontariamente ciechi - così almeno bisogna pensare - di fronte ad una situazione le cui profonde crepe si rivelavano ogni giorno più. E' pure da riconoscere che, nel suo piano di asservimento degli intellettuali, cosi come aveva fatto per gli altri ceti deHa nazione, il regime l\a saputo talvolta uscire persino dalla sua abituale goffaggine e sordità per tutto quanto suonasse pen– siero o arte, con imprese alle quali gl:i stessi dichiarati anti– fascisti vennero chiamati a collaborare sotto il pretesto della <..'Ompetenzascientifica, in maniera da poter invocare nei loro confronti, verificandosi la dannata ipotesi, un gen,!rale embras– som-nous sul piano trascendente della cultura pura. Tali fu– rono l'Enciclopedia, o l'l. S. P. I. Il Gentile fu maestro di simili delicate contaminazioni e sterilizzazioni, e, mentre aveva appunto come sommo scopo la cultura pura, non prese mai sul ·serio b realtà politica nelle sue contraddizioni irreducibili, tanto da finir vittima di una simile tragica incomprensione al momento stesso in cui l'abisso scavato dalla guerra civile, innestatasi sul conflitto internazionale, appariva agli occhi di chiunque. Ma un tentativo ancor più sottile, tenuto anche conto del momento in cui sorse, fu, nel campo stavolta più propriamente letterario, il Primato di Bottai. Era ormai trascorso il tempo in cui il capo dell'Ufficio Stampa del Capo del Governo, convo– cato a Palazzo Cf1igi il condirettore responsabile d'una rivista d'alta cultura letteraria e storica, gli rinfacciava in modi vio– lenti che la sua rivista « faceva mostra d'ignorare il regime». In Primato la politica si rifugiava, timida e in sordina, in certi editoriali d'una paginetta che nessuno leggeva (il ministro ostentava il più grande disprezzo per la « bassa propaganda »), Per tutto il resto, poesia pura, critica pura, pittura pura. La guerra imperversava su cinque continenti, ma guai a chi fa– cesse le viste d'accorgersene. Contemporaneamente, posti d'in– segnante presso accademie e licei musicali venivano largiti a giovani scrittori e artisti spesso di fama squisita, ma piuttosto umbratile, cui neppur più si richiedeva il formale « credo » politico, Il tentativo d'irreggimentazione era così impalpabile die ,11iasipiù non esisteva: sotto sotto, s'indovinava invece il dubbio sapore cl\m segreto do ut des: una garanzia per la salvaguardia d'una posizione personale in cambio della pro– messa di condurre in salvo, attraverso il dilm·io della guerra· e della ipotizzata vittoria nazifascista, ,rarca pericolante della cultura italiana al porticello della p~, Storia di questi anni. E se,~ Cil1'11ai che una greve corti– na di notte sia calata tra noi e avvenimenti pur così prossimi. Oggi anche lo scherzo su uomini, cose e fatti ci muore sulle labbra, e tutto ha già preso l'aspetto di una mascherata di fantasmi. Oggi, riflettendo ai rapporti tra fascismo e cultura, ci sem– bra ormai van'o impostare la questione nel senso di una critica al,Jebenemerenze, o pseudo-benemerenze, vantate dal regime nei confronti della cultura, o anche nel senso di una condanna degli ostacoli e lii:nitazioni imposti dal fascismo alla cultura stessa. Si devono, invece, giudicare degli uomini: e, trattan- . dosi di mera scienza o poesia, le parole « processo » ed < epu– razione» sono evidentemente prive di senso: per quanto appaia ovvio che occorra rimuovere, o tener lontani daHe cariche pub– bliche, i compromessi. E' comunque da presumere che i mi– gliori fra gli intellettuali che cedettero agli allettamenti del regime debbano già da un pezzo essersi coperti il capo di ce– nere e aver fatto penitenza in loro cuore: il che sembrerebbe mortificazione sufficiente. Provvedimenti dovranno invece essere in ogni caso presi, e stavolta rigorosi, contro quei giorna!,isti o pubblicisti che, dopo 1'8 settembre, hanno stampato su quotidiani, rompendo cosi l'astensione per cui i loro colleghi più seri hanno saputo affrontare la fame e la persecuzione, e in genere contro quegli scrittori e artisti che, sotto qualsiasi forma, hanno collaborato con il nemico o cc,n il governo dell,a sedicente renubblica so– ciale, E per la maggior parte si tratta, come chiunque è in grado di accorgersi scorrendo la loro prosa miserevole o get– tando uno sguardo ai loro vistosi cartelloni propagandistici, dei peggiori rifiuti delle lettere, delle arti e del giornalismo, che soltanto l'esca di posti e di guadagni mai sognati ha sospillto alla ribalta dell'effimera e repubblica 1. • * •• ~~~~~.3 ·t Si è parlato, da taluno, di un problema deHa e cultura" e Jegli e intellettuali :o in sede di ricostruzione. Dal canto no– stro, siamo invece inclini a ritenere che esso non sussista, Non sussiste in primo luogo perché, all'indomani della liberazione, si affollerà una tale ressa di problemi di soluzione urgente, tutti attinenti alle necessità fondamentali della vita degli Ita– liani, da relegare all'ultimo piano, come intempestiva, ogni questione che manchi di immediata relazione con quelle neces– sità. Secondariamente, se un problema del genere può avere un senso in uno stato totalitario, esso non ne può invece avere in uno stato democratico, per il quale l'assoluta libertà delle opere dell'ingegno deve essere assioma fondamentale, Soltan– to un governo totalitario può pretendere di farsi giudice e guida delle lettere e delle arti, di elargire premi e imporre investiture, di proteggere e di «incoraggiare». E se qualche governo di marca democratica, anzi di fronte popolare, ha negli ,mni immediatamente precedenti la guerra seguito il sistema fascista sul terreno della propaganda ufficiale «indiretta~, ciò ,ta solo a provare, uno fra m'lle indizi, quanto fosse malata la l~bcrt'l in Europa, da imporre dovunque forme totalitarie, di fatto o tendenziali. E, agli incoraggiamenti ufficiali, noi preferiremo sempre opporre l'energica e salutare raccomanda– zione di Degas: « Il fa11t décourager les urts ~- Una artificiosa proliferazione di quadri e poesie non profitta a nessuno, ma crea unicamente una sch;cra d';llusi e di spostati, e finisce con il portar discredito alla letteratura e 'aJ.l' arte serie, per le quali conta soltanto ciù che è « necessario», e che nessuna diffi– coltà, disconoscimento dei contemporanei, delusione o mise– ria, puì, valere a soffocare. Cerio, non mancheranno gl'incitamenti dei partiti, specie di sinistra, ad artisti e lettera'.i, ad uscire dal chiuso di una cultura e di un'arte troppo specializzate o raffinate, per affron– tare i grandi temi umanitari e sociali, per creare una lettera– tura e un'arte « per il popolo». Ci sarà probabilmente una fioritura di romanzi a sfondo sociale e politico. Chi sa quanto poco contino in questa materia i manifesti e i programmi, e le stesse passioni che agitano il tempo, non potrà che atten– dere con prudente scetticismo. E l'impopolarità della lettera– tura italiana, com'è del .resto risaputo, ha cause troppo remote

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