Lo Stato Moderno - anno II - n.5-6 - marzo-aprile 1945

van~ a costituire una maggioranza nel Paese né un governo stabile. E cosi il gruppo giolittiano fu contro i democratici di Bonomi e questi conj:ro i demo– cratici di Nitti, e gli uni e gli altri alla mercé dei democratici cristiani; mentre i numerosi altri gruppetti oscillavano da destra a sinistra secondo il pendolo della probabilità, e i socialisti avevano adottato come loro divisa la massima: non governare e non lasciar governare. _ Questa confusione di idee e di programmi era il sintomo di una grave e profonda crisi spirituale, ·di cui non ultima causa fu l'incapacità della classe dirigente, che preferl morire sotto i colpi violenti della reazione, anziché mettere da parte orgoglio e vanità e promuovere la formazione di un partito democra– tico italiano che tutti gli uomini veramente democratici comprendesse, dai democratici propriamente detti ai socialisti, e tutti li fondesse in un unico pro– gramma di difesa ad oltranza delle minacciate libertà civili e politjche. Né di ammonimento ad essi furono le parole che il Segretario Fiorentino mette sulla bocca di re Ferdinando: « Gli uomini spesso fanno come certi uccelli minori di rapina, nei quali è tanto desiderio di conseguire la preda, a che la natura gli incita, che non sentono un altro maggiore uccello, che sia loro sopra per am– mazzargli ». E cosi tutti fecero il gioco della reazione; ché i socialisti non com– presero essere giunto il momento di proclamare i loro ideali di democrazia senza reticenze e senza restrizioni; e i democratici non compresero che la difesa del socialismo significava difesa delle libertà democratiche perché il socialismo è per eccellenza democrazia; e i popolari non compresero che la loro libertà non poteva sopravvivere alla morte della libertà altrui. E a davvero strano spettacolo dovettero assistere gli Italiani quando la rea– zione cominciò ad abbattersi per prima sulle òrganizzazioni socialiste. Nessuna voce di .protesta .:_ né di condanna contro tanta distruzione di beni morali e materiali - si levò a difesa delle conquiste della civiltà da quegli organi ma– gni della stampa quotidiana che vantavano origini liberali e di orpelli liberali si ammantavano, ma che invece erano fraçlici di spirito terribilmente reazionario. Pensare che il limitare o il togliere la libertà ad un partito politico potesse a lungo andare costituire un accrescimento di libertà a beneficio di altri partiti, significava fare la politica· dello struzzo e preparare una medesima fine a tutti i partiti, qualunque fosse la loro colorazione. Lo Stato liberale credeva potersi in tal modo vendicare della verbosa tracotanza socialista e non vedeva che preparava inesorabilmente la sua fine: ché la reazione dopo aver distrutto tutte le cittadelle socialiste rivolse i suoi attacchi contro gli altri partiti e gruppi politici fino a distruggerli tutti, uno alla volta. Cosi il socialismo che si era irrigidito in una sterile e dannosa opposizione allo Stato liberale, e questo che aveva creduto ripagare tale atteggiamento con · una stupida passività, caddero insieme vittime dello stesso fatale errore. Gli antagonismi dunque erano stati fatali alla libertà di tutti: i rappresen- . tanti della Nazione, pochissimi dei quali avevano una seria preparazione poli– tica, avevano anteposti i gretti· ·particolarismi alla salute pubblica, e mentre tutti onestamente si proclamavano democratici, in verità tutti _vivevano fuori e contro la democrazia. Pochi uomini, negli anni che seguirono osarono difendere a viso aperto le moribonde libertà civili e politiche. Amendola e Gobetti, pur partendo da o!'igini diverse, si incontrarono sulla dolorosa via del loro Calvario. Essi paga– rono con la vita il loro ardire, e lo Stato liberale annegò nella grigia palude del nuovo Stato autoritario in cui, come diceva Tito Livio: ex ferocibus universis singuli metu suo oboedientes fuere. PILATUS -33-

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