Lo Stato Moderno - anno II - n.5-6 - marzo-aprile 1945

INCHIESTA SUI PARTITI POLITICI ITALIANI IV LA FUNZIONE 0EL PARTITO REPUBBLICANO Noi dicevamo ... Così potremmo iniziare il nostro articolo sugli orientamenti del Partito Repubblicano nell'attuale momento storico. Non vi è problema, infatti, che si presenti alla coscienza del popolo italiano che la scuola repubbli– cana non abbia affrontato e studiato, da· quello della libertà e dell'autorità e quindi della sovranità popolare a quello della emancipazione operaia, dal pro– blema della nazionalità e dei suoi fini a quello della collaborazione fra i popoh. Nel mentre il revisionismo nei vecchi partiti è divenuto una necessità imposta dalle esperienze vissute in quest'ultimo ventennio, e da quello traggono vita nuovi partiti, i repubblicani, pur non essendo refrattari alla influenza delle . mutate realtà, per trarre motivo e giustificazione al loro agire non hanno che da volgersi al passato. E se la legge di comparazione ha un significato, ch'essi avessero inteso il processo evolutivo della storia e che tuttora lo intendano trova conferma nel fatto che i partiti politici che si propongono una effettiva radicale trasformazione dell'ordinamento politico e sociale della Nazione han fatti propri i.maggiori postulati del Partito Repubblicano, talché qualche osser– vatore superficiale ha potuto persino chiedersi se il Partito Repubblicano non avesse esaurito il suo compito dal momento che le sue ideali aspirazioni si potevano considerare una virtuale realtà che di sé aveva informato la coscienza del Paese. Per considerazioni opposte, poco dopo il 1870, d'ogni parte si alzarono voci per dichiarare superfluo - perché superato - un partito repubblicano in Ita– lia. Gli uni dicevano: l'unità è monarchia; altri: la libertà è emancipazione del proletariato. Con la fede che proveniva dalla coscienza che la missione loro non era compiuta, e che anzi non era peranco iniziata, i repubblicani non si lasciarono scoraggiare dalle molte defezioni nè attrarre dalle seduzioni di nuove ideologie sociali; e rimasero al loro posto. Agli uni dissero: questa non è l'Italia del Risorgimento; a Roma è entrata una oligarchia, non il popolo; nel concerto delle nazioni non abbiamo voce perchè in chi regge manca la fede in una norma morale, la coscienza della missione italiana nel mondo; all'interno la monarchia accentra e non unifica. Agli altri dissero: poichè l'amorfi.smo non può essere il vostro ideale, quando vorrete dare una base politica al vostro socialismo vi incontrerete nella repubblica. La previsione, sia pure a distanza di molti decenni, si è avverata; ma non fu una profezia, bensì la logica risultante del contrasto tra reazi.::me e rivolu- 2:ione. Ed ecco che Mazzifti, che allora poteva parere un superato, ora appare come un precursore ed un contemporaneo nostro, e lo sarà altr~si della poste– rità poichè « termine ideale » del suo associazionismo - come scriveva Pio Viezzi - « è l'attuazione spontanea della generale solidarietà, sulla base del reciproco riconoscimento dei bisogni individuali e collettivi, in cui l'individuo libero trovi in -sé la propria legge, e questa non sia in conflitto con la legge di tutti gli altri 1,. La domanda ·che ci dobbiamo porre è questa: dove siam giunti? Con Giovanni Bovio possiamo rispondert che qualche cosa sorge dal fondo, quella forse che pareva· morta e non era ancora nata, che pareva « borghese » t.à era popolare, quella forma che pareva accidentale ed. era evolutiva, quella -34·-

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