Lo Stato Moderno - anno II - n.5-6 - marzo-aprile 1945

ONOMIA CAPITALISTICA E SOCIALISMO Esattamente cinquant'anni fa, scrivendo « In memoria del Manifesto dei r' omunisti » che anch'esso si avviava in quegli anni al compimento del cin– quantennio, Antonio Labriola diceva « consistere il nerbo e l'essenza di quello scritto nella nuova concezione storiça che gli sta in fondo», che è quella per cui il comunismo sarebbe stato « il necessario prodotto delle attuali lotte di classe, non quelle di ogni luogo e cli ogni tempo, ma quelle invece che tutté si assottigliano e si riducono nell'unica lotta fra borghesia capitalistica e lavo– ra tori fatalmente proletarizza ti ». E i tempi parevano dargli ragione allora, quando in tutti i paesi si faceva strada il senso vivo e plastico di questa lotta di classe che metteva a fronte il capitalista imprenditore e il lavoratore e che si rivelava in foi:me tipiche, quali presso di noi il nascere del « partito operaio italiano» di pochi anni prima ed in Inghilterra il sorgere, che si andava preparando in quegli anni, di un tipico « partito del lavoro», risultato finale di una fiorente vita sindacale. Pochi anni dopo, addirittura, questa antitesi fondamentale che si vedeva alla base del nascere e del vivere del socialismo, l'antitesi lavoratore-capitalista imprenditore, prendeva una formulazione mitica nella predicazione soreliana della violenza, la quale appunto trovava la sua significazione ed il suo fine in una radicale coscienza di classe espressa dal sindacato, organo tipico della classe e cosi chiamato a divenire simbolo della riv ione sociale. Questi acuti pensatori avevano ragione organizzazione della produzione capitalistica che essi stessi, come i profe l '48, .dichiaravano condizione della nascita e della vita del movimento socialistico, era infatti tutta orientata sulla economia di mercato, la quale a sua volta è regolata e condotta dalla esigenza della libera còncorrenza. L'attività del capitalista imprenditore, cioè, era tutta determinata e guidata dalla necessità di vincere la concorrenza degli altri imprenditori, produttori della stessa merce da lui prodotta o di merci ad essa surrogabili. · Nessuna possibilità, in un simile sistema, di agire sul prezzo della merce, che viene determinato dal mercato in maniera affatto indipendente dalla vo– lontà dell'imprenditore. Necessità quindi di agire sul costo per vincere la con– correnza ed essere cosi in grado di praticare prezzi inferiori, o di spuntare un utile superiore a quello dei concorrenti col produrre a minor costo, pur ven– dendo allo stesso prezzo. Ma gli elementi che formano il costo della merce, altro non sono che i coefficienti della produzione: la terra, il capitale, il lavoro; elemento anzi es– senziale proprio quest'ultimo, specie in una economia capitalistica nella quale gli impianti non hanno ancora raggiunto lo sviluppo mastodontico delle epo– che di avanzato progresso capitalistico, e il mercato dei capitali è più ricco e più fluido. Da'ciò la necessità di ottenere a buone condizioni la mano d'opera indispensabile agli imprenditori per organizzare la produzione; e da qui infine il dissidio fatale fra capitale (imprenditore) e lavoro, necessitato l'uno 1ad otte– nere la merce-lavoro al prezzo più basso possibile, interessato l'altro a ricavare il più alto prezzo possibile dalla fatica delle sue braccia. Ecco dunque l'aspetto economico di quella antitesi che nel piano politico· si esprime nella « lotta di classe fra lavoratori fatalmente proletarizzati - come dice il Labriola - e capitalisti borghesi» e che noi possiamo in sintesi formulare cosi : « in una economia capitalistica dominata dal regime della li– bera concorrenza degli imprenditori e dal sistema di mercato, la n~essità per questi di agire sul costo di produzione delle merci li spinge ad una lotta con: tinua col lavoratore che è il fornitore della merce-lavoro, elemento essenziale della produzione». , - 25 -

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