Lo Stato Moderno - anno II - n.3-4 - 1-16 febbraio 1945

Naturalmente anche questa soluzione non poteva soddisfare. lnfatt.i è logico chiedersi: come mai, da chi l'accordo deriva questo potere taumaturgico di limi– tare l'autorità statuale? Non è assurda una limitazione, anche se derivante dalla sua stessa volontà, del potere dell'ente che è la fonte di ogni diritto? ·se la sovra– nità dello Stato fosse il dato primo della realtà sociale, allora nessuna forza al mon– do potrebhe limitarlo, e questo potere non spetterebbe neppure alla sovranità stessa. L'obbiezione è talmente grave che i più logici epigoni;dell'indirizzo positivista dovettero, esaurita ogni spiegazione giuridica, ricorrere ad una spiegazione extra– giuridica, ossia sociale e politica: abbandonata la via della ragione, dovettero ri– correre al mito. Ed affermarono che l'accordo, t,icito od espresso, è la fonte prima del diritto internazionale, perché ciò risponde ad un dato di fatto sociale che il giurista non può spiegare e che deve accettare come una premessa per la sua in– dagine. Ed è strano questo estremo ricorso ad un principio mitico in scrittori che, rifiutando ogni origine superiore, il fondamento del diritto avevano riposto esclusivamente nella volontà dell'uomo.• L'argomento ci ha portati lontano. Ci ha portato a criticare il fondamento storico di una concezione di diritto che ha condotto a conseguenze pratiche cosi aberranti. Ma questo è un campo estremamente arduo che nori vogliamo toccare. Per ritornare al concetto di sovranità, vogliamo ancora una volta constatare come la scienza giuridica ha sempre ritenuto che la sovranità dello Stato non sia il punto di partenza di ogni fenomeno di relazione sociale, che al di sopra di essa vi sia qualcosa che la limiti e la freni, sia che questo qualcosa venga concepito co– me un principio mitico o come una verità superiore. Scientificamente parlando, fanche per la stessa dottrina positiva sovranità ha sempre significato non lo sfre- \ nato potere di fare qualsiasi cosa - il che logicamente porta a concepire la con– tinua sopraffazione come legge fra i rapporti degli Stati - bensl come una possi– bilità di agire in una sfera determinata, come una facoltà di autodeterminarsi e~:/ tro limiti ben definiti. La differenza di concezione fra gli scrittori positivisti eque~ giusnaturalisti TJOnsta tanto nella estensione della sovranitil, che né gli uni né gli altri concepiscono illimitata, bensl nella originarietà di essa, che solo gli scrit– tori positivisti ammettono. È chiaro quindi che questo concetto, sfrondato dalle più o meno pittoresche amplificazioni giornalistiche, potrà essere usato anche in avvenire, quando si stu– dierà l'organizzazione futura dell'Europa. Se trionferà l'idea dell'unità europea, sia che si addivenga ad una costitu– zione a tipo federale, abbracciante l'Europa intera, sia che si crei una rrande con– federazione, sia che all'unità europea si giunga attraverso una serie di leggi par– ziélli, certamente i ~ing-oli Stati godranno, sia pure con una serie assai ampia di vincoli, di una notevolissima sfera di autonomia. Il principio quindi della sovranità degli Stati, inteso in questo senso, avrà sempre diritto di cittadinanza nella nuova comunità europea. Perché ogni con– cetto scientifico elaborato attraverso secoli di faticose indagini non può, come vor– rebbero taluni troppo facili amatori del nuovo, essere ripudiato senza un pro– fondo riesame. GROTIANUS ·--s ---

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