Lo Stato Moderno - anno II - n.3-4 - 1-16 febbraio 1945

siddetta rivoluzione parlamentare operatasi in Italia con le elezioni del 1876, e che vide il trapasso del potere dalla cosiddetta Destra storica alla cosid~ detta Sinistra. Un Parlamento non tanto di nuovi quanto di impreparati, non tanto di ignoti quanto di ignorabili. Il che non esclude che anche quel Parlamento facesse del buono, anzi dell'ottimo lavoro, perché il proprio della libertà è di rendere gli uomini migliori, e il singolare della responsabilità è di stimolare e di acuire le capacità, mentre tutto al contrario, come tutti han visto e vedono, è quanto accade nei regimi dittatoriali o totalitari che si voglian chiamare. Ma quel che è grave è che l'Italia di domani non può permettersi il lusso né di preparatissimi restauratori (e ce ne sarebbero a mi– gliaia), né d'impreparati rivoluzionari (e ce ne sarebbero a centinaia di mi– gliaia). L'Italia ha bisogno, e subito, di ferratissimi rinnovatori, di gente che non abbia paura a svellere quel che è morto, ma che non abbia paura nem– meno, ed è più difficile, a conservare quel che è ancora capace di vita frut– tuosa; di gente che sappia parlar europeo senza perdere l'idioma nazionale, ' di sicure capacità tecniche ma abbinate- a sottile intuito politico, che abbia il gusto del diritto e meglio ancora il culto della giustizia, di gente a cui ven– ti anni di eversione morale abbia paradossalmente dato o ridato la nozione che l'utile proprio è attingibile soltanto nell'esercizio scrupoloso del proprio dovere. E questo è problema grosso che i partiti se avranno, come hanno, coscienza che domani lo Stato poggerà solo su loro, debbono fin da ora pre- pararsi ad affrontare e risolvere. · L'altra esigenza esaminata dal Pontefice quale premessa per una sicura democrazia è pure di singolarissima importanza, anche se meno avvertibile ai meno attenti ai sottili rapporti che legano le teorie generali del diritto con i fatti politici, rapporti assai più sostanziali di quanto generalmente si creda. Il tema è quello della cosiddetta positività del diritto, per cui la sola ed asso– luta fonte del diritto, non partecipabile da terzi, è lo Stato, e sola norma giuridica è quella che manifesta la volontà dello Stato. Contro questa dottrina la Chiesa cattolica si è sempre fieramente battuta, rivendicando la esistenza di un diritto naturale anteriore allo Stato, non valicabile e non violabile da questo, e di cui essa si poneva e si pone custode ed interprete. Non è questa la sede per nemmeno tentare una soluzione del problema; tuttavia è evidente - e da molto tempo avvertito - che nessuna democrazia può prescindere dal tentativo di scoprire una zona giuridica vietata allo Stato, e quindi di creare intorno ad essa dei veri reticolati difensivi. Questa nota, ripetiamo, non può avere e non ha l'ambizione di tentare di risolvere il problema; ci basta l'averlo indicato, sulla scorta di parole tanto autorevoli, come uno di quelli sui quali la nuova democrazia si dovrà piegare per un nuovo sforzo; e se, come è probabile, esso rimarrà nel campo teorico insoluto, se ne potrà forse tentare una· soluzione politico-amministrativa at– traverso la creazione a fianco dello Stato di altri organi produttivi di diritto che salvino certe autonomie funzionali dall'assolutismo statale. La pura positività del diritto, recidendo ogni legame tra la norma giuri– dica e il mondo morale e persino, in ultima analisi, il mondo economico, ha fatto del diritto un puro fenomeno tecnico, che con la nozione di giustizia non ha altro rapporto se non quello di una antica consuetudine mantenuta per ozio intellettuale o, più ottimisticamente, un rapporto che si pone come ·espressione sentimentale, irriducibile ad ogni esperienza logica, di un'aspira– zione a permeare di eticità la vita del diritto. La nuova democrazia dovrà risolvere anche questi problemi che possono apparire di mero lusso intellet– tualistico soltanto a chi ignori che un costume sociale è sempre la traduzione volgare e postergata dei grandi principi elaborati dalla classe dirigente. VITTOR -5-

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