Lo Stato Moderno - anno II - n.3-4 - 1-16 febbraio 1945

RIFLESSIONI SULLA SOVRANITÀ Gli interessanti articoli apparsi su questo foglio a proposito del futuro or– dinamento dell'Europa, pongono in piena luce quello che è il fondamentale pro– blema della vita politica dell'Europa di doma11i:quello dei rapporti degli Stati fra di loro, e quello dei rapporti degli Stati con la comunità internazionale. Dalle stragi, dalle rovine di questo conflitto è certo scaturita la convinzione che un ordinamento come l'attuale, basato sulla coesistenza di più Stati egual– mente sovrani e in perpetua lotta, è un ordinamento transitorio che non può garantire al massimo che un breve periodo di tregua, mai una vera pace. La più chiara critica della concezione supernazionalista la fece proprio Benito Musso– lini quando affermò che la guerra, non la pace, è cosa normale nella vita dei po– poli; il che, date le sue premesse ultra-nazionalistiche, è perfettamente logico. A questo desiderio di rinnovamento non corrisponde però una eguale coscien– za, anche nel pubblico colto, dei problemi economici, politici, giuridici che il fu– turo assetto europeo porrà sul tappeto. Essenzialmente politica sarà, come è naturale, la soluzione. Ma essa dovrà concretarsi in schemi giuridici; e quindi si impone un riesame di tutti i concetti giuridici che abitualmente usiamo - a partire da quelli basilari: ordinamento giu– ridico, comunità internazionale, Stato - per definirne l'esatta portata, e vedere se essi possono essere ancora utilmente adoperati. Ora i due concetti che sono più spesso bersaglio della critica attuale sono quelli di Stato e di sovranità. Concetti però che non sono sempre visti nella giu– sta luce. E ciò diciamo prescindendo dalla applicazione fattane in questi ultimi anni dalla più o meno seria corrente ultra-nazionalista, ma pensando proprio a una parte della dottrina che, ispirandosi ai principi della scuola positiva italo-te– desca, ha per decenni bandito la assolutezza e la illimitatezza del potere dello Sta– to, e per conseguenza il principio della assoluta indipendenza del concetto di di– ritto, derivante unicamente dalla volontà, da qualsiasi principio etico. Le conseguenze aberranti di queste teorie sono state tali che anche il pubblico colto e tecnicamente preparato è convinto che per prima cosa occorra bandire la parola stessa di sovranità dal futuro vocabolario europeo: perché essa altro non significherebbe che l'espressione giuridica dell'esaltazione dello Stato, elevato alla funzione di Dio in terra, non riconoscente alcun potere sopra di sé, sciolto dall'osservanza di qualsiasi norma, fonte di ogni diritto e di ogni dovere. Ciò è molto chiaro, anzi troppo chiaro, e le obbiezioni che si possono muo– vere nel campo etico e politico sono innumerevoli; ma questo esula dal nostro compito. Come giuristi, vogliamo invece osservare che, spogliata dai fronzoli gior– nalistici, questa dottrina corrisponde ad una fase del pensiero giuridico che è stata certamente gloriosa e ricca di risultati, ma è d'origine recente ed ormai superata non solo, ma che anche nei periodi di maggior splendore non ha mai avuto nella scienza quella integrale applicazione che comunemente si crede. Storicamente, si è sempre parlato di sovranità, se per sovranità si intende la somma dei poteri spettanti alla comunità politica: se ne parlava nel medio evo quando nessuno Stato poteva aspirare alla qualifica di s11perioremnon recogno– scens, perché al di sopra dello Stato vi era l'autorità imperiale, e quest'ultima era limitata dal diritto divino. Quindi delle due l'una: o il concetto di sovranità, come lo si intendeva allora, è qualcosa di diverso dall'attuale con cui ha in comune soltanto il nome, o la sovranità non è qualcosa di supremo e di illimitato. -6-

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