Lo Stato Moderno - anno II - n.3-4 - 1-16 febbraio 1945

ricordi il fatale divorzio che proprio sul liberalismo divise il _pensiero ufficiale cattolico dal pensiero moderno, e le cui tracce sono facilmente reperibyi anche nella Rer·um Novarum di Leone XIII, non può non sembrare singolare e sin– golarmente fruttuoso questo primo accenno di riconciliazione. Sappiamo non essere la prima volta che la Chiesa, sotto l'urgere di determinate condizioni, ha dovuto superare la illiberalità del principio per cui Omnis potestas a Deo, e che non di rado certe affermazioni di pensiero liberale, come ad esempio, quella dei Monarcomachi, son prosperate all'ombra protettrice della Chiesa; ma non c'è dubbio che, per quanto riguarda la storia contemporanea, il Sil– labo sembrò per molto tempo, ed anche in giorni recenti, la sola risposta del Vaticano a tutto il pensiero politico che si andava in mille forme svolgendo dal razionalismo illuministico. Oggi possi~mc,>prendere atto con profonda sod– disfazione della legittimazione data al « -crescente ardore per la libertà della falange imprigionata » e al riconoscimento del nuovo compito del popolo verso lo Stato e i governanti, che ha da essere « un contegno nuovo interro– gativo, critico, diffidente ». E si aggiunge che «.i popoli dopo l'amara espe– rienza si oppongono ad un potere dittatoriale insindacabile ed intangibile, e aspirano ad un sistema di governo più compatil.>ile con la dignità». Non siamo dunque più soltanto nell'orbita di un pensiero democratico che vuole che ogni potere proceda dal popolo, ma addirittura al centro. del pensiero libe– rale, il quale esige che l'esercizio di.ogni potere venga strettamente limitato e controllato perché, oltre e se occorre contro lo Stato, si salvi e si illumini la dignità della persona umana. Dopo questa fausta e solenne riconciliazione col nucleo più vivo e pe– renne del pensiero liberale, il Pontefice passa a trattare di alcuni elementi istituzionali da cui non può prescindere la nuova democrazia, primo fra tutti e fondamentale, quello della rappresentanza popolare in cui deve risiedere la · potestà normativa e politica. E qui si mette veramente il dito su una possi– bile piaga la cui denuncia è venuta quanto mài opportuna e tempestiva. f"'«'E poiché il centro di gravità di una democrazia normalmente costituita ri– i siede in questa rappresentanza popolare, da cui le correnti politiche si irra– diano in tutti i campi della vita pubblica, così per il bene come per il male, la questione della elevatezza morale, della idoneità pratica, della capacità in– tellettuale dei deputati al Parlamento è, per ogni popolo di regime democra– tico, una questione di vita o di morte, di prosperità o di decadenza, di risa– namento o di perpetuo malessere ». , Certo che la questione di sapere se la futura Assemblea politica italiana sarà al}'altezza del compito immane che l'attende e se esistano dei mezzi per renderla la migliore possibile, e quali essi siano, è non solo piena di fascino teorico, ma impegnativa anche della dimostrazione delle nostre capacità e delle nostre possibili_tà. Ad essa, e ad essa sola, è legata tutta la nostra sorte futura. Vano sarebbe perdersi in querele oziose e fatali sulle responsabilità del passato, e peggio su quelle altrui, se non scattasse da noi, precisa e pe– rentoria, la prova di essere all'altezza del compito tremendo a cui la storia ha chiamato le nostre generazioni. Or non v'ha dubbio che due pericoli sovrastano la futura Assemblea italiana: quella d'essere una Chambre introuvable o un Pa'rlamentum indoc– tum. Chambre introuvable chiamò con scherzosa riconoscenza Luigi XVIII quella che il popolo francese elesse dopo il crollo napoleonico. Introvabile me– ritò di essere definita, tanto era il suo zelo nel distruggere ogni segno del ·dominio del Buonaparte e nell'operare l'inutile tentativo di una piena e inte– grale restaurazione dell' Ancien Régime. Parlamentum indoctum defini Ferdi– nando Martini con la sua solita lingua sacrilega la Camera uscita della co-

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