Lo Stato Moderno - anno II - n.3-4 - 1-16 febbraio 1945

e ch'era tuttavia il punto cruciato dell'ardua contesa; oppure suggerendo al Parlamento siciliano il principe di suo gradimento da invitare a prendere il posto del Borbone detronizzato. Invece Lord Palmerston si attenne ad una linea di condotta tutt'affatto diversa, e Lord'Minto con lui, questo essendo di quello il fedele interprete in Italia. Fin dal febbraio del 1848 Lord Palmerston aveva fatto presente a Lord Minto ch'era impossibile all'Inghilterra offrir.e la propria garanzia per l'appli– cazione piena e sicura da parte del Borbone della Costituzione siciliana, in– quantoché - scriveva - « questo impegno ci creerebbe una serie di imbarazzi, e ci farebbe assumere un complesso di responsabilità della più difficile e inco– moda specie, giacché la posizione di una potenza straniera che interverrebbe quale garante fra un sovrano e una parte de' suoi sudditi, sarebbe di grande molestia per questa potenza, e non potrebbe nemmeno conciliarsi con l'indi– pendenza di quel sovrano »; e quindi prevedeva che nemmeno il re di Napoli vi avrebbe probabilmente consenlito. Durante il lungo conflitto, cosi Lord Pal– merston come Lord Minto dissero e ripeterono ai Siciliani che il Governo di Londra si augurava che Napoli e Sicilia, che avevano tante- ragioni d'indole culturale commerciale e politica per conservare una certa unità reggimentale, evitassero se non altro la separazione delle due corone; e solo quando fu chiaro che i Siciliani non ne volevano assolutamente sapere di re Ferdinando II, essi si dettero a perorare la soluzione meno ostica per la dinastia borbonica, con– sigliarono ripetutamente il Governo di Palermo a scegliere il nuovo re dell'Isola nella stessa famiglia del sovrano deposto, ed eleggere il figlio secondogenito di Ferdinando II o un altro dei suoi figli. È ben vero che, nel maggio di quell'anno, Lord Palmerston annunziava al ministro inglese in Torino, sir Ralph Abercromby, che se i Siciliani si fossero decisi a eleggere il loro re nella persona del Duca di Genova se,eondogenito di Carlo Alberto, il Governo di Londra l'avrebbe riconosciuto de jure non appena l'eletto si fosse trovato in possesso effettivo del trono: ma questa comunica– zione del Foreign Office era determinata da ciò, che a Londra era giunta poco prima notizia che gli ottimati siciliani erano ormai inclini a eleggere il Duca di Genova, cosicché Lord Palmerston, unicamente desideroso com'era che uno stabile governo monarchico fosse senza indugio costituito in Sicilia, s'era af– frettato a far sapere c}Je quando tale fosse stata la volontà regolarmente mani– festata dai Siciliani, il Governo di Londra non vi avrebbe opposto difficoltà di sorta, avrebbe senz'altro riconosciuto il principe sabaudo quale re de' Siciliani. · Ma era così evidente, ad ogni conoscitore delle tradizioni e delle caratteri– stiche della politica inglese, che parlando in tal guisa il Foreign Office non aveva voluto manifestare una propria preferenza per il Duca di Genova, e che esso si sarebbe comportato_ nello stesso modo nei confronti di quel qualunque principe che la Sicilia avesse creduto opportuno di scegliere, che l'incaricato inglese di affari pr~sso la Corte di Napoli, Lord Napier, non appena ebbe co– noscenza di codesto dispaccio di Lord Palmerston alla Legazione di Torino, s'affrettava a comunicarlo al console ingl~se in Palermo, perché questi a sua volta lo partedpasse al governo siciliano. E in pari tempo, senza nemmeno chiedere maggiori spiegazioni a Londra, lo interpretava secondo la sua mente e la sua esperienza, affermando che il Governo di Sua Ma·està la Regina, non essendo riuscito con la sua mediazione a conservare l'unità del Regno delle Due Sicilie, e nemmeno ad assicurare la Corona di Sicilia sul capo di uno dei 29 -

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