Lo Stato Moderno - anno II - n.2 - 16 gennaio 1945

• cilia in particolare. Conscio di questo, il fascismo sapeva anche che riagitare la questione autonomista significava riaprire il processo alla formazione dello .stato italiano, ed allo stato stesso. Poteva volerlo? Poteva, il fascismo reazionalio, con– tinuatore della tradizionale politica trasformistica italiana, accettare un contri– buto cosi essenzialmente novatore, rivoluzionario? No, certamente. E il fascismo ribadl le vecchie catene sulle masse meridionali. D'altra parte, il fascismo non ebbe in Sicilia largo seguito. Essendo una rea– zione borghese al bolscevismo, non poteva nascere, prodursi e svilupparsi se non nei luoghi ove il bolscevismo maggiormente eccedeva, e come potere incontrollato di pochi individui, come dittatura e sulla borghesia e sul proletariato. Quel tanto che poteva dare non lo diede: affidò le redini provinciali del partito ai signorotti locali, ex-nazionalisti, ex-appartenenti al partito agrario e della democrazia so– ciale. Mutava l'aspetto esteriore ma la sostanza rimaneva invariata. Lo denun– ciarono a suo tempo (1925) alcuni volumetti ancora oggi significativi: Jannelli con " La crisi del fascismo in Sicilia,, e A. Bianco con un altro scritto di cui non ricordo più il titolo. li fascismo fu essenziatmente antimelidionale, come antime– ridionale e antirurale sarà sempre ogni movimento italiano non sinceramente rivo– luzionario: ché la rivoluzione in Italia non può prescindere dalla campagna e dal Mezzogiorno. Esso operò contro gli iPteressi dell'Italia meridionale, e della Sicilia in parti– colare, attraverso il potenziamento dello stato accentratore e burocratizzatore e attraverso la esasperazione tiella politica protezionista (contro la quale si era già levata la voce degli economisti meridionali) che si risolveva ad esclusivo vantaggio della oligarchia industriale sfruttatrice, quella stessa che aveva finanziato il « Po– polo d'Italia "· Cosi, ancora una volia, le possibilità espansive del Sud furono com– presse. Due furono le valvole di sicurezza dei meridionali contro questa politica stran– golatrice: l'emigraziot1e, finché si poté; e l'agcressjone della macchina dello stato dall'interno, per evitare di restarne schiacciali. È per questo che la burocrazia è prevalentemente composia di meridionali. Ora è venuto il tempo delle decisioni. L'autonomismo non è soltanto proble– ma italiano, ma europeo. Il movimento verde, il "green rising •, nasce nelle cam– pagne e muove contro le città. Tutti dovranno affrontarlo, oggi o dolJlani. I Ru~i - ben altro problema per loro, e di quale più vasta portala! - lo affrontarono già nel 1920 per iniziativa di Lenin. Kalinin, poi, ·presentava una relazione della quale riporterò alcuni passi: " La regionalizzazione si basa sopra un principio economico e la regione deve rappresenfare un anello della grande catena economica che le– gherà tutto lo stato, diviso, secondo le prospettive economiche, in tanti settori, nell'ambito dei quali si svilupperanno, combinandosi tra loro, tutte le energie na– turali, culturali, produttive dei suoi abilanti. Le regioni si specializzeranno in modo da sviluppare orni loro attività economica al massimo grado ...; e cosi la re– gionalizzazione diverrà la base per un più completo progresso economico delle diverse nazionalità incluse nello stato, ed assicurerà l'amichevole, fraterna colla– borazione di tutte le stirpi che costituiscono là R.S.F.S.R. e delle altre repub– bliche che formeranno la U.R.S.S. ». L'Italia deve ora affrontare il problema. È l'unico modo perché Ia grande famiglia delle regioni italiane prosperi secondo la varietà delle tendenze, delle culture e, si direbbe, dei genii locali. Affrontandolo fin da ora le masse meridionali dimostrano di aver acquistato una coscienza critica della storia d' 11alia,mentre si pongono nell'unico concreto atteggiamento rivoluzionario che gli ultimi 70 anrti giusti tic hino. SICANUS 9

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