Lo Stato Moderno - anno II - n.2 - 16 gennaio 1945

• DEL SENTIMENTO RELIGIOSO IN ITALIA Da quanti anni, da quanti secoli dura il dramma del sentimento religioso italiano? Forse da sempre, forse da quando gli dei aborigeni mal si sposarono con quelli della Grecia più culta, loro ancora selvatici e nerboruti e questi già tutti finezze intellettuali e languori mistici ed eleganze erotiche .. Forse da allora si originò il dissidio tra i due aspetti della vita religiosa - quella fatta di molle sensualità e di facile perdono e l'altra ricca di scabra amarezza e d'aspra nudità - in cui si dibatte l'anima italiana. Ma certo esso esplose quando sulle ceneri del dio ignoto ventò la parola di un uomo di cui gli uomini sussur– ravano che diceva cose divine. Allora, mentre i templi marmorei crollavano, mentre il senato udiva voci di sgomento in luogo di inni trionfali, mentre le province rifiutavano il romane– simo in nome del sorgente nazionalismo europeo, mentre traslocavano le genti morse dalla tarantola, e il mondo pareva impazzito, agli Italiani si pose una scel– ta, il primo dilemma collettivo che noi siamo in grado di ricostruire quasi nella sua interezza: o coi vecchi dei e con l'impero antico, o col dio nuovo e con la nuova umiltà. Gli Italiani elusero la scelta; e se i vecchi dei furono frantumati per forza di vecchiezza, il nuovo fu sposato ali' {mpero e Costantino, furbescamente assiso sui corni del dilemma, si ebbe il trono e la croce iniziando quella serie di « conci– liazioni ,, in cui doveva consumarsi la storia civile del ~entimento reli~ioso in Italia. Questa prima conciliazione, frutto di abilità politica e di incertezza morale, fu come un preformato paradigma di tutta la storia della coscienza religiosa ita– liana. Dieci e dieci volte nel corso della loro storia bimillennaria si ripose alle co– scienze italiane la scelta religiosa, e sempre - come si conviene a questa meravi– gliosamente unitaria storia degli uomini - in termini di drammatica realtà civile. Ma sempre gli Italiani seppero, o credettero di saperla eludere. Dapprima, finito l'Impero, rifacendone la morta immagine con la Chiesa, e poi rispondendo all'an– goscia benigna di S. Francesco e alla sua divina povertà coll'erigergli dopo morto templi lussuosi e doviziose tombe; quindi gustando come cosa prelibata e proi– bita le dolcezze intellettuali della filosofia, ma lasciando ad a.Itri l'amaro e toni– ficante succo della riforma interiore; infine trascolorando il mito nel rito vivac– chiarono in una incerta morale e in una incertissima politica. Oggi ancora molti Italiani, troppi Italiani sarebbero ben felici se potessero stringere .in un unico nodo d'amore la monarchia, Mussolini, la chiesa e la libertà, cosi come nella vita pri– vata sono felici di ammirare la precisione svizzera, la sincerità americana, la se– rietà tedesca, la spontaneiU, francese, l'ordine inglese, continuando tuttavia per conto proprio nel gioco di una avventura falsa lambiccata e caotica. Tutti sanno che a fondamento delle ammirate virtù stranie~e c'è una viva e mai distratta esperienza di sentimento religioso, e dunque morale. Ma l'Italiano aborre dall'impegno, ama il compromesso. Dall'amore alla politica tutto è divi– sibile per il buon ltaliano medio chè fida nel tempo, sovrano riassuntore d'ogni dualismo contraddittorio. L'Italiano aborre la sc'elta: ·quella scelta che è tranquilla e fidente respon– sabilità, autocreazione della propria vita, libertà interiore e limite interiore, fer– mezza pascaliana. Ma l'Italiano è un molinista, e il suo stupore conserva non per chi corre die– tro alle mutevoli forme del secolo, non per chi giocando tra Dio e il diavolo punta sul purgatorio di domani per il paradiso di oggi, ma per colui che, scelta la sua strada, la percorre sino in fondo nel silenzioso fascino degli appelli definitivi. MOMUS - 10 -

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