Lo Stato Moderno - anno I - n.4 - ottobre 1944

finanziarlo « privato • -, non potrebbe persistere a lungo. E sinora è stato sempre il potere economico della plutocrazia capitalista ad avere Il sopravvento sullo sta– to, piegandolo al suoi servizi. Eliminare questa p-Otenza rivale diventa necessità esistenziale per lo stato moderno. Ne deriva pertanto un duplice obbiettivo che solo lo stato, per le proprie finalità politiche, è in grado di raggiungere. In primo luogo, la riconversione in dominio pubblico, per essere gestito per conto e nell'interesse dell'intera collet– tività (e non altro significa la socializzazione), del potere economico-finanziario dell'alta banca, degli organismi plutocratici, dei grandi complessi a carattere mo– nopolistico. In secom,io luogo, una sistematica- politica ostativa (o di smobilita– zione) alla for.mazione di coalizioni, di monop.oli, di vassallaggi capitalistici, sino a giungere all'affermazione, del principio - che nonì ci sembra d'altronde affatto illiberale - c'1e quando un'impresa rinunci~ alla sua concorrenziale indipendenza, istituendQ rapporti di coaliizione, o si fonda sul privilegio, perde con èiò stesso il suo carattere privato e richiede la sua socializzazione. t appena il caso di notare come questa esigenza antiplutocratica, che qui muove da una necessità di auto-difesa dello stato moderno, s'incon1ra e si CO!fl· bina con l'esigenza anticapitalistica che sale dal basso, e cioè dal mondo del la– vor.o (ma non dal solo proletariato !) e dal mondo dei consumatori. Ma, d'altra parte, questa stessa esigenza di premunire lo stato contro inge– renze e interferenze economiche implica il postulato che a sua volta lo stato stia al suo posto, che è il terreno degli interessi politici generali, e non pretenda, in quanto stato, assurgere o a rettore o a gestore dell'economia nazionale, pubbli– ca e privata, per le quali funzioni del resto non è certo l'organo più adatto. Do– ve l'economia è intralciata dai continui interventi dello stato o addirittura, per tirare avanti, abbisogna dei protezionismi dello stato; inevitabili diventano le pressioni dei privati sullo st,ato per procacciarsi o per parare i suoi interventi o per sollecitarne la protezione ed i favori, dando luogo a quel prepotente paras– sitismo di cui abbiamo avuto tante recenti prove. Dove lo stato pretende tutto coritrollare, tutto contingentare, tutto prescriyere, sorgono fatalmente, spesso intersecandosi, i fenomeni dell'evasione illecita e della sfacciata corruzione. Do– ve lo stato s'ingerisce a determinare i dati quali-tativi e quantitativi del processo , economico, sino a giungere alla predeterminazione dei prezzi, l'arrembaggio allo stato od ai suoi organi, o per ottenere concessioni favorevoli o per carpirgli par– ticolare considerazione, diventa fenomeno quotidiano. Dove lo stato, per quanto riguarda la vita economica, pretende. di tutto decidere, di tutto prevedere, di tutto provvedere, l'acquistare in qualsiasi maniera un'influenza sullo stato - per una privata finalità affaristica - diventa, per chi opera nt>lsettore dell'economia, que– stione di vita o di morte. E bisogna avere la franchezza di aggiungere che questa inestricabile inframmettenza dello stato nell'economia diventerebbe ancor più assidua e pe~ante se, per le imprese da socializzare (e nessuno può sognare una in– tegr-ale e unifor,me socializzazione di tutte le imprese), socializzazione dovesse equi– valere a statizzazione, anzichè gestione autonoma dallo stato, attraverso organi rappresentativi dell'intera collettivitii. Insomma: allo stato la vita politica, senza ingerenze pri– vate; all'economia (pubblica, socializzata o privata che sia) I a. v i t a e e on o mi e a , se n z a di. t t a t u re da parte de 11o s t a t o . In questo senso non è par.adosso affermare che una delle primarie condizioni . della difesa dello stato democratico è la difesa dalle esorbitanze dello stato medesim~ J PIGRECO - 6 -

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