Lo Stato Moderno - anno I - n.4 - ottobre 1944

trattata ancora alla stregua di una nazione nemica sconfitta? Senza contare che nel concetto di liberazione che è stato il fulcro della propaganda alleata era im– plicito il principio di un aiuto generosamente prestato al popolo italiano, che, vin– citori, gli Alleati non vorranno certo misconoscere: un concetto che faceva tanto onore alla loro causa quanto le nuo1.erebbel'abbandonarlo, dopo le tante soffe- renze da noi pa.ite. • Senza dubhio,· non si può cancellare tutto il passato, anche se la colpa non è stata propriamente di questa nostra Italia d'oggi; né si· pretende che l'Italia possa assumere pose di vincitrice alla Conferenza della Pace. Si ammette anzi la necessità per essa di accettare taluni fatti compiuti; ma la dimostrazione del pe– ricolo che le esasperale dittature nazior1alisterappresentano per la pace europea dovrebbe aver aperto gli occhi alle Nazioni Uriite sulla necessità di non scorargia– re le nascenti democrazie. Un1iliandol'Italia, negando soddisfazione alle sue-esi– genze fondamentali, si farebbe il giuoco dei loro avversari, di coloro che 'rimpian-· geranno il fascismo e di tutti gli elementi influenzabili dalla r~torica patriottarda della propaganda nazionalista, che certo troverà buoni spunti a suo favore· nelle rinunce che inevitabilmente ci verranno imposte nei confronti della situa– zione « imperial~,, del 1939. Anche questo non si deve dimtnticare: che il fascbmo non è solo quel deter- · minato fwomeno verificatosi in Italia tra il 1919 e il 1943, qut.lla crisi scoppiata nell'organismo n:iz1onale italian,o nel I922 per opera di quei determinati uomini e ·domata ventidue anni dopo, sibbene una malattia sempre in agguato di cui bi– sogna vincere le cause. Anche a·mmettendo per a~surdo che tutti i fascisti del ven– tennio fossero sco~pars_i,il fenomeno con nomi mutati si riprodurrebbe qualora se ne lasciassero riprodurre le _cause.E non solo in Italia, ma in qllalsiasi altro paese. Non stanchiamoci di ripetere alle Nazioni Unite che nulla v'ha di peggio, nel– l'interesse della pace del mondo e della salvaguardia dei frutti migliori della loro vittoria, che la distinzione, proiettata in maniera troppo evidente oltre la fine delle ostilità, fra stati vincitori e stati vinti, tanto più dopo una guerra in cui la demarcazione tra i due contendenti correva in definitiva più su una linea di dif-_ ferenziazione, o meglio di opposizione ideologica, c.henon di interessi meramente· nazionali. È infatti nell'ordine naturale delle co~e che il vinto aspiri alla rivin– cita: un governo liberale non potendo rifiutare la cittadinanza ad alcuna opinio– ne, la corrente più o meno apertamente revanchiste, in.volontariamente alimentata da una politica di corta vista delle Potenze vittoriose, rischierebbe di minarlo a poco a poco, e in ogni caso di rendergli la vita difficile. · Se non si parlerà troppo di vinti, se non si pretenderà di schiacciare le na– zioni soccombenti e ci si sforzerà anzi di assicurar loro una condizione di vita noti troppo disagiata e dignitosa dal punto di vista morale, si saranno spuntate le armi ai revanchisti e non si preparerà al mondo una nuova catastrofe. Se il fine· a cui si deve tendere - e per le nazioni veramente democratiche ciò deve costituire l'esigenza prima della loro politica internazionale - è davvero quello di un asset- . to pacifico del mondo, e meglio ancora di una pace basata sulla giustizia, 'è ovvio che non ci si dovrà in alcun modo ispirare a sentimenti di vendetta, ma solo di ragionevole cautela. Se pertanto a qualche limitazione di diritto si dovrà addive– nire nei confronti di determinati stati, è chiaro che non. gli stati vinti in quanto tali dovranno esserne oggetto, ma solo quelli veramente pericolosi per l'ordine internazionale. r Evitiamo quindi il luogo comune delle tre nazioni pericolose per definizione alla pace internazionale, Germania, Giappone e Italia, in qùanto iniziatrici della guerra attuale.}Si riconosca al· contrario che non può essere pericolosa l'lfalia . '""- ~ 13 -

RkJQdWJsaXNoZXIy