Lo Stato Moderno - anno I - n.1 - luglio 1944

ft remo, ancora una volta, che larga parte della classe dirigente proviene dalle mino– ranze culturali e quindi dalle università, dalle tanto bistrattate università! Vo– gliamo, per inciso, ribadire che in questi ultimi anni fu proprio nella università che si accesero i più forti comp·atti e vitali nuclei di resistenza: come nelle fabbriche; con in più che nelle università non s'era sollecitati da motivi econo– mici immediati e concreti bensl da interessi ideali: consentitecelo: della più pura e disinteressata idealità. Questo linguaggio non piace a molti; eppure noi continuiamo a parlarlo con– vinti come siamo che il superamento e di classi e di interessi tra loro in c·onflitto non può attuarsi se non nella coscienza « culturale » di una superiore e necessaria sintesi. Le università sono dunque chiamate, specie in un paese come l'Italia che ha toccato le più alte vette della ·cultura ma dove la cultura è scarsamente diffusa, a riprendere la loro funzione formativa. Precipitati nel più stupido edonismo, in · un'atmosfera da treni popolari, si dovrà ora risalire la china. Alle università dunque, la proarazione, l'educazione, il selezionamento deìla classe dirigente: che le u~i– versità non intenderanno monopolizzare, ma solo apportarvi quella insostituibile esperienza di vita riflessa che si ricava dall'esercizio della cultura. Perchè le Università .riprendano la loro funzione tradizionale è necessario: 1) che siano riesaminate le posizioni dei docenti. Troppe cattedre distribul il fascismo! Anche Baccelli e Ferdinando Martini ne distribuirono: ma che dif– ferenza tra quelle eccezioni e queste régole (sl, delle vere «regole•: le università avevano le loro mestruazioni annuali con fuoruscita di probi insegnanti ed immis– sione di giovani leccapiedi); 2) che vi circoli per entro un'aria nuova, di libertà nel vero senso della parola. Non c'è cultura vera senza vera libertà: in nessun paese del mondo, sotto nessuna dittatura; 3) che vengano attrezzate convenientemente le università, ridotte ora a povere catapecchie: senza laboratori, senza personale assistente, senza possibi- lità economiche, senza libri sufficienti; · 4) che si restituisca dignità di vita, spirituale ed economica, ai docenti. J 5) punctum dolens: che si diminuisca il n~mero delle ·università. M~ università = più università complete, all'altezza del loro ufficio. Politica da me– dioevo quella di istituire l'università a Ferrara perchè faceva piacere a Balbo! Ciò che un secolo fa appariva necessario date le difficoltà di comunicazione, ecco, oggi non lo è più. Bisogna che le città italiane abbandonino lo spirito grettamente campanilistico. Non si può ammettere che l'università di Bologna sia affogata da tante università tutt'intorno: Ferrara, Parma:-Modena (e perchè non una a Casalecchio ?) Lo stesso valga per Milano e Pavia e via dicendo. . Lo sappiamo: su questo punto, vero nido di vipere, nessuno sarà c'accordo· Eppure non è far della politica rinunciataria il sostenere che l'Italia non ~può man– tenere efficienti tante università e che deve automutilarsi per meglio far prospe– rare gli arti sani, con beneficio della serietà degli studi. Come, se non cosi, pos– siamo m~tterci al livello delle attrezzatissime università straniere? Oggi c'è un tanto di materiale (strumenti, mezzi di ricerca, ecc.) nella vita. delle uniyersità dal quale non si può prescindere: non è più solo eloquenza, metafisica, retorica ... Sono necessari libri, mezzi tecnici e tante altre cose che si possono avere solo a patto che le· università siano poche. In una]Europa che ci auguriamo unitaria il nostro frazionamento unlversi– tàrioJè davvero esiziale,. anacronistico, insostenibile finanziariamente e cultu= ralmente. -· 13 -

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