Il Socialismo - Anno III - n. 23 - 25 gennaio 1905

IL SOCIALISMO pitalistiche organizzate in trusts o tendenti con altri mez:d a dirigere arbitrariamente le condizioni clell 1 indu– slria nel nostro paese, ed esso ha sostenuto ogni legi– slazione destinata ad impedire la realizzazione di qual– siasi piano opprimente il popolo con dritti sui suoi og– getti di consumazione o con ingiuste tariffe pel trasporto dei suoi prodotti >>. Non.dimeno egli si adoperò a far votare dritti di do– gana per proteggere le merci dei trusts, mentre p~r ser– vire i trusts della raffineria sollecitò l'annessione del– l'Hawai affinchè il suo zucchero grezzo entrasse franco, e fu ancora per favorire gl'interessi d'un potente gruppo di finanzieri che egli precipitò la dichiarazione di guerra contro la Spagna, nel momento in cui venivano fatte proposte di arbitrato. Roosevelt ha creduto poter fare una campagna con– tro i trusts perchè aveva comandato i rougli rùlers a Cuba; come Mac-Kinley assumendo il seggio presiden– ziale ha annunziato che li avrebbe strozzati. Lo stre– w,otts man ha. dovuto sottomettersi e mangiare del– l' lwmbLe pie, come dicono gl'inglesi. La corruzione fiorisce superbamente nel mondo della politica e delJa magistratura; i difensori dei trust pre– tendono che essa sia uno dei frutti della concorrenza elettorale e del suffragio universale. John Dos Passos nella sua deposizione innanzi alla commissione d'in– chiesta del 1889 sulla maniera d'agire dei trusts dichiarò: e I capi dei ·raiht.Jags e gli uomini che dirigono le so– cietà industriali vi diranno che una misura profittevole al pubblico non si può ottenere con mezzi legitti1ni, a causa della corruzione giudiziaria e legislativa che pro– duce il demagogismo, il quale obbliga i trusts ad arri– vare ai loro giusti dritti con mezzi illegittimi ». La venalità degli uomini politici delle nazioni con civilizzazione capitalistica è portata al suo massimo nella democrazia americana; essa ha generato una tale in– differenza politica nei direttori dei trusts, che i medesimi finanzieri sovvenzionano il partito repubblicano e il partito democratico. I ~1organ e i Vanderbilt sdegnano i posti politici; essi preferiscono tenere i fili che fanno muovere deputati, senatori, ministri e presidenti della repubblica, come burattini. Essi formano un governo occulto ma reale, al di sopra del governo apparente e fittizio. I proprietari delle mine di° Pensilvania hanno ben provato l'esistenza di questo potere superiore, quando dopo aver respinto sdegnosamente la proposta di arbi– trato del presidente Roosevelt per regolare lo sciopero dei minatori, essi l'accettarono con una parola di Morgan. Lo stato-maggiore capitalista che amministra la ric– chezza nazionale immobilizzata nei tru.sts e nelle strade ferrate, dirige la politica; esso prepara una federazione pan-americana, sveglia aggressivamente la dottrina di Monroe, e obbliga il governo a farsi il protettore delle nazioni dell'America del Sud, per accaparrare i loro mercati a detrimento dell'industria europea e a rinne– gare la tradizionale politica pacifica, per lanciarsi nel– l'imperialismo alla conquista delle colonie e degli sbocchi. I !eatlers della democrazia americana reclamano i mercati del mondo con discorsi di ferro e di sangue: « Noi abbiamo bisogno dei mercati del mondo ed abbiamo bisogno della terra intiera, perchè abbiamo piì.1 intelligenza e maggiore spirito d'intrapresa di chicches– sia, dice Poultney Bigelow, in una conferenza sulla lotta futura pei mercati dell'Est. Noi abbiamo stermi– nato le Pelli Rosse indiane, e ciò facendo noi siamo divenuti un esempio rimarchevole della sopravvivenza del meglio adatto; questa idea noi l'abbiamo inculcata alle nazione europee dopo la guerra ispano-americana. Noi abbiamo bisogno dei mercati della terra, perchè tutte le guerre della nostra storia sono state lotte pei mercati. Nel 1776 e nel 1812 noi abbiamo reclanrnto il libero scambio e quando l'abbiamo ottenuto abbiamo rizzato il muro della protezione. L'esposizione di S. Louis commemorò una lotta pei mercati. Quando si studia la guerra del 186 1, si scorge che essa fu una lotta pel mercato nazionale. Noi avevamo bisogno di forzare le.;! genti del Sud a pagare il 20, 30 e 40 010 per mettere in movimento le industrie del Nord. Oggi noi ci avvi– ciniamo ad una lotta per nuovi mercati> (1). Questo discorso, che risponde alle preoccupazioni dei capi d'industria è stato riprodotto dalla stampa di ogni colore. Lo Stato maggiore capitalista, come .Attila, de– vasterà la terra col ferro e col fuoco, per realizzare pro– fitti spacciando merci. Le nazioni europee dei secoli 16°, 17° e 18°, allor– quando nasceva e prendeva corpo la borghesia capita– listica, si disputavano le colonie colle armi, per deru– bare agl'indigeni i metalli e i legni preziosi, le droghe, le pelliccerie, ecc. La borghesia capitalista, giunta al suo apogeo, si strappa con l'astuzia e con la forza le co– lonie e i mercati 1 per inondarli di merci rubate al la– voro salariato. Nondimeno la l>orghesia aveva annunziato che la sua dominazione sarebbe tutta di pace e di concordia e che la sua industria e il suo commercio unirebbero fraternamente le nazioni. Jl suo filosofo, Augusto Comtc, di cui essa vanta la stupefacente profonda profondità, prediceva, poco piì:1di mezzo secolo fa, che l'èra delle guerre era finita. Ma l'impiego industriale delle forze naturali, il per– fezionamento degli ordigni meccanici e l'organizzazione scientifica della produzione, sotto il dominio sociale della classe capitalistica, non apportano la pace e il benes– sere all'umanità, ma le guerre internazionali e civili. La lotta delle classi, che ha turbato l'ordine sociale della vecchia Europa, non doveva mai, secondo i pen– satori borghesi, dilaniare la giovane Repubblica transat– lantica; il suo nome non esisteva nella lingua politica, sino a tanto che ogni cittadino « voleva lavorare ». Wil– Ling lo toil, come diceva la canzone degli emigranti dell'Ovest, giungeva alla proprietà e all'agiatezza. La centralizzaiione dei capitali e dei mezzi di pro– duzione l'hanno impiantata in America; le lotte del la- (1)' Secondo discorso d'una serie di conferenze, sui: Nostri nutrui prol,/emi 11etm(Jl((/,0 della politica, falle da Poultney Bigelow alla Lega sult'l:.'duca;i<me politica, 1903.

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