Il Socialismo - Anno III - n. 1 - 25 febbraio 1904

IL SOCIALISMO 11 mondo greco-latino, poi esaltata e invigorita dal cristianesimo. Ma se sanziona questo vecchio codice di condotla, esso cerca già a migliorarlo tra.sformando l'amore ~!egliuomini comandato 'dal timore di Dio, nell'amore dell'umanità comandato dnlla natura stess.'\ del– l'umanità. Ed esso slarg~ la base di quest'ultimo concetto affermando la realtà superiore dcli' insieme delle gcncrnzioni, che sono passate e che p:1sscrnnno sulla terra, dinanzi :ld una o ad un'altra frazione dcll'umanit:\ nel tempo e nello sp.azio. D'altra parte, non di meno, in quest'ordine di idee, le contrn– dizioni non sono punto rare nei positivisti. Il loro genio essenzial– mente volgarizzatore e pratico impedisce ad essi di penetrare a fondo i problemi. Essi predicarono il dovere di slargar più che si può la sfera delle nostre affezioni; essi adottarono e fecero pròpria la for– mula: preferire la sua famiglia a sè stesso, la sua p.'ttria alla sua famiglia, l'um:rnità alla sua patria. Ora, d:1 (Jl\CSte premesse cosi nette, la morale positivista non riuscirebbe a.trarre, a guisa di con– clusione, che una meschina apoteosi dclh famiglia e della patria. Qualche altro tratto accentu:1 :1ncora maggiomente lo spirito di e~mpromissionc - accettabilissimo nella pratica, m:1 inammissibile nella teoria pura - che anima e guicla Comte in. questa parte delle sue ricerche. Rieordbmo <1ui, per memoria, il suo :1ntifemminismo ostinato, il suo rispetto per certe tradizioni della mornlc teologica, le sue preferenze cattoliche e autoritarie, i diversi culti che egli istitul e gli :1naterni di cui fu cosi prodigo. Ma vi ha di peggio. Comte predica b. ~ preponderanza del sen– timento sulla ragione e anche sulrattività •. La sua morate si iden– tifica con ]"arcaica morale emoliv:1, con questa famosa regol:l del cuore che, considerata in sè, non è che un ingenuo controsenso, un"enorme :'assurdità, come lo potrebbero essere un'astronomia sen– timentale o una chimica passionale. • L'uomo si stanca di pensare e di agire; mai egli si stanca di amare •. esclama Com te, che su questo punto si incontra con san Tommaso; ma volge le spalle alla psicofisiologia e alla psicologia novelle insegn:\lldo l'unità fondamen– t.'lle dell'essere psichico. Insomma, !"opera urgente della riforma della dottrìna morale, per numerose cause, pericolò fra le mani del Comte. Questo grande pcns:\lore che seppe far penetrare cosl innnnr.i nella coscìenzn pub– blicn il bisogno d'una teoria generale delle s.ocietà, battezzata da lui col nome, divenuto cosi popolare oggidl, di sociologia, non scorse che l'aspetto convesso, che i rilievi violenti, che il bollimento nppa– rcntc dei fenomeni di questo ordine complicato; e fece della socio– logia una specie di Jtoria e di Jtn.ti.Jti&a del decoro sociale, destinata a scoprir le leggi empjriche degli avvenimenti che si succedono sulla superficie delle grandi masse umane. Questa sociologia permette di ricostruire le principali forme g;uridichc e politiche del passato e di abbordare certe quistioni di embriologia, di genesi dei gruppi sociali. :\fa essa scivola sulle diffe. rcnziazioni sessuali e famìglia:i, essa non si inquieta troppo del for– midabile processo eeonomico, essa sembra voler sistematicamente ignorare l'evoluzione della moralità intima. Tuuo ciò che da vicino o da lontano si· raffibbia all'ontologia sociale, è disdegnosamente trattato dal Com te come della metafisica. L"equazione: socialità= mo– ralità, non si presenta una sola volta alla sua mente. Ora, in tali condizioni, e considerata unicamente come codice individuale e pra– tico di condotta, la morale del fondatore della scuola positivista non poteva differir molto dalle regole abituali in cui viveva il passai~. Sull'evoluzionismo e su Spenccr io non dirò che poche parole. La filosofia dell'evoluzione non ha punto soddisfatto il èòmpito che si era proposto come un fine supremo: essa non ha fatto del– l'etica una scienza nel senso rigoroso del termine. Per realizzar questo vasto disegno non bastava, in fatti, come lo credette Spcncer, di ammettere la marcia dell'umanità. \'Crso un ideale di giustizia e di pace, verso !"altruismo sempre più potente, verso radattamcnto sempre piit perfetto dcli' indivifluo alle condi1,ioni dell'esistenza so– ciale. Del resto, il filosofo inglese non innova nulla. Egli si limita a sviluppar retica del Comte su una delle tre principali basi della filosofia positiva: il principio dcll'C\•oluzionc applicato alle società uman~ e conosciuto sotto il nome di progresso. Insomma, noi possiamo dirlo, accantg, a qualche germe di verità fulure, il J>..'lssatoci legò una congerie di errori - errori di fatto e, sopra tutto. di metodo. Passiamo rapidamente in rivista qu:ll<"'una di <1ucstc soprawi- venze contro il cui ascendente noi non lottiamo abbastanza o non lottiamo che con mollezia e di una maniera intermittente. Tale è l"errore del!' idealismo o della trascendenza morale che e.onsiste a collocare ciò che pomposamente si chiama la fede al do– vere • sopra la regione ove si move la scienza e ove si move la natura stessa •. Questa pretensione esiste, di certo, ma essa non si giustifica con alcuna rc~ltà osservabile. A mc sembra poco prudente adulare una cosi triste pazzia, e punto saggio lasciarè allign:ue In illusione che si potrebbe collocare sopra la dottrina e la ragione. ~ la positura stessa del!' Impossibile o pii..1tosto deJt"Assurdo. Ciò che si dichiara di elevare sopra la scienza: la fede al dovere morale, la credenza in Dio, o il tal altro principio o regola di vita, è sempre scienza; scienza incipiente, puerile, imperfetta, arrestata ,.nella sua marcia da molti se<:oli e divenuta, per ciò, insufficiente/ o errata. Nulla "i ha di sublime in tali tendenze; esse, :li contrario, manife– stano un'immaginazione molto meschina del mistero univers:-ile. Bisogna egualmente rigettar quel pessimismo, nè morale, nè sociale, che è penetrato, in questi ultimi tempi, nel cervello di coloro che maledicono r llUJ/o 111odenu, e gli gettano in viso il m:-irchio essenziale del m:-ilc, il rimproccio classico di distruggere senza edificare, di comportarsi come un:i- forza puramente negativa e dissolvente! Non meno numerosi. infine, nè meno funesti sono gli errori di metodo, dei quali la maggior parte risalgono ad antiche :-tbitudini della mente. Giacchè si dimentica volentieri che i risultati nulli o negath•i di cui si lagnano i nostri moralisti e i nostri filosofi, con– dannano innanzitutto, se non unicamente, i metcxli di investigflzione usati in sociologi:"\, in psicologia, in morale. • Ma arrestiamoci,. lo non terminerei certamente cosi presto l'arti– colo, se volessi, non dico esaminare a fondo, ma soltanto enume– rare le prenozioni false, gli errori materiali e tutti i difetti che insu– diciano l'opera critica del moralista moderno, che impastoiano la sua marcia, che pa.ralizzano i suoi sforzi, che ritardano l'avvenimento della scienza sociale. Un illogismo che contribui molto a cdific.'lrC, poi a mantenere la lunga e rara fortuna. dei metodi empirici di ricerca, sussiste ancora. Esso si mostra nel triplice e solido pregiudizio popohre che \'uole che l'applicazione preceda la teoria, che l'arte preceda la scienza, che il lavoro del filosofo prepari il lavoro del dotto. Strana genesi che rovescia \"ordine storico e logico in cui :-tppariscono i principali termini, le costituenti dell"evoluzione intellettuale! L'etica doveva subire la sorte delle altre scienze. Per molto tenlpo, la teoria ,,i rimase, a sua insaputa, l'umile serva delle false idee della folla, circondando col suo rispetto l'ignoranza presuntuosa che rispondeva a. ogni quistionc, che risolveva i problemi pii.1diffi– cili. E a dire il vero, oggi ancora, l'etica tradizionale sonnecchia in quesa fase iniziale. I suoi più ferventi adepti persistono a negare alla morale ogni carattere teorico per considerarla come una scienza di applicazione. Tal.e è notoriamente 13veduta protetta dalla maggior parte delle grandi scuole inglesi che definiscono l'etica: la scienza che ci insegna a determinare come certe maniere di condotta sono preferibili ad altre. Apprezzar dei metodi di vita (raramente si aggiunge collettiva) è cosa buona; ma bisognerebbe ancora. far riposare questo npprez– z.."lmentopratico sopra una dottrina qualunque! Ebbene, no; si ama meglio porre al mondo questa cosa :-issurda, mostruosa, una tecno– logia sociale, una politica precedente la teorica delle società! Dobbiamo noi dunque rinunziare all"azione politica immcdinta oppure adottare l'empirica dottrina di Tolstoi? Assolutamente no. I socialisti fanno dellà politica attiva, tracciano dei programmi, costruiscono dei piani di felicità. Essi fanno il loro dovere. Noi non possiamo rimanere con le braccia incrociate in faccia ali' ingiustizia che trionfa, noi non ci possiamo lasciar sfrutt..'lre stupidamente dalla turba dei ciarlatani che ci governano. 1 sociali~tì, quindi, sono dei preziosi ausiliari del dotto, del quale rianimano la fiducia, del quale es.'lllano il coraggio. ~-la io rifiuto tutta la mia 'itima al sociologo che, sopra la cura della pura verità, mettesse un·ambizione, una brnma qualunque, fosse essa di una felicità immediata e generale t Simili sofismi sono quelli che aggiogarono la filosofia alla menzogna. La moralità, la tecnologia sociale dipendono dalle scoperte della scienza astratta delle società, quanto le applicar.ioni industriali o il progresso dcn· igiene e dcll:-t medicina dipendono dalle scoperte falle

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