Il Socialismo - Anno II - n. 18 - 10 novembre 1903

IL SOCIALISMO PROBLEMI SOCIALI ----- 1'"OPERA POSTUMA,, DICARLO MARX (Continuazione). LA CADUTA TENDENZIALE DEI~SAGGIO DEL PROFITTO. Nella produzione capitalista lo sviluppo della produt– tività del lavoro è contraddistinto dalla tendenza alla diminuzione del saggio del profitto. Già gli economisti classici Smith e Ricardo intorno a questo fatto, rico– nosciuto reale universalmente, istituirono ricerche e ~audi; e la soluzione del problema serviva anzi di base per la separazione delle differenti scuole economiche. Ma l'economia politica,. prima di Marx, non poteva giungere alla scoperta della chiave dell'enigma, special– mente perchè essa 1vm era mai giunta a formulare con precisione la differenza fra il capitale costante ed il ca– pitale variabile, tra il plusvalore ed il profitto i nè à concepire il profitto per sè stesso, indipendentemente dalle differenti forme ch'esso riveste (profitto industriale e commerciale, interesse e rendita), e l'importanza della diversa composizione organica dei capitali nella forma– zione del tasso generale del profitto. Marx, per la prima volta, diede al grave problema una soluzione, in perfetta armonia con la generale teoria del valore che sta alla base di ogni fenomeno economico. * * * Il saggio del profitto - scrive Marx è dato dal profitto diviso per il c1.pitale totale - costante e va– riabile - impegnato nella produzione e diminuisce quando il capitale costante cresce cl' importanza, con lo sviluppo della produttività del lavoro 1 per rispetto al capitale variabile; poichè ciò che regola il valore di scambio, e poi il costo di produzione, è la quantità di lavoro socialmente necessaria alla produzione cli una merce. Infatti, diminuendo il capitale variabile, dimi– nuisce la quantità di lavoro che si distribuisce sopra una data quantità di merce, e quindi il valore e plus– valore prodotti, per rispetto ad un dato capitale, por– tand_o fatalmente alla decrescenza del tasso del profitto. Ora, il progresso dell'industria Jneccanica determinando la prevalenza selllpre maggiore del capitale costante nella produzione, il saggio del profitto deve progres– sivamente cadere. E se la diminuzione non è così rapida nella realtà, come lo potrebbe far credere lo sviluppo crescente della meccanica in tutti i campi della economia sociale, e specialmente nel!' industria, ciò è prodotto da varie cause controperanti, quali l'aumento del saggio del plusvalore, la riduzione del salario normale, il deprezzamento del capitale costante, la sovrappopolazione relativa, il com– mercio internazionale ed il capitale per azioni; le quali, elevando il profitto creato dalla forza operaia, ne ral– lentano la caduta del saggio. La diminuzione del tasso del profitto è quindi dovuta essenzialmente al fatto che lo sviluf>po capitalista porta ad una composizione organica del capitale sempre più alta, in cui il capitale costante prènde un posto sempre più predominante per rispetto al capitale variabile. Tale è, in poche parole, la soluzione marxista. * ** Benedetto Croce, in un suo opuscolo dal titolo: Unn obie::ione nlln legge marxistica della radula del saggio di profitto, contesta semplicemente la base reale sulla quale si eleva l'affermazione marxiana, e ricono– sciuta finora da tutti gli economisti di qualsiasi scuola; cioè, che il progresso tecnico accresca il capitale costante di fronte al capitale variabile a misura che si trasforma la composizione del capitale complessivo. Anzi, egli af– ferma che il progresso nella produzione ha per effetto di restringere il capitale impiegato, giacchè ogni costo risolvendosi, secondo il Marx, in lavoro sociale, si deve aver la stessa produzione con minore lavoro socialmente necessario, non valendo altrimenti la pena di introdurre unii innovazione tecnica. 1 Ora, che il deprezzamento delle merci, ch'entrano nella composizione del capitale costante, reagisca in senso contrario alla caduta del saggio, è un fatto già ammesso dal Marx, senza però darvi la portata voluta dal Croce. Infatti, l'equivoco in cui è caduto il Croce giace nella sua tesi fondamentale applicata erroneamente ai fatti. È vero, ogni costo si risolve i11 definitiva in lavoro sociale. Ma la merce ottenuta con Ull capitale costante maggiore per rispetto al capitale variabile, è il risultato di una quantità minore di lavoro, la maggiore produt– tività del lavoro cosi .ottenuta sorpassando proporzio– nalmente la maggiore quantità di capitale costante che entra a far parte del nuovo prodotto. Di più, se il ca– pitale tecnico ha molta durata e passa gradualmente a piccole dosi nel nuovo valore creato, la massa delle materie prime si riproduce in valore nella massa, accre– sciuta proporzionalmente, dei prodotti finiti. D'altronde, nell'ipotesi che tutte le merci, compresa la moneta, siano ottenute con un processo tecnico della stessa. potenza, il valore di scambio delle merci non cambia, non cambiando le proporzioni in cui una certa quantità di merce si scambia contro un'altra data quan– tità di merce differente i cambia soltanto il valore indi– viduale delle merci per rapporto alla loro conversione ideale in giornate di lavoro semplice. Quindi, quando il Croce diminuendo da 100 a 90 i lavoratori, riduce pure di 1 / 10 il valore di scambio del capitale costante e del capitale variabile, commette un primo errore, che svanisce solo nel caso che l'oro- come merce funzionante da moneta - non abbia cambiato di valore, e si ottenga sempre con lo stesso processo pro– duttivo, ciò che sarebbe in contraddizione con la realtà. Ma supponiamo pure che la moneta mantenga inal– terato il suo valore di scambio, non essendosi modifi– cato il modo di produzione di essa; tuttavia non si ha il risultato previsto dal Croce, anche appoggiandosi al– l'esempio da lui fornito. Infatti, egli suppone un capitale complessivo sociale impiegato nella produzione di 1 ooo, di cui 500 in ca– pitale variabile, corrispondente a I oo giornate di lavoro, col saggio del plusvalore del 1 oo %, ed un saggio, quindi, del profitto del 50 O/o. Secondo il Croce, supponendo che con 90 giornate si ottenga la stessa produzione, il capitale costante sar..\ di 450 e il capitale variabile pure di 450, essendo di– minuito di 1 / 10 il lavoro complessivo necessario per la produzione di una stessa quantità di prodotti. Ora, pur

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