Il Socialismo - Anno II - n. 16 - 10 ottobre 1903

IL SOCIALISMO In conclusione, salvo i casi eccezionali di questa ultima categoria, i capitalisti non realizzano nella ven– dita dei loro prodotti il plusvalore e quindi il profitto creato nella loro sfera cli produzione; ma l' insieme del plusvalore prodotto dal capitale sociale impegnato in tutte le sfere produtti,ì-e, tende a ripartirsi in eguale proporzione fra tutti i capitali della società. Cosi i ca– pitalisti, nel loro insieme, possono essere considerati - dal punto di vista del profitto - come gli azionisti di una vasta società anonima, che si divide i benefizi rea– lizzati, a seconda del numero delle azioni da ognuno cli essi possedute. La legge del valore, secondo il lavoro, do– mina nondimeno lutto lo scambio capitalista, poichè, se di regola il costo di produzione delle merci non e uguale al loro valore, in ultima analisi però il tasso del profitto è condizionato dal plusvalore complessivo creato dalla classe operaia, e la somma dei costi di pro– duzione di tutte le merci è uguale alla somma dei loro valori. LE OBBIEZJONI ALLA TEORIA. Contro la teoria marxista del valore, e contro la soluzione data nel 3° libro del Capitale all'enigma sul saggio medio del profitto, suIla base stessa della teoria di Carlo l\•larx, si sono scagliati strali e critiche acerbe, le quali suscitarono polemiche e levarono a rumore il campo degli studiosi in economia politica. Noi ne esamineremo le principali, lasciando da parte quelle provenienti da equivoci o da una ines.-1.tta comprensione della concezione marxista. Così occorre appena accennare che in Marx il la– voro, che serve di misura al valore di scambio, com– prende il lavoro manuale e il lavoro intellettuale, e specialmente, per quest'ultimo, il lavoro di direzione delle imprese: come è sufficiente ricordare che nella teoria ricardiana-marxista il valore d'nso costituisce la base necessaria del valore di scambio, senza la quale il lavoro incorporato in un prodotto non crea alcun valore. 1 Enrico Leone in un suo lucido articolo sulla Po– stuma di Carlo l\tarx si domanda: << Per quale legge di necessità 8 ore di lavoro ciel << muratore debbono valere 8 ore di lavoro del fabbro? « Non c'è nessuna ragione intrinseca, e tanto meno ncs– « suna forza superiore, che determini in modo ncces– « sario questa equazione di scambio. Perchè dunque « e per quale via Marx dà come una legge la equa– « zione suddetta? ... Perchè il lavoro del tessitore cli– « venta uguale al lavoro del sarto ? Come le due forme « concrete si volatilizzano nel lavoro astratto comune? « Ecco due quesiti a cui Marx risponde con la « involuta elucubrazione del carattere feticcio della « merce : ma che sono soltanto spiegabili empirica– « mente con la varietà dei bisogni umani, all' infuori « della ricerca di l\larx. Ma che invece l'ora del lavoro « del sarto valga nè più nè meno che quella elci tes– « sitore 1 ecco una affermazione che oggettivamente è « vera e non è vera a nostro libito. Per quale legge « di necessità il tempo di lavoro astratto sociale medio « è la misura comune di tutte le infinite merci esistenti « in società? i\essuna for-1.a costringe gli uomini a tale « sistema di valutazione. Dunque l'equazione marxiana « non è fatale ». i Ora, ad Enrico Leone occorre ricordare che il va– lore di scambio non è che una ragione degli uomini che si manifesta nelle éose. Sono gli uomini che for– mano nello scambio le eguaglianze fra determinate 1 Della confusione tra la teoria ricardiana e quella marxista (Graiiadci) già ~i discorse nell"analisi della teoria del \'alore di C. ~larx. " Rivisln. ~t1fa,lare dcll'on. Co1.AJ,\NN1,pag. 438-439 1 anno 190,. quantità di merci diverse e quindi fra determinate quan– tità di lavoro. Nessuno ha mai eletto - Marx meno di tutti - che i lavori del fabbro, ciel tessitore, del muratore, del sarto possano dirsi quantitati\·amentc e qualitativamente uguali. L'uguaglianza, che si forma nello scambio tra due determinate merci, e quindi tra due determinati lavori concreti, è formata dal criterio sociale degli uomini, dei lavoratori. Può avvenire che gli uomini giudichino il lavoro del sarto uguale in tutto e per tutto - per rapporto al valore - a quello del fabbro, talchè la durata del lavoro sia il solo com– puto eia farsi, ma ciò non è un portato necessario della teoria del valore marxista: è una conseguenza del giu– dizio dato dagli scambisti. L'eguaglianza tra il lavoro del sarto e quello dt:I fabbro nasce invece dal fatto che una certa quantità di lavoro semplice misura la merce del &'lrlO e che una certa quantit.:-\ di lavoro semplice - uguale o disu– guale. non importa, - misura la merce del fabbro. Che necessità allora della classificazione del lavoro in semplice e complesso, quando soltanto il tempo di lavoro fosse la misura del valore di scambio e nessuna in– fluenza determinante avessero e la intensità e la qualità dei lavori utili infiniti della società? Onde, se Leone scrive che nessuna forza costri11g·e gli uomini a calcolare i loro lavori nei prodotti scam– biati sopra un perfetto piede d 1 uguaglianza, egli sfonda una porta aperta. Non altrimenti scrive il Marx nel Capitale, poichè non si può parlare di lavoro semplice e di lavoro complesso senza ammettere la disuguaglianza valorifera dei differenti lavorli sociali. E se J\larx, par– lando di Aristotile, afferma che questi non poteva sco– prire la misura del valore col lavoro, perchè allora l'idea delt' ugua,rlianza umana 1101t aveva ancora acqui– stato la tenacia di 1111 pregiudizio popolare, con ciò non intendeva l'uguaglianza umana nel senso assoluto della parola, come certi borghesi ancora oggigiorno, nelle loro critiche contro il Socialismo, ma soltanto sono l'unico e vero aspetto per cui gli uomini possono essere paragonati fra loro: come lavoratori. L 1 uguaglianza consiste in questo, che gli uomini sono ridotti, me– diante il lavoro, ad una comune misura. « l\la l'uno è fisicamente e intellettualmente supe– « riore ali' altro, e fornisce quindi nello stesso tempo « più lavoro e può lavorare durante un tempo mag– « giore ; e il lavoro, per servire cli misura, deve essere « determinato secondo la durata e l'intensità, diversa– « mente cesserebbe di essere misura. Questo diritto « uguale è un diritto disuguale per lavoro disuguale. « Esso non riconosce distinzioni cliclasse, perchè ognuno « è solo lavoratore come un altro; ma esso riconosce « tacitamente l'ineguale attitudine individuale e perciò « considera come privilegio naturale la capacità di for– « nire lavoro ... gli individui disuguali (e non sarebbero « individui diversi se non fossero disuguali) sono mi• « surabili con eguale misura, in quanto si mettano sotto « un eguale punto cli vista che li abbracci da un lato «determinato: per esempio, in un dato caso, li consi– « cleri solo come lavoratori». 1 Castellano Bormid:1. Luigi Negro. (Co11/i11ua). 1 Per In c,,ilien del j,rt1,rram111a dellR dem«rn::in st1eialisla, di Marx, fascicolo 18J.46dell'edizione .\longini, p:ig. 10. Quei nostri abbonati cui-l'abbonamento semestrale sca– deva col fascicolo del IO agosto, e che non hanno ancora provveduto a rinnovarlo sono pregati di mettersi in regola con l'Amministrazione. 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