Il Socialismo - Anno II - n. 16 - 10 ottobre 1903

IL SOCIALISMO 2 45 analisi, l'espressione ideale negli scambi di un fatt~ sociale, la forza produttiva del lavoro umano. Ma non anticipiamo. . .. . Nel. regime capitalista, il valore di ogni merce (ffl) SI esprime con la formula: 111'= e+ v+pt; cioè il valore di ogni merce è uguale al valore del capitale costante ( C) e variabile {V) consumato nell'atto della produzione, più. il plm;valore prodotto dal lavoro non pagato. ( C + V) rappresenta semplicemente il valore del capitale speso nella produzione, ciò che costituisce il prezzo di costo del capitalista, mentre ( C + V+ pi) rappresenta 11 valore della merce, il lavoro impiegato nella sua produzione. Per il capitalista, il plusvalore sembra l'effetto non d~l solo capitale variabile trasformato in forza di lavoro, ma indistintamente di tutte le parti del capitale impe– gnato, e si trasforma, in queste condizioni 1 nel profitto che egli ritira dall'insieme del capitale. La formula A1'= e+ V+pt si trasforma in 1lf= K + P, ossia il valore della merce-= prezzo di costo+ profitto. Il profitto, quindi, non è che un. aspetto capitalista del plusvalore messo in rapporto col capitale comples– sivo impegnato 1 invece di esserlo unicamente con la parte variabile. In queste condizioni, se la merce realizza nel pro– cesso di circolazione il suo valore (K + pi) il profitto coincide col plusvalore i il tasso del plusvalore si tras– forma1 pel capitalista, nel tasso del profitto, •poichè il profitto P 1 invece di mettersi in rapporto col capitale variabile, viene posto in rapporto con l'intero capitale impegnato nella produzione. Però, questo avviene soltanto agli inizi della pro– duzione borghese, quando i mezzi di produzione sono difficilmente trasferibili da una sfera produttiva all'altra, e che i differenti rami della produzione sono separati gli uni dagli altri come paesi stranieri o comunità so– ciali. Ciò che si può applicare alle società basate sulla schia– vitù, sul servaggio e ai mestieri organizzati in corpora– zione, nei limiti di un certo sviluppo della produzione borghese. Senonchè, a misura che si sviluppa la produzione capitalista, il capitale stimolato dalla concorrenza e dal pungolo di un guadagno più pingue, non solo deter– mina un solo saggio di profitto in una sfera produttiva - ciò che fa ancora coincidere il valore normale di mercato col valore delle merci secondo il lavoro - ma abbandona i rami di produzione, ove il tasso del profitto è basso, per lanciarsi in quelli in cui esso è più elevato. Infatti, la proporzione tra il capitale co– stante ed il capitale variabile impegnato, in media 1 in ogni sfera produttiva dif(erisce grandemente, talchè al– i' inizio della economia borghese si hanno dei tassi di profitto diversissimi. Ossia, nel!~ diverse sfere produt– tive, si hanno dei capitali di composizione organica differente, di modo che il plusvalore creato dal capitale variabile non è proporzionale all'intiero capitale impe– gnato. li saggio del profitto, quando il profitto coin– cida col plusvalore, non può quindi essere che diffe– rentissimo nelle diverse intraprese. Ora la migrazione incessante elci capitali da un ramo all'altro della pro– duzione ha per effetto di uguagliare i profitti medi nelle differenti intraprese e di trasformare i valori in prezzi Q costi di produzione. Questa uguaglianza si realizza tanto più facilmente in un paese quanto più il capitalismo vi si è sviluppato e che l'organismo eco– nomico si è meglio adattato al modo capitalista di produzione. Più questo si sviluppa, più complesse di– vengono le sue condizioni di esistenza, e pili compie- tamente esso sottomette alle sue leggi e alla sua maniera d'essere gli organi tutti della società. J « 11 costo di produzione, contenente il profitto « medio, diviene quindi la condizione cieli' offerta e « quindi della riproduzione. Si comprende ora perchè « gli economisti che non ammettono che il valore delle << merci è ?eter~1inato dal lavoro eh' esse contengono, « non cessmo d1 segnalare che i costi cl i produzione << sono i centri attorno ai quali gravitano i prezzi del « mercato. Essi possono permetterselo perchè il costo « di produzione è già una forma più astratta e, a prima « vista, incomprensibile del valore; valore che cono– « scono sotto l'aspetto ch'esso riveste nella concorrenza « e nella coscienza del capitalista volgare ». 2 Il famoso enigma del profitto medio, o del saggio medio del profitto, è finalmente risolto, e per la prima volta, dal Marx. Nella realtà del mondo capitalista, le merci prodotte capitalisticamente non si vendono al loro valore, ed i profitti delle differenti sfere produttive si trasformano sott~ l'azione della concorrenza dei capitali, in profitt~ ~1ed.10. Il costo di produzione differisce quindi quan– tltat1vamente dal valore di una merce, poichè, a seconda della composizione organica del capitale impegnato nella produzione 1 il costo di produzione è maggiore o minore del suo valore. Eccone la dimostrazione nella seguente tabella: , i i~ r: ~ ~ VALORE ~ .:1 PRRZZO DI VRSO!Ti\ ;31 CAPIT,\LI delle merci Ji delle merci J ~ ;~ o costo di produzione ,,.~ I aoc+2oi 2, 5oc+2or,+2opl= 9◄ 17,22°/( ed••+• Il 7oc+3oi 3◄ 51c+3or,+3opl=1u 81 nO/( 51c+3ov+nPl=103- 8 lii 6oc+4ot 4151c+4or,+4opl=I31 19122°/( 51c+4ov+22Pl=113-•8 IV 8sc+1si 154oc+1sr,+1sfl= 71 55 220 /( 4oc+1sv+22/l= 77 7 V 9sc+ si s 1oc+ sv+ sPl= 21 1512°/( 1oc+ 5r,+22Pl= 37+17 Le differenze in pili ed in meno tr:i valori e costi di produiione si eli– dono reciprocamente, essendo le quantità negative (8 + 18 = 16) equivalenti alle qua11ti1à positive (2 + 7 + 17 = 26), poichè la somma dei costi dì pro– duzione di tutte le merci uguaglia. la somma dei loro va.lori. ln conseguenza, le merci prodotte da capitali di composizione superiore (ossia dove il capitale costante è preponderante) hanno un prezzo o costo di produ– zione più. elevato del loro valore; mentre le merci prodotte mediante capitali di com'posizione inferiore (dove il capitale costante rappresenta una frazione mi– nore dell' intiero capitale impegnato) si vendono al ?isotto del loro valore. Solo accidentalmente, e malgrado 1 capitali cerchino di approssimarvisi sotto il pungolo della concorrenza, H valore e il costo di produzione si confondono per le merci prodotte da capita\j aventi una composizione media. 3 1 Capitai, !Il, pag. 209. ~ Capitai, llI, pajt'. 2J2. 3 • Per i capitali di composizione media o vicini alla media, il costo di • produzione è uguale (assolutamente o quasi) al valore, e il prohtto al • plusvalore. • Sotto la pressione della concorrent"a, tutti i capitali tendono a prendere • la composiiio11e medi3. e siccome questa è uguale o quasi a quella del • capita.le sociale medio, tutti i capitali, qualunque sia il plmwa.lore ch'cssi • fanno produrre, tendono a realiu::ire nel prc:uo delle merci che producono, • non questo plusvalore, ma il profitto medio, cioè il costo di produzione •· Capitai, lii, pag. 183. • È chiaro che l'eguaglianu dei tass1 del prohtto nelle industrie di • composizione differente deve spingere costantemente queste industrie ad • avvicinarsi ~Ila composizione media, essendo questa ultimn uguale o ap• • prossimativamcntc uguale alla media sociale, Questi ra1ni industriali, più • o meno vicini gli uni agli ::iltri, tendono a confondersi a.Ila loro volta, • avvicinamdosi di pili alla composizione media ideale, ch'essi non ralil:gÌun- • gono mai in realtà cd :utomo alla quale oscillano •· Capitai, III, pa– gine J81-183,

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