Il Socialismo - Anno II - n. 4 - 10 aprile 1903

50 IL SOCIALISMO possibilità e i lavoratori, che son gente ragionevole, l'avrebbero accettato, come formalmente dichiara– rono. Ma il contegno degl'industriali tipografi di Roma era invece evidentemente inspirato al concetto, sorto in loro al primo presentarsi di uno sciopero d'at– tacco, di profittarne per fiaccare la Federazione del Libro. Come poi, negli ultimi giorni (applicando la tattica di quel Figari che in Liguria adoperò gli operai scioperanti per farsi diminuire la ricchezza mobile dal Governo) tentarono di ottenere dal Go– verno miglioramenti nei loro capitolati d'appalto, sotto la minaccia sopravvenuta dello sciopero generale. Ora, questo contegno degl' industriali - a cui troppo tardi il Governo cercò di opporsi intimando loro, per atto d' usciere, la consegna a termine dei lavori assunti - non può essere abbastanza qua– lificato. Per quanto anche dagli scioperi e dalle loro trattative sia inseparabile l'elemento psicologico del modo di trattare e del puntiglio, tuttavia non e' è per il rifiuto, ostinato, urtante, selvaggio di qual– siasi arbitrato da parte c!egl'industriali, nessuna cir– costanza attenuante. Fallite le nostre ed altrui reiterate trattative di un arbitrato - che almeno salvasse negli operai la dignità di uomini, che gl' industriali volevano fiaccata insieme alla loro organizzazione economica - è venuto su, per accensione psicologica, lo sciopero generale. Anch' esso, sul piano sdrucciolevole ed in salita di uno sciopero d' attacco e non di difesa, non poteva avere probabilità di vittoria. Perchè lo sciopero generale: o si prepara di lunga mano (coi fondi di resistenza e sopra/111/to colla quasi universale solidarietà) ed allora io non escludo, come altri fanno, eh' esso possa essere strumento formidabile anche di lotta economica. Ma se scoppia improvviso o quasi, per incendio psico– logico, come a Roma, allora lo sciopero generale non si comprende che come arma di lotta politica, come quello, pure disgraziato, di questi giorni in Olanda, contro la legge reazionaria sugli scioperi e la militarizzazione. Ma per una questione esclusivamente economica fra duemila operai tipografi e una ventina d' indu– striali, in una cim\ di 500 mila abitami come Roma, lo sciopero generale rivoltò, un'altra volta, la pub– blica opinione contro i lavoratori, pur non facendo acquistare simpatie agli industriali, ai quali nessuno può togliere la responsabilità principale nel deter– minarsi, per la loro cocciutaggine, dello sciopero generale. E poi, la « settimana santa » che rappresenta il massimo dei guadagni per una citt!t non industriale come Roma, che, circondata dal deserto, vive so– prattutto dell' « industria dei forestieri », era proprio fra le 52 settimane dell'anno la meno indicata per sostenere l' incubo di uno sciopero generale. Onde, questo nacque e si svolse in un'atmosfera coibente di antipatie, di apprensioni, di danni economici, che ne diminuiva ancora più le gi:I troppo scarse pro– babilità di vittoria, E fu per questo, che dopo due giorni di scio– pero generale (pacifico e ordinato da parte degli operai, con un contegno abbastanza corretto delle pub– bliche autorità nella parte visibile, ma con piè, di 700 arresti, fatti alla chetichella!) nella riunione di giovedì sera (9 aprile) lo stesso Parpagnoli, presidente della Fe– derazione romana del libro, e i membri della Commis– sione esecutiva della Camera del Lavoro e i presenti uomini politici d' Estrema Sinistra delibernrono una– nimi di indir.: per l'indomani mattina la cessazione dello sciopero g.:nerale, che avrebbe p.otuto durare ancora, prima di toccare il punto critico della sca– rica nervosa, inevitabile finale di ogni movimento dovuto più ali' incendio psicologico che alla deli– berata e preparata organizzazione. È stato dunque, per Roma, e per l'Italia, come una meteora rapidissima, questo sciopero generale. E la stampa reazionaria si è affrettata a dire che esso non lasciava alcun frutto, che non fosse quello dei danni materiali e morali anche per la classe lavoratrice. Malgrado il mio giudizio ora ripetuto sullo scio– pero tipografico e sullo sciopero generale, io non sono però di questo avviso, che vedo ribadito anche da qualche socialista. Per me, lo sciopero generale, scoppiato per in– cendio psicologico fra i lavoratori di Roma, ha avuto innegabilmente questi due vantaggi : 1°, che esso ha dato, ancora una volta, l' imma· gine plastica e materiale dell.i paralisi sociale che s1 determina colla sospensione dei lavori quotidiani. E questa lezione froebeliana vale pièt di cento volumi teorici, per dimostrare anche ai buoni borghesi che il lavoro è la sorgente di ogni ricchezza e di ogni vita sociale ; 2°, che in un ambiente proletario così debol– mente organizzato come quello di Romà, lo spirito di solidarietà si è tuttavia affermato con tale slancio ed energia, che, se pure risente della impulsività propria alle prime fasi di sviluppo della coscienza proletaria, è stato però una ginnastica fortificante ed un' .:sperienza piena di ammaestramenti. Certo, quando una battaglia è ingaggiata in con– dizioni fondamentalmente sfavorevoli, la vittoria non viene che in casi rarissimi e quasi miracolosi. Ma anche nella sconfitta lo spirito de' combattenti si dimostra, si addestra e si prepara per l'avvenire, imparando a proprie spese, come dice il proverbio. Certo, anche, giudicando ora, a cose finite o quasi, è pur facile seguire la stampa reazionaria nell'accanimento ingeneroso· comro i capi dello sci~ pero e specialmente contro Giuseppe Parpagnoli. Non noi ci uniremo a questo facile ed ingiusto senno di poi. Quale che sia il nostro giudizio sulla

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