Il Socialismo - Anno II - n. 4 - 10 aprile 1903

ANNO II. ROMA, IO APRILE I 903 N. 4· IL SOCIALISMO ~ Rivistaqaioòicinaleòirettada ENRICO FERRI ~ ATTUALITÀ POLITICA Lo sciopero di Roma Occorre la guida di due proverbi - cl1e sono quasi sempre la sapienza popolare distillata dai secoli - per non giudicare malamente lo sciopero dei tipo– grafi, che dura dal 28 febbraio e lo sciopero gene– rale che vi si è aggiunto nei giorni 8 e 9 aprile. E i proverbi dicono che « del senno del poi son piene le fosse >> - soggiungendo che « gli uomini im- parano a loro spese ». Veramente, per lo sciopero dei tipografi, nessuno di noi ha mai taciuto che esso era nato in condi– zioni di ditlì.:ile vitalità e di scarse probabilit:1 di vittoria. Oramai la statistica e la sociologia degli scioperi hanno stabilita questa verità sperimentale: che sono assai più facili e facilmente vittoriosi gli scioperidi difesa che non gli scioperidi attacco. Quando i ca– pitalisti o proprietari prendono essi l'iniziativa di al– lungare l'orario, o diminuire il salario, o aggravare comunque le condizioni del contratto di lavoro, è assai piì.1 facile ai lavoratori, anche non organizzati, stringersi in un fascio, e colla resistenza conservare le proprie posizioni di fronte all'attacco avversario. Ma quando i lavoratori prendono essi l' iniziativa di chiedere ·un aumento di salario o una diminu– zione di orario, le probabilità di vittoria sono po– chissime, e dipendono quasi sempre e soltanto dalla eccezionalità di un momento economico, in cui i capitalisti o proprietari siano coll'acqua alla gola e debbano in un termine perentorio far compiere un determinato lavoro. Fuori di questi casi eccezionalissi– mi, i capitalisti non hanno che da stringersi in un fa– scio di resistenza passiva e la vittoria per loro è sicura. Questo, io credo, non hanno ponderato i tipo– grafi di Roma, quando, all'improvviso - almeno di fronte all'opinione pubblica - hanno proposto agli industriali le 8 ore di lavoro e qualche altra condi– zione, specie per il lavoro a cottimo. E l'atmosfera della pubblica opinione e uno dei coefficienti psicologici più decisivi sull'andamento e sull'esito di uno sciopero. Ora per i tipografi,giudicandoall'ingrosso- come non può fare altrimenti se non è illuminata pcima - la pubblica opinione ha subito pensato che essi sono, in Italia fra i lavoratori meglio retribuiti e non ha· quindi avuto da .principio alcuna simpatia per uno sciopero deciso cosi all'improvviso, dopu un termine brevissimo accordato agli industriali, per rispondere alle richieste degli operai. E questi commisero l'er– tore iniziale di non far sapere, prima, alla gente, che, oltre i compositori, relativamente ben pagati, ci sono per tre quarti, o quattro quinci, degli operai e ope– raie del libro (legatori, stampatori, ecc.) che hanno retribuzione meschina e insufficiente. E non fecero neppur notare che a Roma per tre, quattro mesi dell'anno, la più gran parte dei tipografi non lavora, per la sospensione della vita parlamentare e per il rallentamento di quella burocratica. Onde i discreti salari anche dei compositori si abbassano terribil– mente colla media annuale de' 150-160 giorni (com– prese le feste) di disoccupazione forzata. Ad un certo punto dello sciopero, i tipografi si ri– volsero a Bissolati e a me, perchè mettessimo l'opera nostra in loro sostegno. E noi, non tacendo ad essi le osservazioni che ho fatte or ora, proponemmo subito un arbitrato, interessando il Governo percbè ne parlasse agli industriali tipografi, che a Roma sono per la massima parte assuntori di lavori gover– nativi. Ma gl'industriali rifiutarono qualsiasi forma di ar– bitrato. E fu questa la sola grande fortuna per gli operai in isciopero, che, se non poteva ca1nbiare la natura economica del loro sciopero di attacco, ni: quindi le probabilità di vittoria, volgeva però in loro favore la pubblica opinione, creando quell'ambiente morale simpatico che prima era loro mancato. E gli industriali non potevano essere nè più feu– dali, nè più ciuchi di quel che furono! Perchè, cosi facendo (e rifiutandosi perfino di ricevere e leggere una lettera portata ad un loro rappresentante da una Commissione di operai) misero in luce tutto l'ata– vismo autocratico di uno spirito anti-civile e in arre– trato di un secolo di fronte ai loro colleghi di altre parti d'Italia. Se fosse vero che le condizioni dell'industria tipo– grafica non permettono alcuna concessione di mi– glioramento ai lavoratori (ed e questo il solito ritor– nello di proprietari e capitalisti tardigradi, che io sento ripetere dal processo di Venezia cont(0 i con– tadini mantovani, in poi), perchè non accettarel'ar– bitrato? Gli arbitri avrebbero constatato quella im-

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