Il Socialismo - Anno II - n. 3 - 25 marzo 1903

IL SOCIALISMO 39 catore sarebbe il Lavoratore, ossia gli obblighi giuridici nascenti dalla convenzione cadrebbero non piit in linea di diritto normale, sull'imprenditore, ma sul lavoratore stesso. E questo è un assurdo che se non fu nelle in– tenzioni del legislatore, gli prepara però il terreno alla giustificazione di parecchie disposizioni ingiuste, che verremo via via indicando. Il I. La sfera della "legge sui contratti cli produzione.,, Se i due progetti, sopra delineati, hanno le speci– fiche differenze fatte palesi dalla stessa natura econo– mica dei contratti cui si riferiscono, essi però non mancano di un'intima attinenza organica. Cocco-Ortu e Baccelli infatti dichiarano che hanno inteso coordi– nare i due progetti, i quali, attraverso la varietà del– l'ambiente industriale ed agricolo, operano con gli stessi intenti e per gli stessi motivi. In fondo tutti e due i disegni di legge compJessivamente costituiscono la serie di norme generali attraverso cui si debbono svolgere le convenzioni economiche più importanti tra i produttori sociali e tra i rappresentanti dei varii agenti produttivi. Abbiamo già detto che questo complesso di rapporti costituisce il campo naturale dell' economia sociale. Onde occorre nella discussione generale di questi proM getti bene precisare l'opera del legislatore. Essa ngn può, senza tradire i progressi scientifici degli odierni studi i economici 1 invertire il principio della libertà con– trattuale .in quanto sia la manifestazione delle forze che agiscono a determinare lo spontaneo giuoco delle leggi del ·mercato, dei prezzi, dél reddito. Essa deve sol– tanto - riconosciuto il corso naturale delle conven– zioni - assoggettarle a quelle garanzie giuridiche che ne assicurino l'adempimento, allontanino i casi di dolo, e tendano ad escludere le manifestazioni del mono– polio. Di fronte ad una legislazione che intenda di rego– lamentare le norme astratte delle convenzioni, le varie scuole economiche sono fra loro divise, Il liberismo ad oltranza non può non insorgere contro ogni ingerenza - sotto qualsiasi forma - che lo Stato tenda a dispiegare sui rapporti economici. Essi non hanno bisogno di discipline. Disciplinarli significa impedire la libertà economica che sola concede il mas– simo effetto utile per la Società. La scuola liberistica temperata si preoccupa di ar– restare l'azione legislativa a quel punto in cui essa investe la libertà d'iniziativa. Le varie scuole religiose sociali non possono che salutare con gioia un intervento legislativo diretto ad infrenare la .libertà economica, unica causa mali tanti ... La scuola storica e riformatrice, poichè fa assegna– mento sulla podestà delle norme giuridiche, è essa appunto che si rende banditrice di tali riforme sociali, aggiogando a sè le preoccupazioni dei politici e dei governanti. Quale la posizione del Socialismo democratico di fronte ad una legislazione sui contratti economici nella produzione agraria ed industriale? Figlio dell'esperienza dei suoi tempi, e quasi anima pertanto delle cose, esso ha di mira che sia lasciato libero il passo al monta.re del proletariato e sia aperto il varco ai miglioramenti della vita economica. Piglia perciò dalle leggi il bene che arrecano, lot– tando contro il male che cagionano. Unico interesse suo di partito è di respingere ogni legge che diminuisca l'esercizio della lotta di classe proletaria. Non v'è sotto tal rapporto nessuna legge sociale fu– cinata dallo Stato che non nasconda il pro_posito di di– minuire le forze operanti delle lotte proletarie. E al lume di questo critero non ci sarà difficile di scovrire tutte le insidie legislative che sono nascoste nei due progetti qui assunti in esame. La libertà contrattuale anche per il Socialismo è il presupposto necessario di quel movimento economico che prepara il terreno a quella società in cui la libertà non sarà più discorde con Jleguaglianza. Con Marx, esso è convinto che nello evolversi stesso della società mo– derna sono i germi della costituzione socialistica. Esso perciò deve opporsi a tutti i conati che intendono ad escludere le forze competitrici nelle convenzioni con– trattuali economiche. Onde, là dove si troverà mani– festa questa tendenza, nella regolazione legislativa dei contratti agrari e di lavoro, ivi il Socialismo deve in– sorgere a difesa del suo stesso interesse storico. Sicchè il contratto di lavoro e il contratto agrario, guardati al lume della critica socialista, debbono ub– bidire alla comune tendenza di assicurata libertà di contrattazione, nella sua intima manifestazione econo– mica. Ma il contratto agrario da questo punto di vista 1 contenendo un elemento monopolistico - quello della rendita terriera - dovrebbe essere redatto con intenzioni più larghe di quelle parziali e prudenti, (per usare la parola dei proponenti) con cui fu redatto. Esso richie– derebbe per il monopolio assenteittico della terra un trat– tamento assai più rigoroso di quello che non faccia.il ti– mido progetto ministeriale. Ma tale dis·corso molto ci al– lontanerebbe dal significato e daJla critica diretta degli attuali progetti. E noi, per fare opera utile, dobbiamo considerarli coSì come sono redatti, pure nelle loro ri– strette e limitate vedute. Ci basti dunque fin qui di avere stabilito il carat– tere differenziale tra i due contratti. li contratto di la– voro è compra•vendita. Il contratto agrario è locazione. Ma cadendo entrambi su tutte le materie convenzionali degli odierni contratti economici - in quanto hanno at– tinenza alla produziane della ricchezza - essi non pos– sono discostarsi dagl' insegnamenti che promanano dalla scienza economica, per restringersi nelle formulette em– piriche e nelle ricette alla Dulcamara. E con questi saldi criteri sarà agevole fare una critica diritta e sicura dei dettagli legislativi dei due disegni, che tante spe– ranze esagerate hanno destato, e tante delusioni co– vano nel seno. Enrico Leone. (Continua). Illavoro delle donne edei fanciulli, elamortalità (Nota polemica) Nel n. 0 XXII del Socialismo (pag. 359) là dott. Gina Lom– broso ha pubblicato un:l l:l.belfo. indicante le relazioni fra po· polazione, ricchezza, emigrazione, numero degli operai maschi e femmine, adulti e fanciulli, mortalità e natalità in 42 delle pro-, \·incie italiane. La stalistica è intcress:mtissim!l.,m!l. mi paiono ine– satte le conseguenze, che ne tr."te l'autrice. Arriv!l alla conclusione, che • contrariamente alle fosche previsioni ed asserzioni in propo– sito sui danni del lavoio in genere, e di quello delle donne e dei bambini in ispecie, queste cifre ci dicono che i paesi in cui si b.vora di pii'.inon sono affo.lto quelli in cui si muore di più. ,, ì\li pare questo un errore. È innegabile che le condizioni climatiche e specialmente eco– nomiche sono di una t!lle forza, che frequentemente oscura.no le influenze dello sfruttamento delle donne e dei bambini. Le cifre ne fanno una splendida prova. Perciò bisogna fare la compamzione fra delle provincie, di cui il clima, e sopr::i.ttuttola ricchezza, non siano troppo differenti. Un confronto come lo fa l'autrice, fra pro– vincie settentrionali e meridionali, ugu !l.li in rispetto alla popola• zione, ma essenzialmente di!Terenti in rispetto a tutte le condizioni

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