Il Socialismo - Anno I - n. 7 - 25 maggio 1902

Rb IL SOCIALISMO 105 E questo confusionismo popolarista non pot'eva fi– nire a Milano in modo diverso da quello in cui era finito a Cremona, dove, assai prima del voto del Con– gresso nazionale per l'autonomia della tattica si era avuto il famoso caso di Cremona, cioè un'alleanza con quel partito democratico, che pure è uno dei migliori in 1talia ... ciò che 'non ha impedito la soluzione finale della separazione recisa fra socialisti e democratici; e così il popolarismo è finito a Novarn, a Mantova, a Fi– renze, ad Alessandria e via via, giacchè « le cose con– tro lor leggi di natura, nè vi si adagiano nè durano. » . . . Ora - se questa è la nostra linea di condotta, - cioè non unilaterale nè nell'eccesso dell'intransigenza negativa, nè nell'eccesso del riformismo ministeriale, ma sempre dritta nell'applicazione del metodo rivolu- . zionario, - può, chi non vede chiaro· e lontano, dire che, per esempio, « ogni mio atto risulta. contraddit– torio con qualcuna delle mie premesse fondamentali»; ma, così dicendo, azzarda una affermazione miope e sbagliata. Certo anch'io, in questo o quel singolo atto politico, posso sbagliarmi - e se c'è uno che abbia poco il senso della infallibilità son io quello; - ma quello che io sostengo è che, cosi in Italia come al– trove, per il Partito socialista non c'è altra linea di con– dotta da tenere che quella del metodo rivoluzionario. Non isolarsi dal mondo, nella ruminazione di invo– lucri verbali, cui non risponda il palpito della vita presente - ma non fondersi neppure nella miscela dei partiti borghesi sedicenti liberali, facendosi caudatari del \1/aldeck-Rousseau in Francia o di Giolitti-Za:nardelli in Italia, che tutt'al più possono compiere l'opera ne– gativa (eppure utile) dì consolidamento delle pubbliche libertà, ma non possono avere la fiducia del Partito socialista. 1 E soprattutto tenere viva sempre, nel proletariato, la coscienza del fine uilimo da raggiungere, o come strumento di propaganda e di risveglio fra le plebi an– cora incoscienti, o come strumento cli disciplinata ed energica organizzazione fra i lavoratori già coscienti. Perchè - a tener conto pure delle esigenze pratiche del presente - bisogna persuadersi che la classe domi– •nante e per essa i Governi non cedono che alla paura. Si può esprime.re la cosa in termini meno franchi, ma la cosa è questa. Guardate questo Ministero. In esso, un solo uomo c'è che abbia veramente una qualche modernità di azione politica: Giolitti. Solido piemontese, ingegno quasi burocratico, senza slanci idealisti, ma mente lucida e positiva, egli ha imparato dall'esperienza del '94 e del '98 che il movimento ascen– sionale del proletariato non si può comprimere nè re– primere; si può tutt'al più inalveare, fra le dighe delle · leggi esistenti, che non sono nè troppo larghe nè troppo blande, dal Codice penale di Zanardelli alla Legge di pubblica s1:cure::za di Crispi. Quest'idea gli è entrata nel cervello ed egli'- an– tisocialista accanito e nel quale non c'è c\unque da avere alcuna fiducia politica - non la lascia più, con una tenacia e una lucidezza di pensiero, che fanno di lui il meno miope fra tutti gli uomini politici « costituzio– nali» del Parlamento, e il sostegno più chiaroveggente di tutta la baracca monarchica. E Giolitti - malgrado le sopraffazioni locali e spo– radiche di questo o di quel prefetto, di questa o quella I E tutta la differe11zafra noi che siamo per il " caso per caso» e i riformisti ministeriali, sta appunto in ciò, che questi pratic:ino, se non dicono, hl costante fiducia nel Ministero ..., c sempre per quelfo.ossessione cronica di un ritorno della reazione, che è diventata un vero incubo per parecchi amici nostri, com'è un vo ]g3.re spe• diente per altri non socialisti ma sostenitori, del governo. n camorra municipale - ha realmente - in specie dove lo spirito rivoluzionario del proletariato è più forte - praticato questo programma di relativa libertà, attiran– dosi le ire impotenti di tutte le rane forcaiole.. for– tunatamente senza denti, dentro e fuori l'augusto Se– nato. E noi saremmo stolidi se, ai nostri compagni - ministeriali ad ogni costo - volessimo dire che di questo regime di relativa libertà e di relativa tranquillità politica il prolètariato italiano non siasi avvantaggiato e non si avvantaggi per rassodare la sua organizzazione econo– mica e politica. Ma al di là di Giolitti e della sua opera, puramente negativa, che o chi rimane in questo Ministero? Zanardelli, liberale dottrinario, che ha sulla coscienza qualche oblio politico in fatto cli libertà {art. 247 del Cod. pen. - legge sul giuramento - firma degli stati d'assedio nel '98 - lodo pilatesco per lo sciopero di Genova) ma che, insomma è una figura di vecchio bor– ghese liberale e massone, come ce n'era nel 1830 in Francia. Ma che cosa può egli cOncludere cli attivo e di efficace? Sarebbe chiedere l'imposs,bile, quando da lui si pretendesse più che qualche magnifico squarcio oratorio sulla periculosa libertasl Degli altri Ministri è inutile dire: meno il Kasi e il Galimberti, che almeno hanno modernità di idee, gli altri sono ombre vane, fuor che nell'aspetto. E allora come spingere questo .Ministero e - se esso è condannato all'.inerzia - come spingere il resto della baracca a qualche azione positiva per quelle riforme economiche, che, come la riduzione delle spese ùnpro~ duttive (interessi del debito pubblico, lista civile, spese militari) e la trasformazione tributaria a sollievo dei meno abbienti, sono le sole che possano dar fiato a1 paese e alla classe lavoratrice? Non c 1 è che una forza sola capace di questa pro– pulsione politica: ed è il proletariato, non paralizzato dall'ossessione di un ritorno della reazione nè affogato nella sola preoccupazione miope ed egoistica dei parziali miglioramenti, ma ravvivato e disciplinato soprattutto dalla ·visione attiva, dalla fede operosa dell'ideale rivo– luzionario, che è l'anima senza di cui il Partito socialista invece di muovere, gigante giovane, alla conquista del– l'avvenire, si accascia flaccido e sfibrato, come l' im– mane corpo di uno sventrato iguanodonte. . . . E allora, ancora e sempre, la nostra conclusione ostinata: nel Partito socialista c'è posto per tutti, qua– lunque sia la loro linea di condotta. Dagli intransi– genti monosillabici ai riformisti addomesticati, ognuno compie una funzione che non è tutta in perdita. Sol– tanto, noi crediamo che essi impieghino male le loro energie; consumano 100 di forza, per ottenere I cli risultato. Ma l'esempio dell'Inghilterra, della Germania, del Belgio, dove per mezzo secolo si ~ono avute quelle. famose leggi sociali - per le quali noi adesso ci an– diamo sdilinquendo - non deve proprio insegnarci niente? O non vediamo che in quei paesi il virus della miseria e dello sfruttamento non si è per nulla affievolito, maJgrado mezzo secolo di riforme sociali, che parvero talvolta colossali? Quale prova più eloquente di questa eterna illusione della cura sintomatica 'f Il metodo rivoluzionario non dimei1tica la difesa delle conquiste passate nè la ,-ealìzza::ìone graduale delle rì– formey ma, mirando più alle cause che ai sintomi, in– siste soprattutto nella formazione della coscienza del fine ultùno e definitivo, ed è metodo più complesso e più faticoso, e assai spesso anche monotono, perchè c'im– branca meno tra le mascherine variopinte della bor– ghesia liberale - o democratica o repubblicana - e più ci lascia tra le giacche sdrucite dei lavoratori.

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