Il Socialismo - Anno I - n. 7 - 25 maggio 1902

104 IL SOCIALISMO degli scioperi, che nello spirito riformista dei vantaggi immediati, finiscono per diventare scopo a sè stessi e tendono quindi ad essere troppo frequenti e troppo im– pulsivi, appunto perchè nulla vi è di meno impulsivo e violento dello spirito socialista rivoluzionario. 1 * • * .., Ed io sono rivoluzionario, non per spingere il po– polo italiano alle sommosse - come solo gli ignoranti o avversari di malafede possono supporre - ma per– chè sono convinto che se non si tiene ·vivo e vibrante questo spirito rivoluzionario del fine ultimo - meno remoto di quello che altri creda - tutto degenera, da una parte (fra gli intellettuali e i rappresentanti del Partito) in un radicalismo democratico pieno di buone intenzioni e sterile di risultati - e dall'altra parte (fra i lavoratori manuali) in un rinnovato, ed altrettanto ste– rile corporativismo egoista e miope 2 • Sicchè la vita politica italiana, perdendo questo os– sigenatore e questo propulsore dello spirito rivoluzio– nario nel proletariato, finirebbe nello stesso languore e nello stesso ristagno, che adesso si limita soltanto al Parlamento, in questa ora di ministcrialismo socialista addomesticato; ma che purtroppo si estenderebbe anche al Paese, se i socialisti riformisti non avessero al loro fianco chi continua l'opera con metodo rivoluzionario. Ed ecco perchè sono antiministerialista - per il fondamentale irriducibile antagonismo di interessi e di fini ultimi, fra la borghesia e il proletariato. Questo a1.1tagonismo non esclude transitor;e coincidenze di interessi tra mezza borghesia e proletariato, per es., 1 Potrei dare molle prove di questa afferm:1zione, che ogni so. cialist:t vivente I:\ vit:i del proletariato può del resto ricordare d:11\a sua esperienza, abbondantemente. Mi limito a rilevare che nel grande numero di scioperi agr:1ri verificatisi in questa primavera del 1902 (in p:1rte giustifica.ti , ma in gran parte avventati e mal preparati e perciò destinati :\ sicum sconfina, che ll1tt:1vi:1 sempre giova :111:i. ginu:istic:1 dell:1solid:1rietà di classe come le cadute del bambino gli g-iovanoper imparare :1 camminare) mi limito a rilevare gli scioperi :1grari del Mantov:1no, nell'aprile 1902. I giorn:1li hanno d:1to notizie di questi scioperi e della loro mal riuscita, nel!:\ maggior parte dei casi: ma dimenticavano di rilev:1re il fatto eloquente, che quegli scioperi si sono verific:i.ti in qut'lla parte del ilfa11tova110dove il partilo socialista è mmo sviluppato e quasi 11011 uisle e dove serpcggi:i. invece uno spirito di riformismo popolarista e confusionista, contrO cui ha reagiti) il Congresso prO• ,•inciale mantovano del 27 :1prile 1902 1 appr0vando 1 con 46 voti contro 9, un ordine del giorno Calli in pieno :1ccordo col metodo rivoluzionario. Ebbene: nel i\lanto, 1 :1no quest'anno non si sono avuti scioperi in quelle plaghe dove pili è sviluppato 11 Partito 3ocialist:1e lo spi• rito rivoluzionario del proletariato (nei collegi di Gonz:i.g:i e Osti• glia), pure essendosi avute coli non poChc e faticose tratt:uive delle Leghe coi proprietari. Non si potrebbe avere pil1 eloquente pr0va dell:1 disciplin:1 ri• flessiv:i.portata dal metodo rivoluzionario nell,e coscienze dei lavo• ratori i-ocialisti. :t E che in taluni riformisti questa evoluzione <l:11 loro rivolu. zionarismo di qu:i.lche anno fa, sia il contmccolpo di un indirizzo unilatemle, impressionista, mi const:i.,per es., dalla dichiarazione che uno di essi, mi face, 1 a all:1 sua uscita dal carcere, dopo I'uhim:i. amnistia nel 1899: • Caro Ferri, l'Italia è un paese troppo !'lrretmto: c1· ora in– nanzi bisogna accontentarsi di fare della. democrazia e lasciare da parte il socialismo t » • Ed io risposi: • Convengo che l' hali::i. sia in :1rrclrato; ma l'esperienza mi dice che il miglior modo di realizzare la demo– crazia è -quello, invece, di f:1resempre ... dcll:t propag:rnd:1 sociali– sta.. » Per quarant'anni infatti la democrazi::i.italiana ha. fatto dell:1 ... democrazia e m:i.lgr:1do il valore altissimo di molti suoi uomini, da Ca– v:1llotti :1 lmbri:1ni, non ha C:l\':1toun ragno dal buco. In pochi :rnni, col metodo rivoluzion:1rio, il Partito socialista ha realizzato tant:1 democrazia (dentro il P:ul:1mento con l'iniziativa ostruzio– nista e fuori il Parbmento col risveglio e l'org:mizzazione dèl pro• lctariato) quanta non si cm mai vista prima. flO an contro le spese militari o contro l'oppressione fiscale: e così pure, quando l'esigenza della difesa. delle conquiste passate e della salvezza delle condizioni elementari del vivere civile (riunione, associazione, stampa, voto, scio– pero) sia veramente urgente e positiva. Ma da questo « caso per caso» al ministerialismo politicamente ortodosso dell'Avanti! e della Critica so– ciale, ci corre. Come non vedere, come non sentire che quei due organi, altra volta così vividi, del nostro partito - oltre all'avere ormai quasi dimenticato di parlare del programma massimo socialista - si sono poi recisi perfino i nervi di ogni energia e combattività anche solamente politica? Essi rappresentano I' esagera– zione unilaterale della preoccupazione cli qualche vantag– gio presente, col sacrificio dell'avvenire più o meno lon– tano; rappresentano l'ossessione cronica d'un ritorno della reazione, elle 1lOll 'l.'&1'ràdopo Zanardelli, come non venne dopo Saracco - sol perchè fuori nel paese, c'è chi continua (e potrei nominare centinaia dei no– stri compagni) l'opera di propaganda e di organizza– zione rivoluzionaria, non copernicana, ma socialista. Ed ecco perchè e come io sono intransigente, cioè non nel senso negativo e monosillabico, che ho com~ battuto sempre, fino nei Congressi nazionale di Roma e internazionale di Parigi, nel 1900, ed anche in un articolo del 2 febbraio 1899, pubblicato nell'Avanti!, nel quale sostenni che non dovevamo andare nè a destra 111: a sinistra ma sempre dritto. E tuttavia - come dice Cassala - « non disprezzo le alleanze »; non quando si tratta di farmi eleggere o rieleggere deputato (e lo dicano i co1l1pagni di Ravenna e i compagni ;del Man– tovano) ma bensì quando si tratta della funzione natu– rale, e la sola efficace, delle alleanze popolari: l'opera negativa, cioè, ma utile, quando è il suo momento, di di-. fesa delle libertà pubbliche, o di protesta, per es., contrc la spedizione di Tripoli. Ritengo invece e lo vado dicendo, in ogni angolo cl' Italia, che sia esiziale l'unione dei partiti popolari quando pretenda di essere strumento per rea– lizzare un programma positivo di riforme; giacchè al– lora l'antagonismo degli interessi proletari (Partito so– cialista) e degli interessi borghesi (Partito democratico e repubblicano) non può non produrre, malgrado ogm buona volontà, le transazioni e il confusionismo e la paralisi. . • * Vedete Milano, che pareva il centro vitale del So– cialismo italiano! Io previdi da tre o quattro anni - e lo dissi pubblicamente più volte, che Milano socialista avrebbe dato delle dolorc;,se delusioni. Lo scisma nella vecchia Federazione è finito per es– sere stato quello che io lo definii (nell'Avanti! del 22 ago– sto 1901). « un pettegolezzo gigantesco>>, <lacchè si vide che la famosa epurazione degli anarcoidi non si è più fatta (e del resto la Commissione di revisioi1e di 1000 inscritti non ne aveva sospesi che una diecina per ragioni politiche e una ventina per ragioni morali!) e malgrado questa « non epurazione » il Partito socia– lista milanese ha continuato la sua strada. E l'ha con– tinuata male da parte de' suoi dirigenti, non per colpa degli anarcoidi, ma per la paralisi di ogni combattività, dentro e fuori il .Municipio; paralisi determinata dal– l'unione dei Partiti popolari, che è poi finita cosi poco seriamente negli episodi della elezione del V Collegio, dopo la quale si è arrivato a dire, dai riformisti, che ormai « l'anima proletaria » erasi rifugiata fuori della organizzazione socialista nel gran caos del corpo eletto– rale, dandosi così sanzione alla violazione della disci– plina del Partito, in onta alle deliberazioni della Fe– derazione socialista. Spettacolo doloroso, che segnò del resto - non tutto il male vien per nuocere - il prin– cipio della fine del popolan·smo milanese, col successivo episodio della candidatura democratica al IV Collegio, votata anche... dai moderati !

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