La Rivoluzione Liberale - anno IV - n. 1 - 2 gennaio 1924

ULU, IL BARETTI SETTIMANALE EDITORE PIERO GOBETTI TORINO VIA XX SETTEMBRE, 60 NOVITÀ DELLA SETTIMANA SAVERIO MERLINO Quindicinale di letteratura Editore PIERO GOBETTI ABBONAMENTO Per il 1925 L. 20 Semestre L. 10 Estero L. 30 Sostenitore L. 100 Un numero L. 0,50 C. C. POSTALE POLITICA EMff615THnTURA Ab•onan1ento annuo L. 10 Enero L. 15 Un numero L. 0,50 Òhl rloeve un nur"nero di saggio e non Intende abbonerei respingei Il giornale, altrimenti gli oontlnueremo l'Invio e dopo un mese provvederemo alle rlaooeslone mediante tratta 81 apedfsu /rGr;C(, di ,SrJrt() a chi m,a_ndo ur:i91/a di L. 8 o/Yedltore (}r.bfftl ~ T-:>rlno Anno I V - N. 1 - 2 Gennaio 1925 SOMMAR I O: PROMETEO Frr,ODEMO: L.'flntlsloto. - La Vita Meridio11ale: U. CAI<ANO·DONVJTO: li dazio sul g,ono. - C. AvAaNA m GUAl/l'lERJ: Iniziativa ag,o,la. - i,·. N1TTI: Revisione. - SANTI!.'> CARAMET,LA: Bianchi e rossi In' Mongolia. - CRJTONE: Breve sto,la del , Pori ilo L.iberale Italiano ,. L'.ANTIST A TO Inserirsi decisamente nel processo di disfa. cimento dello Stato,io creclo sia còmpito necessario di qu.aJiti, come noi, desiderano un salutare rinnovamento della vita pubblica d 'ltalia, e per esso lavorano. Perchè la crisi che da lunghi anni ci travaglia e c:he sta tocra.udo ora il parossismo, è crisi che in.volge tutte le istituz:ion:i statuali, è anz,i princi palmeute crisi di Stato, manifestantesi nella forma dello Statopartito. Non sarò io marxista, che negherò allo Stato il suo còmpito di tutOl'e e difensol'e degli interessi delle classi dominanti; ma lo Stato fascista si assume anche un altro compito, esso « non solo si difende ma attacca! , . In altre parole, lo Stato fascista non si limita a tutellire l'ordine costituito con un ordinamento giuridico all'uopo adatto, e nell'ambito del quale si.a concesso alle forze contrarie di preparare il tenreno per una nuova forma cli convivenza sociale; esso rappresenta l 'taJ.iverso popolo, esclude che possa esservi Ullr movimento a sè contrario o comunque diverso, e se qualcuno pur timida.mente si mostra, tenta distruggerlo inimediabilmente. Quan.-· dò siam giunti a questo punto, quando tutti gli organi statuali, la Corona, il Parlamento, la Magistratura, che nella teoria tradizionale incarnano i tr'e poteri, e la forza armatai che ne attua le volontà. 1 diventano strumenti di un solo partito che si fa interprete dell'u.na.n.ime volere, del totalitarismo indistinto e come tale escludente ogni ulteriore progresso, noi possiamo ben asserire che la crisi dello Stato ba toccato il suo estremo e ch'essa d'eve risolversi o precipita.re * ** Lo Stato fascista è precisamente lo sbocco d'un lungo processo di decomposizione che ba le sue origini remote forse nell'epoca dei Comuni, magari anche più in su1 ma che certo si riattacca direttamente al Risorgimento e all'unificazione d'Italia. La quale fu conseguita, come ognun sa, non per di retta volontà ed aziou-e del popolo, come augurava Mazzini 1 ma colle arti e colle armi della monarchia piemontese, divenut.a in capo a pochi anui e senza modificazioni sostanziali, il Regno d'Italia. Unità dunque, ma fusione no: gli Italiani costituivano uno Stato solo, ma non ancora un, popolo solo. Il centralismo diventava in tal guisa una necessità per mantenere unite le singole parti, ma noceva al libero svih1pJlò di esse, e sopràtutto a quelle fra esse che si trovavano in condizioni più arretrate. Lu Stato soffocava le libere iniziative e toglieva la possibHità di una seria lotta politica. In queste condizioni la Monarchia e il trasformismo erano davvero i segni della nostra minorità, chè in una situazione simile non potevano certo attecchire le iniziative autonome e le correnti intransigenti. E) naturale quindi che, allorcbè sul cadere del secolo scorso, il movimen.t.o socialista cominciò ad affennarsi, esso apparisse come uni pericolo di gran lunga maggiore di· quel che fosse in realtà, poicbè era la prima fon..a rivoluzionaria che da secoli 1 sia pur timidaµ,ente, si manifestasse in Italia, e poichè negava in pieno quell'ordine sociale stù quale sentiva, più per istinto che per riflessione, di non poter costruire. Ma poicbè questo appunto era il pericolo per la classe dirigente e per lo Stato, esso v:i provvide opportunamente. Il giolittismo fu l'arma migliore che lo Stato monarchico potesse tr0vare per assorbire le nuove forze che sarebbero state altrimenti minacciose. Io non oso dare ancora un giudi,,Jo definitivo sul giolittlSmo: certo pe- ·rò considerarlo come un fascismo iu tono minore mi sembra far violenza alla re:1.ltà. Il giolittismo fu cai'atteri7..7..atodalla mancanza di forze antistatali e capa.ci di impegnare il popolo italiano in un;t seria lotta politica. Facea difetto insomma quella coscienza rivoluzionaria che è necessaria a tener deste le energie di un popolo : tutte le forze1 anche se apparentemente contrastanti, miravano però ad un medesimo fine, sia pu1·e per diverse strade. In altre parole, in luogo dell'intransigenza nell'affermazione di sè stesso e nello sforro della lotta 1 si preferivano l'accomodantismo e il compromesso, questi due fiori squisitamente italici. Ma è certo nondimeno che lo Stato mO'llatchico-giolittiano pagava la complicità del socialismo ufficiale con un paterualismo rifOT1JDisticoche gim1gcva sino al suffragio w1iversale: rifonna questa d1importanz.a capit.ale, se si pensa cbe1 attraendo nell'orbita dell'azione giolittiana m.a.ssc sempre più vaste 1 legava quella a queste sempre più strettamente e contribuiva così potentemente a spingere i1 paese sulla via della 111.onarchiasocialista. E1 ozioso ricercare ora se w1a cosiffatta situazione, in cui gli elementi che avrebbero dovuto esser rivoluzionari appat'ivano invece come i più validi strumenti cli conservazione e con ciò si tarpavan le ali per un vero progresso, è 07Joso 1 dico, ricercare ora se una cosiffatta situazione av.rebbe potuto su.perarsi 1 cioè rovesciarsi, pacificamente, in virtù d'una crescente prosperità economica (della qua.le in pa,rte va dato merito proprio al governo giolittiano), che, permettendo il rafforzamento delle masse, le affrancasse dal peso dell'alleanza e le rendesse capaci d'uno sforzo autonomo, - o se per contro il legame era orma.i divenuto così saldo e la corruzione cosi vasta da. rendere assolutamente necessario un colpo di violenza per precipita-re gli eventi. Sta di fatto che la situl!.zion.e si risolse proprio nel mcxlo che potrebbe appru-i,re il più logico a chi volesse segui.re le vie spesso fallaci del!' astratto ragionamento: divenuto il socialismo partito di conservazione riformistica, le classi possidenti ed agrarie di;ennero a1la lor volta partito di sovversione reazionaria. E cosi sorse nel radioso Maggio rgr5 il fenomeno· fascista come insurrezione della pi.azza, contro il Parlamento uscito dal suffragio universah, da quelle elezioni che i retori del nazionalfascismo' avean così spesso e volentieri battezza,to analfabetiche. TI giolittismo era caratterizzato dalla mancanza di forze antistatali, cioè dall'assorbimento di tutte le forze realmente efficienti nell'ambito dell'azione giolittiana poggiante quindi sul consenso di una Strabocchevole maggioranza .. Il fascismo invece è caratterizzato- dalla soppressione delle forze antistatali. Strappan'do cÒu la violenza il potere al giolittismo, esso spezzava in pari tempo l'alleanza di questo col socialismo, il qua.- le diventava per ciò stesso libero di agire SUJ un terreno proprio. 1v.1.a questo n.'on poteva essere cli iilleanza col nuovo regime, che avrebbe con ciò solo rinnegato le sue origini avviandosi esso pur re verso la deprecata monat'chia socialista, e !I.on poteva essere nemmeno di lotta aperta che avrebbe innanzi tutto richiesto un'educazione politic::a la cui lunga pratica del giolittismo e l1insuflìciente e disegnale sviluppo della nostra economia rendevano incapaci gli Italiani. Escluse queste due v-ie, una. terza dovea pu,r scegliersi, e il fascismo usò l'arma traversa della frode. Tutta la sua azione, anche la distruzione violenta delle organizzazioni che avrebbe potuto apparire brutalmente sincera, è ingann.evole e fraudolenta, perchè tale era ed è l'anima ispcio:atrice del fascismo; l'equivoco della Nazione, nel cui seno debbousi far tacere gli antagonismi e conciliare i contrasti. Questo processo, s'anco non appariscente, era già compiuto nel 1915. Il socialismo interventista 1 cioè nazìonale 1 di Mussolini, il « Popolo d' Italia , autoproclamentesi l'organo dei produttori, cioè di tutti coloro· che contribuiscono col capitale o col lavoro al processo di produzione, costituivano già al101·a il nocciolo del fascism.o. Il quale già allora aveva trovato comodo cli mostrarsi - ma che dico? - era sorto per una sua intima necessità come fen01,11enoapparentemente rivoluziona-rio {non erano proprio i pescicani e i profittatori che strombaz.1.,avano su.i loro organi e facevano strombazzare dai loro lacchè la guerra rivolu.ziouaria?), interpretandb il bisogno delle classi medie che per uscire dal disagio su di esse incombente sentivano il bisogno cli fare la loro ri.voluzione. Queste classi medie erano infatti le naturali alleate del fascismo. Impreparate, incompetenti. 1 retoriche, es!--<:avcYano tutto da perdere da una. seria e cosciente lotta di classe, di cui esse pure in Italia erano per mille ragioni incapaci, e che pertanto non poteva che rivolgersi a loro danno, avvantagg~udo il proletariato. E queste classi che, imbevLtte di idealità democratiche e patriottarde, si sarebbero forse ti·ovate a disagio accauto ad una reazione più o meno seria.1 ma franca ed aperta come quell1. di Cris-pi o PellottX, si posero a :fianco della battaglia fascista 1 che in nome della Patria colpiva il prolelaliato. Il mito della Nazione sovrast.an~ le cklssi era il loro mito, era l'espnss,anc rlell 'impoten'l.a politica dei ceti cli mezw, che odiavano il contrasto e volevano una soluzione equidistante da.i <l'ueestremi. Non essendo ir). g-rado di agire cl 'iniziativa propria, le classi medie appoggiavano il fascismo, sperando, a vittoria conseguita, w-ia mancia competente. Ma più che dal loro appoggio passivo, il fa._. scismo traeva la sua forr..a dalla propria massa di manovra. Era anche questa u11a cla.s.-se,confusa ed amorfa fin che si vuole, la classe degli spostati, che trovavano finalmente la loro professione. Spostati per n.atu.ra loro, come i pazwidi, gli esaltati, i futuristi, i poetastri o gli artisti falliti, i mediocri aspiranti alla celebrità; spostati per circostanze d'ambi.ente, come j disoccupati e i mi..serabili : tutta gente che in altri tempi e in altre cfrcostanze 1 sotto la pressione degli stessi bisog,1( aveva dato vita al brigan, taggio o alla camorra 1 ed ora trovava com.od.e d1inquad.rarsi nel movimento fascista. Era, esso 1 anche 1.1..Ila forma, <l:i reazione alla miseria e alla d1Soccupazione in Italia, che nel 1915 non aveva potuto svilupparsi completamente; ma che nel dopoguerra, gonfiatasi la cl.as.se degli spostati, assunse proporzioni gig-antesche. Sostenuto da queste classi e da. questi in~- ressi, il fascismo mirava, e in questo sta la sua netta differenziazione dal giolittismo, a stroncare tutte le forze antistatali. L'ibrida artificiosità della sua formazione toglie al fascismo. la possibilità di vivere in un ambiente risanato in cui contrastino in forme civili interessi reaJi e vitali annati di potenza economica e intellettuale ; ma ad evit.are che un tale ambiente si fonnasse, abbiam già visto eh 1esso non poteva ricorrere rui 'aç.:oinoda.ntismo giolittiano, ma doveva tentare la soppressione fraudolenta delle fon.e organizzate. L'azione del fascismo si completa e si int.egra col sinda~ismo nazionale, che non è semplicemente un'idea fissa di Edmondo Rossoni, ma è una intima necessità del fascismo, il quale, per poter giungere a soffocare, come avevai fatto il giolittismo, le forme modernamente libere di lotta, deve p= inquadrnre n,elle p;oprie file an0be le masse lavoratrici, ch1esso vuole non semplicemente legate <la l1l1 patto d'alleanza che imponga anche a lui qualche dovere, ma incondizionatamente sottomesse. Ed ecco qui entrare in giuoco il mito piccolo-borghese della Nazione: la Nazione 1postatizzata che tra.scende indi. vidui e gruppi, nel cui seno son soppressi i contrasti e che quindi deve comprendere tutto il ~polo indifferenziato. Ma una cotale egualizzazione dei vari ~ti indistintamente confusi in questa mitica Nazione suppone una base democratica che è in stridente c:ontrasto colla natura stessa del fascismo; e questo allora v:i supplisce coli 'apparenza, collai vernice della democrazia, che è retorica e demagogia. Non vantò ii Duce come il no-n. plus ultra d'ella democrazia i suoi colloqui diretti col popolo? Il fascismo ha c"OSÌposto tutti i suoi principi : s?pp,:essione di ~gni contrasto per il bene supenore della Nazione identificata. collo Stato, il quale si identifica a sua volta cogli uomini che detengono il potere (Stato fascista) (r). Questo Stato è il Verbo, e il suo Capo è l'uomo mandato da Dio per salvare l'Italia; esso :rappresenta l'Assoluto, l' Infallibile. Qui veramente la divinizzazione hegeliana deTio Stato non poteva trovaire migliore applicazione, e non fu mero ca.se> che il filosofo del fascismo fosse per l'appunto hegeliano, come non fu ruera ambizione o brama di potere cl1e trasse il Gentile dal liberalismo al fascismo. 11.a una vola posti questi principi, lo Stato può tt,tto: ogni opposizione al fascismo è veramente tradimento del1a Nazionel ogni delitto fa5ci~ta si giustifica (fine na7..ionale). Mus.. solini è sta.to incoerente quando ha cercato di allontanare dal fascismo la colpa dell'assassinio di iVIatteotti. Egli ha rinnegato con dò le ra- (r) Questa situazione contradditoria rispecchia sos1:anz1almente la rispetti va posizione delle forze inquadrate 11el fascismo: la dittatura incontrollata <è una necessità della plutocrazia e dell'agraria; 1e apparenze democratiche sono l1espressione dei ceti medi, paghi di una: retorica )Xlrolaia che li liberi dalle cure ben più serie del govern_o di cui sono incapaci; il sindacalismo r?ssoniano è1 sotto l'apparenza d'un'organizzaz10ne, la forma d'asservimento dei pochi operai e sopratnito dei contadini non abbasta1v..o fo1i.i pe1: mantenere una posizione d'intransigenza; Pinquadramento militare è l'organizzazione necessaiia dell'esercito degli spostati. gfr.,nj ideali d.tl movimento f8.0C-:ista, quelle: ragioni ideali che invece difendeva e interpretava Giovanni Gentile quando usciva dal llioistero per sotbarsi, secondo quanto di lui ba narrato Ugo Spirito, alle necessarie transigen7,e della vita pratica e darsi all'elaborazione del fascismo integrale. • .. Ora se noi vogliamo \"eiameute eh.e la nostra lotta sia lotta di stile, se non vogliamo ad.oprarci a creare in Italia un abito d'intransigenza politica, contrari.o ai connubi, alle combinazioni, ai blocchi, noi dobbiamo augurarci eh.e le forze di loro natura antistatali sappiano essere all'altezza del loro compito. ::-;on già ch'esse debbano inigidirsi in uno sterile rifiuto dello Stato come gli anarchici, o cercare solo di inutilmente esautorarlo, come certi socialisti nell'immediato dopoguerra. La loro lotta dev'essere lo sforzo co- &eiente delle energie rivoluzionarie che s'affermano cli contro allo Stato, reclamandb le loro autonomje. Esse negano, sì lo Stato, ma lo inverano appunto in quanto lo negano, percb.è solo superandolo in questa forma, gli Italiani potranno giungere alla coscienza dello Stato moderno. Da troppi secoli avve:ui a lasciarsi passivamente rimorchiare, gli Italiani possono conquislale la propr~ dignità di cittadini, soltanto in questa lotta. Sono le autonomie locali e sindacali che è necessario affermare : il regionalismo da. un lato, dall'altro una maggior libertà dei sindacati di affermarsi nella loro lotta di classe. Questi due movimenti sono stati sin qui affatto separa.ti; oggi essi devono sentire la necessità di uni.re le loro ~gie per sol!evare le masse in uno spontaneo sforw creatore. ::-;on basta più perdersi nella critica di dettaglio allo statalismo invadente, non basta più negare allo Stato il diritto di compiere ~uesta o quella determinata funzione. Si tratti! di combattere in pieno la battaglia antistatale. Si tratta di richiamare le masse alle loro esigenze aulalchiche: soltanto nell'affermaz.ione,inflessihile di queste aspi.razioni esse plasmeranno la propria educazione politica. Oggi il centralismo, in questa Italia politica.mente minorenne, non può essere che paternalismo cioè dittatura e diseducazione. E' necessario l~ciare che si sprigionino liberamente le energie che diedero qualche sprazw nell'i=ediato dopoguerra e che noi speriamo non siano ancora soffcx::a.te malgrado 1a lunga compressione : preoccupa.TSi se ciò av,,errà con qualche disordine, e col turbamento del solito trlin-tran della vita politica italiana è .pegno cli reazionari. Koi auguriamo che lo sciopero legalitario del r922 abbia chiuso per sempre Pèra in cui in Italia avevamo questo assurdo politico: che un partito di sua natura rivoluzionario, e con mezzi essenzialmente dvo1uzionari, si facesse custode della più orto- -'aossa legalità centro i cosidetti partiti dell'ordine. Solo a questo patto sarà superato l'equivoco. Solo a, questo patto sarà per sempre debellato il fascismo. PRO.METEO FtLODE)IO Not~ .- .L~a~ermata esigenza che le mas.se lavcratnci 1n12mo una decisa battao-lia anb.sta.tale ed antice~tralista.,, autonomista i~ una parola, esclude d1 per se stessa l'opportunità che il patere centrale conceda senza contese questa autonomia, oggi o in un prossimo domani. Xoi non possiamo dimenticare che il ras._c;;,jsmofascista è i1 pri1u~- esempio di regionalismo in IWia ed è la proYa di un indistinto bisogno degli Ita- . liani alle autonomie locali. La lcJJ:.ada me sopra aus_picata dev1essere lotta cosciente e sopratutto senamenle C?mbattuta d~ll'una e dall 'aJtra parte. Quel eh~ importa oggi, e che sarebbe già una gi-an conqlllSta pe.r gli Italiani, è che si formino e s'inquadrino delle forze decise e capaci a condurre questa battaglia. Pr·eghia1110 gli amici di ri.1wo1:are sollecitamente J.labbo-naniento alla RiYoluzione Libe.rale. Ci è indi.spensabile sistemare la nostra amministrazione II ei pri nz..i giorni di G e1w,aio. Saremo grati a qUlln.ti 'nella stesso f.em.po ci manderanno ei111-porfo deUJabbcmamento al Baretti e nomi di possibili abbonati. il secondo -nu.- ·mero del Baretti uscirà il r5 gemi.aio. .Vel prossimo nim1ero di Ri,·oluzione Liberale pubblic1,eremo le prime risposte all'inchiesta sulla 1Vfonafrhia: dellJ on. Presntti, S. E. Soleri, di G. Prezzolini, ecc.; wn altro articolo di Francesco Nitti.

bib LA RIVOLUZIONE LIBERALE I.,a -vita meridio.n.a.le IL DAZIO SUL GRANO do? - Non abbiamo nel Tarentino terre pa.ssate dal grauo alla ricca coltivazione degli ortaggi, specie del pomodoro, con l'industria delle conserve? - Dunque la vittoria non è a noi COID[>letamente ignota, come dimostrerò anche più largamente in una prossima volta; si tratta di volere, forternent.e volere e i nostri agricoltori, i nostri contadini conoscono la costanza indomita, senza della quale la , terra , è morte, non vita. l"1a, ripeto, su quest'ultima parte tornerò ancora con maggiori e p; ù precise notizie e dati. Il problema della coltura gi'anaria, del dazio •ul g,ano e del proteuonismo relativo è, a mio modo di vede,-e, e ne c!Mò qui la dimostrazione, una delle quistioni « base »} per la economia e per la politica del nostro Mezzogiorno. Tutti ricorc1ano il pac~-u.msceleris, espressione con la quale si volle assai vivacemente chiamare e qualificare l'accordo tra il protezionismo industriati.e crei Nord e il protezionismo gI'aJlario del Sud. Quando i rappresentanti politici c1cl Nord vollero varare il loro protezionismo industriale, per favorire gl'interessi c1cl Nord, offrirono l'offa del dazio sul grano ai rappresenta.uti poco < sot,. tili , dei cafoni del Sud. L'accordo non poteva essere più abile a fa,. vore della Economia del!' ... altra Italia, di quella più ricca e più... intelligente. Difatti, con la concessioue del1 dazio sul grano, l' Economia me1~<lionale e tutta la Politica economico-sociale dfl Mezwgiorno veniva narcotizzata e, più del mitico Prometeo, saldamente incatenata alla immobilità della rupe fatale. La politica protezionista, voluta e inaugurata dagl' interessi del Nord industrializzantesi, era ed è in completo contrasto con gl 'intei·essi del Sud, tutt'ora prevalentelnente agricoli. E il danno nostro non è unico. Iniatti, mentre le industrie del Nord si sono assicurato, in regime cli p1-otezione, un buon mercato di smercio nel nostro Mezzogiorno, esse si sono nel contempo, determinando per rapp,-esaglia dazi elevati contro le nostre esportazioni agricol'e nei vari Stati, assicurato anche un comodo mercato di acquisto di materie prime per le loro industrie e di derrate alimentari per le loro maestranze. Un doppio boccone, ossia due bei piccioni con ,una,. sola fava: il dazio sul gi·ano. D'al.tra pa,rte poi si sa che le popolazioni che p_iù consumano dt Ja.-inacei, pan4 e paste, e che qiiindi più sopporta:no il rincaro_ del gra,w per il dllzio sono appwnto le 1neridio1iali. Fissate così le cose, i•Economia meridiollale è divenuta una < morta gora , , • ha perduta ogni possibilità dinamica ; rimane ci1nnwbile sa,xu1n», quasi qu.anto l'eterno Campidoglio. E' assioma nella Storia della Econonria, che ogni Paese cerchi di su~are la su.a fase agrito!a, per passare a quella in,d,ustriale. Questo &uperamento, questo passaggio, questo dinamismo, questo progresso è a noi ostacolato proprio dal dazio sul grano. Noi siamo depauperati dop. piamente, come abbiamo visto, d.aJ. p!t'Otezionismo industriale del Nord, cbe c'impedisce, perchè ci spoglia, quell'accumulazione capitalistica necessaria per passare da agricoltori ad industriali ; nè d'altronde d anicchisce il protezionismo granario, perchè ce lo paghiamo ... noi stessi, che siamo più consumatori chf produttori cli grano. Noi dovremmo cofubattere vivamente, nel nostro vero beninteSQ lungimirante interesse economico-sociale, il protezionismo industria.le del Nord, ma non lo potremo mai fare davvet'o, energicamente, fi.iio a quando noi saremo tirati col capestro del dazio sul grano, ossia fino a quando noi non sapremo emanciparci da questo dazio, rinunciando decisamente a questo beneficio che sa come il sapone alla corda del.l'impiccato, che sa come l'ossigeno al letto dcl morente. Per sollevaire la nostra agricoltura, abbiamo bisogno di comprare macchine, attrezzi, concimi e quant'altro ad essa serve, al più buon mercato possibile, ossia in rrgime di libera concorrenza. E in regime di libera concorrenza comprare qua11r t'altro serva ai nostri bisogni, di pann.i, di cotonine, di ferramenta, ecc. E ci occorre ottenere d!a.ll'estero dazi più miti per le nostre esporta. zioni agricole, non dazi di rappresaglia, di ritor~ ,ione, quali sono detennina:ti dal nostro protezionismo industriale. Dobbiamo ottenere piq. ampi e possibili mercati per i nostri vini, i nostri olii, le nostre mandorle, le nostre primizie, ecc: Ma :fino ai quando noi, principalmente, non ci metteremo in grado di rinunciare al dazio sul grano, certo gradata.mente, noi resteremo ferreamente legati alla politica del Nord, noi resteremo schiavi della Economia del Nord, noi non riacquisteremo mai u:t;ta verti. indipendenza e libertà di manovra economica. E quel che è ancor'a non meno notevole poC'hi, forse, lo avranno davvero ponderato - è il fatto che il dazio sul grano, che è da no; così uStuariamente pagato, non giova, a noi più che alle altre regioni del Regno; si consideri infatti il seguente prospetto statistico: MEDIA SETTENNALE DELLA PRODUZIONE DEL FRUMENTO (1909-1914) S·,!lperficie coltivata Ettari 4.768.500 Ettari Ooinfali Popolazione Superficie dellaregione Km.' PiemontC 310.600 4.107.000 3.384.8n 29.355,65 J..(iguria 23.900 220.000 1.3ro.388 5.280,r8 Lombardia 278.000 4.6,9.000 5.no.320 24.,79,98 Veneto 3r3.200 4.78r.ooo 3.953.474 24.5r4,60 Emilia 490.700 7.974.100 2.953. ISO 20.833,08 Toscana 386.6oo 3.949.5oo 2.830.747 24.099,73 Uarche 28r.300 2.794.500 1.149.672 9.690,88 Umbria 199.600 2.290.?oo 736.77, 9.767,14 Lazio rgo.ooo r.735.000 1.5,9.743 r2.082,72 Abruzzi Molise 357.400 3.29r.500 1.436.537 ,6.545,80 Campania 329.000 2.830.700 3.576.96, r6.262,r6 .Puglie 367.6oo 3.259.000 2.344.3,4 19.1o8,28 Basilicata 157-500 1.288.300 467.8,2 9.987,43 Calabria 18o.6oo 1.203-400 1.503.2or 15.074,55 Sicilia 693.600 5.401.400 4.132.156 25.738,02 Sardegna 208.900 1.751.800 866.68, 24.090,r7 Totali Data la maggiore possibilità di rendimento granario, specie per certe [>laghe del Nord (Valle padana, ecc.) il beneficio del Nord è cresce11te, mentre è quasi stazionario il nostro; doppia stazionarietà! stazionarietà nel beneficio granario, stazionarietà nelle condizioni economiche generali del Mezwgiorno. E vengo alla nota obie-.done, che sa ·a.nche troppo di fatalismo: abolito il dazio e smessa la coltura granaria, quale altra coltura sostituireinmo sui nootri terreni ? Conosco la obiezione in tutto il suo giusto peso; perchè conosco anch'io, come Madame de Sévigné, l'alma • terra , non seinplicemente attravei·so le belleZ7..e letterarie delle Georgich~. La obie:,..ioneè Séria, si, ma non insuperabile. Prima di tutto noi non SOGteniamo la sopp,-essioue totale, cli colpo, del dazio - saremmo folli - ma quella graduale. In secondo luogo noi non crediamo che manchino da noi terre granifere che possano reggere aUa concorrenza estera, gravata d.:i spese di trasporti, ed anche (cui non saremmo cl.i massima contxrui) di un dazio puramente fiscale. Si tratterebbe di sottrarre alla coltivazione granaria le terre s: marginali, le quali potranno pur essere numerose, ma saranno sempre WJa parte di tutto il comples.5o, e non potranno, per esse, mancare colture adeguate; poichè non v'è lembo di terra, come non v'è uomo, cui Iddio non abbia largiti alcuni dei suoi doni. - Chi è il forte? ... ; cbi è il debole? ... - Non era iei·i più forte la fertilità del soprasuolo e non è oggi più forte la 1~cchezza del sottosuolo? Noru è stato provato che i terreni , aridi , hanno pure i loro vantaggi di iron te ai terreni irrigui? Dove non può arriva1te lai Sciehza, lo studio e la fede coraggiosa.. ~- salda del. 1'uomo che voglia fortemente? - Poesia? Non abbiamo nel nostro Leccese terre passate dalla granicoltura alla tabacchicoltura? - Non abbiamo sempre più nel Ba.rese terre passate dai grano alle foraggere, col maraviglioso sviluppo dell'industria. del bestiame e del caseifiE non posso Jinire, senza richiamare l'a.tten,. i.ione ancora su un altro svantaggio pe1 nostro Me--~wgiorno. Lo s-viluppo industriale del Nord si è svolto, si svolge tutt'ora, in oonclizioni cli favore; il nostro appena nascente sviluppo industriale date le notevoli dif!erew,e fra la indUstrializzazione del Nord e quella del Sud - dovrà r.ecessariamente svolgersi in conilizioni di Libera concorrenza di fronte alle industrie del Nord, le quali invece si sono svolte in condizioni di assoluto prote?Jonismo. Ma vi ha ancora ili più: quando lo sviluppo industriale del Nord potrà ritenersi completo, esso avrà tutto l'interesse, come sempre accade, di abbandonare il protezionismo e di combattere pel liberismo. Noi meridionali allora saremo ancora nella fase penosa della lenta ascesa, del lento passaggio dalla fase agricola alla fase industriale; il liberismo che sarà propugnato dagl' interessi del Kor<l, tornerà allora tanto dannoso per noi, pel nostro passaggio alla fase indtLstriale, di quanto ci è darmoso oggi, nella nostra fase agricola, il protezionismo del Nord. Il Nord avrà già goduto il berreficio di essersi industrializzato sotto il guardinfanté del protezionismo, noi dm.rremo affrontare aUora, ancora minorenni, o appena adolescenti, la lotta del regime liberista, oltre che all'interno, come già detto di sop["a, anche nei rapporti con l1estero; e, se non saremo proprio degli eroi, per lottare e vincere in quelle condizioni, diverremo certamente per una seconda volta. dei martiri della politica del Nord e continueremo a trascinare la nostra pe.. sante catena di una insuperabile inferiorità ed a formare sempre la massa di manovra della ciarlataneria politica. GIOVANNI CARANO-DONVITO. INIZIATIVA AGRARIA Benedetto Croce conclude il suo recente volume sulla , Storia del Regno di Napoli, affermando che la questione m-eridionale è essen,_ zialmente un probleina morale e spilituale ed a coloro che per risolverla hanno suggerito l'intToduzione di riforme tributarie, l' incremen!o della produzione agricola, il miglioramento cklle comunciazioui, i ritocchi delle tariffe doganali, i"1 decentramento amministrativo ed una modifica della legge comunale e provinciale, egli risponde: < tutte quelle belle cose si potranno ottenere e la Storia tornare o continuare miserabile; pe,:chè si può essere ricchi, natwralmente e poveri spiritualmente, perchè, iJJJbreve, che cosa maJi vare possedere a proprio uso tutti i beni del mondo, si anima ver{l)nostra ditri1nentum capiat f , . Ed in verità, 1a questione meridionale è, anzi tutto, una qu~tione di educazione morale e spirituale, di formazione di una coscienza collettiva, di uno spirito pubblico, che sono il presupposto indispensabile perchè un popolo voglia e sappia m<Xii:ficarel 'ambieute che lo circonda, propiziandosi cose e fatti. Nellè diverse regioni d'ltalia., lo sviluppo sociale ed economico progrecli, nel passato, parimente con lo sviluppo sociale e politico;, ciascuna di queste regioni reagi o si adattò, secondo il caso, adeguatamente agli spostamenti ed aUe influenze dell' ambiente storico esterno, Pitalia meridionale invece subi tutte queste cose : gli avvenimenti vi fuirono, pu:rtroppo, sempre, più forti degli uomini. A misura che l'asse economico del mondo, dal bacino mediterraneo si spostava verso l 'Eu1·opa centrale e di là ai porti oceanici, l'Italia meridionale decadeva. Coll'inaridirsi delle fonti dei traffici, la produzione agricola stagnava, le nascenti industrie morivano e si spegnevano quei centri di vita comunale che stavano per sorgere ed, avi-ebb~ro dovuto dar vita a quel medio ceto, che fu la forza' dell'Italia di mezw e del settentrione. Le monarchie che si succedettero nel Regno, ad eccezione della parentesi nonnannersveva, si conservarono per lo più stra.. niere al paese, lo sforzo unitario sacrificò la vita dei centri minori e lo sviluppo della vacrietà delle energie all'ipertrofia della capitale ed il popolo visse segregato neUe campagne alla mercé dei Baroni insofferenti, gelosi dei Re e diffidenti delle plebi. Questa vita frazionata di ceti senz.a. ricambio, cristallizzati in forme gerarchi. che immutabili, impedì che all'unità esterna 1 formale del Regno rispondesse un'unità i11terna, spirituale delle sue parti. La questione mericliona!e è, quindi, dal punto cli vista storico, come ben dice il Croce, un problema morale e spirituale, in quanto, nel passato, gli uomini furono impotenti a. dominare gli ' agenti esterni ed oggi ancora si pone come tale, in qua-rito gli uomini potrebbero, sapendo v0ler'~, modificare a proprio vantaggio l'ambiente, indubbiamente migliorato, in seguito alla consegmta Unità cl 'Italia, che permette alle provincie meridionafr di valersi della politica estera di una grande nazione nelle lotte per gli sboc. chi commerciali e del concorso finanziario delle altre regioni per 1'incremento del pToprio sviluppo interno, senza contare che agli sbocchi che si aprono per gli scambi del bacino. del Mediterraneo attraverso il canale di Suez si aggiungono i nuovi mercati dell'Asia Minore. Da una recente statistica, riguardante le esportaZioni,"'-dal Gennaio all'Agosto del corrente anno pubblicata in relazione agli studi per la conclusione del nuovo trattato di commercio colla Germania, si rileva che le 26 merci esportate dall'Italia che supe1'ano il valore di 40 milioni cli lire - escluse le automobili, i marmi e lo wlfo - sonq tutte rappresentate da prodotti agricoli o p!r'ovenienti dalla trasformazione di questi, e fr,;,<li essi figurano ai primi posti l'olio, il vino, gli agnrmi, le frutta secche, gli ortaggi in genere, i pomidori, la canapa: prodotti in larghissima parte del mezzogiorno. Si è quindi nel vero affermando che la soluzione della questione meridionale richiede il massimo incremento dell'agrjcoltura, della trasformazione in" dustriale dei prodotti di questa e della loro esportazione. Strettamente connesso alla valorizzazione agricola del Mezzogiorno è, beninteso, lo sviluppo cli quei lavori pubblici indispensabili o.I miglioramento delle comunicazioni interne e di determinati porti, luoghi di transito naturale dei suoi traffici, alla sistemazione delle sue acque. Ma .perchè lo Stato intervenga, per la parte "che gli compete, percbè le altre regioni cl 'Italia non contrastino e si stabilisca un equo compro. messo fra gli interessi agricoli del· Mezwgiorno ed akune forti correnti industriali del Setten- 1 trione, spetta ai meridionali di agire. E ciò non si otterrà che modificando l'ambiente spirituale e morale sopratutto delle =pagne e dei piccoli centri, vincendo le diffidenze che animano le masse contadine nei riguardi di taluni procedimenti agricoli e dividono fra loro i produttori, ossessionati da Ull eccessivo individualismo, aprendo la mente a tutti verso le ntiove forme di competizione economica per l'accaparramento dei mercati, capacitandoli della necessità dell'organizzazione per l1eliminazione della concorren7.,a nociva e di intermediari superflui. Occorre, in altri termini, sradicare quellaJ vieta consuetudine cbe ispi<!'a alla gente dabbene una p:rofouda ritrosia verso la vita. pubblica, per il timo1·e di compromis·sioni, per pigrizia, per indifferen7.a e fa 1-itenere lodevole per i galantuomini fl il fa.tsi i fatti propri », lasciando ad altri - cioè agli intriganti, ai profitta.tori 1 le cure della cosa pubblica: ccmsuetudine che, rilevata al principio dell'Ottocento da alcuni viaggiatori francesi citati dal Croce, è viva tuttora. Questo disinteress,e per la vita pubblica dei più è il principale motivo della tirannia delle clien. tele, che soffocano ogni iniziativa cli organizzazione cv1lé!tiva, ogni libera manifestazione di energie ed ostacolano l'accostamento dei ceti e la selezione naturale dei singoli. I Consigli agrari recentemente istituiti con R. D. 30 Dicembre 1923, rappresentano, in prin- ·cipio un ottimo mezzo per la soluzione del problema agricolo che incombe sul Mezzogiorno, nel senSO' cli renderne ,oonsa~voli gli interes-. sati e di incitarli alla collabora7..ione. In seno ai Consigli agrari, la classe agricola meridionale sarà chiamata ad affrontare la discussione dei maggiori interes,;i della propria regione ed a pronunciarsi sulla loro soluzione. Il nuovo is.tituto potrà segnare il primo passo verso ] •affiatamento dei ceti agricoli del Mezwgiorno promuovendo la pubblica discussione dei massimi problemi regionali e la schietta rappresentazione dei teTmini in cui questi problemi si pongono. Investendo gli interessati di una diretta responsabilità nella tutela dei bisogni dell'agricoltura meridionale si stimolerà quel senso di iniziativa dei singoli cittadini che è la garanzia pii, sicura della soJuz.ione dei problemi collettivi. Il pr<YVvedimento tisente, però, purtroppo dei sistemi paternalistici del regime. Anzichè affidare veramente ai Consigli agrari la liwa rappresentanza degli interessi <lclla classe a~la, secondo gli intenti dei progetti precedenti (Micheli e Mari) si è -voluto porre il .nuovo Istituto sotto la tutela degli organi di Stato, af!idan. done la presidenza al capo dell'Amministrazione provinciale e chiamandovi a p,artecipare numerosi funzionari, i quali inevitabilmente soggetti a pressioni burocratiche e politiche, sof!oche,-anno la libeTa espressione degli eletti dei ceti agricoli, che ne dovrebbero ess-~re i soli veri rappresentanti. Altra osservazione d'ordine generale, che pare essenziale, è che, non potendo il problema economico scindersi, esso non può risolversi separatamente sotto il suo a.spetto commerciale ed industriale e sotto quello agricolo, sopratutto in una regione come il Mez,,,◊giorno, dove l'attività economica preminente è rappresentata, da quella agricola e l' Industria ed il 'CommeTcio sono subordinate a quella, in quanto non fanno che tras-f..mmarne o scambiarne i pro. dotti. E' noto che le industrie più floride del Mezwgiorno - se se ne eccettua quella dello zolfo, - sono quelle che trasformano prodotti agricoli e che altre del genere vi potrebberosorgere, date le favorevoli condizioni del suolo, sviluppando le coltivazioni occorrenti. Ciò dicasi, in particolar modo, per l'industria della seta che nell' Italia Meridionale potrebbe prospera.re, se vi rifiorissero la gelsicoltura e la. bachicoltura. Pertanto, aflinchè il problema eco- . nomico sia considerato nel suo complesso come nnico, in quanto i fattori industriale e commerç:ia]e e quello agri.colo sono reciprocamente in funzione l'uno dell'altro, e nelle particolari condizioni del Me,.zogiorno d' Italia, può dirsi seni.a errore, che i fattori industriale e commerciale sono subordinati a quello agricolo, le rappresentanze degli interessi agricoli, che oggi siedono sep,aratamente, dovrebbero essere chiamate a collaborare, in un unico consesso, rolle rappre1oentanze commerciali ed industriali riunite nelle Camere di Commercio. Queste Camere economiche dove si discuterebbero gli interessi principali di cia.scuna regione, mettendo a contatto diretto ed affiatando gli uomini che ai commerci, alle industrie ed all'agricoltura si dedicano, rappresenterebbero nel1' Italia Meridionale un efficacissimo stimolo per la formazione di quello spirito pubblico che è fra i principali motivi dell'incompleto SYilu[>po di quelle popolazioni. Tali Camere potrebbero aitresi diventare i centri di irradiazione di una attività amministrativa nuova, che penetrando i cohruni e le provincie libererebbe la nta locale dagli intrighi della politica dei profitattori. I singoli, stimolati a fare per i p:topri interessi, si adoprerebbero a fare per la collettività, senza diffidenza, ma sopratutto a fare da sè, senza invocare sempre aiuti esterni, ed a tal fine ciascun<::\sarebbe mosso a cercare la co1labora7ione di quanti hanno interessi analoghi. Implicitamente, dalla collabomz;ione nascerebbe la organi:z:z.az:ione,da questa la spinta all'autogoverno ed all'iniziativa locale, senza le quali qualunque provvedimento, decretato dall'esterno in favore del Mezzogiorno, sarà vano. CARLO AVARNA DI GUALTIERI PIERO GOBETTI - EDITORE TORINO - Via XX.Settembre, 60 li/time novità: SAVERIO MERLINO POhITIEGl'AtUHHSTRATUR L. 6 Documenta l1intervento del governo nelle cose della magistratura specialmente sotto il fascismo GIUSEPPE PREZZOLINI 6IOVAnn1 PAPinI L. 6 Al vecchio saggio di Prezzolini su Papini, che rimane il più importante libro sull'argomento, sono qui aggiunte limpide e p,rofonde pagine su Fa-pini, e la guerra, e su Pa.pini cattolico. GIUSEPPE GANGALE HIVOLUZIONE PHDTESTRNTE L. 6 Una visione nut>va OTiginale del Protestantesimo e della, st01ica crisi italiana. ..l'ilfre novità : G~NERALE SARDAGNA :Il disegno di guerra ita_ - Uano nel l'u.l tinta giierra contro- l' A 1istrù:r. L. 12 A. CAPPA : Pareto , 5 M. VINCTGUERRA : Inrventario d'i cultu-ra » 5

bi REVISIONE L'Eutopa è troppo stanca e troppo economi- <:6mente logo:ra per fare subito nuove guerre: ma dopo il 1919 non ha fatto che prepararle. GJ-i autori del trattato di Versailles determinaroru, il caos : forse pensarono che anche la creaz.ione nacque dal caos. Ma in realtà non fecero che il caos senza la cr"eazi.one. Questo è u.n libro di amarezza e di sincerità e niuna cosa ho voluto tacere di quanto potevo dlire senza venir meno ai miei doveri di uomo di governo e di capo politico. A me, e dopo di me a Lloyd George, è stato rimproverato di aver rivelato al pubblico fatti e documenti che non erano destinati, alla pubblicità. L'accusa non è giusta, in quanto le nostre pubblicazioni sono venute fuori dbpo quelle di Te.rtlieu, di Baker, cli Ltnsing e cli molti altri uomini politici, che hanno fatto, nell'interesse delle loro tesi, pubblicazioni <li documenti assai più gravi. D'altra pairt,, non è possibile che un U'.omo politico, lasciando il governo, non sfa obbligato, .nell'interesse stesso delle verità e delle idee che difende, a dare gli a...-gomeuti di cui dispone, tanto più quando le parti avverse pubblica.no ciò che giova .alle loro tesi e spesso ~olontariamente ignorano, o mutilano ciò che /. contrario. E' difficile dire a chi spetti la responsabilità della guerra. E' stato, come Lloyd George ha riconosciuto, un poco di tutti : siamo inciam• pati nella guerra quasi sènza. acco:rgersene. documenti pubblicati a Mesca. e a Berlino, e anche in paesi neutrali, ci mettono in grado cli affermare che la tesponsabilità unica della guerra attribuita alla Ger:mania e ai suoi alleati dal trattato di Versailles è una falsità storica. Oramai vi sono tutti gli elementi per giudicaa:-e le responsabilità rispettive della, Russia imperiale e della Germania e ·1•azione della Ftaneia nel contr-dsto fra i due più grandi gruppi europei. Se è difficile dire a chi spetti la responsabilità della guerra, è facile dire a clii spetti la responsabilità della pace, considerata come modo di continuare la guerra. Tutti i tentativi sono stati fatti per dissolvere la Germania e per romperne la 1mità : questi tentativi hallllo avuto per e:f~ fetfu di rovinare tutta l 'economiai continentale, di creare un 'aeuropa balca11ica e di compromet. te,,uegravemente la situazione dei vincitori. Dopo sei anni di errori e di colpe, la politiy1 dei trattati e :il sistema delle ripaI'azloni come mod(J di distru.ggere i vinti, sòn•oJin rompileto fallimento. Per non precipitru:'e essi stessi, i vincitori nel continente oono costretti a rinunzJ.a1e a tutti i loro programmi. La :revisione deil tra)'tati non ostante tutte le manifestazioni in contrario, diventerà inevità'bile. La vita stessa per gli uomini1 iritelligenti non è che un continuo processo di revisione e una, opera che p,:-etese sistemare tutta l'Europa e eh.e riesci sole; a dissolverla, non può non essere riveduta. Sono del re.sto i fatti che s'incaricano ogni giorno della revisione. In qual modo deve com!}iersi ? E' possibile a:rrivare senza nuovi" e più formidabili urti ? Molti sintomi di ravvedimento si sono manifestati e molte speranze dei profitewrs de guerre e della reazione sono cadute; ma l'orizzonte è am:ora fosco e non sarà sereno :fin quando le verità fondamentali non sa.ranno riconosciute e non cesserà il pregiudizio che attribuisce a una sola- parte la responsabilità della guerra. E' perciò clie nell'interesse della pace- io ho cercato di contribuire alla conoscenza ed alla diffusione della verità e sono lieto se i miei libri e i miei, articoli, diffusi in ~tto il mondo in moltis,sime lingue, bamro contribuito a questo scopo. Qu'esto libro più che i precedenti riassume le - mie idee e i miei propositi. Esso è stato scritto nella solitudine della mia villa cli Acquafredda gul Tirreno, durante l'estate del 1923. L'ultima parte è stata rifatta a Zurich, in Svizzera, net settembre del 1924, tenendo conto degli avvenimenti che si sono succeduti e sopra tutto delle confereru,..e di Londra e di Ginevra. Dopo che nell'autunno del 1922 i fascisti italiani con una spedizione armata, occuparono Roma e s'impadronirono del governo, io non volli più partecipare alle tiunioni del Parlamento, nè volli mai riconoscere il fascismo come governo legale. Il capo del fascismo che è stato fino a pochi anni or sono comunista e rivoluzionario, assumendo la direzione del govérno, aveva dichiarato ,iJ più grande disprezzo per il Parlarr.ento·, aggiungendo che dell1aula sorda e grigia della Camera dei deputati poteva fare un bivacco per i fascisti e che la Camera poteva mantenere ; suo piacimento due mesi o due anni. Aveva ma.nifestato anche ripetutamente la sua avversione oer La democrazia e commemorato il cadaver~ putrefatto della libertà. La libertà di stampa, la libertà di riunione e le prerogative parlamentari sono di fatto abolite in Italia. In novembre del 1923 la mia casa di Roma è stata assalita e saccheggiata dai fa_ scisti armati di rivoltelle e bombe a mano ed agli orruni dei funzionari dello Stato·, senza <;,he gli autori del reato siano stati puniti e anche per mdlto tempo soltanto ricercati. 'Io non ho voluto mai dunque riconoscere il fascismo se non come un go.verno di fatto, ma non come un governo di diritto; ma ho voluto astenermi dal combatterlo per non contribuire a determinare larghi movimenti rivoluzionari in Italia. Ho preferito in questo periodo destinare tutta la mia attività aJl'opera di pace e di ricostruzione dell'Europa, convinto che 'l'Italia dovrà LA RIVOLUZIONE LIDERALE tornare presto, spontaneamente, alle sue tradizioni di demom1.2ia e di libertà. Il fascismo si è dichiarato nazionalista e imperialista, due cose che in realtà si escludono. Ma il suo imperialismo è piuttosto una espressione letteraria, perchè non potrebbe essere rivolto che contro la Francia, la Gran Brettagna e l'America: ciò che è non solo difficile, ma estremamente ridicolo. Iu quanto al nazionalismo, si tratta della più stupida e perversa dottrirut, frutto d'ignoranza e frutto di pregiudizio, che se è danll06a a tutti i popoli, è funesta per l'Italia, che ha pkcolo territorio, grande ,POJ)Olaz.ione, mancanza di materie prime ·e quindi ha più bisogru, cli libertà, di scambio e di sicurezza nel mercato internazionale del lavoro di qualsiasi altro popolo d'Europa. Qualcuno troverà forse che in questo libro vi è un'ombra di pessimismo: eppure nessuno più cli me è convinto che, dopo tanti errori, si dovrà andare verso una generaJe revisione del passato e pceparare con la unione doganale degli Stati europei la futura e forse non troppo !on. tana Federazioni> politica. Al ))'Unto in cui noi siamo giunti, o l'Europa dovrà _continuare nei suoi errori e inabissare; o dovrà mutare strada, sotto la pressione della ne,cessità e orientarsi verso vaste unioni econo. miche e politiche. Molti sintomi lasciano &perare che il cambiamento d'indirizzo sta per prodursi. Bisogna alimentare queste nuove fo:rze di vita e combattere gli elementi della reazione e della violenza: e questo è il grande compito riserbato agli anglosassoni, che com.e furono nella realtà i vincitori della guerra, devono sentire l'inestimabile orgoglio di potere con un'azione decisa e continua., essere i veri vincitori della pace. Ma perchè qualunque opera di rinnovazione sia possibile è necessario sopra tutto distruggere i pregiudizi e fare, anche con il sacrifizio pérsonale, opera di verità. NITTI. Rivoluzione Liberale pubblicando lo scritto originale che precederà l'edizione inglese d<llf_ Tragedia dell'Europa offre per prima in Italia un documento del pensiero di Francesco Nitti dall'esilio. BIANCHIE ROSSIlN MONGOLIA Di rimando, come ormai è pacifico che debba capitare àll'Italia, alla Spagna e ai Paesi balcanid 1 ci è ani vato, tradotto in francese, un libto di Ferdinando Ossenqowski, che nei paesi di lingua inglese e tedesca faceva clamore da tm anno e più: Bestie, Uomini, e dèi. L'autore è uno scienzia..to, chimico e ingegnere minerario polacco, che fu., dopo le sue prime armi di studioso e di tecnico, alla testa dei rivoluzi9nari .siberiani nel 1905 e capo del Governo provvisorio di Kharbine. Caduto nel ,uoto quel famoso tentativo separatista, Ossendbwski si ebbe solo una lieve pena, e subito nella guerra russo-giapponese lo ritroviamo alto funzionario dello Zar, non si capisce come, e avviato a una brillante camera : allo scoppio della guerra europea era consigliere tecnico, , fra l'altro, del Consiglio superiore di marina, e aveva per giunta sulla coscienza una lunga filza di lavori scientifici. Ma non pare che la nuova guerra gli abbia portato altrettanta fortuna : perchè la, rivoluzione leninista lo trovò. soltanto professore al Politecnico cli Omsk : e di qui .,,1,'ammirag1io Koltciak lo trasse per giovarsene nella costituzione del su~ effimero governò ( bianco :o. La fuga con cui Ossendowski si sal~ vò da.i bolscevichi vincenti Io riportò, attraverso tutta l'Asia orientale, in Europa e nella sua Polonia : cosi lo abbi.amo visto alla conferenza , di Whasington, e poi a Parigi dove pubblicò un libello antisoviettista .in occasione della conferenza di Genova: ed, ora, è ali 'università di Varsavia. Nel tennaio 1920, dunque, Ossendowski do. vette fuggire da Krasnoi:arsk : i « r~si , non lo avrebbero risparmiato. Ma prima di arrivare, per la Mongolia, alla ferrovia mancese ed al mare, ci volle una, tale odissea, e cosi ricca di avventure e di esperienze, clie il profugo ha potuto cavarne questo libro e parlarci cosi cli un mondo da noi quasi ignorato, di fatti recentissimi cbe rimanevano senza il minimo sentore in Occidente ed• erano tuttavia cose grandi. Lotte di razze, urti di popoli, gesta cli condottieri e congiure di monaci : tutto un vasto ro- . manzo storico di barbariche tinte è stato vissuto in Mongolia tra il '19 ed il '21 : qualche cosa di simile a quello che avvenne ,con tt1.aggior conoscen..za. nostra, nel Turkestan e nel Caucaso. Donde il sostanziale· interesse, per noi, di questo racconto di avventure contemporanee: chè non staremo certo a estasiarci, come hanno fatto i critici, per 1~ figura di ·« nuovo Robinson :& con cui si presenta Ossendowski, costretto a vivere un inverno sulle rive deIIo Jenissei d:a eremita, con lo schioppo continuamente in ispalla per cibarsi di selvaggina, difen. dersi dagli orsi e premunirsi d-\1 « rossi > ..• Ma constatiamo che Ossendowski non sa scrivere: che il suo récit è asciutto asciutto come una relazione d'inchiesta mineraria: che, tutto insieme, queIIo ch'egli dice ha davvero l'apparenza della verità. Tanto i>iù che il profugo non si lascia nemmeno andare a volontarie invettive contro i <rossi>, e mostra di riconoscere, tra i denti, tutta la forza della loro immediata espansione in Oriente. Si aggiunga che 1e ampie notizie sulla vita iru Mongolia e sul budrdhismo in quelle regioni rendono paragonabile Bestie} u01nini e dèi (« si parva licet >) a Trois a-ns en Asie e a Religions et philosophie dans l'A sie centrale di Gobineau. Nai pensiamo, consuetamente, che la. Mongolia sia una provincia cinese, delimitata da netti .confini e organizzata (o disorganizzata) come una marca di frontiera. Illusioni di occidentali. La Mongolia non ha frontiere se non sulla carta geografica: in Mongolia entrano e sconfinano tutti, in Mongolia comandano tutti, alternandosi da luogo a luogo e da tempo a tempo. Questi • tutti , , erano nel 1919, precisamente: i tartari e i tibetani delle regioni finitime, il governo cinese, i russi di Koltciak rifugiati oltre I' Altai e riorganizzati dai loro stessi ufficiali, i bolsceviki che davano la caccia ai « bianchi », l'organizzazione monaca]e del Buddha vivente di Urga, i commercianti, i consolati americani, e infine anche i mongoli. Un guazzabuglio straordinario. Nel 19n i Mongoli veramente, si ribellarono \ una volta ancora al giogo cinese (i cinesi appaiono, anche nel guazzabuglio- suddetto, i più esperti di poliJ.ica coloniale) : la ribelllone, aiutata di sotto mano dalla Russia zarista, non andò troppo bene per loro : ma la Cina riconobbe,, per imposizione nissa, una specie d 'autonomia mongola,- consistente soprattutto nella esenzi~ne dalle imposte, nella riduzione delle guarnigioni cinesi, e nel . riconoscimento dei costumi mongoli in fatto ru usi giuridici patriarcali. I trattati del 1912, 1913, 1915 fra Cina e Russia )issavano inoltre delle frontiere precise, che ancora adesso seryono ai geografi. :Ma con la guerra europea tali condizioni di apparente sta,bilità scomparvero rapidamente. Approfittando della difficile situazione russa, i cinesi cominciarono a violare il trattato nei riguardi della inrupenrlenza mongola, ripristinando via via nel pae.se i loro commissari e le loro guarnigioni di mercenari Unni, e pretendendo l'esazione delle imposte soppresse dal regime di autonomia. Ma poi, col r9r8, nn nuovo invasore si aggiunse: i bo1sceviki, intenti a insinuare la loro propaganda, i loro agenti se.. greti, infine lo stesSd sovietismo nel paese. E nel 19-20 i « bianchi , fuggiaschi dalle sconfitte siberiane : e dietro a loro non più gli agenti, ma le truppe ~te dei • rossi •, col pcetesto di raggiungere i ribelli cli Koltciak _nei loro rifugi. L'invasione bolscevica fu in quell'anno-· cosi forte, che riuscì a fondare in Urga, la capL tale della Mongoli'a esteriore (e -città santa del buddhismo settentrionale come residenza del Buddha vivente), un , Soviet, dominatore. A questo punto sorge ne). travagliato paese la volontà impetuosa di Ìln uomo strano ed eccezionale : il barone Ungern von Sternberg, succeduto a Koltchak nel comando dei rottami del:. l'armata , bianca,. Ungern ebbe nn colpo di genio e di auclacia : si pir'esentò come .convinto bu.dd.hista della setta mongolico-tibetara, e riorganizzò in una forte divisione di cavalleria i suoi militi sbandati, con,, la bandiera dei volontari per l'indipendenza m6ngola contro i Russi ed i Cinesi. Tutta la vecehia Mongolia fu, durante .alcuni mesi per lui : i monasteri ricchi e potenti, le tribù indigene, i vecchi ribelli del 1912 videro in lui il salvq,tore e lo appoggiarono in ogni modo. Il 3 febbraio 1921 Ungern riu...~ a prend·ere Urga, e divenne con le sue bande momentaneo signore di ttitta la marca cli con~ fine. Governava <l'a barbaro, come fosse un discendente di. Gengis o di Timur-len: e più barrarici e feroci erano i suoi luogotenenti, talora quasi briganteschi. La tenda del generale aveva sempre, in perfetto stile tartaro, qualche pozzet.. ta di sangue fresco sull'entra-ta, qualche altra ne]l1interno: Ungern faceva gius'tiziare in sua presenza le persone sospette, da un ufficiale che le accompagnava a... parlargli. E in perfetto stile cinese·, pu;nale e veleno regolavano la vita del suo esercito. Non importa che i suoi saccheggiassero 1e contrade, dovunque ciò non et'a troppo pericoloso: Uniern aveva restituito alla MongoEa l'indipendenza, Ungetn era ammesso quando voleva a visitare il' Bogdo-Khan, capo spirituale e un po' anche tempmale cli quelle regioni (in quanto egli è, app'llnto, il Buddha.i vivente, ultima incarnazione di Bud<lho), Ungern· aveva cacciato i bolsceviki e teneva a posto le lunghe mani di Pekino. Ma nel settembre 1921 l'eroe volle tentare una nuova spedizione antisovietista. per' rientrai-e in Siberia: i bolsceviki Io battei·ono, lo presero, lQ fucilairono. E la breve ora di questa rinascita dell'antica Mongolia per man'c, sl:l'aniera è quindi ormai chi quattro anni finita. ., Se vogliamo farci 11n'idea. di quello che fosse la vita, in cosl fortunoso periodo, lassù fra. gli Altai, l'Amu.11,e il desertò di Gobi, - seguiamo un episodio del racconto di Ossendowski : la sua residenza a Uliassutai. Urga è già presa dai « bianchi » : ma qui, a marzo, non se ne ha ancoca noti7ja. Il commissario cinese intercetta tutti i messaggeri : ma intanto passaD'o ban<le di mercenari al soldo del suo Governo, massacrano e saccheggiano: si sente da lontano il crepdtlo delle scaramucce fra e: bianchi » e < rossi » : la guerriglia dei rihelJi mongoli, guidati dal calmucco Tusc'gun, il II misterioso Lama vendica3 tore >, si scatena nelle lande e nelle foreste, e intercetta a sua volta i messaggeri cinesi. La piccola cittadina, in mezzo a questo caos, ai fraziona in tanti gruppi : ciascun.o sta sul qui vive. I Cinesj armano cooJie&e commessi, e la plebaglia; i bolscevizzanti si tengono in guardia., pronti ali 'offensiva; gli altri stranieri si orga,. nizzan.o, i Mongoli si ris'.vegliano. Si sa. che i Cinesi prepararu, un pogrom contro tutti gli altri. Una notte, anzi, la teppa ai loro ordini, già padrona della città a chiaro giorno, si raduna a comizio per decidere il colpo. Fortunatamente un agguato di Tusc'gun coglie il caporione dei violenti : e arriva la notizia della presa di Urga. La scena cambia di coll"' : i , bianchi , sono vicini, prendono il sopra-vvento. Allora si viene a un patto di paci1icazione tra, i Cinesi e gli altri: il capo d.ei , bianchi , non lo vuol ricoll06cere : i Cinesi sono costretti a implorare pietà e rispetto per i trattati. Non 'c'è dubbio tuttavia sulla solidità del loro spi.rito •coloniale, : nei giorni felici, i loro assoldati , arrAf:aient e fouillaien.t !es passant, cherchant à provoquer de,o rixes >. Francamente, ci eravamo foggiati un ideale più paci1ic:o dei ... Cinesi. Ma per un'idea ancora più interessante di questo leggendario barone Unberg von Sternberg, ecco la sua p1esentazione, - nella su.a. famosa tenda. • Comme je passai le seuil, u.n homme vetu d'une tu.nique mongole en soie rouge se précipita sur moi eomme un tigre, me serra la main d'un ah pressi, puis se retira sur le lit qui se trouvait d'un cote de la tente. , Dites moi qui vous et.es. Tont autour de nous i1 y a des espions et des agitateurs ! > s'écri.a-t-il d'une vqix perçante et nerveuse .. , . Il barone racconta, più tarru, la sua storia a Ossendowski. Si dichiara discendente di una famiglia baltica, mezzo tedesca e mezw unna; i suoi antenati furono alla testa dei Cavalieri Teutonici, che imposero col ferro e col fuoco il cristianesimo ai Lituani e agli Slavi del Nord. E continuarono ancora, gli Ungern, a esercitare la guerriglia cli bande e la pirateria, - per secoli. Quest'ultimo rampollo, ufficiale di ma. rina, ha fatto la guerra russ0-giapponese, è en.- trato in contatto con la. vita. orientale: è diventato lmddhista. Di un buddhismo tutto suo speciale, si capisce: mezw cristiano, e apocalittico: con citazioni di Bergson : con toni di fatalismo affatto mussulmani. Fuori della sua tenda, sta la pozza di s~mgue : i suoi ufficiali avvelenano o fanno strozzare gli inruvidui sospetti: e lontano, tra le montagne, vanno al cielo bagliori d'incendio. Ma Ungern., <dio incarnato :1, ESce dalla tenda, sale in automobile, e va a far visita al Buddha vivente. In. fondo, sono fratelli: il figlio dei cavalieri dalle grigie armature, che neJ!a pian.a di Memel o nella selva cli Tannenberg ardevano in pia offerta i Lituani captivi, cliiusi in gabbioni di legno e di sassi : e il La.ma supremo, vestito di"\ feta azzurra e gialla, che con la fronte madida per gli spasimi del vaticinio riceve la rivelazione del futuro, mentre i suoi messi gettano un nero e sottile cappio serico alla gola di un temuto rivale. Le conclusioni dj questo <capitolo, sono almeno tre. Prima cli tutto è evidente che tutte le fantasie apocalittiche di nuove invasioni barbariche con le quali si dilettano molti profeti da strapazzo sono fondate sulla cenere. Siamo noi, Europei, che invadiamo, per adesso. Soltanto si può constatare che il fuoco cova sotto la cenere. Ed è 0J1che evidente di quale materia fluida e galvanica s'impasti la politica orientale dei bolsceviki : e come, almeno :fino ad oggi, la loro fortuna laggiù scaturisca dalla capacità russa di <penetrare :1 moralmente, prima ancora che politicamente, nel cuore.dell'Asia: non del tutto, ma -quanto basta per 'immediati vantaggi. Quel. lo che fe..ceUngern quattro anni fa, ara lo stanno facendo, a lor \.olta, i Sovieti. Conclusione seconda : che ci sono aa.cara paesi e uomini che vivono la vita barbara, la caccia feroce, il selvaggio hallalì. :Ma questi uomini e questi paesi non ci dànno più nessUih senso di dignità e di forza : e appaiono contaminati da un 1insita debolezza, <la un tremore segreto che :fiacca ]e membra. Conclusione ter'za. A1' fondo, e nello sfondo, di tut1:o questo maremoto cli alterne sopraffazioni e ~i vicende politiche, sta pur sempre la vecchia Mong~Iia. I principi reHgiosi de' suoi monasteri introducono il telefono nei loro padiglioni, e concupiscono Pautomobile: ma i JX>- veri, piccoli mana.ci continuano a meditare, a scrivere, a girare il rullo delle cento preghiere. Cinesi, RU6si, Americani si contendono la lana delle sue pecote1 il salnitro dei suoi deserti : ma i cavalieri cenciosii., che un giorno seguirono Gengis vei'so il trionfo, passano ancora tra gli obo di pietra che sorgono nella pianura desolata e sulle colline bnùle, e mormorano i sacri scongimi dall'alto dei loro cammelli) e ripetono a bassa voce le leggende demoniche dei loro padri. Sono pochi, sparuti, e poveri, ma la loro fede è intatta, la loro tradizione è pura. E lo traniero che siede al focolare non è tradito dall'ospite. Dalle coscie di montone e di capretto che arrostiscono omericamente sugli schidio;ni, sa-le un fumo odoroso: ai bagliori del fuoco, il Mongolo vi scorge divini pr·esagi. Poi esce, e s'inginocchia sulla ter'r'a gelida: appoggia l'orecchio al suolo, sente se il Re del Mondo nel su'o palagio sottetian'eb, stia pregando ~ i destini del mondo, preparando l:a sua, venuta. SANTINO CARAMELLA I I I 1 ! i I 1 i i I

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