La Rivoluzione Liberale - anno IV - n. 1 - 2 gennaio 1924

bib LA RIVOLUZIONE LIBERALE I.,a -vita meridio.n.a.le IL DAZIO SUL GRANO do? - Non abbiamo nel Tarentino terre pa.ssate dal grauo alla ricca coltivazione degli ortaggi, specie del pomodoro, con l'industria delle conserve? - Dunque la vittoria non è a noi COID[>letamente ignota, come dimostrerò anche più largamente in una prossima volta; si tratta di volere, forternent.e volere e i nostri agricoltori, i nostri contadini conoscono la costanza indomita, senza della quale la , terra , è morte, non vita. l"1a, ripeto, su quest'ultima parte tornerò ancora con maggiori e p; ù precise notizie e dati. Il problema della coltura gi'anaria, del dazio •ul g,ano e del proteuonismo relativo è, a mio modo di vede,-e, e ne c!Mò qui la dimostrazione, una delle quistioni « base »} per la economia e per la politica del nostro Mezzogiorno. Tutti ricorc1ano il pac~-u.msceleris, espressione con la quale si volle assai vivacemente chiamare e qualificare l'accordo tra il protezionismo industriati.e crei Nord e il protezionismo gI'aJlario del Sud. Quando i rappresentanti politici c1cl Nord vollero varare il loro protezionismo industriale, per favorire gl'interessi c1cl Nord, offrirono l'offa del dazio sul grano ai rappresenta.uti poco < sot,. tili , dei cafoni del Sud. L'accordo non poteva essere più abile a fa,. vore della Economia del!' ... altra Italia, di quella più ricca e più... intelligente. Difatti, con la concessioue del1 dazio sul grano, l' Economia me1~<lionale e tutta la Politica economico-sociale dfl Mezwgiorno veniva narcotizzata e, più del mitico Prometeo, saldamente incatenata alla immobilità della rupe fatale. La politica protezionista, voluta e inaugurata dagl' interessi del Nord industrializzantesi, era ed è in completo contrasto con gl 'intei·essi del Sud, tutt'ora prevalentelnente agricoli. E il danno nostro non è unico. Iniatti, mentre le industrie del Nord si sono assicurato, in regime cli p1-otezione, un buon mercato di smercio nel nostro Mezzogiorno, esse si sono nel contempo, determinando per rapp,-esaglia dazi elevati contro le nostre esportazioni agricol'e nei vari Stati, assicurato anche un comodo mercato di acquisto di materie prime per le loro industrie e di derrate alimentari per le loro maestranze. Un doppio boccone, ossia due bei piccioni con ,una,. sola fava: il dazio sul gi·ano. D'al.tra pa,rte poi si sa che le popolazioni che p_iù consumano dt Ja.-inacei, pan4 e paste, e che qiiindi più sopporta:no il rincaro_ del gra,w per il dllzio sono appwnto le 1neridio1iali. Fissate così le cose, i•Economia meridiollale è divenuta una < morta gora , , • ha perduta ogni possibilità dinamica ; rimane ci1nnwbile sa,xu1n», quasi qu.anto l'eterno Campidoglio. E' assioma nella Storia della Econonria, che ogni Paese cerchi di su~are la su.a fase agrito!a, per passare a quella in,d,ustriale. Questo &uperamento, questo passaggio, questo dinamismo, questo progresso è a noi ostacolato proprio dal dazio sul grano. Noi siamo depauperati dop. piamente, come abbiamo visto, d.aJ. p!t'Otezionismo industriale del Nord, cbe c'impedisce, perchè ci spoglia, quell'accumulazione capitalistica necessaria per passare da agricoltori ad industriali ; nè d'altronde d anicchisce il protezionismo granario, perchè ce lo paghiamo ... noi stessi, che siamo più consumatori chf produttori cli grano. Noi dovremmo cofubattere vivamente, nel nostro vero beninteSQ lungimirante interesse economico-sociale, il protezionismo industria.le del Nord, ma non lo potremo mai fare davvet'o, energicamente, fi.iio a quando noi saremo tirati col capestro del dazio sul grano, ossia fino a quando noi non sapremo emanciparci da questo dazio, rinunciando decisamente a questo beneficio che sa come il sapone alla corda del.l'impiccato, che sa come l'ossigeno al letto dcl morente. Per sollevaire la nostra agricoltura, abbiamo bisogno di comprare macchine, attrezzi, concimi e quant'altro ad essa serve, al più buon mercato possibile, ossia in rrgime di libera concorrenza. E in regime di libera concorrenza comprare qua11r t'altro serva ai nostri bisogni, di pann.i, di cotonine, di ferramenta, ecc. E ci occorre ottenere d!a.ll'estero dazi più miti per le nostre esporta. zioni agricole, non dazi di rappresaglia, di ritor~ ,ione, quali sono detennina:ti dal nostro protezionismo industriale. Dobbiamo ottenere piq. ampi e possibili mercati per i nostri vini, i nostri olii, le nostre mandorle, le nostre primizie, ecc: Ma :fino ai quando noi, principalmente, non ci metteremo in grado di rinunciare al dazio sul grano, certo gradata.mente, noi resteremo ferreamente legati alla politica del Nord, noi resteremo schiavi della Economia del Nord, noi non riacquisteremo mai u:t;ta verti. indipendenza e libertà di manovra economica. E quel che è ancor'a non meno notevole poC'hi, forse, lo avranno davvero ponderato - è il fatto che il dazio sul grano, che è da no; così uStuariamente pagato, non giova, a noi più che alle altre regioni del Regno; si consideri infatti il seguente prospetto statistico: MEDIA SETTENNALE DELLA PRODUZIONE DEL FRUMENTO (1909-1914) S·,!lperficie coltivata Ettari 4.768.500 Ettari Ooinfali Popolazione Superficie dellaregione Km.' PiemontC 310.600 4.107.000 3.384.8n 29.355,65 J..(iguria 23.900 220.000 1.3ro.388 5.280,r8 Lombardia 278.000 4.6,9.000 5.no.320 24.,79,98 Veneto 3r3.200 4.78r.ooo 3.953.474 24.5r4,60 Emilia 490.700 7.974.100 2.953. ISO 20.833,08 Toscana 386.6oo 3.949.5oo 2.830.747 24.099,73 Uarche 28r.300 2.794.500 1.149.672 9.690,88 Umbria 199.600 2.290.?oo 736.77, 9.767,14 Lazio rgo.ooo r.735.000 1.5,9.743 r2.082,72 Abruzzi Molise 357.400 3.29r.500 1.436.537 ,6.545,80 Campania 329.000 2.830.700 3.576.96, r6.262,r6 .Puglie 367.6oo 3.259.000 2.344.3,4 19.1o8,28 Basilicata 157-500 1.288.300 467.8,2 9.987,43 Calabria 18o.6oo 1.203-400 1.503.2or 15.074,55 Sicilia 693.600 5.401.400 4.132.156 25.738,02 Sardegna 208.900 1.751.800 866.68, 24.090,r7 Totali Data la maggiore possibilità di rendimento granario, specie per certe [>laghe del Nord (Valle padana, ecc.) il beneficio del Nord è cresce11te, mentre è quasi stazionario il nostro; doppia stazionarietà! stazionarietà nel beneficio granario, stazionarietà nelle condizioni economiche generali del Mezwgiorno. E vengo alla nota obie-.done, che sa ·a.nche troppo di fatalismo: abolito il dazio e smessa la coltura granaria, quale altra coltura sostituireinmo sui nootri terreni ? Conosco la obiezione in tutto il suo giusto peso; perchè conosco anch'io, come Madame de Sévigné, l'alma • terra , non seinplicemente attravei·so le belleZ7..e letterarie delle Georgich~. La obie:,..ioneè Séria, si, ma non insuperabile. Prima di tutto noi non SOGteniamo la sopp,-essioue totale, cli colpo, del dazio - saremmo folli - ma quella graduale. In secondo luogo noi non crediamo che manchino da noi terre granifere che possano reggere aUa concorrenza estera, gravata d.:i spese di trasporti, ed anche (cui non saremmo cl.i massima contxrui) di un dazio puramente fiscale. Si tratterebbe di sottrarre alla coltivazione granaria le terre s: marginali, le quali potranno pur essere numerose, ma saranno sempre WJa parte di tutto il comples.5o, e non potranno, per esse, mancare colture adeguate; poichè non v'è lembo di terra, come non v'è uomo, cui Iddio non abbia largiti alcuni dei suoi doni. - Chi è il forte? ... ; cbi è il debole? ... - Non era iei·i più forte la fertilità del soprasuolo e non è oggi più forte la 1~cchezza del sottosuolo? Noru è stato provato che i terreni , aridi , hanno pure i loro vantaggi di iron te ai terreni irrigui? Dove non può arriva1te lai Sciehza, lo studio e la fede coraggiosa.. ~- salda del. 1'uomo che voglia fortemente? - Poesia? Non abbiamo nel nostro Leccese terre passate dalla granicoltura alla tabacchicoltura? - Non abbiamo sempre più nel Ba.rese terre passate dai grano alle foraggere, col maraviglioso sviluppo dell'industria. del bestiame e del caseifiE non posso Jinire, senza richiamare l'a.tten,. i.ione ancora su un altro svantaggio pe1 nostro Me--~wgiorno. Lo s-viluppo industriale del Nord si è svolto, si svolge tutt'ora, in oonclizioni cli favore; il nostro appena nascente sviluppo industriale date le notevoli dif!erew,e fra la indUstrializzazione del Nord e quella del Sud - dovrà r.ecessariamente svolgersi in conilizioni di Libera concorrenza di fronte alle industrie del Nord, le quali invece si sono svolte in condizioni di assoluto prote?Jonismo. Ma vi ha ancora ili più: quando lo sviluppo industriale del Nord potrà ritenersi completo, esso avrà tutto l'interesse, come sempre accade, di abbandonare il protezionismo e di combattere pel liberismo. Noi meridionali allora saremo ancora nella fase penosa della lenta ascesa, del lento passaggio dalla fase agricola alla fase industriale; il liberismo che sarà propugnato dagl' interessi del Kor<l, tornerà allora tanto dannoso per noi, pel nostro passaggio alla fase indtLstriale, di quanto ci è darmoso oggi, nella nostra fase agricola, il protezionismo del Nord. Il Nord avrà già goduto il berreficio di essersi industrializzato sotto il guardinfanté del protezionismo, noi dm.rremo affrontare aUora, ancora minorenni, o appena adolescenti, la lotta del regime liberista, oltre che all'interno, come già detto di sop["a, anche nei rapporti con l1estero; e, se non saremo proprio degli eroi, per lottare e vincere in quelle condizioni, diverremo certamente per una seconda volta. dei martiri della politica del Nord e continueremo a trascinare la nostra pe.. sante catena di una insuperabile inferiorità ed a formare sempre la massa di manovra della ciarlataneria politica. GIOVANNI CARANO-DONVITO. INIZIATIVA AGRARIA Benedetto Croce conclude il suo recente volume sulla , Storia del Regno di Napoli, affermando che la questione m-eridionale è essen,_ zialmente un probleina morale e spilituale ed a coloro che per risolverla hanno suggerito l'intToduzione di riforme tributarie, l' incremen!o della produzione agricola, il miglioramento cklle comunciazioui, i ritocchi delle tariffe doganali, i"1 decentramento amministrativo ed una modifica della legge comunale e provinciale, egli risponde: < tutte quelle belle cose si potranno ottenere e la Storia tornare o continuare miserabile; pe,:chè si può essere ricchi, natwralmente e poveri spiritualmente, perchè, iJJJbreve, che cosa maJi vare possedere a proprio uso tutti i beni del mondo, si anima ver{l)nostra ditri1nentum capiat f , . Ed in verità, 1a questione meridionale è, anzi tutto, una qu~tione di educazione morale e spirituale, di formazione di una coscienza collettiva, di uno spirito pubblico, che sono il presupposto indispensabile perchè un popolo voglia e sappia m<Xii:ficarel 'ambieute che lo circonda, propiziandosi cose e fatti. Nellè diverse regioni d'ltalia., lo sviluppo sociale ed economico progrecli, nel passato, parimente con lo sviluppo sociale e politico;, ciascuna di queste regioni reagi o si adattò, secondo il caso, adeguatamente agli spostamenti ed aUe influenze dell' ambiente storico esterno, Pitalia meridionale invece subi tutte queste cose : gli avvenimenti vi fuirono, pu:rtroppo, sempre, più forti degli uomini. A misura che l'asse economico del mondo, dal bacino mediterraneo si spostava verso l 'Eu1·opa centrale e di là ai porti oceanici, l'Italia meridionale decadeva. Coll'inaridirsi delle fonti dei traffici, la produzione agricola stagnava, le nascenti industrie morivano e si spegnevano quei centri di vita comunale che stavano per sorgere ed, avi-ebb~ro dovuto dar vita a quel medio ceto, che fu la forza' dell'Italia di mezw e del settentrione. Le monarchie che si succedettero nel Regno, ad eccezione della parentesi nonnannersveva, si conservarono per lo più stra.. niere al paese, lo sforzo unitario sacrificò la vita dei centri minori e lo sviluppo della vacrietà delle energie all'ipertrofia della capitale ed il popolo visse segregato neUe campagne alla mercé dei Baroni insofferenti, gelosi dei Re e diffidenti delle plebi. Questa vita frazionata di ceti senz.a. ricambio, cristallizzati in forme gerarchi. che immutabili, impedì che all'unità esterna 1 formale del Regno rispondesse un'unità i11terna, spirituale delle sue parti. La questione mericliona!e è, quindi, dal punto cli vista storico, come ben dice il Croce, un problema morale e spirituale, in quanto, nel passato, gli uomini furono impotenti a. dominare gli ' agenti esterni ed oggi ancora si pone come tale, in qua-rito gli uomini potrebbero, sapendo v0ler'~, modificare a proprio vantaggio l'ambiente, indubbiamente migliorato, in seguito alla consegmta Unità cl 'Italia, che permette alle provincie meridionafr di valersi della politica estera di una grande nazione nelle lotte per gli sboc. chi commerciali e del concorso finanziario delle altre regioni per 1'incremento del pToprio sviluppo interno, senza contare che agli sbocchi che si aprono per gli scambi del bacino. del Mediterraneo attraverso il canale di Suez si aggiungono i nuovi mercati dell'Asia Minore. Da una recente statistica, riguardante le esportaZioni,"'-dal Gennaio all'Agosto del corrente anno pubblicata in relazione agli studi per la conclusione del nuovo trattato di commercio colla Germania, si rileva che le 26 merci esportate dall'Italia che supe1'ano il valore di 40 milioni cli lire - escluse le automobili, i marmi e lo wlfo - sonq tutte rappresentate da prodotti agricoli o p!r'ovenienti dalla trasformazione di questi, e fr,;,<li essi figurano ai primi posti l'olio, il vino, gli agnrmi, le frutta secche, gli ortaggi in genere, i pomidori, la canapa: prodotti in larghissima parte del mezzogiorno. Si è quindi nel vero affermando che la soluzione della questione meridionale richiede il massimo incremento dell'agrjcoltura, della trasformazione in" dustriale dei prodotti di questa e della loro esportazione. Strettamente connesso alla valorizzazione agricola del Mezzogiorno è, beninteso, lo sviluppo cli quei lavori pubblici indispensabili o.I miglioramento delle comunicazioni interne e di determinati porti, luoghi di transito naturale dei suoi traffici, alla sistemazione delle sue acque. Ma .perchè lo Stato intervenga, per la parte "che gli compete, percbè le altre regioni cl 'Italia non contrastino e si stabilisca un equo compro. messo fra gli interessi agricoli del· Mezwgiorno ed akune forti correnti industriali del Setten- 1 trione, spetta ai meridionali di agire. E ciò non si otterrà che modificando l'ambiente spirituale e morale sopratutto delle =pagne e dei piccoli centri, vincendo le diffidenze che animano le masse contadine nei riguardi di taluni procedimenti agricoli e dividono fra loro i produttori, ossessionati da Ull eccessivo individualismo, aprendo la mente a tutti verso le ntiove forme di competizione economica per l'accaparramento dei mercati, capacitandoli della necessità dell'organizzazione per l1eliminazione della concorren7.,a nociva e di intermediari superflui. Occorre, in altri termini, sradicare quellaJ vieta consuetudine cbe ispi<!'a alla gente dabbene una p:rofouda ritrosia verso la vita. pubblica, per il timo1·e di compromis·sioni, per pigrizia, per indifferen7.a e fa 1-itenere lodevole per i galantuomini fl il fa.tsi i fatti propri », lasciando ad altri - cioè agli intriganti, ai profitta.tori 1 le cure della cosa pubblica: ccmsuetudine che, rilevata al principio dell'Ottocento da alcuni viaggiatori francesi citati dal Croce, è viva tuttora. Questo disinteress,e per la vita pubblica dei più è il principale motivo della tirannia delle clien. tele, che soffocano ogni iniziativa cli organizzazione cv1lé!tiva, ogni libera manifestazione di energie ed ostacolano l'accostamento dei ceti e la selezione naturale dei singoli. I Consigli agrari recentemente istituiti con R. D. 30 Dicembre 1923, rappresentano, in prin- ·cipio un ottimo mezzo per la soluzione del problema agricolo che incombe sul Mezzogiorno, nel senSO' cli renderne ,oonsa~voli gli interes-. sati e di incitarli alla collabora7..ione. In seno ai Consigli agrari, la classe agricola meridionale sarà chiamata ad affrontare la discussione dei maggiori interes,;i della propria regione ed a pronunciarsi sulla loro soluzione. Il nuovo is.tituto potrà segnare il primo passo verso ] •affiatamento dei ceti agricoli del Mezwgiorno promuovendo la pubblica discussione dei massimi problemi regionali e la schietta rappresentazione dei teTmini in cui questi problemi si pongono. Investendo gli interessati di una diretta responsabilità nella tutela dei bisogni dell'agricoltura meridionale si stimolerà quel senso di iniziativa dei singoli cittadini che è la garanzia pii, sicura della soJuz.ione dei problemi collettivi. Il pr<YVvedimento tisente, però, purtroppo dei sistemi paternalistici del regime. Anzichè affidare veramente ai Consigli agrari la liwa rappresentanza degli interessi <lclla classe a~la, secondo gli intenti dei progetti precedenti (Micheli e Mari) si è -voluto porre il .nuovo Istituto sotto la tutela degli organi di Stato, af!idan. done la presidenza al capo dell'Amministrazione provinciale e chiamandovi a p,artecipare numerosi funzionari, i quali inevitabilmente soggetti a pressioni burocratiche e politiche, sof!oche,-anno la libeTa espressione degli eletti dei ceti agricoli, che ne dovrebbero ess-~re i soli veri rappresentanti. Altra osservazione d'ordine generale, che pare essenziale, è che, non potendo il problema economico scindersi, esso non può risolversi separatamente sotto il suo a.spetto commerciale ed industriale e sotto quello agricolo, sopratutto in una regione come il Mez,,,◊giorno, dove l'attività economica preminente è rappresentata, da quella agricola e l' Industria ed il 'CommeTcio sono subordinate a quella, in quanto non fanno che tras-f..mmarne o scambiarne i pro. dotti. E' noto che le industrie più floride del Mezwgiorno - se se ne eccettua quella dello zolfo, - sono quelle che trasformano prodotti agricoli e che altre del genere vi potrebberosorgere, date le favorevoli condizioni del suolo, sviluppando le coltivazioni occorrenti. Ciò dicasi, in particolar modo, per l'industria della seta che nell' Italia Meridionale potrebbe prospera.re, se vi rifiorissero la gelsicoltura e la. bachicoltura. Pertanto, aflinchè il problema eco- . nomico sia considerato nel suo complesso come nnico, in quanto i fattori industriale e commerç:ia]e e quello agri.colo sono reciprocamente in funzione l'uno dell'altro, e nelle particolari condizioni del Me,.zogiorno d' Italia, può dirsi seni.a errore, che i fattori industriale e commerciale sono subordinati a quello agricolo, le rappresentanze degli interessi agricoli, che oggi siedono sep,aratamente, dovrebbero essere chiamate a collaborare, in un unico consesso, rolle rappre1oentanze commerciali ed industriali riunite nelle Camere di Commercio. Queste Camere economiche dove si discuterebbero gli interessi principali di cia.scuna regione, mettendo a contatto diretto ed affiatando gli uomini che ai commerci, alle industrie ed all'agricoltura si dedicano, rappresenterebbero nel1' Italia Meridionale un efficacissimo stimolo per la formazione di quello spirito pubblico che è fra i principali motivi dell'incompleto SYilu[>po di quelle popolazioni. Tali Camere potrebbero aitresi diventare i centri di irradiazione di una attività amministrativa nuova, che penetrando i cohruni e le provincie libererebbe la nta locale dagli intrighi della politica dei profitattori. I singoli, stimolati a fare per i p:topri interessi, si adoprerebbero a fare per la collettività, senza diffidenza, ma sopratutto a fare da sè, senza invocare sempre aiuti esterni, ed a tal fine ciascun<::\sarebbe mosso a cercare la co1labora7ione di quanti hanno interessi analoghi. Implicitamente, dalla collabomz;ione nascerebbe la organi:z:z.az:ione,da questa la spinta all'autogoverno ed all'iniziativa locale, senza le quali qualunque provvedimento, decretato dall'esterno in favore del Mezzogiorno, sarà vano. CARLO AVARNA DI GUALTIERI PIERO GOBETTI - EDITORE TORINO - Via XX.Settembre, 60 li/time novità: SAVERIO MERLINO POhITIEGl'AtUHHSTRATUR L. 6 Documenta l1intervento del governo nelle cose della magistratura specialmente sotto il fascismo GIUSEPPE PREZZOLINI 6IOVAnn1 PAPinI L. 6 Al vecchio saggio di Prezzolini su Papini, che rimane il più importante libro sull'argomento, sono qui aggiunte limpide e p,rofonde pagine su Fa-pini, e la guerra, e su Pa.pini cattolico. GIUSEPPE GANGALE HIVOLUZIONE PHDTESTRNTE L. 6 Una visione nut>va OTiginale del Protestantesimo e della, st01ica crisi italiana. ..l'ilfre novità : G~NERALE SARDAGNA :Il disegno di guerra ita_ - Uano nel l'u.l tinta giierra contro- l' A 1istrù:r. L. 12 A. CAPPA : Pareto , 5 M. VINCTGUERRA : Inrventario d'i cultu-ra » 5

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