La Rivoluzione Liberale - anno III - n. 44 - 25 novembre 1924

COMMEMORAZIONE NTICIPATA DEL DUCE },.' opiniouc assai dìffusa che i nostri Comu1ii abbiano avuto origine e derivino dalle iuvasioni barbariche. Secondo 1'opinjone di autori molto stimati l'ordina.ml:uto 1eudalc avrebbe dc:termitiato il fon11a1·si di essi, che sarebbt-ro stati mente più che il teri-itorio dell'imperatore donato al cattaneo, al co1Jtc. ci()(; ed al capit.ano, per que:-to ~olo fatto tenuto a fornire all'imperatore <leb:::1.-miuat.econtribuzioni pccm1ia1ie e un delen::nlnato 11tu11erod'armati in caso di guerra. Sempre secondo 1 ri<:oròat.i autori da quc~ti armati sarebbero poi nate le mili1..ic citla<l.i11e dei Conu111i 1 nel tempo ~tesso che dai :-itta.dini, 11dl'assènza del Conte chiamati a reggere ja c·os.a pubblica, sarebbero nati i primi parlam(:':-iti locali, i primi Consigli con~umdi. Con lulto il rispelto dovuto a coloro elle ii•'01.10sciamo per maestri ci sia 1)1.:1messo l-Sservnre .çhe secondo uoi, uon è esatto dire ciò, o che per lo meno, se a molti Comuni puù convenire la deri\·azioue descritta, a molti alti-i non può -<.:ertamenl<:couvenire: e sono questi i Comuni esistenti anterionuente alle invasioni, Yale a dire i Comuni Roni:uù. I Comuni italiani hauuo Yerosimihnente avuto una doppia origine, di cui una può essere riferita ai Romani e l'altra agli impe.rato.Ii oltramontani, cou questa differenza che i Comuni <l'origine romana erano ne11a più parte dei casi situati in posizioni salutari e privilegiate riguardo alle grandi ,;e di comunicaz.ioue e' per ciò più popolati, ri.cchi e colti, mentre gli aJtri . erano nella più parte situati in zone anticamente inabitate per florescenza di seh·e, o per invasioni di acque, e facenti parte del pafrimonio <lenku1iale, 1-iguardo ai quali è facile osservare che gli elementi inferiori delle popolazioui viciniori, ladri, banditi e fuori lTgge cli ogni risma delle città più antiche souo stati i primi abitanti, mentre dalle cattive condizioni etniahe è faci)e arguire la miseria di quei luoghi impervii e la necessità di una difesa contro i. numerosi predoni che li infesta.vano. I piccoli Comuni feudaJi erano quasi minuscole colon:ie graYitanti attorno ai grossi ComtUÙ romani, dentro le mtua dei quali veni,·ano esclu.si,-a.mente fabbricati gli oggetti necessari .alla ,·ita ed alla produ7.ione: calza.ture, stoffe, vanghe, aratri, ecc. l~n assieme di questi r11ichi era la Bassa Ro111.arna che i Conti di Cunio cli ·oon.igallia e di Zagcuara dominavano dall'alto dei loro merlah castelli, e non altro forse che un r,rico romano eira a.uche l'antica .ì[azafrena che fu poi chiamata (per la produzione in essa preponderante dei cotogni), Cotignola, e che è rimasta celebre per aver clato i natali al grande capitano di ,entura Muzio _-\tteudolo Sfor7.-a.,della cui morte t ricorso in quest'anno (1924) il centenario. ~on riesca disca.ro ai nostri lettori il sentirne parlare, giacchè ] 'argomento è quaJ1to ma.i di attualità! Da Gio,·anni cli .Muzio Attendolo e da Elisa Petroncini nacque quinto d'una serie di 21 fra- .te11i il 19 giugno 1369, a quanto sembra, Muzio. Tanto il ·padre che la madre erano facoltosi cittadini di Cotlgnola, proprietari di terre, e di ca.se, e niente affatto contadini come molti sto• rici dicono. Tanto )fozio che gli altri fratelli tutti, maschi e J.emmine, riceverono dalla madre una severa educazione militare, nella vasta casa sempr-e rigurgitante d'anni e d'armati e risonante delle ge5ta dei famosi ca{nta.ni di ventura che allora scorau..avano la Penisola, l'inglese Giovanni Acuto e il romagnolo Alberico Conte di Cunio e di Barbiano, resosi celebre in tutta Italia per l'ap 0 pello che a lui fece Santa Caterina perchè corre...c-.eea difendere la fede contro lo straniero, e per la strepitosa vittoria ottenuta. a Marino con trnppe esclusivamente italiane (30 aprile 1379) sulle truppe brettoni e guascone, in riconoscimento della quale ftt da Urbano VI investito del titolo di Cavaliere di Cristo e donato d'una bancHera.'bianca con sopra vi ricamata una croce rossa e la leggenda: - Italia liberata dagli ~tranieri -. E' facile immaginare quali rìsonanze aves- ., ~ro tali o-esta nella faziosa famiglia d.ei Atten. dok, sem;.e in rissa con la rivale famiglia dei Paolini. e di quali smaglianti colori si coloris9C"ro nella mente infantile del piccolo Muzio, sin da a.Jlora sempre primo quando c'era da menare le mani. Non desta perciò meraviglia la fuga cbe egli aPl"'na clodicenllk nottetempo compi dal tetto pcterno per arruolaxsi quale soldato d1 ventura ag-Ji ot'dini di Alberico, il suo grande e leg:gen- <fario contemporaneo. La nota leggenù.a che a questo proposito. ne t,· nata 11011 solo è falsa, -ma è grottesca, po1chè · -non è possiLile credere che un baillbino di dodici anni potesse lavorare di' zappa; molto più -poi lo Sforza che apparteneva ad una famiglia ricca e nota di cittadini. Merita però di esse.re riportc1..~1 perchè bella, oun.n:t.unque llOn originale, poichè in Paolo Ùi-acono Ye n'è ttna simile a p,roposi~o del maLrim011io di Auta.ri re dei Longo~arcli con Teodolinda, come giustamente ha fatto osservare l'illustre monsignor Utnzoni nel discorso com- ·memorati vo tenuto il 15 luglio 1924 a Cotignola. M.a eccola nella prosa del Ricotti: LA RIVOLUZIONE LTBJ,;;.A;,E lì9 • Passavano u11 giorno alc,1nc -<~m1drcdi Holdrino da Pani.gaie presso a Cotignola i11 Rom;igua, e scorgendo nei campi un gan.,onc.:ello mtcnto a lavorare colla m.irra )(' non inolte terre paterne, l'addimandavano dcl1a via. La speditezza delle costui risposte avcll(lou~ fallo osservar<.! la gagliardia dc1le membra t: la fi11cz.7.,a del- )' aspetto, da buo11i cam<:rati il nchicsero d1 arruolarsi con loro. [l \.lll:.111cllo dubbioso <:d impazicnl<: di co11sultarc frn .!-,(,: quc:.l }Ydrlito, abbandonò alla sorte di <:hiarirlo: detto fallo, lancia la marra fra gli sptssi rami d'una. que1cia, e scco stesso fa patto di prendere l'armi quand'essa (uou) 1 icadcss<.:. La marra {uou) ri cadde, e Muzio Altcudolo (tolto sc-grclamenlc di casa uu cavallo) seg-ul alla r,rt1crra in qualità di ragazzo un uomo cl 'arme spoletino detto per soprannome lo Sco,rucdf •. Ciò accennalo si può dac eh~ la carriera militare dello Sforza llOll si <li/lerenzia <la quella degli alL1; capiLa11i di v<::11tura,consistente nella µiù parte dei ca-;i 11el passare da 1.111 padroue all'altro; e nel saccheggiare i villaggi e le città su cui venivano ad abbattersi, pericolo non meno grave della peste cui i 1010 eserciti erano quasi sempre apportatori e della morte che qu.as.i sempre accompagnava le loro vittorie. Quiudi, iu quanto strumeuti in mano dei signori che li adoperavano pel loro inl~resse, più che alla storia essi appartengono alla cronaca, e solo raramente qu..alcw10 <li essi assurge alla dignità della prima, come il celebre ai s1.\0i tempi Alberico da Barbiano che priruo assoldò in Italia un esercito <li ita.lian.i, e primo dopo molti se<:oli vinse contro gli stranieii, confe_ rendo alle armi italiane u.JJ qualche pregio e all'idea di indipeudem.a allora rappresentata da Urbano \"I e da Sauta C'lterina, una realtà; che uon per colpa sua, tornò ben presto a dimostrarsi fugace, come il figlio dello stesso :Muzio, Francesco, che con audacia ·pari all'astuzia riusci a sposare la figlia del Visconti ed a farsi proclamare dal popelo duca dj Milano dopo la morte deU.o suocero, Fiiippo Maria Visconti, segreta.niente ca!<leggiando l'idea di farsi proclamare re dell'Alta Italia, dopo che p~r me1;to suo e del Visconti, ricordatoi le piccole Signorie locali erano state inghiottite\ dalla maggiore signoria milanese. Il vasto movimento delle Compagnie di ventura (combattentismo) impostosi dapprima come un fenomeno di disoccupa2-ione e di polizia, occasionato dalle in....-asioni straniere e dalle fazioni (Fa..<ci di Combattimento, squadrismo), finì per assmnere l'importanza d'un fatto politico allorchè col Barbiano, collo Sforna, e con Braccio di Montone ed altri minori, di,·cntò febbrile ricerca d'una signoria e d'un dominio e con Francesco Sforza e le due regine 'Giovanna I e II di Napoli, tentativo di dar una qualsfasi unità all'Italia (Marcia su Roma). Inconsapevolmente le Compagnie di ventura. ebbero/ la missione di proseguire l'interrotta opera del ghibellinismo, rappresentando, di fronte al papato, che con Urbano VI e Santa Caterina, come abbiru.no detto, era ]'esponente dell'iudipendenza italiana contro Io straniero, il laicismo e l'insofferenza, e la schiav:itù di fronte agli usurpatori ultramontani (Missione Barrère . Ruhr) . Non è senza significato il fatto che proprio • da un discendente dello Sforza, Lodovico il Moro, duca di Milano, sia stato chiamato in Italia Carlo VIII, dietro al quale, come è noto, sono venuti gli altri stranieri che per circa quattro secoli hanno te9uta in soggezione 1a nostra patria. Sullo ~fondo sa_ttguigoo e turbato di questa epoca noi dobbiamo collocare lo Sforza, che fu chiamato tale da Barbùmo per la sua petulanza e prepotenza, e che dei suoi contemporanei se ebbe al sommo i difetti, non ebbe che scarsamente alcuno dei rari meriti, se ne togli il coraggio e l'audacia che possedè in gran copia. Così anche lo Sforza che i contemporanei chiamarono villano perchè violento, ignorante e ro-a...o (sapeva appena scrivere il suo nome) e che pure macchiò la sua coscienza con concubinaggi, fu'fti, uccisioni, tradimenti (è rimasta celebre l'uccisione a tradimento di Ottone Terzi, tiranno di Reggio, il cui cadavere fu a Modena· dato in pasto ai cani) e stupri, ebbe a su.a volta tratti umani e degni di cuore come ill01·qu.ando per invito del Gran Siniscalco della Regina Giovanna, st_rinse di nuovo l'amicizia con Braccio di, Montone suQ antico compa.gno d.'armi sotto il Barbiauo (chi parla di Zinowieff, e che cosa c'entrano la Bessarabia e la discesa dei comtrn.isti dall'Aven,.. tino?), a lungo soffermandosi a discorrere delle passate gesta di gioventù; non senza rigare di pianto quelle sue gote glabre ed ossute; e come allorquando uel guado del fiw.ne Pescara alla foce per salvare il paggio che lo seguiva, tra- ,volto dalle onde furiose del mare, lo Sforza ~llungò per soccorrerlo il braccio poderoso, ma essendoglisi impennato il cavallo, anch'egli P'recipitò nell'acqua per scomparite per sempre, prima che il figlio Francesco potesse correre in suo aiuto, e sell.7..ache la pesante armatura gli permettesse di tentare un salvataggio qualsiasi. Questo avvenne il 4 gennaio 1424, e l'avversario cbe gli stava' di fronte era appunto Braccio di Montone, il quale dicesi che alla morte dell 'runico. nemico rimanesse molto triste e seco stesso piangesse, forse pensando che altra fine doveva, spettare all'illustre suo rivale. ARMANDO CAVALLI. DEL PERFETTO TIRANNO ueftera di uorenzo Vecchio De' Medici a Benito Mussolini Lorenzo dc' .'\lledici, niiracolo di saggezza giolillin1u,_ nel Quattrocento, ma i>igenuo per i no stri [,..mpi, manclò qursta • lettera aperla _. al• l'im. /Jollai, crede11,dolonon illelleratfJ. Senonché l'tm. /Jottai, fosse la frctu,, fosse la magia del suo mussolinismo, attribuì anch'e1;li lo scritto a Lorenzino e temendo di enirne POi accusato come mnico dei tirannicidi ( esare Forni e Libero Tancredi si indtusse a cestinarlo. Noi l'abbiamo a1rula sotto 1:incalo di segreto da Curzio Suckert, che si sta fregando le mani per la t:Wia di {l1.Jer fallo 1m dis/>ellu.cci.o al .1uo padrone ,VJussolini. Col ri.r;petto ,, coll'amore nostro per la storia riparia>no l'errore d,il buon /Jottai e diamo per ima volta tanto posto nella Rivoluzione Liberal.e ad una prosa revisionista ringrazian4one !'o-nesto filosofo del/' Alt.crcaziolle. Jlilg,iifico Signore, Ua tempo avevo divisato !;Crivt.-rea1la Magnifìce,v,a Vostra, per rivolgerLe qualche rispettoso consiglio sul modo di governare lo Stato e di tenere i popoli soggetti : e tardai a ciò fa.re, solo pcrchè temetti di essere da Voi non conosciuto e considerato. Jn uno infatti dei Vostri discorsi, (quale non ricordo, perchè tanti ne pronunciaste), Voi mi confondeste con un mio tardo e indegne nipote, attribuendo a quel Lorenzino o Lorenzaccio, uccisore pazzo e inconsiderato del suo Signore, una certa canzone del Trionfo di Bacco e di Arianna, che, per dare spasso nel Carnasciale a me ed ai con~ttadini miei, in m1' istante cli ozio improvvisai. Perchè, ~Iagnifico Signore, io mi clilettava di cotali bagatelle, e molte ne composi, che assai piacquero allora, ed ancora oggi a qualche rado amatore recano alcuna dolcez7..a; come parimenti r::ii dilettavo di lingu.a ~reéa e latina e di arti belle, molto allietandomi la vista delle meravigliose opere dei nostri antichi, e di quelle ancora, che ad imitazione di esse, gli artisti miei amici dipingevano e scolpivauo: la Vostra Magnificenza invece non è usa a perder tempo in. tali Yanità, indegne per certo di un tanto Signore, e può onoratamente vantarsi <li non aver aver mai posto piede in un museo, e cli non aver mai lette le inutili favole di questi cìanc.iatori, cli cui io stoltamente mi compiacevo. Temevo dunque allora di giuugervi sconosciuto, ma so che Voi avete u1tin-l3.mente con somma attenzione letto e meditato gli scritti di Nicolò Macchiavélli, Fiorentino, uomo, rhe, sebbene avverso alla mia casa, ebbe ingegno non piccolo, e a11imo degno d.i gjgnoria, il quale nelle sue IstOrie Fiorentine, parla alcuna. vo\ta di me e dell'opera mia : laonde, non potendo io credere che la l\>la,,o-n.ificenzaVostra si sia appagata, come ta1uno insolentemente sussurra, nel legge:,e il solo opuscolo , De Principatibus », ma ogni cosa abbia diligenteme11te c::onsiclerato credo oramai di esserVi noto· abba· stanza per ardire ·di sinceramente parlarvi. Ancora mi ratteneva il timore di non essere da Voi inteso: che, se io avessi adoperato lo stile solenne, che costumavasf ai miei tempi per le eccelse cose, Voi, che non sciupaste le Vostre preziosissime ore nel leggere le antiche scrittw.-e, non avreste forse compreso la parola: e se Vi .avessi scritto 11el nostro dialetto Fioreu,tino, come usavo cogli amici e coi famigliari, Voi che in altra terra siete nato, ugualmente 1,od. avreste• inteso. Ho fatto perciò accurato studio delle Vostre gazzette, e mi vo sforzando pazientemente di imitarle e di seguire il loro stile, tanto dal nostro disforme, e la lor lingua, strana e inconsueta oer orecchi :fiorentini : e, se non riuscirò forse- intera.mente a dismettere il mio vecchio c::ostu.me, almeno spero Vi sarà la mia scrittura per la maggior parte chiara ed aperta, non avendo Voi alcuno che possa in tali faccende aiutarVi. Posso cosi finalmente compire il mio vecchio desiderio, e palesarvi che ho seguito con inte. resse e con simpatia il Vostro sforw per farVi tiranno d'Italia. Era tempo che in questo Paese, rovinato dal popolare dominio, si instaurasse da qualche uomo degno e virtuoso, tm saggio Governo. Spdacquemi, per dir vero, sin da principio che Voi Vi foste impadxonito della pubblica cosa con mezzi violenti e straordinari : ma anche altri che similmente per scelleratezze pervennero al priucipato, • seppero poi conquistarsi l'animo dei loro soggettì. Bisognava, 1V1agnificoSignore, che Voi faceste dimentica.re con quanto sangue e uccisioni infinite Voi eravate al potere pervenuto, e c::he,fingendo di deporre le anni, appariste amico sincero del popolo. Io vidi alcuna volta la Vostra Reverendissima effigie, e molto mi contristai, veggendoVi sogguardare torvo, con feroce cipiglio : ai popoli bisogna mostrare faccia benigna e sorridente; non minacciare, ma spargere dolci e melate parole; non tener desto con le continue percosse il malvagio loro spirito di rivolta, ma soavemente addormentarli, proprio come Mercurio assopi Argo dai cento occhi. Perchè Voi mi parete aver dimenticato che questi Vostri Italiani, come i miei Fiorentini, erano genti adusate allo ..scelleratissimo stato di libertà; e con sì fatti uomini v,uolsi altro consiglio che coi consueti a servire. Puossi con la for-,a tenere un popolo da secoli schiavo, come quei, barbari di Russia, non una Nazione, usa a danc..-iare cli lit.>'·rtà, e bram0&a <li governan,i <la f>È= med.t:f,ima. Lc,nveniva, .\1agnifico Signure, che c.ome; io feci, Ja.',M,aSte loro l'illusfrme ,H e5&(..-"l'ed 'ognj <:osa padroni, e amorevolm<.'1Jtf•Ji conduc.:tSt:e aJ Vogtro volere. Pure: a,~-vatc accanto a Voi accorti e moderati con~iglieri, che ~ernpré :-indavano dic:endoVi di attenervi "Ile: lr-gg1, <hc sarebbe stato saggio c..on.~ig1io,e noo .;arest:J: precip]ta.to wme <Y,:;gi si<:te. r-: Voi non Ji asr·oltastf-', e fida,;t.e in certi uomjni incon,,iderati t.d e:eces: i\:i, cbt, c:oJ lor(> continuo mina.cc..-iaree battere e uccidere gli avversa.rii, Vi ft:e-c~o apparire ai Vostri ~getti crudele tiranno. (Jra un tiranno può essere crudele, ma non d<.."Vemai aflp2.rire . .Bisr..,gnava cbe nessuno dei Vostri nemici fosse f'Ubblicamente battuto ed ucciso, solo bisognava r·he la giustizia li punisse quando con le loro evngiure mina.ccias5€"ro la Vostra skurez1..a, e che per il loro odio verso un Signore reputato dalla maggiora117,abuono, naturalmente cadessero io disgrazia alla moltitudine. Io mai non colpii i rivali. miei, ma li feci apparire nemici della Città e del popolo Fiorentino, che tanto li odiava, che io stesso più n<.>na•,Tei saputo. E potevate i,,_ sciarli liberamL-nte parla.re, che mai le parole non nocquero ad alcun signore : era.vi nei mi.t-1 ultimi anni uno stoltissimo frate, certo Jerorumo Savonarola, il quale andava dal pulpito ch··- cian.do contro di me, e voleva io ridonassi a Firenze il suo libero stato: ora io nulla feci coutri di lui, ed egli inutilmente gridava, chè il popolo più volontieri alle mie feste che alle su.e prediche accorre\-a; e se voi avest.e .lasciato che questi Vostri piagnoni andassero per le vie e per le piaZ7,e a piangere ed a lamentare quei loro vani nomi di libertà, il vulgo persuaso di essere felice e sovrano avrebbe riso di loro, e finalmente li avrebbe lasciati predicare al deserto. Bisognava non con la Milizia reggersi, ma introdurre in tutte le cose dello Stato nomini fidati, che facessero e disfa=ero a V05tro modo, e paressero governare per ;1 bene della nazione Italiana. E Voi non dovevate tanto mostrarvi, ma tenervi. nascosto e silenzioso, ed apparire piuttosto privato cittadino che signore. Spesse volte Vi incamminaste per questo retto cammino, ma subito deviaste per falsi sentieri. Specialmente, molto mi rallietai, quando, tolti cinque u01nini Vostri, li eleggeste a scegliere i nomi di quegli che dovevano entrare nel Consiglio maggiore o Parla.mento, e fingervi di rappresentare il Yolere della ~azione. Voi sa.prete essere stato questo mio consueto mcxìo, usando io a cìnque accoppiatori affidare l'imborsa.mento degli eletti dal popolo: e così credevano gli sciocchi di governare, e di questa illusione si appagavano, mentre io facevo ogni cosa a mio piacere. Potevate Voi an~re così un sicuro consigli'o: non era allora necessario, ed era dunque stolto, permettere che segnitasaero le battiture e 1~ uccisioni e le altre innumerabili offese : ma dovevate Voi chiudere in carcere questi Vostri seguaci, e preferire il consenso della molhtndine alle anni dei pochi. Eppure, ?vlagnifi.co Signore, non è ancora trop.. to tardi: liberatevi dai malefici compagni, .richiamate i Vostri amici veri, quelli, che oggi vanno a.nch 'essi gridando contro di Voi: mi dicono che volete cangi.are nome alla Vostra par. te, fatelo e cangiatene tutte le sembianze, deponete le offese, lasciate che lo Stato colpisca esso i Vostri aVveTsari, fate giustizia, e molti ritorneranno a Voi, perc::hè il vu1go è stolto e dimentica e crede: qneUi che Vi sostennero ieri, V.i sosterranno oggi, perc::hè sanno che a quei Vostri nemici non saranno mai cari, mentre da Voi ancor tu~o fX)Sscmoattendersi :lasciate che questi fantocci si illudano di got"ernarVi, e colla Vostra scaltrezza tirateli sempre al Vostro rnlere. Fate quanto Vi dico, ~onifico Signore, e sarete ancora in tempo a salvare Voi e lo Stato. Oggi è il momento dei rimedi straordinari : sospendete ad una f~rca in w1a pubblica piazza qualcuno dei vostri più fieri seguaci, quel Roberto, in primis, che tanto ha fatto per rodna.rVi, credendo di servirvi, ristabilite le leggi, e Voi sarete padrone d'Italia. Fate, Magnifico Signore, che io veda presto una Vostra immagine in atto dolce e benigno, spirante amore verso i popoli soggetti, sorridete, e imparate a tacere, o almeno pensate a ]ungo prima di parlare, andate per vie coperte e tenebrose, ed io sarò sicuro delle cose Vostre. Che se Voi seguirete invece ad apparir tiranuo, poco Vi rest.a di signoria.: e che farete allora? Io almeno avrei trovato .qualche consolazione nella poesia e in simili baie: ma a Voi, che di t.ali cose degnamente siete schivo, non resterà che ritirarvi in un convento a meditare sopra i fail.i vostri. Non Vi spiaccia, Magnifico Signore, se ho ardito rivolgerVi questi consigli : me li ha ispirati sincera devozione e desiderio di vedere Voi amato e potente, e il mio popolo saggia.mente governato da un buon Signore, che sappia dominarlo, lasciandogli quell 'illu.sioni di libertà, alle quali, per sua naturale stoltezza, porta cotanto amore. Sono della Magnificenza V05tra: L'ttniilissimo servo LORENZO DE' MEDICI Cittadino Fiorenti-no. Ex inferis. Anno Domini MCMXXIV. •

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