La Rivoluzione Liberale - anno II - n. 31 - 16 ottobre 1923

LALOTTDAELLGEENERAZIONI V. Soluzione fascista Colla costituzione del Gabinetto Mu.s.soli11i, le generazioni nel fascismo sono stale netta.mente divise : da una parte quella che poteva inquadrarsi nella nuova funzione con. servatrice, dal!' altra i giovanissimi, che hanuo contribuito attivamente a provocare un rivolgimento politico da cui fatalmente sono stati esclusi. Eppure questa è stata la vera « generazione fascista • come quella che la precede si può definire la , generazione ~ocialista ». Il quarantenne Mussolini, Presidente del Consiglio Italiano, è l'esponeute di una geuerazione, che passò per tutti i sovversivismi, da quello politico a quello letterario, per inquadrarsi nella vita, e, finalmente, attraverso l'esperienza della guerra, ha conseguito lo scopo dopo aver esaurito la maggior parte della sua energia sovversiva, nei rnri atti contro i'ordine ed il benessere gioJittiano. • Questa generazione, che si può chiamare ::\Iussoliniana, come la precedente si definisce giolittiana, tentò con mille mezzi, col sindacalismo, col socialismo, col futurismo, col nazionahsmo, col repubblicanismo, di sbaiza.re dal seggio i padri ed occuparne il posto e finalmente ha ottenuto lo scopo, dopo aver acquistato una più calma visione dalle tante e varie lotte vissute. Così per il momento non chiede che di sedere al posto occupato e d'essere lasciata tranquilla:_ i vecchi, _gli ultimi vecchi, _si sono orma1. messi. a nposo e uon tenteranno d;ayyero di disturbare e guai ai giovani se tenteranno di muoversi trOP'.J?Opresto. Questa generazione difenderà i posti conquistati con ogni mezzo; avendo oscillato fra tutti i sovversivismi, avendoli tutti vissuti, intende difendere con energia lo Stato e la propria p::>sizione conservatrice, tuttavia minata pericolosamente da vari residui di sovversivismo giovanile, non ancora esaurito. La ,-ittoria della generazione Mussoliniana è caratteristica e risulta chiaramente se si considerano, naturalmente senza. da.re al confronto un valore assoluto, le due figure di Turati e Mussolini. Turati con i .suoi sessantacinq·ue anni appartiene alla genera.7-Ìone giolittiana; il suo fondo è ottimista, confida nelle cose e nella bontà degli uomini, crede il domani migliore dell'oggi; nel periodo del dopo guerra, in un certo momento, se avesse osato, avrebbe avuto larghe possibilità di successo·, innanzi a sè, ma è stato lento, impacciato, accontentandosi troppo delle piccole cose. La sua ambizione è stata troppo modesta, la sua onestà ~cessiva, per conquistare e mantenere il grande successo politico, il suo rispetto per gii uomini, le sue pacate riserve, la sua tranquillità, belle doti di saggezza per chi intende mantenersi al disopra della mischia, sono state in lui debolezze iÌlrrimediabili e decisi ve in un periodo di lotta accanita di generazioni, di gruppi, di partiti, di ceti, in un periodo in CID il posto alla vi.ta lo ,si conquista e lo s!Ì! mantiene con, ~ me.wi più brutali e più decisi. Turati è lento: la s,u,a. fiducia, il suo ottimismo sono in lui il prodotto del periodo patnarcale di Giolitti, a cui ripensa ostina- -t.amente con nostalgia, ed in cui ha il migliore periodo della sua vita di politico! Sognare la pace quando c'è la guerra, è i! primo elemento di insuccesso per un politico che vuole agire in quel periodo e vincere. Mussolini è pessimista, teme di non arrivare, raddoppia la sua energia, si ride dei pudori dei programmi, delle idee. Quello che vale per. lu-i è arrci'vare, e arriverà, con ogni mezw, al posto di comando, c01IJ.fermando ancora una volta che l'energia: è essenziale nelle idee politiche. Mussolini è furbo ed energico, pare un forte, ma è sopratutto abile. I programmi e le pregiudiziali che nella corsa del do- ·p0guerra lo impacciano, sono da lui rapidamente gettati, gli abiti più opposti indossati nel momento favorevole e subito svestiti, appena urtano colle circostanze. . Bisogn:i, servirsi_ del!' ondata e farsi quindi leggen, ~alle,ggia~~ sulle circostanze, per -es.sere trascmah : gm qurndi il tendenzionalismo repubblicano; che ostacola, giù le ostilità e le intranSil'genze verso i gruppi parlamentari quando si tratta di entrare alla Camera e non essere isolato. Arriva.re, ecco l'importante, il fine, e su- .bito dopo il .:fin.esari di restare_ e.d a questo fine sarà compiuta ogni transigenza. I] sessantenne Tura.ti si g'i'Dgilla tre anni per decidersi ad andare al Quirinale; Mussolini non esita un minuto ed alla prima crisi ministeriale, senza! abbandonar'e il tendenzionalismo repubblicano, va dal Re. tJ LA RIVOLUZIONE LIBERAL?. Poi, quando più tardi Turati si decide a salire il Quirinal_e _nel luglio 1922, il quarantenne Mussolm1, meno scrupolj e più energia, marcia. già verso il Governo : e lo forma proprio quando Turati ed il suo gruppo escono dal P. S. per realizzare il loro programma collaborazionista. Anche un confronto tra il sessantenne D'Annunzio e il quarantenne Mussolini riesce utile e porta alle stesse conclusioni. Col gabinetto Mussolini, dunque, le generazioni si dividono: da una parte nella uuova fun:;,;ione consc:rvatrice, la gen~a:;,;ione che fece la guerra, la nuova generazione paterna dall'altra, gli adolescenli, gli squadristi. I giovanissimi ora, dopo il grande sforw, sono disorientati e ripiegati su se stessi, senza fiducia, abbattuti, quasi vecchi, prima di essere stati giovani. Li hanno accettati soltanto nella Milizia Nazionale, ma, ripetendosi ogni giorno, anche montare la guardia a Montecitorio diventa una cosa monotona e non tarderanno a stancarsene. Nelle Sezioni del fascio sono poi entrati i loro padri e questo basta per allontanarveli. Bisogna bada.re a questa generazione, non irrigidendosi nello studio delle idee, analizzandone i sentimenti e le fasi che possono percorrere, perchè le metamorfosi dei sentimenti nelle generazioni spiegano molto. I giovani non hanno mai costituito elemento di conservazione per i governi e per l'ordine costituito. Questa generazione di giovanissimi, quan,. do vorrà inquadrarsi nella vita, chiederà la sua rivolta perchè sente troppo pesare su di sè la guerra, come una con.danna., per non tentare di scrollarsela di dosso: oggi sono vecchi, prima d'essere stati giovani, ma forte è in loro il rancore dell'adolescen7.,a. mancala e degli entusiasmi cosi presto abbattuti ! (FINE). G-RILDRIG. ltH.POI.tITIGA. EGGhESIASTIGA NE!tnrnol(Gifd"ENTO III. Così, la legislazione ecclesiastica del nuovo Regno fu interamente plasmata nell'angustia dei pregiudizi laicistico o riiormistico da un lato e Ja forza della reazione intransigentemente cattolica dall'altro. Questa mirava a diienrlere quanto poteva degli antichi privilegi, e a traverso 1'opera dei vescovi. e del clero, riusciva a far sentire la sua voce nel Parlamento - nel Senato in ispecie - e ad agire perfino sulla coscienza del Re. Senza una serena valutazione di coteste diverse correnti non è possibile comprendere '10 spirito della nuova legislazione italiana di politica ecclesiastica. * * * Mancava non l'amore appassionato ali' Italia, l'ardente desiderio della sua indi pendenza e della sua unità; ma una coscienza illuminata del significato e del valore della Nazione e dei diritti dello Stato. Le più disparate opinioni si incrociano nel Parlamento italiano nel primo periodo della legislazione ecclesiastica che va dall 'iniz:io del Regno fino alla legge del r867. E si va nell'ambito stesso della destra da vere e proprie dedizioni alla Chiesa a goffaggini settarie, quale la proposta del l\farc.h. Luzi di concedere il godimento della pensione solo ai monaci che svestissero l'abito ecclesiastico. Una delle pochissime voci limpidamente italiane era quella del Sella il quale, forse meglio che tutti i snoi colleghi, ebbe la visione realistica della libertà che si concreta nella completa autonomia e nella secura forza dello Stato· e proclamava alto che < bisognava posporre o~ cosa, e anche il culto delle dottrine più consentite, anche l'ossequio delle tradizioni più predilette, alla suprema necessità dello Stato». Ma la sua era "!JOX clarnantis ... * * * Alle interne divisioni che oscuravano e jndebÙlivano l'attività del partito di governo, si aggiunga l'opposizione della Sinistra-; la qua.le, per quanto non fosse al potere, doveva naturalmente far sentire il suo contraccolpo nella formulazione delle leggi, riuscendo spesso a far trionfare, se non del tutto, almeno in parte, il proprio punto di vista. La Sinistra, come abbiamo visto, era dominata dal preconcetto antireligioso. Essa era l 'e· spressione politica cli quelle tendenze pseudo fi. losofiche che si concretano uel positivismo e nel materialismo, piovutoci d'oltr'alpe; e accolti con compunta devozione. Gente di acceso sentimento e di nobili intenzioni, senza dubbio; ma a cui difettava, in sommo gra<lo, quel senso di equilibrio e di matura valutazione delle idee, che pennette un criterio veramente libero cli critica e cli scelta. , Liberi pensat011.,, com'essi si compiacevano chiamarsi, stimavano che a render libero, davvero, il pensiero bastasse un gesto di svincolo dalle autorità della fede e del passato; e non invece, quell'aspra tormentosa disciplina interiore, c.hesola può det~rminare nell'individuo la consapevolezza di sè e il dominio del suo mondo·: e il suo conseguente costituirsi in libertà. Si fondavano società cli liberi pen.sato,-i col proposito esplicito di combattere non le deviazioni politiche della Chiesa, ma la Chiesa stessa come società religiosa, anzi qualsiasi religione (1). Il partito d'azione traduceva in atti le tendenze teoricheggianti di quel movimento, sotto l'alto patronato, per dir cosl, di G. Garibaldi. * * * Infine l'assillante problema economico, premeva affannosamente il giovane Stato; e spingeva molti uomini del Parlamento a risolvere le delicate questioni di politica ecclesiastica, piuttosto colla preoccupazione di riparare ai dissesti finanziari del momento, che guidato da criteri generali e precisi di politica nazionale. Tutto questi si consideri, e non si troverà eccessivo il giudizio del Falco, sulla legislazione ecclesiastica di questo periodo: < le leggi del '66, '67, '75 mostrano una profonda incerle:72..a sulla funzione da attribuire allo Stato nel =- po ecclesiastico, una ingenua fede nel suo potere taumaturgico, una idea confusa e contradd.itoria della personalità giuridica delle consegu.en;,.,deella sua abolizione, una noncuran;,..a della forza inestinguibile del sentimento religioso, perenne creatore di organismi sociali > 1 mancarono insomma < di una linea direttiva nettamente determinata,. La lunga discussione che aveva perfino provocate crisi di Ministero e lotte aspre nel Parlamento e nel paes_e,condusse al disegno di Legge Rattazzi, l'uomo dei ripieghi e dei mezzi termini, antenato non indegno di Giovanni Giolitti e di B. Mussolini : < il peggio formulato, il più impreciso che mai fosse stato presentato alla Camera :1 che fu _approvato da una maggioranza costituita della sinistra e di gran parte della destra e divenne la legge del 15 agosto 1867. In virtù di questa legge si toglieva la personalità giuridica a quasi tutti gli enti ecclesiastici (« ordini, corporazioni e congregazioni religiose regolari e secolari, conservatori e ritiri, i quali impo1tassero vita comune ed avessero carattere ecclesiastico·,), eccettuati i Vescovadi, i capitoli cattedrali comprendenti ciascuno 12 canonici, i benefici provinciali, i seminari e le fabbricerie. Si affidava, poi, al demanio la vendita e l'amministrazione degli immobili degli enti soppressi, e s'incamerava una parte dell'asse ecclesiastico. VINCENZO CENTO. (FINE). (1) Dopo il '6o fiorirono in Italia società di • liberi pensatori,. La più notevole fu. quella milanese, che nel 186o pubblicò una sua rivista diffondendo e difendendo con ingenuo entusiasmo la cosidetta filosofia materialistica del Bucchner. Per dare un'idea della mentalità degli uomini cli codesta tendenza basterà citare un episodio comico: Nel 1869 mentre a Roma si indiceva il concilio ecumenico, fI conte Giuseppe R~cciarcli indiceva a Napoli ... l'anticoncilio !... l SE6RETI □Eh RE6IME li prizsidizntizdizmocratico MILANO, 8 ottobre. Il Presi.dente del Con.sigli.osarà, come è noto, a Wliiano, domenica, 28. L1 on. N[ussolini ha ac. cettato di parteci.pare ai festeggiamenti per il 35• anniversario della fondazione della Cooperati-va Case ed Alloggi. La- cooperatì-va inaugura. per l1occasione i locali di 11,nn.u(YVo casmnento sul Vi'ale dei Mille, e getta /e basi per ••n olt;o edificio sul -viale Picena. In qic.esti giorni si è reGata a Rom.a una Co1n.. 1nissione incaricata di invitare il Presùiente del Consigl-io a partecipa. re alle feste; nel progtamm,a era incluso anclte un. ba.nchetto dei più vecchi operai della Coopera.ti.. -va. 1l , Presidente, ricusan.do l1in:vito al banche.tto, ha accettato in.1. Jece,per da-re un segno d·i sim.... patia alla istiti<2ione ed agli operai laboriosi e fedeli, di [Partecipare alla solennità, costrnendo di s-u.a 111,(lnO 1in ,net-ro cubo di rnuro. Co1r1/è noto Nlussolini fu un giorno a11che 1n1trato-re. IL Presidente ha racc01nanda.to che ·~Li proc,u.rino non wna cazzuola d1 a1·gento 1 m.a uma a.utentica cazzuola da m:uratore, cogli annessi strunienti del mestiJere. I dirigenti. della cooperativa stanno perci.ò cos/!i.tuendo una special.e sq11adra;di tre maestr·i, che dovranno coadiuvare l'ill.ustre niu.. ratore. Pertanto -ima pratica si sta svolgendo in Prefettu.ra, per ottenere un decreto di deroga a/I.a legge sul r-iposo fest:i.vo, permettendo al muratore Nfo.sso/.ini ed agli altri tre di lavorare in -it-ngiorno domenica.le. (Dai giornali). 127 CONSIGMLAICHIAVELLICI AlNEPOTI DelnutrimentdoellaMiliziaN. azionalVe olontaria Sendo la guerra un 'arte, mediante la quale gli uomini d'ogni tempo non possono 1.1i-;;ereonestamente, non la può usare per arte se non una republica o un regno: e l'uno e l'altro di questi, quando sia bene ordinato, mai non ronsentl ad alcuno suo cittadino o suddito usarla per arte· ne mai alcuno uomo buono l'esercitò per s~ particolare arte. Perchè buono non sarà mai giudicato colai che faccia uno esercizio, che a vok--redi ogni tempo trarne utilità, gli convenga essere rapace, fraudolento, violento, ed aver molte qualitadi, le quali di tU:CE:Ssitlào facciano non buono; nè possono gJi uomini che l'usano per arte, cosl i grandi come i minimi esser fatti altrimenti, r,erchi: quest'arte non li nutrisce nella pace. Donde che sono ll€Ce5Sitatio pensare che non sia pace, o tanto prevalersi n,:i tempi della guerra, che possano nella pare nutrirsi. E qualunque si è l'uno di questi due pensieri, non cape in uno uomo buono; pc.-rchèdal volersi potere nutrire d'ogni tempo, nascono le ruhberie, 1e violenze, gli assassinamenti, che tali soldati fanno cosl agli amici com.e a' nemici ; e dal non volere la pace, nascono gl'inganni, che i 'capitani fanno a quelli che li conducono, perché la guerra duri; e se pure la pace vit:ne, spesso occorre che i capi, sendo privi degli stipendi e del vivere licenziosamente, riz1.,ano una bandiera di ventura, e senza alcuna pietà saccheggiano una provincia. Tale che se un re non si ordina in modo, che i suoi fanti a tempo di pace stieno contenti tornarsi a casa, e vivere delle loro arti, conviene di necessità che rovini; perchè non si trova la più pericolosa fanteria che quella che è composta di coloro, che fanno la guerra, come per loro arte, perchè tu sei forzato o a fare sempre mai la guerra, o a pagarli sempre, o a portare periRitratto del perfettomii:-;evolontario Quelli che volontari militano, non sono dei migliori, anzi sono de' più cattivi di una oro. vincia; perchè se alcuni ;i sono scandalosi, ~iosi, senza freno, senza religione, fuggitisi d.alPimperio del padre, bestemmiatori, giuocatori, in ogni parte mal nutriti, sono quelli che vogliono militare; i quali costumi non possono esser più contrari ad una vera e buona milizia. Laguerraperla pace Pompeo e Cesare, e quasi tutti quelli e2pitani che iurono a Roma dopo l'ultima guerra Cartaginese, acquistarono fama come valent'uomini, non come buoni ; e quelli che erano vissuti avanti a !oro, acquistarono gloria come valenti e buoni; il che nacque perchè questi non presero l'esercizio della guerra per loro arte, e quelli che io nominai prima, come loro arte la usarono. Ed in mentre che la republica visse immacul2.ta, mai alcuno cittadino grande non presunse, mediante tale esercizio, valersi nella pace, rompendo le leggi, spogliru!2o le provincie, usuzpando e tiranneggiando la patria, eci in ogni modo prevalendosi; nè alcuno d'infima fortuna pensò di violare il sacramento, aderirsi agli uomini privati, non temere il Senato, o seguire alcuno tirannico insulto, per poter vivere con l'arte della guerra d'ogni tempo. lli quelli che erano capitani, contenti del trionfo, con desiderio tornavano alla vita privata; e quelli che erano membri1 con maggior voglia deponeYano le armi, e.be non le pigliavano; e ciascuno tornava all'arte sua, mediante la qua.le si avevano ordinata la vita; nè vi fu mai alcuno che sperasse con le prede e con quest'arte potersi nutrire. Di questo se ne può fare, quanto a• cittadini, grande ed evidente coniettnra mediante Regolo Attilio, il quale sendo capitano degli eserciti romani in Africa, e aYendo quasi che vinti i Cartasrinesi domandò al Senato licenza di ritornarsi ; cas; a custodire i suo_i poderi che gli erano guasti dai suoi lavoratori. Donde è più chiaro che il sole che se quello aYesse usata la guerra come sua arte, e mediante quella aYesse pensato farsi utile, 'avendo in preda tante provincie, non avrebbe dimandato licenza per tornare a custodire i suoi campi; perchè ciascun giorno avrebbe molto più che non era il prezzo di tutti quelli acquistato. l\'Ia perchè questi uomini buoni e che non usano la guerra per loro arte, non ,1ogliono trarre di quella se non fatica, pericoli e gloria, quan. do e' sono a sufficienza gloriosi, desiderano tornarsi a casa e vi vere dell'arte loro. Debbono pertanto i re se vogliono vi vere sicuri aver le loro fanterie composte di uomini, che quanrlo egli è tempo di fare guerra, volentieri per suo amore vadano a quella, e quando viene poi la pace, più volentieri se ne rito:nino a casa; il che sempre :fia quando egli scerrà uo mini, che sappiano viver d'altra arte che di questa. E così debbe volere, venuta la pace, cbe i suoi pti.ncipi tornino a governare i loro popoli, i gentiluomini al culto delle loro possessioni, e i fanti alla loro particolare arte, che ciascuno d'essi faccia volentie1i la guerra per avere pace, e non cerchi turbare la pace per avere la guerra. NICCOLÒ MACHIAl'ELLI.

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