La Rivoluzione Liberale - anno II - n. 11 - 24 aprile 1923

RIVISTI\ STORICI\ SETTIMf\NI\LE DI POLITICI\ ESCE CONTO CORRENTE POSTALE Direttada PIEROGOBETTI- Redazionee Amministrazione: TORINO,Via XX Settembre,60 Abbonamentoper il 1923(con dirittoagli arretrati) L. 20 • EsteroL. 30 • SostenitoreL. 100• UnnumeroL. 0,50 IL MARTEDÌ Anno II ,., N. II - 24 Aprile 1923 SOMMARIO: U. MORRA 01 L.~vruANO - P. G.: Problemi di liberl'à - C. BERNJ<Tll: li llbcri•n•o ■ell'internn1ionole - M. V1Nc1,;u10RRA: Lf>•duti•Holdtt - A. M'<JNn: ]All•n uo/.a,tidie • ·v. La i;euladel popelo - « )! oongresso del popolari - C. RosSRU,J: Co■traddi•ioni liberiste. PROBLEMI I. N sta sfen-ando un com.battimento che non ci si aspettava. Vero è che non l'a.ccompagna un vero e proprio • tono» di battaglia, l'aria fosca, il cielo corntsco, lo sventolìo delle bandiere, l'epos nelle trombe e nei cuori; ma oramai il g,iuoco delle parli,, altrove e iu altri tempi fiera concorrenza a armi corte e all'ultimo sa.ngue, s'è trasformato e iogentihto pigliando l'aspetto della lezione del domatore, dove sotto gli schiocchi della frusta e le rivoltellate e jJ sibili acuti s'ode appena, quasi un brontolìo d,i rimbambiti, qualche nostalgico ruggito. Intorno alla libertà da un pezzo non si fa. ceva più rumore; languiva perfino la retorica, poichè il discorso di tutti - prima della guerra - era che fosse un bene acquisito e immedesimatos~ .negli anitnJi, un presupposto ormai necessario delle manifestazioni di vita: la libertà c'è. Ttttt'al più si disputava della sua ampiezza, e si, distingtternno variri suoi cerchi limiti, tra i quali sarebl:e stato estremo quello della libertà di sciopero; ma anch'essa veni~,a accolta e riconosciuta come pratica tttile di governo, arnese di sfruttamento e di corruzione per cui a traverso graduali e regola.ti miglioramenti econo,nici s'addomesticavano le folle insorte e con le sue funzioni di arbitro ii governo si faceva temere e prediligere, paralizzando e unificando in sè le classi in contrasto. Così che fece meraviglia e quasi scandalo che il nazionalismo rinnegasse a parole la teoria hberale, e combattendola sembrò che sconoscesse il fondamento i.ncliscussodella coscien. za nazionale per amore di un'inadattabile dottrina straniera. Ma con l'Agosto del 1914 mtttò la fortuna di quella teoria. Dttra.nte i mesi della neutralità la preparazione bellica degli, an,ì,mi parve trovar ostacolo j,n, ttna • superstizione » di libertà che sarebbe stata un tradimento, agernlando le mene de} nemico interno. Poi la guerra tra.volse le forme solite della vita, il mito nazionale non fo solo a reggere le coscienze, s'imstattrò parallelam.ent'e il mito della palingenesi democratica che superava il concetto relativistico della libertà con la assolutezza della brama di redenzione, e quel-·_ lo della forza imperiaJe che lo negava. Quattr'anni di disciplina non consent>ta altro che da un'ùs1fima minora.nza ne' suoi motivi, accettata pass.ivamente dagli altri, hanno fatto dei, primi degli esaltati, dei più numerosi, quanto lo pennettesse la loro incoscienza, dei ribelli,; ma ribelli incapaci d~ formare la loro propria .ibellione, stanchi e impotenti; e le dtte pseudo forze in contrasto, incapaci di matura.re un pensiero, mentre mori,va una classe di governanti retori e frolli, che non sapevano più misurarsi con la realtà, mostrarono iud:iifferenza e sprezzo per una formula che non {Y.}tevaservriTeper la conquista del {Y.}tere. Come mai quella parola, già moribonda e poi sotterrata, riacqttista il SIUO vigore, rifia.mmeggia dv passione, quaJcttno la odia o la ama, sembra sriignificareancora un timore e una sperattza? E' virtù propria dell'azione d.b definire chiaramente, di trQncare i dubl>i, di dar la prova degli ttomi.ni e delle idee. D'imporre a chi ne è ttrtato lo sforzo per lo meno di una risposta, d~ precipitarlo ve1'so ttna s,ua forma sicttra di spartire in qualche modo il caos sul qu~e essa ha operato i•n due blocchi distinti, prn e contro, e anche quello che ha torto, perchè contrasta e ripugna, e perciò è superato e non conta nulla, può, a stta soddisfazione e legittima- . zione, scolpirsi una sua figura che rimarrà nella gallenia delle generose illusioni e dei tentativi disperati Il bolscevismo imbelle ha creato a questo modo il fascismo! il fa. sc-~mo vittorioso sta creando - ma ahimè, con quanto stento! - un ~t~ dell'.1libertài vago e vaneggiante tra sigruficatl opposti che, se il Silgno:re non l'assiste, non saprà DI LIBER'I~ davvero farsi forna. di opposizione e noJJ edu· cbe1·à i suoi credenti a quella suprema prova dei dLSeredati e dei derelitti che sarebbe il martirio. li guaio si è che si sta fa bbric cando un mito col vuoto, e non ci s\ncarnano dei bisogni ve1,i, ma delle velleità, e lo si ricollega a qttalche cosa eh troppo morto, se si può dire, a forme ingombranti e disonorate com.e il parlamento, che non paiono capaci di rinnovarsi; nè •i,l.nocciolo dell'assente \Oita libera.le può nascere per virtù ·del disgusto o dell'accoramento. Forse una distinzione che Stuart Mi,Jl po-' ne a capo, quasi a guisa d'epigrafe, del suo « On liberty » può servire sommariamente da criterio per riconoscere il doppio valore che nella storia ha assunto questa parola; la quale no.n si esaurisce in essa, e s:i potrà di certo gettare il ponte che la ramifichi ; ma è una distinzione tanto evidente e facile che par fatta apposta per una chiarificazione necessaria. Dice dunque Stuart Mill : « Non è· qui qn,i.stione della così detta libert.à del n,lere che così inopportuname.nte viene contrapposta alla. dottrina erronea.mente detta della necessità filosofica, ma del!?, libertà ci- ·c'ileo sociale ». Si può riconoscere nella prima la Libertà tedesca, germinata daJl'individuo nello sforzo della sua detenninazione e afferma.zie-ne, romantica; .nella. seconda la libertà inglese, maturata nella secolare sistemazione dei rapporti tra singoli, donde si fonna contemporaneamente lo Stato, costitttZionale e commerci,aìe. Tra. qttesti poli, mal definita e contraddicentesi, una Jùbertà ~sterica fra,ncese che s'innesta, senza variarlo, sul « fatto» della nazione, e vi scompare entro e lo serve. La libertà i_nglese è squ.isitamente insulare. E·' specifica d~ una società separa.la che non conosce cotttatti e non s,i, ttrta col resto del m~ndo se no.n -emigraJJdo; il processo lento che la porta al sole non è deviato o iJJterrotto da. volontà esterne, noJl patisce alti; e bassi di fiducie e di scoramenti, è perciò il tipo dell'evoluzione. E' nnri,taria e congregan.te, fonde le opposizioni e discirlina·gli interessi, annulla i problemi ind:iividuaLi,poichè nasce in favore degli individui e li accomtrna con il vincolo della, minima necessa1~iaubbidienza; uguale a sè nel tempo piglia figura di metodo, ma postula il S\10 co.ntenttto, che sarebbe il liberismo economico, le garanzie personali, il princip~ dell'autotassazione, tutte le regoTe finora escogitate per la convivenza. armou.ica e per la migl1iore produzione. La libertà tedesca è condizionata da.Ila po· testà; è la risposta e il risvegho del singolo sotto -il potere precostituito; è l'affiorare della coscienza, è il bisogno del p:riimopugno e del primo gr.ido in chi s'avvede della sua forza, l'uscita daìla b1-utalità, il segno della volontà e della creazione; invece che evoluzione è scoppio improvviso, invece che. formulazione d,i rapporti è pTova d'indipendenza, auto-esaltazione, germe d'anarchia; il r.iconoscime.nto del limite e dell'ordine cuii perviene ha un che d'arbitra.rio e dà duro per cui si necessita negli indJi,viduri.futuri lo stesso fenomeno di libera.zio.ne. La libertà in tale specie, sospiro di tutti gli adolescenti, non ha eco storica ·altro che presso un popolo di segttad, che ascolta la voce de' suoi genti, e si modella e s'infatua con le loro parole; vi partecipa u.na minornnza di condottieri, è quindi continuamente annata e aggressiva e consente con una disciplina assoluta; ma rinnova ogn:r momento lo stimolo alla manifestazi0:ne rindividttale e fa della società ttn campo per il dominio e per la gloria; non è culto dell'opinione ma dell'affermaziotte. Quando l'adopera l'uomo si riconosce Dio, Questi storici liberalismi non ebbero terreno adatto in Italia. La nostra falsa penisola fu ten·a. di conquiste che .non potè maturare uua sua propria esp<:rienza, ma ricevè della v,ila a lei esterna tutti gli urti e i contraccolpi, e è tuttora, rispetto alle altre, potenza • obbligata » ; e le fa difetto, d'altronde, quella coesione, quell'amalgama da etti sprizza fuori l'individtto ribelle e dominatore dopo essersene nutrito. Siamo tutti autarcbi, ma senza volontà di comando; buoni diger:itori di forme e d'imposizioni, capaci di sopportarle se,11zamai assimilarle, di soggiacere agli altri dominii e capricci salvandoc-vin una interna qu·iete fonte di son. no o di sorriso, isolati da una mirabile in· differenza; sicchè le manifestazioni individuali, tanto è lunga la stoni-a e si ha poca sete del .nuovo, sono in genere r-isapute ed implicite, o cadono senz'eco; i bisogni più puri sà mausuefanno nella rassegnazione. A cagione del p'.lco amore all'ordine e alla previdenza e dell'andazw a scansar le fatiche e a non complicar le giornate non sorge un problema dei rapporti sociali, ma li regola di volta in volta l'interesse particolare, e i conflitti si risolvono con l'astuzia; lo stato, non richiesto dagli abitanti, rimane estraneo alle coscienze e, i,n quanto agisce, le cQnfonclee le c1'isturba; gli atti di imperio, più sono i.lhtroinati, più spingono ognuno a restringere il suo campo di lavoro, a rannicchiarsi, a esimersi dalla loro osservanza scomparendo; e i pochi uomini che susciterau.no le r:ibellionri1,non potendosi appoggiare su un'oscura volontà concreta, adoprednuo ià gesto e la retorica. E gesto e retorica fu la libertà inalberata come insegua del nostro Risorgimento. Fu arnese ed espediente d'u.n problema pratico e presto esauribi,le come quello della cacciata dello strani.ero, e bisogno d'imitazione <l'i forme estranee senza le qua.li non pareva si fosse degn.irdel consorzio ettropeo; la prova di governo liberale che s'ebbe in Piemonte nel decen.nio famoso fu un calcolo politico, il risttltato del continuo sforzo verso UJ1 equili,brio tra la sp:inta rivoluzionania e le tendenze retrive che facesse meritare allo stato Sardo la fiducia delle pote11zeoccidentali. Fi. nito il còmpito cu,i.serviva - e l'ultima sua man.ifestazione fu !':irredentismo - la pratica. liberale, anche per quel poco che potè attecchire, i~1tr:istisce; il suo sbocco logico, l'ultima parola e quasi la conclusione e la rip-:-ovadell'unificaz.ione nazionale cu.i m:ira. va, lo trova in quel nazionalismo che la rinnega. Se ne risente parlare per bocca di alcuni scliitarnindagatori del moto socialista, dù,quei pochi che scostandosi dal campo della lotta e soprasta.nclo a.gli interessi credono al suo ufficio di formatore di coscienze, di fondatore dello stato entro 1e classi abbandonate; ma è probabilmente ottimistica la visione del so. ci,aJismocome mito, se esso con...siistepiù che altro nel porre proble1Illi a. breve scadenza e nell'accendere desidèri subito soddisfatti (i sacrifici cui dette occasione sono passivrn e casuali e gli eroi che può vantare sono gente ,anch'essa, condotta al macello); nè si vede del re.;:,toin qual mn:io per forza d'un mito sociale si creerebbe la coscienza indi vidtta. le. Ma. poi ù,lsocialismo nostro, come si è accenna.to, fn, natttralmente corrotto e corruttore ; la lotta di classe fo agitata come uno spattracchio che si risolse ne\J' accordo dei p~ù furbu d;lle parti opposte a da.uno dei più onesti. E il crollo di tutte le sue impalcature non ci permette di credere che se n'alzeranno dell'altre più resistenti. Le osser.vazioni p~·oposte sin quru, se pure affrettate e approssimative, vogliono essere una interpretazione seco.ndo un bisogno di pessimismo di quello che ogg.vaccade e delle futttre speranze. Due necessità, in sè alquanto contradditorie, hanno orientato queste parole : quella d'accettare la realtà contro tutte le utopie e i rimr,ianti e quella di t,rovare una. forza continua e appropriata che d:i'aragione dei rimpiantu e in qualche senso li faccia, fruttare. Taluni si affidano, a questo scopo, alla rivendiiacatateoria liberale; ma invece che nell'accettarla con entttSiasmo, anche se abbia un po' più di efli. ca.eia di quel che ho voluto ammettere, questa fc,rna può concentrarsi nel lavoro di rivelarcene le deboJe7.,,,re il marcio; che è sa1 utare il distacco e l'indagine proprio rign.a.r. do alle cose che amiamo. Anche se alle prime prove si distrugge e si svaluta qualche cosa di buono, s'imparerà via via a sfrondare le apparenze momentanee e cattivanti; e si vedrà come posson mutare le cose e le idee approfondendole. Non restar paghi delle impressio11j, cercar di capire meglio che lo svi· lnppo il germe, disintegrare le identificazioni, appurare i motivi fin oltre la coscienza di chi ne è mosso: sarebbe il modo d'una libertà nella conoscenza, più cara e più personale di quell'altre di cui s'è discorso. U:1.lllliRTO MORRA DI LAVRB:-.O. II. Il fascismo ripropone il problema di, un'esegesi del nostro Risorgimento perchè ce ne svela le illusioni e l'equivoco fondamentale in.sito in un. disperato tentativo di diiventare moderni restando letterati mach:ia.vellicio ga. ribaldini. La libertà che noi opponiamo al fascismo non può dunque confrontarsi con la passicne verbosa dd radicali, che misttraronu nel 1naz1.,inianismo la ìoro impotenza; ie sue co.nnessioni con la libe..-1:àinglese sono soltanto tecniche e psicologici paiono i rapporti che la legano ai valori di coscienza gerinanilCl. La libertà che noi pensiamo è identica con la passione dei! fondatori di Stato; a un po. polo di artisti che -no-nsape1,•aimmaginare ni.ente di più. beli.o di u1J altro Rienzi, che salisse il Ca111pidogl,ioin corteggia teatrale possiamo opporre una. m,era qirestione di stile. Il contrasto vero più che tra dittatttra e libertà è tra. libertà e unanimità : il vizio sterico della nostra formazione politica consisterebbe nell'incapacità di pesare le sfuma. ture e di conservare. nn'cnesta. intransigenza nelle posizioni contradditorie, suggerita dalla coscienza che le antitesi sono necessarie e la lotta le coordina più che sopprimerle. Questa atmosfera. di dignità liberale, repugna alla filosofia di Mussolini teorico di un governo polemista IDvece che demittrgico ( « il ministero non può fare l'ufficio del giornalista» ha ammonito invano Cavottr). Ma checchè si pe.ns:i delle esperienze inglesi (noi si\Jmo ben lungi dall'additarle qua. li, modelli) S©loda siffatta preparazione di costumi e di forme potrà sorgere un movimento libertario sul serio, che si alimenti di iniziativa i:;opolare e di responsabilità eco110UJ1icarinu.nci:ando alle sterili ideologie di disciplina, ordine, gerarchia. Il problema italiano non è di autorità ma di autonomia. Senonchè i termini del disorso potranno essere chiariti1 soltanto da nna nuova esperienza eco.nemica che ci liberi una bttona volta dal parassitismo nazionalista, d:ii plutocrati e impiegati. Senza disoccupazione e in. fantilismo guerresco - non. ci troveremmo forse a rivendicare il futuro dri-fronte ai padronùrdi oggi. Se il socialismo con u.na morale piccolo. borghese, un corporativismo ricattatore, una politica demagogica, e un'economia fatalista fu il prri.moannuncio della. decadenza presente - il movimento delle masse che l'economia europea. prepara inesorabi,lme.nte per i compiti prOSSiimisarà la rivolta più solida. e cosciente contro l'inerzia dominante. Solo qttesta speranza ci può far scorgere secondo ttn niitmo meno chiuso l'avvenire della libertà, che sinora frainte.ndemmo e non conquri:Stammo. p. g.

46 ILLIBERISMO NELINL'TERNAZIONALE Caro Gobettì, m'è accaduto più volte, trovandomi a discutere delle mie idee con persone colte, di dover constàtare, per le domande rivoltemi e per le obbiezioni mosse1ni, che il movimento anarchico, che pure fa parte, e non piccola, della storia. del socialismo, è o semi-ignorato o malame!fte conosciuto. Non mi son-01 quindil stupito, leggendo l'articolo del prof. Gaetano ll1osca sul materialismo storico, nel Yedere annoverato tra i socialisti ntopiSti il Proudhon, che rimarrebbe mortificato nel vedersi posto a braccetto con quel Blanc, che egli saettò con la più aspra ironia per aver posto « l'Eguaglianza a sinistra, la Libertà a destra e la Fratellanza in mezzo, come il Cristo Ira il buono e il cattivo ladrone». Per esclude.re il Prottdhon dagli scodellatori della zuppa comunista, basterebbe la critica alla formula, che divenne poi il credo Krapotkiniano, « da ciascuno secondo le sue fqrze ed a ciascuno secondo i suoi bisogni,,, formula che egli chiama una cos-zdstica avvocatesca, poichè non vede chi potrà fare la valutazione delle capacità e chi sai-à giudice dei bisogni. (Cfr. L'Idée générale de I.a Ré1Jolution au dix~newvièm.e siècle. - Garnier, Paris, 1851, p. 108). L'errore ìu cui è caduto il .Mosca è interessante, poichè dimostra come sia sfuggito a molti studiosi della storia del socialismo questa verità: che il collettivismo dell'Internazionale ebbe un T"alore essenzialmente critico. Fatto che è stato negato anche da alcuni anarchici, come da L. Fabbri, che sostiene essere l'anarchismo « tradizionalmente e storicamente socialista ~ in quanto ha per base della sua dottrina economica < la sostituzione della proprietà socializzata alla proprietà individuale• (clr. Lette·1·ead mi socfol.ista; Pensiero - r910, n. 14J p. 213). Basta una rapida scorsa alla storia della I.a Internazionale per smentire questa affermazione. L'Internazionale nacque in Francia, nell'atmosfera ideologica del mutualismo proudhoniano 1 e, come dice :Marx in una sua lettera relativa al Congresso di Ginev-ra (1866), non aveva, nel suo primo tempo, espressa alcuna idea collettivista nè comunista. Il rapporto Longuet nel Congresso di Losanna (1867) dimostra che Proudhon dominava ancora. E tale dominio si riscontra nel Congresso di Bruxelles (1868), in cui, tuttavia, si affacciò l'idea collettiv;sta, ma in modo generico e limitata alla proprietà fondiaria e alle vie di comunicazione. La collettivizzazione affermata nel IV Congresso, quello di Basilea (1869), fu limitata al suolo. L'influénza praudhoniana 0 dunque, è parallela all'anti-comunismo e all'auticollettivismo. Al co1lettidsmo aderirono Bak.ounine e seguaci, ma t"edendo in esso più che un progetto di forma economica, una formula di negazione della proprietà capita.lista. Bakounine era entusiasta di Proudhon. Egli (Cfr. Oeu11res, I, 13-26-29)esalta il liberismo nord-americano [non erano ancora sorti i trusts], e dice e La libertà dell'industria e del commercio è certamente una gran cosa, ed è una delle basi essenziali della futura alleanza internazionale fra tutti i popoli del mondo ». E ancora : « I paesi d'Europa OYe il commercio e l'industria godono comparativamente della più grande libertà, hanno raggiunto il più alto grado di sviluppo,. L'entusiasmo per il liberismo non gli impedisce di riconoscere che fino a quando esisteranno i goYerni accentrati e il la...-oro sarà servo del capitale e la libertà economica non sarà diretta111,ente vantaggiosa che alla borghesia>. In quel direttamente vi è una seconda riserva. In· fatti egli vedeva nella libertà economica una molla di azione per la classe borghese, che egli afferma essere ingiusto considerare estranea al Javoro (Cfr. Oeuwes, Ì, pp. 30 e segg.), e non poteva non riconoscere la fw1zione storica del capitalismo attivo. Interessanti sono anch-e i mo· tivi delle simpatie del B. per il liberalismo nordamericano, poichè ci spiegano che cosa egli intendesse per proprietà. Il B. fa presente che iI sistema liberista nordamericano ~ attira ogni anno centinaia di mig1iaia di coloni energici, industriosi ed intelligenti,, e uon si impressiona punto all'idea che costoro divengano, o tentino divenire, proprietarL Anzi, si compiace che vi siano coloni che emigrano nel Far West e vi dissodino la terra, dopo essersela appropriata, e 11ota che < la presenza di terre libere e la possibilità per l'operaio di diventare proprietario, mantiene i salari ad una notevole altezza ed assicura l'indipendenza del lavoratore, (CJr. Oe1•wes, I, 29). La concezione del valore energetico dell.a proprietà, frutto del proprio lavoro, è la nota fondamentale della ideologia economica del B. e dei suoi più diretti seguaci. Tra questi Adh/:mar &hwitzguébel, che nei suoi scritti (Cfr. Quelques écrits, a cura di J. Guillaume, Stock, Paris, pagina 40 e seguenti) sostiene che l'espropriazi011e rivoluzionaria deve tendere a concedere ad ogni produttore il capitale necessario a far valere il suo lavoro. La dimostrazione storica dell'anti-comunismo bakunista sta nel falli> che le tenden,re comuniste nell'Internazionale italiana trionfarono nel 1867, quando l'attività del Bakounine era quasi interamente sospesa (Cfr. Introd. del Guillaume alle Oeuwes de B., p. XX) e nel fatto che in Spagna, ove l'Alleanza aveva piantato profonde radici, perdura una corrente anarchica collettivista -in sen,;o bakunista, LA RIVOLUZIONE LIBERALE Se il colletti11ismo dell'Internazionale fosse stato compreso dal•l\1azzini non ci sarebbe stato il fenomeno della sua critica a.nti•conu,nista. Cosl criticava il ì\!fazziui: « L'lnterna.zi.onale è la negazione di ogni proprietà inclividuale, cioè di ogni stimolo alla produzione . . Chi lavora e produce, ba diritto ai frutti del suo lavoro: in ciò risiede il diritto di proprietà ... Bisogna tende1·e a.Ila c1·ea.zionc d'11,n ordine d,i cose in c.11,i la, p·roprietà non possa. più di11en.tare -nn. m.ouo• poUo, e non pro11e1i.ga. nel futuro che dal, la11oro it. SaYerio Friscia, nella « Risposta cli un inter11a1.:io11alista a Mazzini », (pubblicata sopra il giornale baknnista L'Eg1taglian.za di Girgeuti, e ripubblicata clal Guillaume, che la trova superba e l'approrn toto col'de [Cfr. Oe,wres de B., vol VI, pp. 137-140]) rispondeva: , Il socialismo non ha aucora detto la sua ultima parola; ma esso non. nega. ogni proprietà· ·individuale. Come lo potrebbe, se combatte la proprietà individuale (leggi : ca.pital-ista) del suolo, per la necessitii che ogni individuo abbia "" diritto assol·1•to di. proprietà su ciò che ha prodotto? Come lo potrebbe se 1iassioma « chi lavora ba diritto ai frutti del suo lavoro », costituisce una delle basi fondamentali delle nuove teorie sociali? •. E dopo aver analizzato le critiche d~l Mazzini, esclama : « :Ma non è questo del puro socialismo? Che cosa volevano Lerou .. x e Proudho11, N!arx e Bakuniu, se non· che la proprietà sia il frutto del lavoro? E il principio che ogni uomo deve essere retribuito in proporzione alle sue opere, 110n risponde forse a quell'ineguaglianza di attitttdini e di forze ov~ il socialismo vede la base dell'egu.aglianza e della solidarietà umana? >). 111 questa risposta del Friscia è netta l'opposizione Clelia proprietà per tutti alla proprietà monopolistica cli alcuni; il principio dell'eguaglianza relativa (economica); ed in fine il principio dello stimolo al lavoro rappresentato dalla ricompensa proporzionata, automaticamente, alle opere. Non peusi, caro Gobetti, che potrebbe essere utile, su R. L., una se1·ie di studi. sul libet-alismo economico nel socialismo? Credo colmerebbe una grande lactu1a e le'verebbe di mezzo molti e vecchi equivoci. Credo ne risulterebbe, fra le tante cose interessanti, questa verità storica: essere stati gli anarchici, in seno all'Internazionale, i liberali del· socialismo. Storicamente, cioè nella loro funzione di critica e cli opposizione al çomunismo autori~rio e centralizzatore, lo sono tutt'ora. Tuo C. BERNERI. LES . DEMI ~ S(JLDES Durante il pe1iodo della , dittatttra » giolittiaua il partito socialista era stato quasi .maturato per diYenta.re partito legalitario. Se rambiente parlamentase presentava ancora qu~lcbe astaco· lo da. supera.re. qualche compromesso da trattare, la struthu·a e lo spilito generale delle organizzazioni si erano modellati già sufficientemente alla struttura ed allo spirito burocratico, unica realtà - triste realtà - esistente dell'organismo statale in ·1talia. E' t!ll punto della storia italiana dell'aYanti guerra, illuminato in viva luce dalla indagine cli ~1ario lVIissiroli, nella Nlonarchfo SO• eiali.sta. • La guerra di Libia provocò ·uno scarto fatale non tanto per la crisi suscitata con la secessione di Bissolati e dei suoi amici, qu,auto pel fatto che il partito socialista si trovò disorientato, ricacciato all 'inclietro di aìcuni anni e ancora da.vanti a un nuovo é ormai sterile processo di revisione del proprio bagaglio ideologico, che era stato messo er: in soffitta» e stava bene li. Il pa,rtito socialista, ·che, nella .sua maggioranza, era· cli,·entato così alieno e cosi impreparato alla rivoluzione (lo spirito delle masse non permetteva di amn1011ire che rivoluzione significava privazione) ; tuttavia ancora una volta fu padroneggiato precisamente da quei ritnasngli rivoluzionari che per pigrizia morale o pe~· calcolo di miope furberia si ci era adattati a tenersi in casa, c01ne nna riserva per i tempi incerti. Fu quella la prima ca,111,pagna di Benito Mussolini contro il socialismo italiano, ed io sono persuaso che fece più male allora, che era nel partito in una posizione preminente, che dopo che n'è uscito. L'azione dissolvente di :Mussolini in seno al partito,- nel periodo 1912-14, culminata nella strage di polli e in altri goffi vandalismi perpetrati nella famosa a: settimana rossa » ha lasciato un mal seme di nuove equivoche velleità riYoluzionarie in un partito che aveva già voltato le spalle alla 1ivoluzione. Serrati ora 11011 fa che ripetere, 111-utatis m,1t.ta.1uìis, gli atteggiamenti 1nussoliniani, e questo fatto è una misura sufficiente deUa inferiorità di Serrati di fronte a Mussolini e del nuovo e maggior male che, dopo Mussolini, ha cagionato Serrati al al suo partito, dalla fi11edella guerra in qua. Eppure, malgrado le derivazioni e le involuzioni, per le quali il partito socialista si trovò mal preparato davanti al grande evento della guen:a <::uropea, esso era già di spirito tanto conservatore che per istinto, più che per una detcrn.tina- 'l..ionemo.turata dallo studio delle cause, fu contrario alla guerra 1 insie1ne coi cattolici e con Giolitti. Alla prima ventata foriera del più vasto uragano che si stava per rovesciare sull'Europa, e che avrebbe sconvolto quell'equi1ib1;0 economico, nel quale sola.mente era possibile la graduale ascensione delle classi 1ne110 abbienti, e il loro assorbimento entro l'ambito delle istituzioni, il partito socialista ebbe la paura pi ì1 che la comprensfone del pericolo imminente, abbandonò armi e bagagli sul non glorioso campo rivoluzionario, dimenticò le recenti schermaglie parlamentari contro Giolitti, e rientrò nelle file conservatricigiolittiane. E' vero che Jo fece senr,a una co- .sden?.a precisa di ciò che faceva e senza capfre tutto l'intimo significato de11'avvcniment.o, a cui portava un così notevole contributo. Schierandosi di fatto coi neutralisti, esso non capl il signi• ficato storico del cosl detlo 11culralismo, che significava conservazione dei valori europei, equilibrio, mercè il quale poteva attuarsi un programma riformista. r socialisti, i cattolici e Giolitti, con altri pochi gruppi isolali, in gran parte d'intellettuali, sono stati gli ultimi veri conservatori d'Italia, alla vigilia della guerra. I socialisti ebbero una vaga intlliz;ione di ciò, sentirono per istinto di conservazione che dovevano volere anche la conservazione politico-ecouomica europea, e dovevano quindi rientrare nel programma legalitario giolitliano, dal quale la prepotente minoranza mussoliuiana li aveva fatti allontanare uel '12. Furono guidati da questo istinto, ma il pensie.-o era intorbidato dal rivoluzionarismo la· tente, ed avevano quasi verg~na di quello che facevano: versavano fiumi di lag-rilue espiato1ie sul 1nisero Belgio1 e Tonino Graziadei faceva l'uomo preoccupato di obbietti,-:-ità, pesando il pro e il contro dell'intervento sulle bilandne del farmacista. :Mussolini, l'ispiratore della« settimana rossa», uscì dalle file socialiste, e fu per la guerra. La scissione si verificava su di una ·linea perfettamente logica. La neutralità era il bisogno di conservazione; 1'iutervento, la guerra era la porta aperta alla rivoluzione: era logico che per quella passasse Ninssoli11i. Questi, nel 1915, si trovava in una direzione ideale molto vicina a quella di Lenin e dei suoi amici, i futuri bolscevichi, i quali infatti, gioirono anch'essi dal loro esilio svizzero dell'entrata in guerra della Russia. Se 11011che, logico nel :,uo slancio iniziale e nelle sue linee generiche, anche il fascismo nasceva -coi suoi equivoci organici. Uscito dall'equivoco socialista (un conservatofismo che crede suprema sapienza tenersi in riserva una ritirata rivoluzionaria) entrava nell'equivoco delle varie tendenze eterogenee che determinarono 1 'interve~- to jtaliano, sotto la spinta di idee e sentimenti cliversissimi e contrastanti : da una parte le tendenze democratiche per quel complesso di ideologie sopravviventi, le quali si possono con abbastanza approssimazione indicare sotto il titolo di « wi.lsonismo », e che ebbero la più caratteristica espressione nella frase bissolatiana: Soldato dell'Intesa (dell'Intesa, non dell'Italia); da una altra parte le tendenze dei partiti di destra e nazionalisti, i quali considerarono anche questa gtterra -alla stregua delle altre, come un gioco di forze, dentro le quali era opportuno far giocare anche quelle ilaliane, •per risoh·ere alcuni problemi particolari sciaguratamente non r~solti a tempo debito e rimasti anacronisticamente sospesi1 o per ottenere particolari vantaggi economici, coloniali, ecc. (Sacro egoismo). Nè l'una nè l'altra tendenza pensava che quelle ideologie sarebbero naufragate e quegli interessi sarebbero stati sof- • focati dentro l'ondata oceanica, nella quale mescolavano e confondeYai10, senza sapere pet quanto tempo, le nostre modeste acque mediterranee. Il fascismo - bisogna riconoscerlo - durante la guerra e subjto dopo non fu un beueficiatio, ma piuttosto tilla vittima di quelle alleanze e di quegli eqni\·oci. Esso portò a combattere sotto le bandiere regie elementi anarcoidi schiettamente rivoluzionari, e subito dopo Versailles dovette partecipare della responsabilità delle disillusioni nazionali. La sua posizione fu poi aggravata da] fatto che esso poteva tauto meno giustificare la propria condotta davanti ai suoi proselili, iu quanto che il fiue ultimo della sua azio11e veni,a a mancare: l'Italia, malgrado tutto, 11011faceva la rivo]uzione, quella rivoluzioue che 3C fosse scoppiata anche ne1la pri1navera o nell'estate clel 1919, avrebbe ritrovato alla sua testa molto più probabilmente Mussolini e i comunisti torinesi che Turati, Treves e lo stesso Serrati. Invece il socialismo, alla fine della guerra, si trovaYa in una situazione prh·i1egiata di fronte a grandi masse, nelle quali facilmente si radicava la convinzione nelle virtt\ profetiche dei capi. Questi si trovavru10, con poca fatica, davanti ad un bel tesoretto costituito dalla fiducia popolare. Tn quel momento bastava che il socialismo c011tinuasse per la sua straLla1 ritrovala quasi per caso durante la crisi della neutralità, e che sfrnllasse tutti i vaulaggi cl1e presentava il programma giolittiano di Drouero, per la effettuazione di un'azione di governo sociaJ-democratico. Esso, infine, doveva intttire questa consegtienza rigidamente logica degli avvenimenti precedenti: che, non avendo voluta la guerra, 11011poteva volere la ri voh1zione. Che se poi si sentiva proprio ripullulare in seno i bollenti spiriti, e, andando a ritroso del proprio cammino. voleva saltare un'altra volta il fosso della rivoluzione, allora non doveva perdere l'unica occasioue che gli si pre(ieuta1;a1 quando migliaia di e <"ompagni > e migliaia di malcoutenti erano ancora sol~ati ed aveYano an~ra in mano le armi ed ancora nello spirito, l'abitudme di maueggiarle indifferentemente; doveva attua: re l'unica 1ivolu.zione possibile, la rivoluzione d1 quelli che tornavano dalla trincea, e non trovavano lavoro. In questo caso, ~on rapida 1nossa, doveva « smobilitare , la sua propaganda .di guerra e , mobilitare » una· propaganda con tutt'altro spirito, che andava diretta tra' .le fila dei reduci. E, come primà conseguenza di questo rovescia: 111 entq ai prograJnma, doveva met~ere da_P3:1"tegh elementi rifonnisti (conservatori) e richiamare a sè O allearsi con Mussolini. Non fece niente di tutto questo : lasciò che i I governo d!sarmas~~ . i proletari e armasse la Guardia regia : lasc10 che 1nconstùti rancori e sordidi egoismi umiliassero e invelenissero i reduci; lasciò che gli orgaU:izzatori ripetessero su più vasta scala gli erro1i del 1912-13, fino al pietoso conato dell'occupazione delle fabbriche. Il socialismo, con le sue ta"nte e ricche organizzazioni, con le sue fitte schiere, con la sua bella disciplina, col prestigio acquistato durante la guerra, e non solo in mezzo al proletariato, sperperaYa in pochi mesi queste ricchezze come un qualsiasi pescec~- ue senza cervello. In queste circostanze era fatale che tornasse 1 'ora di lviussolini, a breve scadenza; ma era ugnaltneùte fatale che, tornando per effetto di una mancata chiarificazione del socialismo, dovesse sentire esso stessoJ per contraccolpo, nel proprio seno, gli effetti funesti di quel fatto. Il programma dei fasd, steso ùa Mussolini - si ricordi - non prima ·dell'autunno del 1919, lasciava ancora aperte le porte a tutte le eventualità rivoluzionarie (riconoscimento delle principali rivendicazioni proletarie, sindacalismo, nessuna pregiudiziale sul regime, la Costituente, ecc.). i\1ussolini era tutt'altro che sicuro di quello che l'avvenire poteva riservare, e con gelosa cura si conservava ampia libertà di 1novimenti. ì\-Ia l'errore socialista lo costrinse a rimanere nelle ibride alleanze di gue;·ra (destra e nazionalismo) e ad inquadrare le proprie masse - alle quali doveva dare uno sfogo - in quella che è stata ed è ancora la parte più odiosa dell'azione fascista, lotta di proletari contro proletari, la quale viene aizzata e sfruttata da interessi ristretti, egoistici, sordidi, che hanno giustificata ampiamente la frase dannunziana dello « schiavismo agra.rio ». Malgrado tutto questo risucchio di equivoci, che è andato salendo da mesi, malgrado il peggiore di tutti gli equivoci, cioè i menzogneri ed ipocriti , blocchi » delle elezioni del '21, io penso che il pernio della lotta tra socialisti e fascisti resti sempre il problema non risolto nel 1918-19, alla fine della guerra, vale a dire eminente.mente un problema di disoccupazione. Il socialismo non. capi questo fatto, che saltava agli occhi di tutti, che specialmente dopo la guerra il proleta1-iato non si esauriva nei tesserati delle cru.nere del lavoro; che s'era fonnato un Yasto proletariato ai • margini della· borghesia, forse difficile ad individuare ed irregimentare, perchè composto in buona parte di spostati, ma che appunto per questo richiedeva tutta l'attenzione e le cure di organiLzatori sagaci, per non lasciarselo sfuggire. Bisognava ricordare che le « giornate di luglio» in Francia, furono in buona parte 1'opera degli spostati delle guerre napoleoniche, dei d.enii-soldes. La rivoluzione fascista, a cui assistiamo· oggi in Italia, ba molti punti di contatto col fenomeno francese del 1830. Al chiudersi della guerra, si a,·anzava una schiera eterogenea di parla, che si trovava in una condizione molto 'inferiore a quella del proletariato organizzato. Questo negò loro cli riconoscerli, per uno spirito di chiuso ed avaro conservatorismo; lo stato li abbandonò a se stessi .. Dopo pochi mesi quelle classi di diseredati, cacciate dal bisogno, si avYentaYa.no all'assalto più facile e pitì promettente di bottino, quello delle organizzazioni dei proletari tesserati, i loro parenti benestanti. Un episodio della lotta di popolo niagro coutro popolo grasso. Gli interessi agrari, industriali, ecc., ha11uo' sfruttata una lotta, che, messa iu termini econon1ici, è stata di vera e propria concorreuz...1., giocando al ribasso sulla clisoccupa1,ione, avendo di m.ira precipuamente la di.minuzione del tasso dei salari. .:\Luno VINCIGUF.RIU\. (Da ll fascismo 11-istoda "" solita.rio di prossima pnbblica,c.ione presso l'eclitore Piero Gobetti). PIERO □□BETTI - Editol'e TORINO • Via XX Seltembre, 60 :Jmminenli I due studi pi1ì ccnnpl-eli sul. fe-nomeno fascista: LUIGI SA[,VATOR[ì[,[,I NAZIONALFASOISMO Lire 6 MARIO VINCIGUERRA IL FASCISMO visto da un solitario Lire 5

LA R I V O L U Z I O ,; E L I B E R A L E 47 LB7'1'ERBSCOLRSTICHE V (e ultima) La scuola '· aro Gabelli, F:r,o a 11011 molto te1npo addietro la questione clel miglioramento della scuola elementare in Italia 't'1=niva intesa praticamente cmnc « questione del miglioramento della scuola già esistente • e, pHt praticamente ancora, come « questione del nu;.;lioram.ento economico e giuridico dei maestri insegnanti nella scuola già esistente•· ln tempo più receule alla pi-eoccupazioue del miglioramento econon1ico e ginddico, per opera di alcuni bencm<:riti studiosi del problema, si è 101ita1 per non dir sostituita, quella del u1igliora1uento in· tclletlua!e, o, altri1ne11li1 della cu.llwra del maest,o. ~fa sempre la questione è stata dalla com1111eposta e intesa, ripeto, come « miglioramento delh scuola e,;istenlc cli fatto iu Italia•· l:n~ece, come da parecchio tempo a11che qui si va precEcauclo, beucbè n1cuo utiln1e11te, da qualcuno, in Italia, per ora e per uu pez1.o, la quest!or.e non è tanto quella di migliorare la scuola ÒO\t: _già c8iste, quanto quella di creare la scuola clc1ncntare do\·c ancora nou esiste; la questione 110:s Ì:- tanto di migliorare le condizioni ecouomiC'ht: !-,rinridicbe iutellettnali del maestro inseguante nella scuola attnale, quanto di dare alla nuov~ -..cuola, (e in parte anche a1l'a11tica)i il suo maestro stabile de,·oto fedele. Per una buona 1nctà dell'Italia, a esser molto ottimisti, l..1. scuola elementare non esiste : il mezi-Odì agricolo non ha ancora la sua scuola elementure: non ce l'ha in modo,..assoluto il mezzodì agricolo del Sud (persistenza e aggravamento de1l'21.rnlfabetis1110assoluto) non ce l'ha in modo relativo il mezzodì agricolo del Nord (classi riunite, orari ridotti, calendari assurdj, mutamenti di i:O!-=eguauti,aualfabetisa10 relativo). A codesto 1ne2,130giornosettentrionale e meridionale non si potrà mai dare una scuo1a, se a questa scuola non si riesce a dare il maestro suo; il maestro di tipo moderno, di tipo governativo, fatto a maccbina nell<t nonuale regia o pareggiata, , equiparato• nella. carriera e nello stipendio all'c impiegato governati\'"o ]) 1 non è il· maestro di questa scuola; « migliorate • questo maestro fi.nchè volete, raddoppiategli lo stipendio, riformategli il Monte pensioni, fatelo movibile entro la regione anziché entro la provincia, insegnategli il latino in una normale liberale e umanistica, voi avrete aggravato lo stato di cose; un maestro ben pagato, ben «garantito», bene addottrinato, sarà, nella scuofa del contadino basilisco o camuno, uno spostato; non ci andrà, se ci va non ci rimarrà, se ci rimarrà ne sarà sempre assente o:on lo spirito e con l'affetto. J1 problema posto cosi nel senso di , dare alla scuola rurale il su-0 maestro•, o, più modestamente, dì « assicurare ai borghi calabresi e alle frn.7..ionivaltellinesi il maestro stabile e devoto • non si può risolvere altrimenti che tornando al sistema dell'• assunzione di personale del luogo indipendentemente dal .titolo legale•. Io co.mincia:i a persuadermi di questo, stando, per ragioni d'11fficio, in paesi del mezzodi, in paesi dei due mezzodl, e sempre più mi convinsi della bontà di questa idea ragionando di queste cose con persone innamorate di questi problemi ed esperte cli questi luoghi, purch~ naturalmente non fossero impiegali degli uffici provinciali scolastici. Ognuno che sia stato nel mezzodl con occhi aperti a queste cose sa dell'esistenza della ma• stra (si chiama ,nastra anche se è un 1nastro, come al reggimento la lavandaia è la lavandaia anche quando è un lavandaio) : questa mastra non è che la persona la quale, con o senza titolo, più senza che cmi, tiene una scoletta privata che va claH'asilo alle ultitne classi elementari. L'istituzione della 111asf,ra è dai pitt tenuta in 11011 cale e considerata quasi come un documento della miseria scolastica locale: le autorità, naturalmente 1 1a ignorano o la c01nbattono, invece a .me e sempre parso che tale istituzione meritasse non il disprezzo o l'ostilità, ma ~ attenzione più viva di quanti si occupano di questi problemi : anzi ora io ritengo eh<;_l'istituzione della « mastra • sia da considerarsi in senso largo come 1a base su cui fondare l'edificio della scuola popolare del mezzodl, come l'albero selvatico e nativo su cui innestare il polloue più domestico e fecondo. Anche nel Nord accade, o almeno accadeva, qualcosa di simile: assai numerosi erano specie -nelle scuole di piccoli e medi comuni rurali i maestri pervenuti al11inseguan1ento senza a;er fatto la scuola normale, muniti d'un titolo di studio anche modestissimo, abilitati poi io seguito; nè mancavano gli insegnanti provvisori. non « a- 'bilitati > del tntto. Le autorità scolastiche, dopo l'approvazione della legge Daneo-Credaro sono state inesorabili contro questi irregolari dell'insegnamento; io,· facendo qui in Brescia un'inchiesta di questo genere, bo udito dichiararmi con fierezza e orgoglio dal factotum di questo . ufficio scolastico che • avanti l'applicazioue della legge vi erano iu provincia di Brescia ben settanta maestre senza titolo, ·a legge applicata non ce n'era più neanche tlna, se non forse qualcuna su_perstite anuidata iu. qtialche spregiabile comudel popolo ne aulonot)'lO >; proseguendo l'inchiesta presso persone non «impiegate•, sebbene anch'esse colte e ragionevoli, 1ni convinsi che 1'elimiuazio11e degli irregolari non aveva per nulla migliorate le sorti della scuola rurale, nè della Bassa nè <le11 1!\ Ila Bresciana, chè anzi le nuove maestrine prodotte dalle normali di Cremona o di Brescia o di Rerga1no erano sl graziose, ben cal1..ale, bene incappellinate, ma, troppo spesso, l'umi1e « tollerata • <li prima, nata e cresciuta 11el luogo, che si reputava annobilita da quell'ufficio e ci sofferse tanto quando ne fu esclusa, , faceva la scuola .. assai meglio della e siguorina , che va e viene col tram., che manca spesso e volentieri, e che si cambia tutti gli anni o magari due ,·olte l'anuo. ... E di fatto lutte le volte che nel campo della scuola elementare rurale si è voluto fare in Italia qualcosa di buono e di concreto per dar la sciwla a chi non l'aveva, anche recentissimrunente s'è dovuto venire, o tornare, a questo dell'assunzione clel personale insegnante indipendentemente dal titolo cli studio. Nell'Opera delle Scuole pei contadini dell'Agro Roma.no « Passunzione degli insegnanti è libera e volontaria ~ e insieme coi diplomati vi sono altri insegnanti e non» ancora forn.iti di diploma, i quali se lo sono procurato... studiando e compieudo il loro tirocinio, utilmente, nelle scuole per i contadini ... ; altri i q-uali non posseggono il diploma, ma hanno una sufficiente cultura avendo frequentato, quasi tutti senza compierli, i corsi secondari ... ve n'ha alcuni che provengono dalla carriera ecclesiastica,. Nell'Opera contro l'analfabetismo, istituita col b. L. del 28 agosto ;921, gli insegnanti sono scelti dalle Associazioni delegate inclipendentemente dal titolo di studio, ed è anche per questa libertà cli scelta che l'Associazione per il Mezzog]orno, delegata per Sicilia, Sardegna e Calabria, riesce a impiantare in dieci giorni una scuola che lo Stato con i suoi organi non avrebbe messo in piedi neanche in dieci anni. Il disegno di legge che Benedetto Croce aveva allestito per mantenere, anz.i1 per restituire alle popolaziolli del1a Valle cl'Aosta e delle Valli Valdesi la loro scuola elementare progressivamente rovinata dalla 1'0Utine e dalla uniformità. burocratica, conteneva appanto, fra le altre, una disposizione la quale permetteva alle autorità di assumere all'insegna~ mento elementare nei comuni dd circondari di Aosta e Pinerolo • persone del luogo -anche non abilitate ,. Tre esempi, uno per l'estremo Nord, uno per il Centro, uno·per l'estremo Sud, da cui risulta che necessa1'iarii.ente, per ora, in Italia, se qualcosa si vuol fare di concreto per la scuola del contadino, si deve venire, an:iì tornare, al sistema eh 1io dico della « assunzione locale, e revocabile, se si vuole, di personale non abilitato]), Eh! lo so; la prevedo l'obbiezione cbe molti mi faranno. La coitura di questa gente. Renato Fu.ciui. e I niaestri della vecchia guardia, i maestri improvvisati_ subito dopo il r859, quando venne la frenesia di aprire scuole popolari, quando uOn c1erano nè maestri nè scuole normali;_ uno zuccone, un idiota qualunque, basta che sapesse scrivere la sua firma senza metterci troppi spropositi, era braccato come un Pico della Mirandola » ; i 1naestri come quello che dei suoi scolari zucconi diceva : « Ènno solida li, ènno co1ne l'ova: più si cociano e più ind.u.. 1'iscan.o 11. Lo so bene, ma il titolo a che serve? era bene laureato, era bene avvocato il sindaco di quel co· mune pistoiese, di cui parla ancora il Fucini, il quale, volendo dire che nella popolazione non c1era più l'accordo d'un tempo, diceva « che dopo l'affare c!ella fonte, c'è entrata la dissenteria, e 11011 è possibile metterli d'accordo]). Scherzi a parte, oramai è , pacifico • che il titolo non vuol dir niente: abbiamo avuto cinquant'anni di « titolomania », devono venirne cinquanta di • titolofobia ,. Del resto dal '59 in qua, volere o no, il livello della ·coltura media o poco o molto si è inalzato, e non è difficile ora trovare in tutti i comuni rurali persone che, anche senza aver la patente, sono in grado, se ben dirette e ben vigilate, di tener bene una classe elementare nel loro paese. Sì tratterà, se mai, questi insegnanti, non solo di assumerli ma an~ che di guidarli, di migliorarli (come del resto van facendo la Direzione delle Scuole del!' Agro, e l'Associ.azione pel Mezzogiorno) con visite, suggerimenti, corsi di perfezionamento a base, non cli conferenze pedagogiche, ma di lezioni modello, libri, ecc. Anzi questa potrebbe divenire la scuola uormale ideale, la « scuola in azione l'J, la scuola del a doce-ndo d:iscitu,1' » : l'u.11ica scuola capace di darti i maeshi <:ome Arcangelo Verta, « pastor:e cli pecore fino a dieci o dodici anni. .. allievo di chiunque potesse inseguargli qualch~ cosa,, poi maestro, poi etnigrato; poi soldato al fronte, mutilato, poi ancora maestro 1 o: maestro in casa propria, colla lavagna rotta e i banchi preistorici ... per tutto arredo scolastico », qµindi sognatore della , scuola bella» per· il stto villaggio cli capre, e finalmente creatore, •con l'aiuto della brava gente, della Scuola Torino di Sant'Angelo di Cetraro. Del resto, se anche non persuadono quebti ra· gionamenti e questi esempi, bisogna farsi capaci di questo: che per dare al mezzodl della bassa e dell'alta. llalia la sua scuola rurale, per ora, si de,·e passar di Il : assumere in luogo e pro te,n,.. pore personale 11011 abilitato; se non altro per q11esta ragione che, se anche fosse possibile trovare oggi t1<tU gli insegnanti abilitati che occor• rono per tutte le classi che si devono creare nei vari Sanl' Angelo di Cetraro e Fumero di Sondalo delle varie Calabrie e delle varie Valtelline d'Italia, non ci sarebbe, con gli stipendi attua• li, nessun bilancio di nessun ufficio scolastico nè provinciale 11è regionale capace, nè per oggi, nè per domani, cU reggere alla spesa uecessaria. E questa del risparmio che si potrà realizzare col sistema eh 'io predico sarà forse, in u.n avvenire ucanchc lontano, la ragione che farà adottare, anche su scala 1nolto vac;ta, il sistema stesso. li materialismo storico e la paura del fallimento fanno, alle volte, di questi miracoli. Ed ecco io torno, a1 momento di concludere, alla mia idea: creare una scuola libera. La mi.a idea fissa, dirai tu, un poco indulgente e un poco spazientito. La mia idea fissa, sia pure, ma tu, caro Gobetti,. hai torto di sorriderne e di spazientirti. lo ho sempre creduto, e l'ho detto auche su R. L., che la libertà della scuola è la sintesi di tutte le libertà, e l'azione per questa scuola libera è la sintesi dell'azione liberale; tu, -allora, non hai detto di no. Ho detto più di recente che la reazione della scuola libera locale interessata, alla scuola-laico-retorica ribattezzata iu iscitola nazionale sarà una delle forze su cui si potrà contare per la riscossa contro il fascismo predominante; non capisco perchè ora queste affermazioni non possano più avere il carattere di· verità e di attualità che avevano prima. Anzi, se il colpo di stato fascista è in parte, come ho dimostrato e ammesso, un rafforzamento del regime vecèhio, una « riacutizzazione , di, quella dittatura cronica che ci deliziava da decenni, io credo addirittura che qnella che prima: era m,a verità adesso sia la verità, e che l'azione per la scuola libera, che p1 ima poteva ancora parere o accademica o differibile, adesso sia divenuta praticissima e improrogabile.' gbesia quella che ha fatto maggior profitto, mc-ntre quelli del • proletariato , non appresero bene quell'arte? Le mgioni saranno molte, mi son risposto, ma /.a ragione tni pare debba essere questa: che una borghesia. in Italia, o bene o male, esisteva, un proletariato, no; la borghesia. italiana da,1 ',il! al 'r8, attraverso una rivoluzione e una guerra, con llllA mentalità teoricamente anticlassista, aveva acquistato figura propria. e autonoma coscienza di classe : un proletariato it'.!- liano, in cinquant'anni di preclicazione classista e in venti cli pratica collaborazionista, non s'era potuto creare. In Italia, la prova chiara e lampante se n'è avuta ora, nella crisi fascista, 1lOll esiste il proletario, esiste solamente il • popolano ,. Siam.o , ancora là: al popolano che, nelle convulsioni po-- litiche o guerresche, segue il borghese, come lo scucliero il cavaliere, dividendone i rischi senza comprenderne gli ideali; al popolano che, al tempo delle sette e delle congiure e delle occu• pazioui, accoltellava • l'alemanno• nei fossi di Alessandria. o nei trivii di Livorno, come, dopo l'unità, andava a caccia di « polizzi », la notte, lungo le rive cli Porto Corsini. Per un pezzo io ho creduto che codesta figun, ciel • proletario • non. ci fosse, nè da noi nè fttori, ritenendo che non ci potesse essere iu natura un • proletario•; e pensavo che, essendo la borghesia una cl.as6e , a ruoli aperti >, a mano a. mano che dall' kwmus della plebe qua.J.cnno si sollevava per ricchezza di danaro o di cultura, questo qualcuno sùbito ,·enisse naturalmen.te ad. essere collocato nella borghesia, che era, in sostanza, la classe « 01nnib1ts •, che, anzi, non era una classe ma era la -nazione. Questo l'ho creduto sino a ieri: oggi non lo credo più. Vedendo il fascismo all'opera, e cogliendo, nei giorni del colpo di stato, non le parole, chè poco si parlava allora, ma le espressioni dei volti intorno a me, io ho a vnto netta la sensazione, anzi la visione., che la « borghesia -, non era la nazione ma era una classe, cioè nn individuo sociale con una sua anima, con una sua. maschera, con un suo ,·olere, con un suo parlare; e che questa persona • sociale , , e forse anche e etnica» non era larga e invitante, e accogliente, ma era, adesso, esclusiva e rinchinsa, era « o con o contro di noi,. E contro dì lei, l'altra classe, il quarto stato non resistette perchè non esisteva : o, per lo meno, se esist.eva, era aurora qualcosa di incerto, di amorfo, di - nebuloso. Ci sono molti in questo momento in Italia i Ma quello che non è, sarà, quello che è amorfo quali •ripensano ai tempi e ai luoghi in cui una e nebuloso piglierà forma e consistenza, in un maggiore o minor parte del nostro paese era sotto domani più o meno lontano; è la legge: la borio .straniero, sotto • gli Alemanni • come diciamo ghesi.a ha trovato se stessa quando fu stretta alla in Piemonte; ebbene ripensiamo anche noi a gola, non dico dal proletariato, ma dal e popolo • quei tempi, e ricordiamoci di quel che. fosse la travagliato dalla gestazione del proletariato; il scuola, libera e locale, per quelle minoranze di proletariato troverà se stesso sotto la pressione Itali.ani viventi in servitù; scuole comunali di della borghesia infellonita. Trieste, scuole della Lega Nazionale in Istria e via; pensiamo, sempre senza uscire dai nostri confini, a quello che è divenuta la questione della scuola nella cimose tnistilingui del Trentino e della Venezia Giulia tanto per gli allogeni che per gli italiani; e, senza uscire dal nostro Piemonte, pensa a quello che è ridiventata la questione della scuola elementare per i franco-italiani cli Valle d'Aosta. Ora, facciamo conto che esistano ad.esso in Italia delle tninoranze, che, per mutate, o peggiorate condizioni politiche, vivano, o si presumano di vivere (che è lo stesso) in istato di minorata libertà, e che siano, o si sentano, tra le maggio- . ranze od ostili o inerti, delle vere e proprie tniuoranze allogene, se non per lingua, certo per origini etniche o sociali e per finalità ideali; ebbene, quale questione più urgente per codeste 1niuoranze che quella di organizzarsi la propria scuola, per foggiarsi, o affinarsi, in essa la propria coscienza, e prepararsi a conquistare il diritto di vivere la vita propria nella compagine statale? Perchè io sono cosi entusiasta dell'opera che Lombardo Radice e Isnardi van facendo da due anni in Sicilia ed in Calabria, lavorandovi per conto dell'Associazione del :Mezzogiorno e per delega dello Stato a crearvi la scuola elementare in regime di libertà e di regiona.li,s,na? Specialiuente per questo, perchè quel Siciliauo fedele alla Sicilia e quel Piemontese inuamorato della Calabria, lavorano insomma per dare a quelle due isole, o meglio ai çontacliui di q,ielle due isole una coscienza I.oro, una persoualità loro. senza della quale non potranno mai vivere la loro "Jita (conquistar la loro libertà) uella compagine nazionale. Fino alla vigilia del colpo di stato fascista, che per me, è entrato nella sua fase risolutiva col ministero Bonomi, dopo le elezioni del '2r, io duravo fatica a credere a.Ila fatalità e alla realità della a lotta di classe•; adesso, clopo il colpo, ci credo, perchè, mentre prima la udivo soltanto predicare sconclusionatamente nei comizi e nei giornali, adesso io l'ho vista combattuta effettivamente per le strade e per tutti gli organi della vita pubblica. Ma dai recenti casi io bo ricavato anche un altro insegnamento, oltre quello della realtà e fatalità della lotta di classe: ho iuteso cioè che mentre la p,·edica della lotta cli classe era venuta sempre dalla parte del • proletariato • alla resa dei conti il regola.mento di codesta lotta, quello serio, è venuto dalla parte della • borghesia ». E perchè mai, mi son domandato, alla scuola della , lotta di classe » è stata proprio la bor-' E qui le vie, almeno teoricamente, sono due: o il perdurare dell'c infelloni.mento>, cioè la persecuzione, o il riprenders], anzi l'iniziarsi dell'apostolato, dell'ed1<cazio11e. In Italia alla -possibilità di una persecuzione lunga, sapiente e sisteIl.latiea d'una razza contro un'altra, d'una classe o d'una credenza contro un'altra classe o un'altra fede, io ci credo poco; ad ogni modo staremo a vedere. Più credo nella necessità di battere la seconda via, quella dell'educazione. E per questo fine, fra i mezzi più acconci, tu non mi vorrai negare che uno dei più acconci sia la scuola, e che tanto più acconcio torni questo mezzo, quanto meno aperte sono, in !egime di non libertà, le vie che a t~ paiono maestre, clella stampa e della lotta politica. Se un proletariato in Italia non c'è, ma se c'è invece l1ll , popolo> sempre più inclinato a di- \·entar « borghesia minuta », una delle ragioni \"a anche cercata nel fatto che in Italia non c'è stata, noncbè una scuola del proletariato, neanche una scuola del_popolo. E se per il • popolo >, e anche per la borghesia, in fondo, e anche per l'Italia in sostanza, è bene che da questo popolo, di fronte a questa borghesia si esprima questo proletariato, uno dei mezzi per ciò sarà anche la creazione di questa scuola del proletario, del! 'operaio, del contadino, di cui son venuto dicendo in queste lettere. Senza perdere d'occhio tutto il resto, io credo si dovrebbe sùbito tener in tnira anche questo punto della scuola. Anzi, siccome per ora, e forse, per un pezzo a tu.tto il resto poco si potrà badare, ic;>credo che converrebbe cementare ora tutte le uostre attività nella creazione di questa scuola, locale1 tecnica, interessata, libera. E la libertà? mi dici tu? Come esser cosi ingeuui da attendersi una libertà da. chi toglie la libe,tà? Al che io potrei anche rispondere, ritorcendo, che è forse troppo aprioristico, ritenere che possa togliere la libertà chi par disposto a concedere una libertà. "Ma queste non sarebbero che inutili schennaglie di parole. 'Io dico, e ho finito: poniamo pure il caso della pitì perfetta eclissi di libe1tà, perchè una nostra unione per una nostra scuola nou potrebbe divenire il col/.egimn Uci.twn mediante ii quale ottenere le ùn1nunità necessarie per lavorare, come intendiamo noi, alteri seculo? Se in quest'altro medio-evo accanto alla chiesa sorsero le scnole, alcune delle quali furono anche le prime séuole del popolo, perchè, in questo nuovo medio-evo, all'ombra della scuola non si potrebbe tener in vita la nostra Chiesa? AUGUSTOMoNTr.

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