La Rivoluzione Liberale - anno II - n. 8 - 3 aprile 1923

RIVISTI\ STORICI\ SETltMf\NftLE DI POLITICI\ ESCE CONTO CORRENTE POSTALE Diretta da PIEROOOBETTI- Redazionee Amministrazione: TORINO,Via XX Settembre, 60 Abbonamentoper il 1923(con diritto agli arretrati) L. 20 • Estero L. 30 - SostenitoreL. l00 . Un numeroL. 0,50 IL MARTEDÌ Anno II ,., N. 8 - 3 Api-ile 1923 SOlOlARIO: R. M0Noo1xo: Il materialisn10 &torieo - l'. G.: Liborismo e operai - A. lloNTI: L•t/,re .,cola.stiche • III. La scwoln del )Ja4roni e la ,cuoia dei gerri - ).tmIT<Jn TANTIJ.H: Lilltrfsmo in 1;etll.th - N. s.: La politica dei ftlosofl - BmGm'ON: Politica estera. Il materialismo storico Dererminismo economico e materialismo storir:o Q11ando l'articolo ci;tico d.i Gaetano Mosca sul materialismo stanco usdva sopra queste colonne, ìo avevo da pochJi; giorni avuto occas:ione - in risposta ad un altro pur colto ed ncuto avversai;o (B. Giuliano) - di osservare quale singolar sorte toccas.se talora a certe dottrine, fra.intese e deformate nella comune accezione, e confutate quindi con la ripetizione di quei mede.sàmJi,priillcipii inspiratori, che costituiscono la loro intima vitalità, e dovrebbero costituire le ragioni del loro riconoscimento. L'osservazione debbo r.i.peter qui oggi, nel. l'atto di considerare le obiezio.ni del sen. Mosca, la cui amµia dottrina, il cui vivo =so dei processi storici facilmente riesco-- no vittoriosii contro Ì!! rigido e gretto dete,-- minismo eco,wmico; ma quando in questo ritengono di aver colpito la dottrina filosofica del materialismo sto-r-ico, son tratti a contrappnrgli affermazioni che già i pri.m.i.teorici di tale cOiilcez.ioneaveva.no esplicitamente espresse, e che i consapevoli seguaci odier. ni nun soltanto ben volentieri accettano, ma ripetano tanto .i,nstancabilmente quanto (ahimè!) vanamente, co;ntro fraÌilltendimenti e defarmazioni sempre rinnovantisi. • Non si vuol negare (sc1ive cgre;riam,nte C. l.1cs.c.a.-a 1:..:.1 ... ~0·1,m11ta m~l su.o a1t1.:- colo) che il sistema prevalente di produzione economica, coi particola.rii rapporti che esso determina. fra coloro che la produzione di•- rigono e che possieggono gli strume.nti ed i loro coadiuvatori, non sia uno dei fattori che maggiormente influiscono nel modificare gli ord'Ìillamenti/ politici; di una società, e che questo fattore :uon aibbia il suo necessario contraccolpo anche nelle concezioni che serV'OllCdi fondamento agli ordinamenti accennati. L'errore ... sta nel credere che il fattore economico sia l'unico degno di essere considerato come causa e che tutti gli altri debbano essere :niguardati come suoi effetti ; mentre ogni grande esplicazione dell'umana atti-1,;tà nel campo sociale è nello stesso tempo causa ed effetto dei mutamenti che avven. gana nelle altre : causa perchè ogn.i sua mo-- drficazione influisce sulle altre ed effetto JX:rc~è _sente l'influenza delle loro modificaZlOnli >. Ora tale reciprocità del rapporto di causa ed effetto era preqisamente il concetto che i fondatori d_el_materialismo storico (a.ssertorl - non s1 dnnenti.chi - della dialettica) contrapponevano alla univocità affermata nelle varie teorie dei fattori storici caratter.izzate dalla disgiu1;1zionereci1:roca 'ai quegli aspetti ed elementi dello sviluppo storico che il marxismo vede ed asserisce sempr~ legati dail'unità della vita.. Solo per via del!a disgiunzione può uno tra i vari fattor'ii essere_r>reso come cansa. di tutti gli altri, convertiti nn un semplice effetto : là dove il concd~ marxistico della praxis che si rovescia sigmfica invece un rappqrto dialettico e uno rntreccw e scambio d'azione tra ca.use ed effe~ti ~ 1ella storia: per ciò Engels, uell' A ntidu.hnng (cap.. I) e nella nota lettera del r89o, ~ontrapponeva alle altri.ii vrisioni unilatera!! ed aSt ratte la pienezza concreta della co.ucez1oned1alettica sua e cli Marx : « Ciò che _manca a questi signori è la dialettica .. Essi n.oi,iveggono cl,e q·u.icausa, là effe/.lo : ecco__un a.slraztone "Vuota. Nel mondo ·reale s1:wili o-pp,0s1z10nipolari, rn.etajisiche, iwn si dmlllW che nelle crm; tut.to lo s-vilu.ppo si compie nell~ forma dell'azione 1·ec-ip,·oca _ d1 forz:e a da• vero assai <lllSuguali- cl.i cui dmo~mento ~~onolll!ICOè ilyiù pote.nte, origmar10 e decisivo; nulla v, è di assoluto e tutto è relativo; ma e&Slinon se n'accor"ono, per loro Hegel non è esistito». " Ora, di fronte ad affermazioni così esplicite, è più possibile IjÌJassumere col MÒsca tutta la dottrina. del materialismo storico nei due assiomi, nei quali egli vuole sintetizzarla? Il Jll;mo assioma sarebbe la di,pendenza di tutta l'orgall!Ì=azione politica, giuridica e religiosa di una società dal sistema di produzione economica. vigente, e dii ogni mutamento iutellettuale, morale e politico dai mutamenti del sistema di produz.ione; il secondo assioma sarebbe l'automatico gene1ars.i e maturarsi, in seno ad ogni epoca economica, dell'epoca destinata a succederle, come nella presente epoca borghese, attraverso la progressiva ,co,ncentrazione delle ricchezze, verrebbe preparandosi la fatale successione del collettivismo. Anche qu~ mi basterebbe cita.re due molto esplicite dichiara.21i:onidell'Engels. L'una di una ben nota lettera del gennaio 1894 : « Non c'è dunque, come talu,no arriva ad imaginare, un'azione automatica delle condilzio.ni economiche: gli uomini fanno loro stessi la propria storia, ma tin un ambiente dato che li condiziona». L'altra di uno scritto del 1890, che si rid1iama. all'Ant.idii.liring, contro l'Ernst, il quale accoglieva- " la. bislacca affermazione del metafisico Diihrilng, che per Marx la storia si compia: quasi automaticame.ute, senza l'opera, degli uomini (i quali la famw), e che questi! uomini vengano mossi dalle condizioni economiche (che sono pnre opera. degli uomini) come altrettante figure cli .scac<;hi » (Sulla ianica sociu/.is/-a). Dove è evidente il nudeo essenziale della differenza del materialismo };toricb dal delermiwismo econ01n-ico, tal quale di solito (e anche dal Mosca) vie.ne scambiato e confuso : ossia la unità (che il primo semDre mantiene e il secondo rompe con l'ipostasi dell'economia) di ogni forma, aspetto e resultato dell'attività umana (siano le condizio~ ni ec?nomiche, siano le politiche, giui-idiche, religiose o quali altre si vogl1iano)con la sorgente dalla quale tutte derivano e ~n cu.i tutte si ri,perouotono; con la energia. rigeneratrice che tutte le produce e di tutte risente l'effetto nel modo di essere e di operar~ successivo : cioè l'uomo, che è il vero creatore della storia, nella quale forma e trasforma, genera e condJLZ1onase ~tesso e tutto l'indefinito svolge_rs.idel proprio sviluppo, e dei risultati, prodotti ed effetti di questo, co;.tinuamente convertentesi in fattorri,, cause e condi. zioni - limiti ed ostacolri,da un lato, e per ciò stesso d'altro lato impulsi e stimoli allo ulteriore progressivo svolgimento. • Ciò posto non mi •sembra il caso di addentrarmi nella discussione dei numernsi esempi, che il Mosca adduce in confutazione del dete-r111,i.111isnw eco,wm-ico. Potremmo, in pi~\ pu~ti·, dissentire nel giudicare il valore probativo e 11significato cli più d'uno tra quegli esempi; potrei, per esempio, alla sicurezza, con la quale il Mosca asserisce essere noto che la statistica ha dimostrato ormai l'inesistenza anche del semplice incamminamento della società capita.lJistica. verso una concentrazione delle ricchezze e d,ei mezzi di p:·odu~ione in se1npre nlinor .nun1ero di maru, obiettare che studiosi pme emi,nenti, a11che fuon del campo socialista, sono d•i parere ben diverso. Ricordava di recente il Longob_a1·di (_Laconferma del marxismo) le conclus1om di Corrado Gini che ha inneo-abile autorità nel campo d~lla statistica" il quafe i.o un suo libro del r9r4 (L'a·n·11110;;ta1"e e la com.posizion-edella ricchezza delle •11azioni), scriveva che « i dati sui patrimoni dei v>venti accusavano quasi da per tutto, negli ultimi anni, una dim11wzi011edella diffusione e u.,., aumento della concent.raz·ioue della ricchezza ... Dalle relazio.ni accerta.te in questo cap. si può dedurre che la concenlrazione della ricchezza andrà, p1'obabil·mente, aucora crescendo ·in avvenire, etc. ». E ricordava altresì conclmsfoni analoghe del Nitti e dello stesso prnf. Alberto De Stefan1i, che non Ji>UÒ essere sospettato di supersti:zione marxista. Ma accettando la discu9sione su questo \J lerrc.uo, io dovrei collocarmi all'angolo visuale di quella teoria, che il Mosca combaltt, -), sotto il nome di materialismo storico, ma che, invece, è puro delermi:urismo economico. E la cl.iscussione sarebbe vana, perchè si ridurrebbe a dibattito fra due avversai; di uua stessa concezione, che possono divergere non nella valutazione generaie, ma solo rella interpretazione e ndl'app:rezzamento particolare dei singoli fatti. Oiò che i~weceimporta in cambio di simile di,-puta, è determinare il significato essen- ,_,;.:Jedel 1natei;alismo storico, per bene introndere anche per quali ragioni esso affermi (secondo l'espressione d.i. Engels) che nella società e .nella.storia « fra i r•apporti1real!i'gli e.:onomici, per quanto subiscano l'azione degli altri rapporti politici e ideologici, siano in ultiiua ana]iisi:i rapporti decisivi, e costituiscano quasi, il filo rosso, che attraversa tutta la storia e ne guida l'intendimento •. La genesi e l'intendimento essenziale Lo scambio fra materialismo stoi;co e detP,rminismo economico non è certamente un e.rore esclusivo del Mosca: fra coloro stessi, <;hesi credo.no e ei affenua.no seguaci, del n\arxismo, non sono1 pochi quelli c~1eaclerj·scono al1a stessa iuterpret~zicne, dalla qua. le han preso le mosse anche i fautori del ,ev;sionismo, dal Bernstein ai sindacali&ti. :\r:1 delineare !ilmatei,ialismo storico siccor,•e t,•o. r;a di uno svolgimento fatale della storia per 1i,~·i.rimentoautomatico dei processi econon1i6, de1la cu.i realtà coucreta .non sarebèero che riflessi evanescenti e privi di" efficacia p1"opniale così dette sopra.strulliwe, tutti (se. guacil, r'evisori, avversari) si ri.chiamm10 o potrebbero richiamarsi a certe formule schematiche, reperibili qua e là negli scritti specialmente di Engels, ma raffiguranti. la complessa conctetezza deila. dottrina con la stessa esattezza,, a. un dipres-so, con la quale i rapidi tratti eh un profilo cru::icaturale dànno la, precisa imagine di una p,-~rso.na. Se fra le fuggevoli affenuazioni sparse e talvolta contradd,itorie, fra giri abbozzi incompleti della dottrina, fra le frequenti esagerazioni polemiche dei due fonda.tori di essa, noi voglia n10 orie11tnrci con sicurezza ci occorre un criterio valiido: il quale no;, ~uò essere altro che la rjcost111zioue della. <Yenesi e dell'inte.ndimentc essenziale di quest~ dottnua. . E' noto che.Marx ed Engels vengono dalla sn11stra hegeliaua e prendono le mosse dall'opera. cli Feuerb-ach. Analizzando l'essenza del cristianesimo e cli ogn;i,religione, Feuerbach aveva inteso a ricondurre l'uomo dal aielo in terra: l'uomo non è creatura. ma cr·eatore cli Dio; nelle sue 1niserie e nei suoi dolori, nei suoi bisogni e nelle sue diifficoltà, esso proietta le sue aspiraZJioni e le sue idealità in una realtà nlti·amondarn, separata da se stesso e dalle necessità della lotta_ e dello s.foio/.,Qoperoso. Compie un'a11toalie11azwne, convertendo in oggettivjtà fulnra di appagamento la sua soggettività presente di bisogno; e nella preghiera e nella attesa del miracolo rimrncia. così all'attività che è necessariamente consapevolezza dell~ distanza. tra asp,irazione e mèta, ed è perc-iò urto con gli ostacoli. Quindi il richiamo dell'uomo dall'illusione religiosa alla sua realtà uman,a, non è soltanto richiamo alla consapevolezza del proprio essere, riconqt1ist:1 d,i, quell'" io» che ptoietfàto in altro mondo era alie.nato da se stesso; ma, nella riconquista della. p[opi;a. attività vitale, è anche coscien· za della natura, delle difficoltà che essa oppone all'uomo, alle sue aspu\:azioui ed ai suor bisogni; è consapevolezza della necessità di una lotta contro• gL~ostacoli. Per tal via il limite diventa. esso stesso condizione e stimo. lo della pr'a.'Cis: mediatore il bisogno, l'ostacolo si tramuta in impulso all'attività. Sopra. la scissione della realtà terrena e dell'idealità celeste l'w,i.tà del teale si ristabilisce; ma è nna duplice realtà : della natura, che condiz-iona, e dell'uomo che esercib e svolge la sua atbiYità. Ecco 1'~11,a11ismo,nat,iralislico di, Fenerbach che si sostituisce al miraggio religioso. Ora da questo reale l-funzanismus lllUO,-e Marx; che s.i pianta e resta sul terreno concreto dell'uman.ismo; ma compie un passo ulteriore, di immensa importanza : dal natnra1ismo allo storicismo. Il campo della sociologia e della storia che, secondo Engels, era rimasto estraneo del tutto a Feuerbach, è quello in cui ::Vlarxtraspc,-rta l'uma,nismo: la realtà u.mana. per lui non va cercata· nell'a• stratto indiv.iduo, ma ne1l'norno scciale, neila collettività associata. Gli uomini sostituiti all'uomo, la società messa al posto dell'individuo ci dà, nella confluenza. ed unità dei molteplicii sforzi e nella continuità delle generazioni, il passaggio dalla natura alla storia. Stimolo il bisogit0, come già per Feuerbach, l'umanità combatte e supera via via gli ostacoli, modifica le condizioni naturali, inizia la sua storia. Storia, ci.cè processo di svolgimento, perchè il bisogno che muo. \'e gli uomini non è, come in Feuerbach, la ripetizione semp:re identica della fame, della sete e delle altre necessità natura1i, oru:leper il ri.nnova.mento costante degli stessi bisogni non possono generarsi che sempre le stesse azioni. Alla ripetizione statica si sostituisce lo sviluppo dinamico di bisogni sempre nuovi, infinitamente rampollanti dalle condizioni già raggiunte : come diceva già Bruno, «.natele difficultadi ... s=pre cl.i giorno ,in giorno, per mezw de l'egestade dalia profundità de l'intelletto u.mano si ~citano nuove ... _invenzioni». Il bisogno per tal modo da es1genza n.atura}e è convertito in forza generatrice e motrice della storia; al posto dell'astratto uomo della .natura a.F'JJa.rel'uomo reale e vivo nella storia: reale e viyo in quanto colletti,·ità associata, nella storia'. che è opera sua e, nel tempo stesso condizione e stimolo continuo dell'O])""..ra'sc.ccessn,a. . Quindi in questa nt1ova posizione di penSJ.eroquattro punti appaiono essenziali : r) il superamento della religio.ne e la riconquista dell'u?mo, c?me in Feuerbach; ma, in più, col nconosc1mento dell'uomo nella società concreta e non nell'indi,;duo astratto; 2) il n_s~eglio della pra:xis storica, cioè dell'attiv1ta cperosa e inesausta dell'umanità nori più collegata, come tin Feuerbach c~n ia natura statica, ma col dinamismo cÌella st0ria, in_una variazione progressi,·a, nella quale ogm momento è legato alle condiziou,i,reali esistenti, sicchè il passato condiziona il presente e questo l'avvenire; ma al tempo stesso è anche stimolo e impulso all'azione u_lte6cre modificatrice, sicchè lo sviluppa stcr;co nstùta dalla confluenza e dal.contrasto insieme d·i due elementi,: le condizioni reali e la volontà umana. Questo è il ro-vesciamc;i.. lo della praxis, di cui parla Marx : l'applicaz.ione alla stona del moti,·o essenziale del naturalismo umanistico di Feuerbach. 3) :\"ella dmalillca della storia .iJ cu,i, inizio e syo]- giment? ha origine e radice .nei bisogni, j\farx e condotto alla. sco~~ del bisogno fondamentale fra tutti, che e l'economico; ma che è ,sempre un bisogno deli'uomo non separato dall'uomo e per ~ sta.ute ; 4) u{ -conseguenza cli ciò, nel campo dell'economia Marx, come Feuerbach nel campo della reogni proiezione e diviwiz.z.azionedi ciò che è ligione, è tratto a combattere ogni ipostasi, e non può essere opera ed attività uma>'.!t,. Quindi contro l'economia. ortodoss.i., che com. piva uua_ Sell>st.entfremd-ung analoga a quella delh reh~1one, convertendo le categorie economiche m eterne ed immutabili dominatrici inflessibi11 dell'uomo, Marx vede nell'economia null'altro che 1m processo storico opera dell'uomo al pari della religione. Or; separata dall'uomo, resa astratta e per se stante, e~, c01ue il dio della religione, diventava unruob1hzzata e co.nvertita in mito come categoria eterna; 1;collegata con ]' 110. mo, forza viva diuam.Ìà:a, rientrava nell'ordine della mutazione e del divenire storico. La_distruzione del feticcio significava riconquista della praxis, 1;sveglio della ccsoienza e delle forze 1·ivoluz;ionarie e lo.rn messa in movimento ed azicne. Ma i.n azione con-

b 3i sa-p'evole, cioè con.scia del suo e&Sere legata alle condizioni real:il, non arbitraria, condi2iana.ta, nelle sue possibilità, e nella dit'e1Jlone ed estensione di oirii movimento. La praxis e la lotta di classi nella storia Questa derivazfone, formazione e diitezJione essenziale del marxismo appare chiara ed evidente nella serie degli sc1Tutt:idi Marx ed Engels che precedono il Mawifesto dei comunisti. E sarebbe agevole, ma ci porterebbe nn po' per le lnnghe, il documentarlo con citazioni, fino a quella formulazione scultoria della filosofia della praxis che ci appare nelle vigorose glosse di Marx a Feuerbach. Dove il rapporto fra l'uomo e la realtà s~ riassume e s'impernia saldamente nell'azione, per la stessa reciprocità che viene stabilita fra il conoscere e l'operare. Per operare occone intendere la realtà (OSiSiaè necessaria una coscienza critica e storica del mondo), ma recipr=ente noru si .imtende la realtà se non operando su d:i essa : « i filosofi han cercato di i,iterfn·etare il mondo, ma bìsogua ca11giarlo ». Ecco la recip!rocità: occone, sì, interpretare per cangiare; ma occorre del pari cangiare per interpretare. La reciprocità dm queste condizioni e di questi presupposti non si può intendei:e se .non nella praxis che si ro- 'i..'escia. La realtà del mondo umano è nella storia. Ma nella successione delle età, onde questa è costituita, ogni età è come uu ponte tra due rave che resterebbe incompren.sib:ile nella sua esistenza e nella sua funziQne se non si vedesse al li là e al di qua di esso la strnda che ad e.."Somette capo e quello che da esso s'inizia e si svolge. Così la coscienza del presente implica ed esige due condizioni del pari : non soltanto, cioè, il passato, che del presente contiene le radici e le cause, le condizioni e i limiti; ma anche l'avveni;re, che del passato e del presente deve esprimere il significato ed il valore. Quindi la coscienza storica, sola coscienza piena della realtà umana, deve abbracciare nella sua visione tutta la storia, compiuta e da compiere, mirando ad nn orizzonte sempre aperto, che si stende indefinitamente nel futuro non meno che nel passato. Solo così si coglie la visione della umanità che produce e rinnova sempre se stessa, nel processo mfinito della praxis che si rovescia. Ma per ciò appunto per interpretare il mondo bisogna volerlo cangiare; ossia, secondo il concetto di Marx, solo nel rivoluzionario può affermarsi una vera e piena coscienza storica; giacchè egli solo, mentre non può e non deve rinnegare il passato, se vuol essere co.usapevole di se stesso e della sua a?Jione, cerca d'altra parte nel futuro lo svolgimento del presente, che ne deve esplicare il significato ed il valore; e solo per tal via può cogliere veramente la vitalità e forza creatrice della stessa storia trascon_<aa. Come aveva detto Bruno, bisogna saper vivere vivi gli' anni altrui ed li, propri; ma è possibile rivivere veramente gH anni altrui, solo vivendo i propri; è possihlle intendere solo rinnovando, nel cangiamento e dello sviluppo attivo. Sviluppo attivo: ecco la differenza dalla teoria dell'evoluzione. Lo svolgimento - in questa è nn prodotto passivo di un processo di adattamento; nel marxismo è una conquista attiva che si compie per via della lotta. Perchè per via de1la lotta? Noi possriamo chiarirlo mediante nn confronto con ciò che accade nello sviluppo organico e mentale dell'individuo. A ogni fase di tale sviluppo è necessario nn equilibrio, un assestamento: le forze attive si s.istemano in fornw; ma non si cristallizzano in queste; le fasce, che stringessero sempre a un modo il neonato che cresce, finirebbe per soffocarlo. Ora analogamente nella società umana si ha nello sviluppo che è sprigionamento continuo e progressivo di forze, ad ogni fase il bisogno e !a creaz;ione di forme d'assestamento. Ma queste forme rappresentano il costituirsi di interessi differenziati, ossia di gruppi, di ceti, di classi interessate alla conservazione delle forme e dei rapporti esistenti, il differenziarsi della società equivale ad una scissione o lacerazione interiore di essa, e tale appunto risulta allorquando forze nuove, sollecitate da un bisogno di crescenza e di espansione, si avanzano impellenti, rappresentate da cebi o classi, che non possono adagiarsi nella sistemazione precedente, ma sono interessate allo sviluppo e al superamento della condizic.ne esistente. La scissione si manifesta allora nell'antitesi e nella lotta che ne deriva; la quale è, sì, lotta delle forze d'espansione contro la costriziQne delle forme che ad esse contrasta; ma non è 1Sdtanto lo sforzo del puloino che rompe un guscio inerte, perchè è lotta con le forze vive di conservazione. Bisogno di nuo- ,·e forme contro resistenza delle forme già costituite, è un'antitesi e un conilitto che nella rea)tà si concreta in urto cli forze contro forze, cioè di classi contro classi : la lotta di classi per ciò appa,re, secondo la di- ,J ·.vti"t~~ '·"· •:,r; :"i ~ LA RIViOLUZIONE LIBERAI.iE chiaraziorue del Man,ifesto dei comuni,sti, essenza. del processo stòrico, e, nel tempo stesso, forza motrice dell9 sviluppo. Certamente questa, lotta apre la via a tre diverse possibiHtà : il trionfo delle forze conservatrici (con, la cristallizzazione della vita sociale in un rig:ido regime d-i caste) ; il logorio degli avversari ne!la ~otta (con la rovina dJiJ entrambe le classi, d1 CUl parla anche il Manifesto dei com,u,nisti); e in :fine, oltre questi due resultati, che non sono mai definì; tiv.il il caso più normale, -della prevalenzcdell~ forze d'espansione sugli ostacoli _e le resistenze, con la prosecuzione dello. sVJln,ppo storico della civiltà. Le forze produttive e la preminenza del bisogno economico Quali sono queste forze d'es,pansio.ne, che generano il progressivo supera.mento delle forme sociali già costituite? Sono tutte le ener!rie ed attirvità crescenti degli uominw, che si possono ricondurre tutte al concetto di forze di produzione, dalla cui espansion~ appunto risulta l'incompatibiJ.iità deHa i::ermanenza di forme convertite tm vmcoh, impacci e limiti, che urge spezzare e superare. Ma queste forze sono gli uomi1;1is_tessi, con tutto il complesso delle condi7,1om da loro create e dei bisogni crescenti che li sospingono. L'nmpulso allo sviluppo è sempre il bisogno, dal quale l'attivj,(à è destata ed eccitata; e fra tutti i bisogni ce n'è nno che è fondamentale, più generale forse e impelle'1,- te (.nel complesso della società, bene inteso, non in tutti i singoli individuro) <l.i, tutti g;l:i altri : ed è il bisogno e l'interesse economico. Ma questo bilsogno non è mai separato ed isolato dagli altri, nè dalle altre fonne cli attività; per:chè non è separabile dal suo oggetto, l'uomo, in cui tutte le esigenze, tendenze e manifestazioni della vita sn unificano in inscindibile rapporto di azionlÌIe reazibni. Non è dunque (come pur taluno crede abbia pensato Marx) lo strumento tecnico, fatto nel proces.so delle sue trasfonnazioni quasi il dio creatore o il demone dominatore della storia: separato dall'uomo esso diventa una categoria astratta ed irreale ,:inconcepibile neHa sua stessa esistenza, assurdo nei rapporti della sua genesi, del suo sviluppo progressivo, della sua azione entro la vi,ta sociale e la storia uma,na. Contro ogni scissione, alla quale tende la mentalità asti·atta di chi non intende la sfor'i,a e la sua concretezza, si riafferma qui il principio dell'unità della vita. Non qui sempre causa, là sempre effetto (come ben.,,e\- ceva Engels) : ma uno scambio dialettico ~ti.- cessante, nna reciprocità d'azione, che. dalle fals_edisgiu=ibni analitiche di qualsiasi teoria dei fattori ci riconduce alla sintesi di una co,ncezione unitaria. Qui è la vita reale; e là è la dissezione anatomli_ca, la quale ben ri'uscirà ad isolare un organo o un tessuto rendendolo morto ed inerte, ma nou ci darà mai il SiUO rapporto vitale con tutti gli altri e la misura della sua efficacia, che solo nello scambio d'azione fr,iologica e nell'itntimità del nesso funzionale con tutto iutiero l'organismo e con tutte fe singole parti onde esso si costituisce, poti·an risultare ed esser colti. Lo svilup]J'O dell'economi:a non si verifica e perciò non s'intende da solo, ma unican:ente intrecciato agli altri elementi della storia umana , allo svolgimento di tutti gli altri l::tisogrrie di tutte le altre forme di attività. Un esempio caratteristico Marx ed Engels ce lo presentano nella spiegazione del passaggio dalla comunanza primitiva dei beni cieli'orda e della gente, alla appropriazio• ne privata: il qual passaggio ci presentano successivo alla introduzione della pastorci:cie quando, rorto dalla convivenza familiare continuata il riconoscimento dei propri figli e lo sviluppo del sentimento paterno, questo impulso di preferenza opera come dissolvente della comunione dei beni, e determina la transizione alla proprietà privata e alla trasmissione ereditaria di padre in figlio. Un mutamento economico di capitalissima importanza qui si compie per l'aziioue di sentimenti morali: è un caso tipico cli quell'intreccio e scambio di azioni che non consente di desiignare come causa unica la così detta sottostruttura economica e come semplici effettriie riflessi prbvl di efficacia storica tutte le così dette soprastrutture. Ciò tuttavia non toglie la preminenza nell'azione storica del fattore economico; perchè fra tutti i bisogni umani quello economico è il più immediato e generale, il più pressante e forte, e come tale è decis.ivo nello sviluppo storico. Che significa questa qualifica di decisivo? Prendiamo a confrontarlo con l'azione politica. Certo il materiali.srno storico non nega l'efficacia di questa; ma la subordina a due cooow..ioni : che ella segua e costeggi la stessa via che percon-e lo sviluppo delle forze produttive; e che porli a soddisfa7,ione maggiore e più piena del bisogno econom.ico forze più vaste ed intense, che non siano quelle che per altra via e per diverso indirizzo (di conservazione o di innovazione) possano conseguire appagamento più adeguato delle loro esigenze che ne scaturiscono, o p,rilma. o poi è destinata a cedere o a spezzarsi; se vuol costruire senza il saldo fondamento o in anticipo sullo sviluppo delle forze produttive, l'attende il fallimento. Ecco l'enore delle due utop;ie (della reazione e del rivoluzionarismo anticritko), che consiste in entrambe in una soprnvalutazione o fede nell'onnipotenza dell'azione politica. Ecco il senso nel quale il momento economico è decisivo i,n confronto agli altri. Questo pr:incipib sLgnifica che la conoscenza critica della realtà è la premessa. necessaria ad ogni azione storica. Signitfica che il mateni.alismo storico è - come io credo di averlo definito con una certa esattezza - nna concezione critico-pratica. Dalla critica della realtà sociale alla praxis storica : questo cammino segna il surperamento dell'antitesi di volontarismo e fatalismo in, un concetto realistico e vti,vodella necessità storica. Tanto più real-istico e tanto più vivo, in quanto la formula sopra ennnciata Sii rovescia. nella s.ua reciproca; perchè se (come s'è detto) non è possibile cangi.are senza interpretare, d'altra parte solo chi vuol cangiare ed agire sa interpretare. Lo sforzo teorri.codel :filosofo è vano se non è accompagnato e sonetto dalla volontà d'azione : soltanto nella praxis storica quindi su compie e si saggia nella sua verità la critica della realtà sociale. Ecco la filosofia della praxis che s'i=edesima col processo della storia. E quanto siamo con ciò lontarui da ogni concetto di fatalismo e di automatismo non c'è bisogno d.> star a chiarire. RODOLFO MONDOLFO. Nota. - Questi rapidi cenni non intendono certo essere una· compiuta esposizione del materialismo storico; ma solo la dimostr3.Zione _..... per via della presentazcionedi taltmi punti essenziali - dell'errore, insito nelle interpretazioni correnti ed accolto e rinnovato anche nel1 'articolo di Gaetano Mosca. Per i lettori di Ri• -uoluzio11e liberale credo opportuno aggiungere una breve risposta ad tU1 1osservazione di P. Gobetti a mio riguarclo. Nel suo primo articolo su La nostra wltura politica (8 marzo r923), in un assai cortese accenno ai miei studi sul materialis1no storie~, il G. m.i attribuisce 1rna sfiducia nelle masse e una confidenza esclusiva nelle classi medie: nel che certo ,sarebbe una grave inconseguenza con l'interpretazione del materialismo storico che io sostengo, la quale propiio sull'azione storica delle masse deve imperniare il problema sociale dell'età presente. Ma in realtà - che io mi sappia - l'osservazione del Gobet- '0-ti ton ha altro fondamento se non il ricordo. di un mio scritto sul fascismo (lntrod-uzione alla raccolta degli studi sul fascismo dettati da rappresentanti dei vari partiti italiani), nel quale io, considerando che la forza ideologica e sentimentale del fascismo era venuta dalla adesione delle classi medie, vedevo e indicavo nell 'immwcabile futuro contrasto fra queste e i ceti plutocratici ed agrari quasi il reagente chimico della decomposizione futtua. In una critica del fascismo io nti ponevo un problema ùttenio a questo : la considerazione delle masse non c'entrava ancora, perchè, quando io scrivevo, queste erano ancora fuori della organizzazione fascistica, che solo posteriormente iniziava la loro inserzione nei suoi ranghi. PIERO li□BETTI - Editare TORINO - Via XX Settembre, 60 Usciranno entro I! 15 aprile: Collezione" POùElYIIG»E ,, N. 1 N. PAPAFAVA BA DOGLIO A OAPORETTO Lire 4 N. 2 u. FOR>!.ENTINI SINDAOALISMO FASOISTA N. 3 Lire 3 P. GOBET'l'I DAL BOLSOEVISMO AL FASOISMO Li,-e 3 Per gli abbonati alla RivoluzioneLiberale i 3 volumi Lire 8 Usciranno entro il 30 aprile: Bibliotecadellanivolozionellibettale N. 1 LUIGI EINAUDI OAPITALISMO E MOVIMENTO OPERAIO N. 2 Luwr SALVA'r0nELLI NAZIONAL-FASOISMO :Jn preparazione: CARLOCAnnÀe PIEROGonETTr ANTOLOGIA DEI PITTORI ITALIANI Liberismo e~operai Il liberismo ha dominato in Piemonte e in 'l•oscana come organizzazione economica di 1111a. lgticoltura fondata sulla piccola proprietà e llUlla mezzadria. Deve dimostrare la sua vitalità adattandosi alle esigenze dell'industria che sta creJ1udo naturalmente un'economia della fabbrica fondata su una rigida disciplina interna nei rapporti tra industriali e operai. Nulla esclude tttttavia che an~he l'industria si sviluppi liberisticamente dal punto cli vista dello scambio s~ si. vincerà lo spirito dilettantesco e parass1tar10_dello industrialismo italiano rivolgendolo alla sua funzione naturale che è l'industrializzazione dell'a-. gricoltul"a. Un esame di coscienza preciso ci conviucet·ebbe che la nostra politica economica fu sviata, prima che dalla mancanza di capitali mobili, dal dazciosul grano, il quale toglieva all'agricoltura ogni volontà di lotta, le impediva le neceSliane comunicazcionicon lo sviluppo dell'industria, e non le pennetteva di conquistare il suo posto nei mercati mondiali segt1endola logica delle sae attitudini alla specializzazcione. Solo per questi er:rori iniziali veniva alimentata tra i capitalisti del Kord la psicosi dell'avventura megalomane del mimetismo internazionale che ora è difficile estirpare per le correnti di interessi artificiosi che le si sono venute formando attorno. Un movimento operaio intransigente contro tutti i riformismi potrebbe segnare I 'iuizio della revisione e offrire i quadri per la lotta inesorabile del liberismo. Gli appelli dei liberisti ai consumatori e ai contadini cadranno nel vuoto come caddero nel passato. Il concetto stesso di cofisumatore è affatto piccolo borghese e le classi medie i11 Italia 11011 hanno mai -mostrato alcuna attitudil:le al1 'eroicità e al sacrificio politico: sono da un lato i delusi dell'aspirazione al capitalismo fatl.iti per la loro insufficienza, dall'altro le pseudo aristocrazie operaie esa1u-itesi nello sforzo di imborrrhesirsi. I contadini poi sono condannati rutila :toria a una funzione conservatrice: un'iniziativa politica che muovesse dalla campagna sboccherebbe in un tumulto reazionario per la impreparazione delle menti e l 'assenz.a di attitudini specifiche alla lotta politica: non importa che i contadini si elevino per operare, ma piuttosto che essi confermino nella loro pace e nella lorn rassegnazione le energie del futuro : tutti sappiamo che attraverso la selezione de1I1in1wbaname1ito si provvede a sostituire le generazioni cittaàine destinate ad esaurirsi rapidamente. Ora è nostra ferma convinzione che l'ardore e lo spirito cli iniziativa che condussero gli operai due anni or sono all'occupazione delle fabbriche non possano considerarsi spenti per se1npr~, nè le lusinghe della legislazione sociale e ~éollaì'i'ofàz'tbnìsm6 parassiltarib instaui-ato dai fascisti addormenteranno insidiosamente la sola forza viva su cui si possa contare per il futuro. Mentre in sede di coltura politica prepariamo intorno a queste idee centrali le nuove classi dirigenti possiamo concludere, confessando una speranza, __che il nuovo liberalismo dovrà coincidere iu Italia con la rivoluzione operaia pet· offrire ìe prime garanzie e le prime forze di uno sviluppo autonomo delle iniziative. L'Italia diventerà moderna rimanendo un paese prevalen.- temente agricolo : ma la nostra agricoltura povera ed arretrata deve alimentare per _prendere consistenza una serie di iniziati ve industriali non avventate, aderenti alla realtà, deve anzi essa stessa, come presenti il Jacini nell'Inchiesta agraria, divenire industriale. La rinascita moderna della nostra economia dipende dalla volontà di azione dell'avanguardia industriale (operai e intraprenclitori) del Nord che possoao offrire, essi soli, una soluzione unitaria del problema meridionale e liberarci dalla parentesi di politicantisn10 che fu durante sessant'anni l 'unico effetto palese dell'unità. Allora soltanto, predicando il liberismo, saremo ascoltati ed intesi. p. g. :Jn vendita Jfomettitniciratti llOMERO DIEIIERlìlE UOVE D DltnTO ALLA !tU8LA Sommario: E. C0DIGNOLA: Il problemadellano.etra swola media - P. G0BETTI: La letteratura italiana nei licei - G. GENTILE: La filosofia - L. GALANTE: Il latino - M. V ALGIJ>llG r.r: Il greco - F. SEVERI: La matematica - A. GARBASSO: La fisica. Prezzodelfase.di 32pag.8°gr.su2colonne Li,-e 2 nunlERO IliRIVOLUZIONE LIBERALE nrmmoAL mmMO con studi di M. LAMJlEl<Tr, A. M0N'l'I, A. VIGLON0O, P. G0DE'ITI. Lire 2 HUMtRO DIRl?~llll,BERnU D[Dlt. filPARTITO POPOLARE con studi di M. Bnosro, M. LAMBERTI, A. GRAllSG-r, P. GODETTI,A, MONTI,N. PAPilAVA e bibliografia. Lire I NUMERO DIRlfOLUl. llBERnlE rn1mo ftlttAZIOHAUSY.O con studi di V. CENTO,P. GODETTI,M. A. LEVI, L. EllilRYe bibliografia Lire I RUMERO DIRIVOLUllDnE LIBCRAU nrn1monfi.SORU con studi di E. BERTH, s. CARA.MELLA,. LANZILLO,N. SAPEGNo,C. SPELLANZON e bibliografia Ure I Diriue-re vaulia PIERO GOBETTI TORINO - Ula XX Settembre, 60

l.J.A lU \t O LU~ I ON B LI BER. AL E LE.TTERESCOLASTICHE III Lascuoladeipadroni elascuola deiservi Cno Gobelti, E il rimedio alle devastazioni menate dalla • coltura generale , nella scuola e nella società italiana? Uno solo, date le mie premesse: quello di sban• dire definitivamente dalla nostra scuola, come dalla nostra vita, la maledetta «coltura generale, del periodo rivoluzionario ora spirante, per mettervi al posto la < coltura particolare ,, la coltura tecnica, concreta, precisa, interessata, rispont!ente al carattere dell'epoca pur dianzi incom.inciata. E cioè: ridurre, per tenerci uel campo scolastico, a scuole « tecniche .., a scuole « professionali , autentiche, le scuole medie pseudotecniche e pseudo-professionali che abbiamo, e trasformare in « tecuica >, in « professionale :o, in « interessata, la « scuola u1edia di coltura geuci-aJe », attraverso la quale si van da troppo tempo rovinando le generazioni della nostra classe dirigente. O meglio: togliere il dnalismo posto, o accent1,ato, dalla ri-voluzione francese tra scuola tecnica e scuola di colt1tra, fra scMla intere.ssata e scuola disiu.teressata, e risolverlo nel senso da noi accennato della identità fra i due tipi di swola, della necessità che ogni atto ed11cativo, come ogni alto de!la vita dell'1tomo, sia interessato irn.mediatarnente, per esse1·e disinteressato niediatmn.ente, si proponga un. fine relativo 1nateriale utilitario, se 1mol riuscfre ad un effetto gratuito ideale assoluto. La rivoluzione francese, per sè sola, non è stata capace di tanto, perchè non è stata capace, per &è sola, di esprimere un suo tipo di umanità partìcolare e tt11iversale, rappresentativo della sua età, come era stato l 'orator per Roma, il chierico per il medioevo, 1'11omo di corte (principe, cortegiano) per il Rinascimento, e l'abate (letterato e prete) del sei e settecento; la rivoluzione francese, da sola, non ha saputo darci che il tipo del cittadino, cioè dell'uomo poliUco, cioè dell'uomo elettore, che non è uomo, che non è nulla, che può ispirare un Flaubert o un Sardou ma non può inforu1ar a sè un sistema scolasÌico; perciò la Rivoluzione francese, in quanto tale, non ci ha dato la su..a scuola rappresentativa, ma solo quella gelatina di scuola, che è la scuola di « coltura generale))_ Però la rivoluzione francese, ponendo, con la libertà politica e con il trionfo della « scienza )), le premesse della cosidetta « civiltà capitalistica >, poneva anche le premesse per il sorgere di un nuovo tipo di unianità, bene concreto e bene rappresentativo, che poteva bene informare a sè una scuola, come andava informando a sè uua società: voglio dire, nessuno si scandalizzi, il tipo del l<nioratore, o, se più vi piace, del produttore: il tipo -insomma dell'operaio, del tecnico, dell'imprenditore, dell'ape ne1itra: il tipo d'uomo che potrà o meno piacere, ma che indubitata!Dente è il tipo caratteristico del]a società che or ora è nata, e che va prendendo il posto della società creata dal1a rivoluzione francese. L1aomo moderno, l'uomo del nostro tempo è il la·vcra:tore : la scuola 1noderna1 la scuola n..ost1·a uon può essere che la scuola del lavoratore, o,. se volete, la scuola. del lavoro. Abbiamo detto che l'età nostra, l'età post-rivo1uzionaria non aveva una sua scuola, una vera scuola; correggiamo : la nostra età ha la sua scuola, e questa è la scuola tecnica : solamente che questa scuola, nel suo senso preciso della parola, si ha solamente nei paesi dove c'è il1ecnicisrno, dove cioè la civiltà ha l'aspetto di civiltà capitalistica; altrove, in paesi arretrati, come per esempio da noi, essendo la scuola tecnica la scuola interessata, sorta artificialmente prima del tecnicismo, essa, a poco a poco, fatalmente, è tornata al tipo tradizionale della scuola letteraria, e da questo accostamento è venuto fuori quell'ira cli Dio di scuola media tecnico-professionale che ognuno di noi conosce. Nia anche nei paesi più progrediti nella via della civiltà moderna la scuola tecnica, tanta è la forza della tradizione, è rimasta come in .flisparte, è rimasta in basso neUa pubblica estimazione, è ritenuta come una scno1a 1·:ninorwmgentiit,111,J e ad ogni modo non è divenuta ancora la scuola tipica, la scuola rappreisentativa, la scuola media, la scuola per antouomasi~, come il suo «tecnicismo» i il suo « attivismo,, non s'è ancora trasfuso consapevolmente in tutto il sistema scolastico dei singoli paesi, sino a imprimere di sè tutti i tipi di scuole, compresa la sct10la media, la scuola della classe dirigente. -~risticle Gabelli, che aveva visto tante cose nella nostra vita pubblica e nella nostra vita scolastica, aveva ''.isto anche questa e aveva eletto, pili di~ quaranta anni fa, che « la scuola dovrebbe consis.tere in.... u1ia specie di officina, dove gli scolari la-vo·rassero, ora collettivamente, ora ciascuno per s~, a 1nodo d-i operai, sotto la 1Jigilanza e la guida del loro capo , . Il voto di quel 1n10no e serio italiano si deve avverare, si va avverando, io credo: o io m'inganno o tutta la scuola, anche in Italia, tende, più o meno consapevolmente, ad assumere 1'aspetto di sciiola del la.varo. Non parliamo delle scuole tecnico-professionali, di cui sempre più urgente è sentito e proclamato il bisogno, ma anche la scuola èlementare, anche la universitaria si sente clJe vogliono trasformarsi sempre più da scuole di coll1tra generale in laboratori e palestre di esercizio particola re. Tagliata fuori da questo salutare movimento è rimasta, finora, la scuola media; è mestieri immettere anche questa 11ella corrente. E come, precisamente, si può far ciò, per la scuola 1ncdia, in genere, per la classica iu particolare I Un altro principio aveva affermalo la rivoluzione francese, nel quale era posta un'altra premessa per la costituzione della nuova scuola, della nostra scuola: il principio della sovranità popolare. Se il popolo è sovrano - ognuno lo sa a mente il ragionamento - questo popolo deve essere addestrato a esercitare la sua sovranità e deve essere per ciò educato e istrnilo: strumento speciale per tale addestramento, per tale educazione e istruzione, la scuola in genere, e, particolarmente, la sc.uola del popolo. Il ragionamento fila, con l'unica riserva, da parte nostra, che codesto della scuola non è lo strumento per l'educazione del popolo, ma è 1t,no strumento; uno strumento però capita1issirno, deUa cui importanza ci si convince più particolarmente quando si notano di questa scuola non i pregi, ma i difetti, 11oui benefici de' suoi pregi, ma i danni de' suoi difetti o della sua assenza. Il ragionamento, dunque, fila, ma codesto ragionamento vuole essere compiuto cosi: < se il popolo ,\ so• 'Vrano, SO'Vrana ha da esse1'e fra le alt1'e la scuo• la dove codesto popolo si educa, cioè la scuola. popolal"e: se il popolo ·è il cent'l"o della vita pubbl•ica d1uno stato 11wde1-no, cen:tro della vita scola; stica di questo stato deve essere la scuola popola,re >. (Prego credere, cafo Gobetti, che a questi lumi cli 1lllla1 non parlo cosi per seguir la corrente, nè per amor di popolarità). Accade questo nei nostri stati moderni? Al· trave non so, ma non credo; in Italia, certo, non accade. P~rchè questo sia, non basta che esista una legge per l'istruzione gratuita e obbligatoria, e non basta neanche, ciò che del resto non è, che questa legge sia applicata appieno; perchè questo sia effettivamente, occorre che tutta l'attività educativa di uno stato, e, per prima cosa, tutta l'attività scolastica, 1~ospiri a questo unico scopo: educare convenientemente il popolo. E per ciò la formula è in Italia: , ogni Italiano sia un 1naestro • : la quale formula, tradotta nella pratica scolastica, suona cosi : « tutta la scuola sia scuola del ·maestro ». E con ciò si sarebbe anch~ posta la soluzione dell'altro· probléma, della definizione d'un tipo di umanità totale e rappresentativo, che sia per l'età nostra quel che furono per le passate, via via, il letterato, il principe, ecc.: e che imprima di sè, come tutta la società moderna, cosi tutta la scuola moderna. Abbiamo detto che questo tipo esisteva ec1 era il tipo del lavoratore: ma questo è un qttakosa di troppo generico ancora per una parte, e di troppo ristretto, per U11'altra: per• chè questo tipo sia davvero consistente e davvero totale, e sia vasto abbastanza e abbastanza vitale, perchè sia, insomma, davvero 1-muino, occorre limitarlo ancora e ancora dilatarlo : occorre dire QUALE lavorato,·e debba essere tipico per la nostra scuola, e occorre che in questo lavora• tore sia contenuto evidente1nente e sinteticamente l'it,01no, come era del principe, del sacerdote, dell'omtor, permodochè evidentemente la scuola nostra formi, attraverso questo la.vo1·atore, 1 'uomo e il cittadino, come la scuola di Roma fo1uiava, attraverso JJoratorJ il civis e anche l'homo. Per me questo tipo di lavoratore e di uon,o è oggi il « niaestro », il a: 1naestro del lavoratore », , il -nweséro del popolo,; il maestro che è sempre 1naestro e sempre cittadino e sempre uomo, e che è maestro solo se è uon10, e in tanto è uomo in quanto è maestro, educatore : educatore di sè, anzitutto, poi de' suoi amici, de' suoi figli, de' suoi uguali, d~' suoi inferiori, de' suoi superiori; maestro sempre, in ogni tempo, in ogni luogo, in ogni fortuna. La scuola nostra in genere, la scttola media in particolare, la scuola classica più in pruticolare ancora (del resto scuola classica= scuola, se vuol essere scuola), dovrà essere, se scuola vuol essere, scuola del 1naestro. E questo, caro 'Gobetti, era il secondo punto ch'io ponevo in qttel tale mio articolo di Rivoluzione Liberale dove dicevo : , La nostra scuola classica, se. vuol formare qualcosa e qualcuno, deve forn1are l'-italianoJ il cittadino} lJiwmoJ attraverso il tnaestro; deve essere professionale, interessata (magistrale) per il suo scopo immediato; disinteressata, di cultura generale (mnanistica), per il suo risultato ultimo , . Ma trasformando il ginnasio-liceo in « iscuola del maestro , non si sarà mica fatto grau chè per Ja scuola magistrale nè per la elementare; si sarà forse risolta la questione della scuola classica, nel senso 11011 di rannnodernarla o, Dio ci salvi, di «democratizzarla», ma nel senso· di più avvicinarla alla realtà del suo tempo, di darle quel suo perchè che essa ba perduto dall'89 in qua, e di cÙi essa, superba, dice di non saper che fare, ma senza 'clicui la scuola classica, come nessuna scuola, non può vivere, e senza di cui la scuola classica non è nè scuola nè classica. Ma con ciò llOD si sarà risolta la questione della scuola normale. • Il liceo normaliztato - di· cevo in quel tale articolo - potrà darci il mae• &tro buono per i grandi centri nrbani e per la scuola primaria di preparazione alla secondaria. Questo maestro sarà fuor di posto nella scuola elementare popolare e nella scuola rurale >. - • Per queste scuole (la rurale e la popolare) - soggiungevo - ci vorrà un maestro che venga da una scuola fatta apposta per lui, da una scuola veramente e solamente magistrale. Qne• sta scuola, secondo noi classicisti a oltranza, non dovrebbe avere, come materia centrale, il latino,. E qui interveniva Jean Paul, il quale « stupiva ,. a vedere come io, insomma, pensassi a uua scuola di maestri nrbani di.versa da quella dei maestri rurali, e trovassi che « il latino, buono sul livello del m.are e fra centomila anime, diventasse cattivo a mille metri di altezza e fra quattrocenli abitanti ,. E, pigliato l'abbrivo, lo scrittore di N. S., mi faceva un suo garbato scr• mancino s11 quel curioso vjzio dell'urbanesimo intellelluale di cui tutti noi siamo vittime un poco, e , per cui non vediamo possibilità di studio se non nei grandi centrj, ecc,._ Il quale sermone, ricordo, mi fece un poco riciere, perchè subito io ci feci la riflessione che considerazioni di quel genere io le avevo sempre udite fare da gente che nei grandi centri di studio era cresciuta e da quei. centri non s'era mai voluta spiccare. Ma per me, che questo po' di coltura che ci ho me Ja son messa insieme fra Giaveno e Basa, fra Chieri e Reggio Calabria, fra Sondrio e Brescia, dichiaro che se son riuscito pur vivendo in questi luoghi a mantenermi a galla, ci son riuscito unicamente grazie alle riserve che mi ero fatto in vent'anni di vita torinese, e che mi sono alimentate derivandovi sempre 11upvielementi da centri come Firenze o come 1\1ilano o come Torino o, magari, come Pisa. E a questo son riuscito solo con indicibili sforzi, con lotte infinite e stremanti combattute non mica contro le difficoltà dell'ambiente (scarsità di libri, impossibilità di , tenersi al corrente , ) ma contro la facilità dell'ambiente, cioè con quella possibilità, tutta propria del piccolo e mediocre centro, di passar per un grand'uomo' non essendo che un imbecille, cli esser tenuto per twa persona « che sa tutto JJ anche e specie quando non sai nieute. Ma il sermone di J. P. era una parentesi, e una parentesi è questa mia risposta. Chiusa la quale vengo al punto del latino nella normale, anzi al punto delle due normali, o meglio al punto della distinzione fra ,scuola classica , e < scuola magistrale ». Porre il latino nella normale riformata non vuol dire, per chi non sia un materialista della didattica, migliorare la normale, rifare la normale a .base umanistica, ecc., ma vuol dire, se vuol dir qualcosa, a: trasf2,r.tnarela scuola normale in scuola classica >. Al che io sono contrario, primo, perchè l'intesa è sempre stata, le scuole classiche governati ve di diminuirle di numero e non di aumentarle sia pure con un nome cambiato; secondo, perchè il processo eh 'io voglio si segua per la riforma della scuola è l'opposto di quello tracciato nella riforma Anile, e ora, pare, nella riforma Gentile : il mio è dalla classica alla normale, quello di Anile e di J. P. è dalla norniale alla classica; terzo, sono contrario appunto per quella famosa idea della , scuola del maestro rurale diversa dalla scuola del maestro mbauo ». Ed ora spiego questa mia ultima idea. Ho detto: il mio liceo normalizzato è buono per formare il maestro della elementare dei grandi centri urbani, anzi il maestro della primaria preparatoria alla media (nei centri urbani moder. ni, ormai, tutta la elementare è, in sostanza, pre· paratoria a un.a media o complementare) ; tale liceo nou è buono per il maestro di scuola nt• rale. La differenza non è didattica, è sociale; non è tra scuola e scuola, ma tra classe e classe, direi fra razza e razia. La scuola classica tradizionale (e il liceo magistrale, comltllque, sarà sempre scuola classica tradizionale), è uno strumento di coltura - di dominio - che si formò per sè nei secoli e si affinò la classe finora dominante, la classe degli àristoi, • degli otti»wti; e questa scuola ba di questa classe l'impronta, i vizi e i pregi. 1vfafuori dei padroni c'è sempre stata e c'è (non so se ci sarà) l'altra classe, l'altra razza, quella dei servi, quella dei kahoì. Finora, nei secoli, gli ottin1,i si son ridotti a vivere nei centri, e qui hanno plasmato simili a sè ancl1e quelli dei servi che s 'eran ristretti attorno a loro a servirli ,a sfruttarli, a sostituirli. Ma attorno a queste isole è rimasto il mare dei lw ko-l irriducibili, delle moltitudini contadine, altre, diverse dalle minoranze cittadine, chiuse ad esse, ostili: inutile ricordare jacqueriesJ Vandea, orde del Rufio, marioli toscani, fascismo rusticano : meno inutile avvertire che il cosidetto estremismo cli certe nostre n1asse operaie non è che l'odio per il padrone, per il civile, vivo ed esplodente nel contadino non ancora trasformato in operaio urbano. Comunque, sta il fatto che le due razze, le due classi ci sono: e che la prima Ila per sua scuola rappresentativa la scuola dassica i l'altra, finora, non ha avuta una scuola sua, o meglio, aveva la Chiesa, ma ora non le basta più, vuole, deve avere una scuola sua per sè; questa scuola rappresentativa della gran dormiente che si è ridesta, non può essere che la scuola del contadino, anzi la scuola del 1naestro del contadino; Yoler 35 soddisfare a questo bisogno offrendole una scuola normale classica o classicizzata, è far opera, lasciamo stare se onesta o disonesta, se reaziona~ o democratica, certo vana: è ammannire a quelle plebi un cibo che non è fatto per il loro stom&e•, ed è, se si insiste, condannare quelle plebi a far la morte di Bertoldo. (Prezwlini, l'immagine me l'hai suggerita tn). E qui Jean Paul insiste, e mi ripete la lezione cosi bene imparata: che la cultura < nella sua sostanza etica e nel suo valore spirituale è unica e invariabile,, e che quindi non ci son le scuole ma la scuola} ecc., ecc. Già : lo spirito unico, sempre quello. Sempre quello, ma sempre altro, unico ma diverso, alius et idem come il sole del Carme Secolare. E se codesto spirito (codesta cultura) è alius et idem, vorrà clire che uno che pensi alle cose dello spirito sarà padrone di preferire l'alius, come Ull altro sarà padrone di preferire l'idem: questione di ... punti di vista. Vorrà dire che Jean Pani, leggendo i libri del Gentile, insegnando pedag'1>- gia o filosofia a Pisa o a Firenze, e tenendo con.i estivi ai maestri, avrà avuto modo cli meglio considerare della vita scolastica l'idem. Angnsto Monti invece, avendo insegnato un po' di tutto un po' dappertutto, e convivendo da anni co•. maestri, con umili, con pauperes de spiritu, e a11cbe leggendo un poco i libri del Croce, di questa nostra vita scolastica e di questa nostra vita nazionale, ba avuto campo e modo di osservare particolarmente l'aliud. E sulla base di queste sne annose e concrete osservazioni egli dice : Ja realtà nazionale, etnica, sociale della nostra Italia è diversa, non è unica: diversa sia la scuola che mira a conoscere e a fecondare tale realtà ; la riduzione ad unità avverrà a ogni modo da sè, fatalmente, divinamente. Nei propositi siamo divérsi, saremo unici negli effetti. Poniamoci per di verse strade, tutte menano a 'Roma. Se vogliamo batter tutti la stessa strada, non ci capiremo dentro, si farà una gran ressa e per arrivare dovremo ancora sparpagliarci per forza. A voler mirare all'unico si arriva al vario, al diverso, al nulla; se è degli uomini fare il diverso, fare l'identico, l'unico è della Storia, o cli Dio. Antigu.elfo, nel replicare a Jean Pa1tl, ba avuta meno pazienza di me, gli ha fatto subito l'ultimo prezzo, e, nella sua nota • Il materialismo di U1l pseudo-idealista•• dopo a,·er riferito l'obiezione cli Jean Paul, l'ha buttata giù con un colpe d'anca, cosi: • In tutto ciò noi vediamo una sola cagione di stupore: che si voglia giudicare di complessi problemi pratici I senza averne alcuna esperienza, irrigiditi in uno schematismo filosofico peggio che illuministico,. Invece di pestare subito io ho preferito rag,.,. nare : Antiguelfo è stato più, con permesso, fascista, io ho voluto essere più, con permesso, evangelico; il che non toglie che Antiguelfo ed i., si possa andare, su.Il.! sostanza di certi argomenti, periettamente d'accordo. Continuando dunque a ragionare, per vedere di persuadere Jean Paul della vanità d'un tentativo di liceo magistrale, addurrò un ultimo argomento, ricavato non dalle altezze della filosofia, chè a ripir lassù alla lunga ci si perde il fiato, ma dalla umiltà della esperienza, in cui è pure, se non tutta la :filosofia, almeno tanta filosofia. Avevo detto già, in quel tale a1ticolo, che e UR maestro discretamente pagato, mediocremente colto, agevolmente trasferibile , non si adatta più a rimanere nelle disagiate residenze delle scuole di campagna, e avevo soggiunto : « aumentate: gli stipendi, aumentate la coltura del maestro, questo particolare stato di cose non farà che aggravars-i >. Ed è così: supponiamo pure che sia risolta la questione della coltura magistrale nel senso voluto dall'Anile e dalla Nostra Scuola, e, in parte, anche da noi, di dare al maestro una coltura classica; supponiamo che sia bello e fatto il liceo magistrale di cui parla Jean Paul, con latino, disegno, pedagogia, ecc., supponiamo che tutte le figlie di contadini che vogliou far la maestra siano avviate alla nuova normale inlatinata e: ne vengano fuori bene li umanizzate », credete voi che questi nuovi prodotti della nuova normale, sia pure adeguatamente trattati economicamente e giuridicamente, si adatteranno a restar nei loro selvaggi borghi natii e, restandoci per forza, ci faranno meglio che ora? Illusione la vostra se credete ciò. Provatevi a fare una statistica dei maestri italiani col criterio dei titoli cli studio, vedrete che tutti i maestri che banno, oltre la patente, una licenza cli ginnasio, di liceo, un diploma di corse, cli perfezionamento, una laurea, tutti sono nelle grandi e medie città; e quelli dei maestri che dopo la patente, studiano o per aver la licenza liceale, o tu/ diploma di magistero, o nna laurea, lo fanno per evadere dalla scuola rurale, se non addirittura dalla elementare, lo fauno insomma per « andare in una bella sede », cioè in una città grande. La maggior coltura li ha, dicono loro, « inciviliti »1 e quindi non possono più restare fra gli zotici figli dei campi, han bisogno di congregarsi coi « ci vi li », coi « cittadini », a cui la scuola di coltura li ha resi simili; date a tutti i maestri la coltura della nostra scuola classica, vedrete dove li andrete a pigliare i maestri, 11011chè per Sommaprata e Ca' del Conte, anche per Castagneto Po o per Santa Lussurgiu. E' inutile: per la scuola di città ci vnol tiu maestro cittadino, per quella operaia ci vuole uu maestro operaio, per quella dei contadini, ci vuole un con.tadùio 111aest1·O.

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