La Rivoluzione Liberale - anno I - n. 38-39 - 28 dicembre 1922

ULTlmELETTESRUELFASCISmo I. Le delusioni di un liberista. Caro Prezzolùii, di (j_Uestatua lettera del N. 36 di lliuofozione Libe,·ale mi ha sorpTeoo sovra ogni ,altra co-_ sa l'affermazione che «nessun, nrinistero ha, 11iai •a·vuto Ulli'eg·uale volontà di mostrarsi liberista». Così fosse! Io diventerei subito fascista per la ;,elle, convinto come sono che l"Italia sarà alla fine dei suoi. guai solo quando av1:à un governo ·capace di fare una politica libe,~sta. Ma non vedo nel Governo di Mussolini il governo che 10 .sogno, e non so dove tu attinga la convinzione ,contraria. • Finora non c'è altra prova del libenismo del Governo che la dichiarazione del ministro De §tefani a,\ Senato: « Il Governo è tendenzialmente liberista, - la quale dichiarauone è tutt'altro che tranquillante. Che significa quel ten- .fÌenzialrnente? Un giornale romano ha ricordato per l'occasione che Mussolini cLicbi~·ò già essere il fa.sciamo tendenzialm,ente repubblo.cano per finire egli stesso monarchico; ma anche senza .tener conto di questo precedente, quel tend/J;/}zWlmente in1pensierisce, sembTa il grido dri un individuo imprigionato. Del resto, non c'è altra piova a testimonianza del liberismo gove1-nativo. Mussolini, ne.i suoi discorsi, non vi ba menomement-e a-ccennato e il ministro De Stefani ha concl\160 la sua tlichiarazione (quella del ten- ,dc»zialme-nte) pregando Einaudi di non volerne ,sapere cfa più. Mussolinii e De Stefani saranno .liberisti. ma mi sembra ce ne sia abbastanza per esser siCuri che, almeno per un buon ·pezzo, non si mostreTanno, co·i fatti, liberisti. .Ma se ]'.omissione di Mussolini e la dichiara- _zione di De Stefani non paiiono a te prove sufficienti, eccotene delle al tre. Quando incominciò la marcia su Roma dei fascisti ,i1osperali che, riuscendo, essa avrebbe porta.to Mussolini al Go:vru:n-0,e sperai che, al GoYerno, Mussolini si sarebbe ricordato, almeno iu parte, di ess.er.estato vociano e un.itanio e che avrebbe fatto - tanto più che mi pareva.. avess~ dalla sua l'indipendenza che era sempre man- ,-0ata a·tutti,i "G.overni italiani degùi ultimi tempi - una politica liberi.sta. Non so bene perchè, .forse perchè risale a quèl fatto la mia amicizia con lui, mi paa.·evache il lato ineno volu- -eroico e anche, un pochino e forse più di un pochino, non farsi vincer~ da scrupoLi, per scemare la potenza della Confederazione dell'Indu-- __stri... Ved.i, io sento che attendendo come fac- .,cio, qui, in provincia, a un lavoro in apparenza um.ile, lavoro per l'Italia più di. molti altri. Perchè l'Ità.lia. possa .esser fuori, dei suoi guai, _bIBOgnaarrivaTe a raggruppare in una confederazione a parte tutte le industrie e aziende che , ..non hanno bisogno e sono da;neggiate dalla protezione doganale, una potente_ confederazion,; con molti gjornali e una banca formidabile. Questo è il mio sogno e la mia ambizione. Altro eh\. il tuo storicismo. Io ·vorrei s·apere che cosa tranne che c'è stata la guerra,- tu tro,vi di profondamente muta.to tra l'Italia del 1908, quan- <lo nacque la Voce, o quella del 1911, quando nacque l'Unità, e l'Italia del 1922. Tuttavia non ho perduto tutte le speranze. Io no11,riesco a. capacitarmi che si possa esser~ .stati vociani o unitari senza che ciò abbia la- ~sciato un solco profondo in chi fu vociano o -unita.rio, senza che chi fu vociano o unitario avesse ;n sè qualche cosa di più foc·te d'ogni interesse e d'ogni ambizione. Perciò perdono ad Amen.dola il suo nitti.smo e mi attendo aa lui molte cose, credo anzi che egli sia i1uomo dri ,d(lmani. Perciò spero che Mussolini, qu,ando, i:lopo le elezioni, sarà più libero di quel che non •sia oggri, una politica liberjsta tenterà di farla. Questo senza dubbio c'è di grande in Mussolini: ,ci1r~ è capace della più nera ingratitudine. Il guaio è, vedi, che egli non ha capiito quale importanza abbia per l'Italia una politica liber.ista. Tu sai che da questa e da poche alti-e cose - quasi tutte del resto che la Confedera- ·zione dell'Industr!ia non può volere - dipende la soluzione del problema meridionale; e poichè rrtalia, se nel Mezzogiorno è tut~a agricola e :pll'ale, nel centro e nel Nor<l è specialmente agricola e rurale, 1"isolvere 11 problema men- •dionale è riso1vere il problema dell'Italia tutta. Ma :Mussolini ha promesso d; risolvere il pro- 'blerna meridionale. Come mai, se non dispone dei mezzi per poterlo fare 1 ARCANG,OLO DI STASO- - II. I-Io seguito ]ai cc Rivohtzione Liberale.» fin Calla sua nascita, perchè mi è parsa 11sponclcnte alla necessità di riviste storiche che diano a"n'Italia qnella maturità politica che le è mane-etc durante la guerra europea; e ho fermato maggiormente su di es.sa la mia attenzione, dall'avvento del fascismo- al potere, essendomi trovate per la prima ·volta in ideale disacr.o,do coli. essa. Vuole permettere a m~, che mi onoTo di <:.3- ·s-ere mc,desto crooiano, d1 dare poche p!.irolc>di co:.,t:ibuto alla divergenza di idee ti:-i.. Le?. e (; ;ut~ppe Prezzolini in proposito 1 _ l'lla ben appella storicismo dli un mi;'. ·co lo .attegg1amento del Prezzolini, perchè ou~ti, in fondo ha " , :i, concezione "hegeliana della storia e del!~ politic. , che lo porta in sostanza all'acL A R I V 0/L ITZ I ON R LI B E R A L E celtazione mistica del fascismo, perchè le sue riserve sono apparenti quando egli afferma che < il fascismo porti con sè la sua condanna nell"uso della violenza, nell'assenza di c,;tica, nella incapacità di studiare e di discutere, nel melodo dittatoriale ,. Se infatti egli avesse ben int€So le correzioni apportate dal Croce allo Hegel, si renderebbe conto che l'azione (e quindi ia politica che appartiene a quel mondo) è creatrice, non è niai cieca, perchè porta necessa.riamente in sè una critica; e t,aw critica è negli eventi e nelle necessità storiche di cui gli uomini non sono che simboli. Ma lo sto,·icismo cue Ella contrappone al Prezzolini, è, a mio parere, scettico, quaJ.l.do, in nome di una stm-ia _che ~i fa, nega al recente noto sto,;co, di cui -Mussolini è simbolo, un qtialsia.si valore, attenendoss alla ormai vieta ideologia e d:istinzione di popolo e borghesia che le fa mettere su di un piano diverso la rivoluzione operaia, che sarebbe aspi.razione di uu popolo e l'entrata di forze nuove nella storia, e la rivoluzione fascista, che sarebbe semplic0 palingenesi della piccola borghesia. Ora a m~ pare di scorgern in ciò un residuo del dualismo di neutralismo ed interventismo, sorpav 2ato dagli eventi storici, e di cui è conseguenza naturale il movimento fascista. Ci sarà ben in detto moto un proces.so degenerati vo o futuristico, ed è appunto da cercare in quella democrazia demagogica in cui Ella afferma il fascismo assommarsi col dannunzia11esimo, tanto più se sì guardi all'intrinseco bofocevismo od anarchismo che porta nel suo seno il palingenetico ed apocalittico democratismo operaio dannunziano. :Ma crede Lei che ad esse non si accompagni un processo costruttivo il quale si esprime appunto nella personalità rn11rnolinianain certo senso antitetica alla dannunziana 1 Se Ella non lo vede o ne>n ci crede, dimostra appunto diJessere in ciò uno sc~tt1co, o forse per motivi contingenti psicologici che.:io avevo in comune con' Lei, e che mi son sforzato di superare; ma la verità è che noi siamo entrati in una fase superiore che ben si può 2pptlla;e inizio di << rivoluzione liberale ». Se l:t. stor~a è creatrice, se la storia non ha binari obbligati, se la po~itica si as;omma nell'ideale combattente della vita, che rappre,,-enta la conquista più alta del pensiero moderno, e che nobilita il di Lei CO!raggioso,atteggiamento, a me pare innegabile ~be il moto mussoliniano era una necessità storica, dialettica, che ·Mussolini potr~: non riuscire a inc.aruare debitamente per deficienza iindividuale, ma &be non può non essere della storia che si fa. Inoltre, se per la legge della continuità storica io vedo: come Lei, dei nessi tra Giolitti e i\1ussolint, non mi sento affatto di poter affermare assoluti.stica11wnte che non vi sia.no tra essi differenze sosh.nzi,ali: una differenza, sostanziale sta tra essi nd fatto che il primo fu prigioniero e perciò v.:tti~a del parlamentarismo, e il secondo ne è il trionfatore; e una conferm.a maggiore se ne ha. nel fatto che se nel primo vi fu demagogi.smo nel secondo non ve n'è a.fratto. E c'è sopratutto im quest'ultimo una fede che presuppone una religione, e che, comunque, è potenzialmente correttrice dri ogni enfat-i.smo programmatico: la fede nella disciplina e nell'l;.nità sociale: che il nuovo p<,riodo storico iriziatb richiede. Popolo e borghesia sono parole di fronte a c,uesta concreta realtà che si fa strada e che il di Lei pensiero intrinsecamente non rinnega; e Mussolini, quale simbolo di tale realtà, può ber.if-simo dire : « battezzatemi » come volete, ma. io sento di essere al di sopra di q_ueste astrazioni. 'Mi creda, egregio direttore, suo GIOVANNI CASTELLANO. III. Dell'en.tusia-smo d-i Lem,rnon-io Borea. Ca,ro Gobett.i, Le ma.nd'o insieme a questa la penultima copia che mi resta defflgnoto Toscano. Colgo quest.'occasione per domandarle come mai si è ness~ a dare in t.ante cantonate riguardo al FaSl·:.smonella sua Rivolu,zione Liberale. Fui giori,i fa a Roma, chiamatp da Mussolini, ed ebbi OC<.asionedi parlare cou gli amici nostri Am~n • aula ~ Prezzolini, i quali sono pure in. disacco:rao con lei in gran parte. ( Q1'esto dalle ultime lettere che ho ricevute 11,onrisulterebbe. Per la etoria!) Lei tratta :Mu.ssolini come uno dei soliti poliLjcanti, mentre egli è il solo uomo capace -ii durt..-all'Italia 1lll governo degno dei tempi. Dovrebbe riflettere che se così non foss~ 1c pei- esempio- non sarei 3uo amico. De1 resto eg1i vuole ciò che vuole lei 1 in fondo, e attuerà Pidte idee sue e dei suoi amici. I-Ia già coP.1incicit.o. Voialtri giova!li idealisti mi parete tro1fpo ·'n- • fé:tuati cli dialetLica e di teorismi, ciò eh~ vi fa cr~tici spietati, mentre altri muovono La mate .. ria storica, e rei se.mo che volete. La dialet.tica e Jr. logica sono cose belli:3:sime, ma quando si rivelano in forma artistica in un sistema-rau • presentazione di un mondo. Come in Croce, per esempio, e in Gentile per non parlare che d'itahani. Guai però se si volesse modellare la stoÌ>i:ie la politàca sugli schemi e nelle matrici, della filosofia! L'idea politica emerge dal fatto: il quale è un prodotto - lo concedo - d'idee, ma non di una sola idea. D'idee commiste a sentirr.€pf a iutereesi, e-cc. Ora il .Fasoismo è uno di que,,ti fatti grandiosi e spontanei. L'idea che lei vi cerca senza tT(IVarla è implicita in esso, nel su.o successo. Col tempo diverrà esplicita: la dottrina si delin<'erà via via. E' una fiumana (torba se vuole e disordinata, piena di detriti e lordure e cadaveri) la quale sta cercando il suo corso formandosi il letto. Le persone di alta cultura devono imporle degli argini. Mi pare che si abbia la tendenza in Italia, a creare dei letti d0yt'j non arriverà mai l'acqua. E' intanto meglio uu fiume senza airgjni ancora che non un alveo ben arginato e tracciato ma secco. Spero che i fatti che stanno avvenendo faran r',flettere lei ed i suoi amici, e modificheranno il loro moao di veaere e quindi il loro atteggiamento verso questo fenomeno tanto nostro ita,. liano e tanto nromettente. Saluti cordiali AHDENGO SOFFICI. I lettori capir(JJIV!Wperchè non li abbiamo vo- /;uto privare di questa bella pagina dli Soffici e d,1.llea1·gomentazioni sottiù del Castellano. Ma la q,iestione resta q,ia!e noi l'abbiamo posta. La realtà dà ragùme nel modo più m;.dematico alle nostre p,·evisio,vi. L(Ul)oriamowwnque per il futwro. ~.u.~~-~-~-~-~.~,~~-~-~-~i ACQUEFORTI Ilgenericodellaguerra Assurse al Comando Supremo dell'Esercito in un'ora di tristezza iinmensa, quando la disfatta ci mordeva l'anima. Ai pili era .ignoto, e ch,i lo conosceva lo aveva in conto di generale diligentissimo che, pure appartenendo agli uomin-i nuovi sorti con la guerra, teneva onestamente 11 suo posto, svolgendo con precisione tutti i piani che gli venissero comunicati dal generalissimo d'allora, buoni o cattivi che fossero, senza mai 8$Tum·eredi fronte al Comando supremo un atteggi-amento di critica intelligente; napoletano nell'anima obbediva ciecamente e bene, come 1n preda ad un fatalismo mussu1mano che )o faces: s, rifuggire dall'assumere responsabilità gTaVl mettendo in gioco le spalline. Fu questa la sua fortun-a. L1tigi Cadorua aveva avuto all'inizio della campagna poter,i assoluti per quanto avesse attinenza alla condotta delle azioni militari. Quel1& stessa democrazia. che aveva stramazzato ad Adua per avere affidato la direzione della guerra a due·generali gelosi l'uno dell'altro, persis~ndc, nel sistema che aveva provocato la disfatta di Custoza, aveva ceduto in tal modo al giusto bisogno di avere un solo capo, con poteri di vita o di morte su tutto l'esercito. Con poteri di vu-tao d,i morte, e la guerra bisognava farla secondo gli ordini di un ufficiale solo, superiore ad ogni controllo e ad ogni crtiica, autoritario ed accentratore, ,faiso-fferente dn. .ogni obbiezione, come nel caso Doubet; facile a riversare sui suoi subalterni la colpa di disastri che essi avevano previsti e che egli invece non aveva creduto possibili, come nel caso Brusati. Luigi (;adorna era il demiurgo dell'azione militare italiana, un demiurgo molto frngile che aveva assunto nell'opinione pubblica la fama di insoshituibile. EgLi era il Dio, e sul suo altare erano immolati -i generaùi della pace con una continuità che un merito però aveva) di portare ai comandi superiori i c-0siddetti genera.li <l'ella guerra, i quali avevano ,a,ffin.,,tole loro qualità llllÌlltaii nei primi anni del conflitto, quando comandavano i battaglioni o i reggimenti, e che avevano inteso la necessità di dominare il morale del soldato per cavarne quelche cosa che fosse paragonabile a) leggendario legionario di Roma, abbandonando totalmente la concezione cadorniano del soldato-macchina., che una polizia feroce doveva inca- . tenare alla trincea di cui i retori lontani sempre dalle pi;me linee gli magnificavano l'ebbrezza. Accanto al Cadorna si vennero formando così dei capi pil1 giovani e più finii, che .il vecchio lasciava nell'ombra. Tenace, testar.do nello svolgimento di un unico piano di battaglia dii cui ogni persona mediocremente coìta (non solo i generali nemici) poteva intuùe la genesi e lo svolgimento quando un'azione si scatenava dallo Stelvio al mare, egli fallì nel suo compito. Egli 1~011 pa.rlava ruai ai. soldatìi, li decimava senza pietà « per dare l'esempio » e li buttava pazzescamente contro le linee nemiche; aveva scontentato tutti i gnerali ai· quali aveva imposto tacita.merutedi obbedire in silenzio; nou aveva saputo n10dificare il suo disegno di azione nea.nche quando le basi della contesa erano cambiate, e queste ed altre circostanze avevano provocato la, torturante Titirata sul Piave. Sorse così llnpexioso il bisogno dii mettere in disparte il generale Cadorna e di sostituirlo. Con chi, non si sapeva, perchè dallo svolgimento unita,ri-o delle operazioni nessun generale era eccelso nettamente sugli a.ltri, nemmeno il duca d'Aosta che il pubblico aveva sentito lodare più per ossequio _alla famiglia da cui era uscito che per essere m possesso di qualità peculiari, che alla prova dei fatti non gli si riscontraroÌ10. Nessun uomo in Italia avrebbe potuto essere il vessillilifero della nuova guerra, come del resto un anno pi~ma dagli stalli di Montecitorio nessun uomo si era imposto nettamente suglii altri ;n modo da potere avanza-re la sua candidatura per l.i presidenza del consiglio dopò il crollo di Sa147 landra. Perciò, ca.me si fece un anno prima quando al Salandra si sostituì un • generico • della politica ~11i-si commi.se l'onore di presiedere un presunto governo di fwti, nell'ottobre dei 1917 al generale sconfitto successe un • generico , della guerra, al fianco del quale potessero agire generali valentissimi~ successe !DSOmma Armando Diaz, probo, buono, va.no, al quale si diede come compagno immediato il generare Badoglio, e ai cui ordini si posero qualcuno dfll vecchi generali (Pecori-Giraldi per es., il migliore di loro), e gli ucmjni nuovi che erano entrati in campagna giovanissimi e che avevano occupati in segutio i ranghi maggiori: Caviglia Giardino, Albricci per esempio. Nacque così un comando dii nuovo stile; stile francese non senza alcuni caratteri estrinseci alla te<l~a. Come in Germania, dove la direzione della guerra era affidata ad una coppia di Dioscuri (Hindemburg e Liidendorff) e lo svolgimento delle azioni era commesso a generati d1 alta classe (il principe Rupprecht, Falkenhayn, Macken.sen, il Kronprinz) che gli ordini supremi interpretavano secondo le condizioni della loro zona. sorse àn Italia un comando di capi tre. i quali Diaz teneva il collegamento. Bad0glio, generale geniale e centrale, capo effet~ivo dell'Esercito di cui fissava i piani delle azioni; Caviglia, uomo totale, manovratoTe di anime come deve essere il comandante moderno, abile nel •governo• delle truppe; Giardino, il piii. appariscente ma il meno vigoroso dei nuovi capi, 11 vero « parlamentaTe » del comando; Albricci, uno dei generali più souples, preposto al corpo italiano in Francia, siccome quegli che ad una seria competenza militare sapeva unire eleganti àoti di d•plomatico; Pecori-Giraldi, il più _austero e il più forte dei vecchi comandanti, _e tuttii gli altri formarono un comando dal! _amma di guerra, in cui Diaz subiva Badoglio e lo rappresentava, e i guidatori delle armat<, a& sunsero una personalità propna. S1 afferm? cosi inderogabilmente la giustezza àel _provvedunentc che aveva poTtat-0 Diaz alla canea d1 generalissimo italiano: egli impersonava nn co~a?-d_o di forti ai qualii difficilmente amava sostituJrs1, ma rjmase purtroppo sempre il • generico • delh guerra, capace di agrre più sotto_ l'impulso di una forza esterna che per volonta propria, come avvenne nell'ottobre 1918, quando l'op, Orlando gli impose l'offeu,;iva. di Vittorio i'.er.eto che egli non voleva.. Si ebbe così l'urto fir,ale da parte delle fanterie di Caviglia, che fu: rono aiutate dalle artiglierie del Grappa agli oidini. di G.ia-odino, il quale dimenticò per un istante il bisogno di abbandonarsi a sen~imentali effusioni oratorie sul tipo di quella d,j cui fu spettatrice la Camera il 24 ottobre 1917. 1 nuovi generali crearono la vittoria., ma la. riconosoenza coreografi.ca. della nazione andò al capo nominale dell'esercito, a cui la democrazia italiana fu prodiga di ossequii, che vanno dalle festose accoglienze di Roma e di NapoE, alla nomina a generale d'esercito e a gran collare dell'Annunziata, e, più tardi, al conferiinento di un titolo nobiliare che è la qu;ntessenza dell'ironia e della retorica. Il generale che durante la guerra aveva accettato senza risentimenti la sua parte di a generico », nel dopo-guerra si prese la rivincita abbandonandosi alle ebbrezze della vanità, ma continuando nell'assenza brillante di ogni decisa « caratteristica ». Mentre alcuni dei sudi antichi compagni davano nuove prove del loro acume, Caviglia si rivelò perfino sul terreno a lm non familiare dei comizi, uomo di polso senza frivolità, e di fronte alla retorica avventura fii:mana rimase pari a se stesso; Albricci, dopo le ore della guerra dimostratosi all'altezza della srnobillitazione. concesse l'amnistia nittiana, Diaz ritorna in lllce solo nell'ora delle parate, in tutta la sua genericità. Di fronte a Badoglio, uom~ militarmente sobrio, che non ammette la ccesistenza cLl. un esercito militare e di un esercito di polizia in una stessa nazione, e che era disposto a capeggiare la controffensiva statale contro lo squadrismo, è apparso Armando Diaz. Daii fascisti <li Fio·enze egli è stato acclamato ii giorno stesso in cui era sottoposto al re il decreto di stato d'assedio; dal nuovo governo è stato nominato ministro della guerra, non perchè egli sia fascista, ma perchè non ha saputo .intuiire ciò che ha pensato Badoglio, che pure non è anti-fascista. Davanti ad un movimento ccllc.ttivo di gravità eccezionale, Diaz non pensa e non agisce, e raccoglie allori; Badogl,io, stratega di valore, riconosce in quest'esercito di 1uazzieri rutilante di teschi e appa1liscente nella sua, veste nera, impressionante ma fragile, I1unione di schiere incapace dii guerra esterna, nulle rea.lmente di fronte all'a.ltro esercito, pesante, tranquillo. duro a manda,,, all'assalto, l'esercito dei contadini, delle brigate Sas.sarii e dei battaglioni alpini insomma, quello che parte malvolentieri per la guerra come Achille, ma che vince la guerra perchè vuole la pace (secondo la fondamentale ed immortale intuizione dei i\fachiavelli), e che è più forte delle nuove squadre le quali soltanto dai torb.idn civili e sui fronte interno hanno il loro giuoco, al pari delle vecchie compagnie di ventura in cui decad0de lo spiiiitd militare d'Italia. Come durante la gverra Diaz cedeva ai suoi generali, oggi cede ad un popolo di marionette che lo inalbera a simbolo, e non può imporsi come ,indlividualità, n~ in pace nè in guena. Badoglio, più forte di lui, ha taciuto anche ade._'So,come aveva taciuto durante la guerra. Ma la storia darà a ciascuno il suo... G._S::ÒLFI.

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